Allarme Giappone

eppe1
Salve a tutti, ho sentito un pò di organi di informazione che dicono, a seguito del terremoto avvenuto in Giappone, che è in atto una "fusione nucleare" nella centrale di Fukushima. A me è parsa a colpo d'occhio una delle solite megabufale che solo i massmedia sono capaci di inventare. Devo ammettere però che io sono enormemente ignorante su queste cose e la notizia si sta diffondendo anche nei telegiornali. Quindi volevo chiedere conferma a voi.

Risposte
giacor86
Caro vecchio anarchico, dalle tue parole suppongo che tu non abbia un contratto con la ENEL. Che tu dei classici 3kW ne fai a meno. Suppongo anche che non hai una macchina, giusto?

Agiungo. Questo è un classico esempio di articolo che considero "spazzatura": la strumentalizzazione a fini di propaganda di storie ed eventi strappalacrime. E in questi giorni se ne sono letti tanti di questo tipo. Si vuole far passare il messaggio implicito che la dispersione di radioattività sia paragonabile con quella dovuta all'esplosione di una bomba atomica!! E' incredibile. (peraltro la bomba di hiroshima non era una bomba H).

http://www.repubblica.it/esteri/2011/03 ... -13803199/

orazioster
"DemoneRoss":


Siamo consapevoli del fatto che i rischi a cui ci esponiamo in questo senso sono conseguenza della nostra economia che ci impone di produrre tanta energia per poterla consumare? (non me ne vogliano i fisici, so che qualcuno ha detto che l'energia non si crea e non si distrugge: io mi riferisco all'energia come bene economico).


Secondo me /hai centrato completamente/ il punto.

Cosa sono questi clamori 'globali': "più energia! più energia!" ?
Ma perchè? E -a cosa porta tutto ciò?
Cosa si pretende, un indefinito aumento quantitativo dell'energia disponibile? Ma per
fare che?

Cosa è questo comandamento di un certo "stile di vita"? -e questo tanto non-critico seguire
dettami? Lo si chiama "progresso"? Ma, scusate, cosa
ha a che fare con la Scienza -intesa come cognizione del mondo, tutto ciò?
E' invece una presunzione positivista -che ha come suo degno figlio il consumismo.

Tra l'altro, cosa amplissimamente dimenticata/taciuta _i "benefici diretti" della produzione
vanno ad uno sparuto gruppo di persone; quelli più o meno indiretti, ad un gruppo più amplio.
Ma la grande maggioranza dell'umanità è praticamente alla fame.

E questo "progredire" non può che ancor più (se sia possibile) estremizzare la situazione.

(uhf.sono un vecchio "anarchico", in un certo senso -seppure odii la parola)

DemoneRoss
Secondo me nel caso del nucleare non ci si può semplicemente basare su previsioni statistiche per determinare la sicurezza di una centrale nucleare.
La centrale giapponese era ritenuta sicura (seppur vecchia), non so citare fonti attendibili ma immagino che tale "ritenuta sicurezza" si basasse su dati statistici.

Fino a quale intensità del terremoto una centrale è in grado di resitere?
Se poi ci arriva sopra uno tsunami?

Invece la sicurezza di una centrale dovrebbe essere basata sulla previsione dello scenario peggiore possibile.(o se gia è così, forse serve più fantasia da parte di chi prevede gli scenari peggiori possibili)
Ad esempio: Ipotiziamo che un asteroide di una data massa colpisca la terra. Da solo magari distruggerebbe qualche città e proietterebbe in atmosfera detriti che potrebbero raffreddare la terra di qualche grado centigrado per qualche decennio. Sarebbe una tragedia ma non un apocalisse. Ora ipotiziamo che lo stesso asteroide colpisca una centrale nucleare. Che scenario ci attenderebbe?

Seppur improbabile come avvenimento più centrali costruiamo maggiori saranno i rischi globali complessivi che corre il pianeta(e quindi il genere umano), incluso anche quello che una centrale venga colpita da un asteroide.

Fino a che punto possono resistere le centrali nucleari? Immagino che il giappone più di altri paesi abbia costruito con oculatezza le sue centrali. Non so se altri paesi applichino norme di sicurezza più severe o più blande rispetto a quelle del giappone nelle centrali nucleari. Ma sono quasi pronto a scommettere che ci sono impianti molto meno sicuri.

