Corporazioni, professori, tamarri e fischi.
Da un po' non scrivo su questo forum sperando di non imbattermi più nella sezione generale con le varie polemiche politiche o religiose su questioni di lana caprina (Babbo Natale sì o no?). Non voglio fare lo snob e sminuire questi argomenti, la lana caprina ha degli aspetti molto interessanti, specie quando mette in luce le varie culture di cui siamo portatori.
Un' ultima notizia però mi ha sconcertato, ovvero la minaccia dei professori universitari di escludere i ministri dal loro "quartiere" (vedi editoriale del Corriere della sera di oggi).
Avrei sopportato volentieri e con divertimento qualsiasi mugugno (memorabili gli avvocati in piazza, costretti ad evadere ancora più tasse di prima), avrei sopportato altri fischi e cori da stadio di quattro tamarri sbarbati che hanno bigiato la scuola e che hanno riempito le pagine dei giornali.
Tutto questo poteva essere un segnale paradossalmente positivo di un governo che colpisce nel segno, che rischia tutto in un processo di modernizzazione che matematicamente (questa volta sì) non poteva far altro che generare malcontento.
Uno stato corporativo non è uno stato moderno, questa è un'eredità del fascismo, di un sistema vecchio, cristallizzato, pieno di polvere che non vuole competere col mondo.
Rigurdo all'università e ricerca non vi è un piano riformatore vero, il risanamento è la priorità, scioccare i bilancio in positivo è la specialità di Prodi, ma riformare un sistema non vuol dire solo "tagliare" o "finanziare".
Vorrei mettere in evidenza queste due ultime parole: tagliare e finanziare che sembrano le uniche due parole presenti sul vocabolario di politici e giornalisti. Prendere e non prendere più, cuccare o avere il due di picche, mangiare o non mangiare. Questo è il problema, non l'istruzione e la ricerca che potrebbe andare meglio anche con le risorse già disponibili. Il bilancio dello stato equivale all' 48% del PIL...questo è un altro problema...questa volta serio. Significa che metà dei redditi prodotti in un anno proviene dalle casse pubbliche e quindi da decisioni politiche. A ognuno la sua fetta di torta a prescindere dal merito, anzi guai al merito, che non entri nel nostro vocablario questa parolaccia!
Che dire quindi di questi professori che fanno muso duro? Perchè chiedono soldi e non riforme?
Probabilmente ora scrivo queste cose solo perchè sono un giovinastro fuori dal mondo...da grande anche io vorrei partecipare al declino dell'Italia!
Ciao
Un' ultima notizia però mi ha sconcertato, ovvero la minaccia dei professori universitari di escludere i ministri dal loro "quartiere" (vedi editoriale del Corriere della sera di oggi).
Avrei sopportato volentieri e con divertimento qualsiasi mugugno (memorabili gli avvocati in piazza, costretti ad evadere ancora più tasse di prima), avrei sopportato altri fischi e cori da stadio di quattro tamarri sbarbati che hanno bigiato la scuola e che hanno riempito le pagine dei giornali.
Tutto questo poteva essere un segnale paradossalmente positivo di un governo che colpisce nel segno, che rischia tutto in un processo di modernizzazione che matematicamente (questa volta sì) non poteva far altro che generare malcontento.
Uno stato corporativo non è uno stato moderno, questa è un'eredità del fascismo, di un sistema vecchio, cristallizzato, pieno di polvere che non vuole competere col mondo.
Rigurdo all'università e ricerca non vi è un piano riformatore vero, il risanamento è la priorità, scioccare i bilancio in positivo è la specialità di Prodi, ma riformare un sistema non vuol dire solo "tagliare" o "finanziare".
Vorrei mettere in evidenza queste due ultime parole: tagliare e finanziare che sembrano le uniche due parole presenti sul vocabolario di politici e giornalisti. Prendere e non prendere più, cuccare o avere il due di picche, mangiare o non mangiare. Questo è il problema, non l'istruzione e la ricerca che potrebbe andare meglio anche con le risorse già disponibili. Il bilancio dello stato equivale all' 48% del PIL...questo è un altro problema...questa volta serio. Significa che metà dei redditi prodotti in un anno proviene dalle casse pubbliche e quindi da decisioni politiche. A ognuno la sua fetta di torta a prescindere dal merito, anzi guai al merito, che non entri nel nostro vocablario questa parolaccia!
Che dire quindi di questi professori che fanno muso duro? Perchè chiedono soldi e non riforme?
Probabilmente ora scrivo queste cose solo perchè sono un giovinastro fuori dal mondo...da grande anche io vorrei partecipare al declino dell'Italia!
Ciao
Risposte
L'università o almeno certe università sono meno credibili del governo. La meritocrazia che dovrebbe essere il suo fondamento è sostituita da un nepotismo diffuso ed i rettori di un tale sistema non possono richiedere riforme che mettano in dubbio la prosecuzione dello status quo.