Qual'è il numero ragionevole massimo di centrali nucleari ammissibili su tutto il pianeta?

Fino a che punto dobbiamo basarci sulle nostre previsioni per garantire la nostra sicurezza? Le previsioni si basano in larga parte sulla nostra esperienza e su ciò che è gia avvenuto. Ma se un evento deve ancora accadere come facciamo a prevederlo? (o anche solo ad ipotizzarlo? Non è possibile ipotizzare tutto) Eppure capita ogni tanto di leggere sui giornali di qualche edificio (anche edifici pubblici) che crolla a causa della neve perchè il tetto non era stato pensato per reggere "così tanta neve".

Il numero massimo di centrali ammissibile dovrebbe poi essere ridotto tenendo in conto il fatto che non possiamo prevedere tutto.

Abbiamo gia superato questo numero?

Siamo consapevoli del fatto che i rischi a cui ci esponiamo in questo senso sono conseguenza della nostra economia che ci impone di produrre tanta energia per poterla consumare? (non me ne vogliano i fisici, so che qualcuno ha detto che l'energia non si crea e non si distrugge: io mi riferisco all'energia come bene economico).

mircoFN1
"kinder":

Se non stimolo troppo la sensibilità di chi non accetta che nelle analisi di rischio anche l'uomo venga quantificato o valorizzato in qualche modo (c'è poco da fare, ma è così; daltronde lo fanno anche le assicurazioni senza che nessuno si scandalizzi!), allora posso dire che l'uomo è assolutamente considerato e considerabile come uno dei tanti nodi di un albero dei guasti. E le RAMS analysis possono facilmente tener conto di ciò. Ed altrettanto facilmente si possono concepire sistemi di sicurezza che fronteggino questo particolare tipo di "guasto". L'incidente di Chernobyl, tra i tanti limiti dell'impianto che ha messo in evidenza, ha mostrato anche la troppa esposizione a questo tipo di guasto. La sanno anche quegli irrazionali degli ingegneri nucleari che un operatore in sala controllo può sbagliare o può commettere un atto con dolo. Gli atti di terrorismo sono una delle tipologie di eventi a fronte delle quali viene progettato un impianto nucleare.


Credo di avere una sensibilità normale, ma ancora non è stato considerato quello che ho detto. Comincio a pensare di non essere per niente chiaro oppure chi mi legge usa filtri appositi.
Non ho detto che non esistano modelli (anche complessi e belli teoricamente!!!) o che il fattore umano non sia considerato IN TEORIA, anzi, tuttavia ribadisco: nessuno sa quantificare in modo significativo l'effetto del fattore umano sulla probabilità di incidente. Il valore viene inserito teoricamente nei modeli ma arbitrariamente. Si tratta di una situazione simile a quando si progetta un componente con calcoli complicatissimi e modelli sofisticatissimi e poi non si conosce la resistenza del materiale.
Come vedi mi dai ragione, la probabilità che devi usare è condizionata dall'evento e quindi è stimata su base statistica: ovvero DOPO che l'incidente è successo: ce lo possiamo permettere?
Il confronto con le assicurazioni non è valido. Queste applicano probabilità significative basate su campioni molto più numerosi con una base statistica solida e infatti ci guadagnano necessariamente! Diciamo che loro non rischiano!


"kinder":

Ovviamente anche in questo caso, come in tutti, non è possibile azzerare il rischio. E' sempre immaginabile, per esempio, che una qualche organizzazione terroristica riesca a rendere suoi adepti tutti gli operatori di centrale e li convinca a minare tutto l'impianto e farlo saltare in aria. A fronte di scenari come questo - ma con la fantasia si può pensare molto di più - ci si chiede come fare per prevenire (è evidente che l'aspetto di security per operatori di centrale non è trattabile come per un qualunque operaio o tecnico di impianto), e comunque qual'è la probabilità che ciò accada. Aggiungo in ultimo che normalmente chi sale in aereo non si chiede se il pilota è un terrorista che andrà ad immolare l'aereo contro un obiettivo scelto, nonostante sia accaduto.


In tutti gli incidenti già successi non vi è comunque stato alcun atto terroristico, diciamo che non è stato necessario ricorrere a tale ipotesi per considerare la probabilità dell'evento!
Chi sale sull'aereo (o anche attraversa una strada) rischia la propria vita o salute e non quella di molti altri.

"kinder":

Eppure non è stato abolito il trasporto aereo.

Se per questo non è stato abolito nemmeno il nucleare.


Considerazione generale: alla luce di quello che è effetivamente successo nelle migliaia di reattori/anno di esercizio, l'incidenza degli eventi severi effettivamente occorsi (parlo di quelli che sappiamo, ovviamente) è compatibile con le previsioni dei complessi e sofisticati modelli usati o attualmente disponibili?

Gradirei una risposta chiara e non ideologica.

sonoqui_1
A mio modo di vedere questa non è una questione che si può risolvere con una sola valutazione.
Ci sarebbe da fare una analisi che preveda dei costi fittizi, in maniera che si tenga conto anche di particolari tipi di danni che non hanno un riscontro monetario diretto, e una analisi più strettamente economica, che si basi principalmente sul bilancio tra importazioni ed esportazioni (di tecnologie, prodotti, servizi e materie prime relative al mercato energetico), sull'incidenza del costo dell'energia nella produzione interna e quindi la stima della competitività e una previsione dell'andamento dei costi nel tempo.
Sostanzialmente perchè gli effetti delle scelte che fa un singolo Paese dipendono dalla scelte che vengono fatte in altri Paesi. Se fossero presenti dei sistemi di incentivazione o penalizzazione a livello globale, o se venissero fatte delle scelte condivise riguardo alle fonti energetiche, non penso che si presenterebbero dei problemi economici per quanto riguarda le risorse energetiche.

kinder1
Cheguevilla, hai fornito diversi spunti interressanti per compiere un cammino che porta da qualche parte.
Comincio dalla fine, cioè le fonti. La tua risposta è tipica e tipicamente italiana. Siamo diffidenti e pensiamo sempre che ce la stiano menando. Intanto, tendiamo ad esagerare nel "tutto il mondo è paese" e lo facciamo per indulgenza verso di noi. Non è vero che siamo tutti uguali. L'informazione e la trasparenza cambiano molto da paese a paese, da regime a regime. Se non ricordo male tu stai/stavi in Danimarca: confermi che l'informazione danese sia del tutto equiparabile a quella italiana? Io non conosco la Danimarca. Però seguo CNN, BBC e simili. Sono stato abbonato per qualche anno all'Economist. Non mi pare di poter dire che l'Italia sia un campione rappresentativo dell'informazione media mondiale. A parte questo, devi considerare che con tutte le riserve che puoi legittimamente avere sulle fonti che ti ho indicato, non ne trovi di più attendibili. Le alternative sono sprolocui costruiti su meno informazioni e miranti al sensazionalismo. Tu sia indicare fonti più attendibili? Se si, allora ti sarò grato se me le indichi visto che il tema mi interessa. Se no, ti devi accontentare di quelle indicate da me.

Questione valutazioni. Tu hai sollevato obiezioni tipiche, che mirano a mettere in luce alcune difficoltà o a dubitare di quelle fatte. Il problema non è questo. Posto che a volte si può riconoscere la difficoltà se non l'impossibilità di fare valutazioni assolute o certe (ma le difficoltà possono dipendere dalla competenza), si ripiega sulla possibilità di fare valutazioni relative. Questo perché in genere si ha bisogno di confrontare alcune alternative per scegliere quella più idonea al caso. L'approccio ad un tale problema può portare ad almeno due scenari:
1) si prova a cercare un modello di valutazione, non lo si trova e si conclude che non è possibile fare una valutazione. In questo caso non si può trarre nessuna conclusione e si pensa di non dover far niente. In realtà non ci si rende conto che in tal modo si opera una scelta: si sceglie il permanere dello status-quo. Lo status-quo è una delle opzioni alternative, il cui mantenimento dovrebbe essere oggetto di valutazione e decisione. Invece nelle persone meno accorte non viene neanche visto;
2) si prova a cercare un modello di valutazione e lo si trova. Inquanto modello avrà dei limiti, piccoli o grandi che siano. Se sono giudicati eccessivi si può ricadere nel caso precedente. Altrimenti si procede. La cosa importante a questo punto è usare il modello con freddezza emotiva, anche se ci dice cose che non ci piacciono. Bisogna evitare, per esempio, di ricordarsi dei suoi limiti solo quando esprime valutazioni sfavorevoli all'opzione che a pancia piace di più o favorevoli per l'opzione per la quale si è istintivamente o ideologicamente contrari. Questa posizione intellettuale è un pre-requisito irrinunciabile per poter procedere.

Quanto detto sul modello si ripete facilmente sui dati che lo alimentano, quindi non mi ripeto.

Ovviamente serve poi la competenza. Ma questa è un fatto tecnico, che si acquisisce se si vuole.

Cheguevilla
kinder, il problema della valutazione non è paragonabile ad un'operazione chirurgica. Il problema è da sempre lo stesso, ovvero trovare un'unità di misura comune. Generalmente si utilizza la moneta, attribuendo un prezzo ad ogni cosa. Tuttavia, avendo fatto un qualcosa di simile per un po', ti posso garantire che la misurazione di cose non monetarie è pressochè impossibile, per diversi motivi. Prima di tutto la differenza soggettiva nella valutazione degli elementi. Esistono modelli di conciliazione, ma sono scarsamente applicabili per gruppi di persone numerosi. Inoltre, esiste un problema reale: il valore di un $km^2$ nel deserto del Sahara non è equiparabile al valore di un $km^2$ tra i templi di Siem Reap. Un'altro esempio stupido, che in realtà mi son trovato ad affrontare per lavoro e non sono riuscito a risolvere, è la valutazione monetaria del tempo.
Il modello non può essere lineare. Un'ora per un impiegato in un supermercato (valore certo) non può avere lo stesso valore di un'ora per un disoccupato (valore in senso di costo opportunità) o di un artigiano (valore in senso di guadagno potenziale e non misurabile a priori).
Di sicuro, il nucleare comporta problemi che appartengono ad un'altra scala di valori rispetto ad altri rischi, poichè le conseguenze non sono note e sappiamo benissimo che potrebbero essere devastanti. Nulla ci può garantire che Cernobyl sia stato il peggio.

Mirco, Cernobyl era un caso a parte per quanto riguarda la gestione. Come ho già detto in precedenza, si era nel pieno della guerra fredda, e la competizione (tentare test assurdi) e la propaganda (gestire il problema con mezzi insufficienti pur di non diffondere la notizia) contavano di più della vita delle persone.
Mi auguro che certi scenari non siano ripetibili. Berlusconi non è Brezhnev. Nel bene e nel male.

kinder, sul discorso informazione, non è la stampa italiana a parlare di cemento, ma quella internazionale. Inoltre, se permetti, ritengo che le fonti che hai riportato, benchè siano al corrente della reale situazione, possano essere direttamente interessate a divulgare solo certe informazioni. Diciamo che Tepco, governo giapponese e IAEA sono un po' troppo coinvolti per essere neutrali...

sonoqui_1
Questo esempio dell'aereo dimostra solo quanto le persone siano irrazionali, quanto i governi siano sottomessi ai produttori di beni o fornitori di servizi che provocano effettivamente dei rischi o dei danni ambientali o alle persone, non intervenendo con interventi limitanti. Il mercato richiede certi servizi e prodotti e non si pongono limiti.

kinder1
"mircoFN":
Come ormai è purtroppo ampiamente dimostrato sperimentalmente gli incidenti può gravi sono effetti diretti dell'errore (o del dolo) umano. Questo è il primo termine dello sviluppo e nessuno è in effetti in grado di quantificarlo.
Qual'è la probabilità che qualche altro pazzoide operi come i 'controllori' di Chernobyl? Qual'è la probabilità che un altro gestore tenga in esercizio un impianto ai limiti della vita prevista dal progetto (o magari oltre) e non dica nulla sui suoi problemi, nemmeno al suo primo ministro (oltre che all'IAEA)?
Se queste probabilità non vengono quantificate, il resto dell'analisi affidabilistica mi sembra un esercizio, anche impegnativo e interessante, ma inutile per valutare l'effettiva sicurezza e il relativo rischio e quindi guidare una decisione razionale sulla costruzione di questo tipo di impianti.


Se non stimolo troppo la sensibilità di chi non accetta che nelle analisi di rischio anche l'uomo venga quantificato o valorizzato in qualche modo (c'è poco da fare, ma è così; daltronde lo fanno anche le assicurazioni senza che nessuno si scandalizzi!), allora posso dire che l'uomo è assolutamente considerato e considerabile come uno dei tanti nodi di un albero dei guasti. E le RAMS analysis possono facilmente tener conto di ciò. Ed altrettanto facilmente si possono concepire sistemi di sicurezza che fronteggino questo particolare tipo di "guasto". L'incidente di Chernobyl, tra i tanti limiti dell'impianto che ha messo in evidenza, ha mostrato anche la troppa esposizione a questo tipo di guasto. La sanno anche quegli irrazionali degli ingegneri nucleari che un operatore in sala controllo può sbagliare o può commettere un atto con dolo. Gli atti di terrorismo sono una delle tipologie di eventi a fronte delle quali viene progettato un impianto nucleare.

Ovviamente anche in questo caso, come in tutti, non è possibile azzerare il rischio. E' sempre immaginabile, per esempio, che una qualche organizzazione terroristica riesca a rendere suoi adepti tutti gli operatori di centrale e li convinca a minare tutto l'impianto e farlo saltare in aria. A fronte di scenari come questo - ma con la fantasia si può pensare molto di più - ci si chiede come fare per prevenire (è evidente che l'aspetto di security per operatori di centrale non è trattabile come per un qualunque operaio o tecnico di impianto), e comunque qual'è la probabilità che ciò accada.
Aggiungo in ultimo che normalmente chi sale in aereo non si chiede se il pilota è un terrorista che andrà ad immolare l'aereo contro un obiettivo scelto, nonostante sia accaduto. Eppure non è stato abolito il trasporto aereo.

mircoFN1
"kinder":

Bene, vuol dire che ho capito male. Avevo erroneamente capito che secondo te l'analisi probabilistica del rischio degli impianti nucleari svolta dagli esperti fosse sostanzialmente irrazionale, e che quindi l'intero approccio della "defence in dept" e di tutte le connesse declinazioni nell'ambito dell'organizzazione, dei processi, delle tecnologie impiegate e delle soluzioni ingegneristiche d'impianto adottate etc. etc. fossero frutto del caso o della mano divina.


Beh, allora avevi capito bene perché questo è più o meno il mio pensiero. In effetti è stato fatto un sacco di lavoro sulla caratterizzazione affidabilistica dei singoli componenti e anche dei sistemi ma questo significa aver lavorato sul terzo termine dello sviluppo di Taylor!
Come ormai è purtroppo ampiamente dimostrato sperimentalmente gli incidenti può gravi sono effetti diretti dell'errore (o del dolo) umano. Questo è il primo termine dello sviluppo e nessuno è in effetti in grado di quantificarlo.
Qual'è la probabilità che qualche altro pazzoide operi come i 'controllori' di Chernobyl? Qual'è la probabilità che un altro gestore tenga in esercizio un impianto ai limiti della vita prevista dal progetto (o magari oltre) e non dica nulla sui suoi problemi, nemmeno al suo primo ministro (oltre che all'IAEA)?
Se queste probabilità non vengono quantificate, il resto dell'analisi affidabilistica mi sembra un esercizio, anche impegnativo e interessante, ma inutile per valutare l'effettiva sicurezza e il relativo rischio e quindi guidare una decisione razionale sulla costruzione di questo tipo di impianti.

kinder1
"Cheguevilla":
Mentre l'energia prodotta è di facile misurazione, quando si tratta di misurare i danni la cosa è più difficile.
In un certo senso, è facile calcolare i danni causati dalla rottura di una diga, mentre lo è un po' meno calcolare i danni dovuti all'inquinamento atmosferico di una centrale a carbone, piuttosto che della contaminazione radioattiva di un possibile incidente o della cattiva gestione delle scorie, quali ad esempio il costo opportunità di rendere una zona inaccessibile per gli esseri umani.
Ad esempio, un incidente nel deserto del Nuovo Messico avrebbe un certo costo, mentre lo stesso incidente in Lombardia o in Sicilia sarebbe ben più rilevante. E non parlo solo di vite umane.
Notizia più o meno recente, si parla già della possibilità di seppellire il reattore con una colata di cemento come con Cernobyl. Sarò stronzo, ma questa cosa l'avevo già prevista 5 giorni fa.


le difficoltà che si possono incontrare nel fare le cose dipendono tanto per cominciare da chi le fa. Faccio un esempio banale ma efficace. La sostituzione della valvola mitralica ad un cardiopatico risulta per me molto più difficile (in realtà impossibile) di quanto non lo sia per un cardiochirurgo che lo fa giornalmente. E' solo un esempio di infiniti che si possono fare per dire banalmente che le cose devono farle quelli che conoscono il mestiere. Ed è tanto più vero quanto maggiore è la competenza richiesta per essere in grado di fare la cosa. Io, per esempio, se si fulmina una lampadina a casa la cambio da solo, e non chiamo l'elettricista. Ma se non sto bene vado dal medico.
Mi sono dilungato solo per stressare una cosa che passa sottaciuta; vedo molta sportività nell'approcciare i temi della sicurezza, del rischio, dell'analisi di rischio, come se fossero cose di cui si può parlare tra una chiacchierata sulla Fiorentina ed una sul Milan.

Altra cosa cui hai fatto cenno, il cemento.
Poiché su questi temi (e quasi tutti in generale) non si può fare affidamento sulla stampa, soprattutto quella italiana, suggerisco di informarsi dalle fonti, non dai raccontaballe.
Se ti interessano aggiornamenti sullo stato delle cose li trovi:
http://www.tepco.co.jp/en/index-e.html
http://www.nisa.meti.go.jp/english/
http://www.iaea.org/newscenter/news/tsu ... ate01.html


ovviamente ce ne sono altri, spesso interessati ad orientare l'opinione o a vendere qualcosa, ma non ad informare.

kinder1
"mircoFN":
[quote="kinder"][quote="mircoFN"]Per quanto riguarda il nucleare, a mio parere, la posizione degli 'esperti' è quindi tanto irrazionale quanto quella dell'uomo della strada.


:shock: :shock: :shock: tu vorresti dire quindi che una tecnologia sofisticata come quella di cui si parla e che ha accumulato almeno 10.000 reattorixanno di esercizio si sia tenuta in piedi per opera e virtù dello spirito santo? :shock: :shock: :shock:[/quote]

non mi sembra di aver detto questo. Basta leggere il mio intervento senza preconcetti, io stesso ho più dubbi che certezze sul nucleare in generale (non ne ho per il nucleare nel nostro paese, però!)

Non ho detto che progettare, realizzare o gestire un impianto complesso sia un lavoro per tutti, ma che, relativamente alla previsione e alla decisione di farli o meno, il ruolo di esperto non è dirimente.

Rispondo quindi volentieri nel merito delle mie affermazioni ma non mi piace essere interpretato ideologicamente.

ciao[/quote]

Bene, vuol dire che ho capito male. Avevo erroneamente capito che secondo te l'analisi probabilistica del rischio degli impianti nucleari svolta dagli esperti fosse sostanzialmente irrazionale, e che quindi l'intero approccio della "defence in dept" e di tutte le connesse declinazioni nell'ambito dell'organizzazione, dei processi, delle tecnologie impiegate e delle soluzioni ingegneristiche d'impianto adottate etc. etc. fossero frutto del caso o della mano divina.

Concordo anche sul fatto che la decisione di adottare la tecnologia nucleare sia un fatto politico, che dovrebbe basarsi anche su contenuti specialistici, sebbene debba anche rendere conto alla pancia delle persone, che dopotutto votano. E la pancia dipende dalla cultura della popolazione. Sappiamo come sia diversa quella italiana da quella francese, inglese, tedesca, svedese, nordamericana etc. etc. Fortunatamente noi italiani abbiamo avuto il dono divino di essere i più furbi al mondo, e di riuscire a capire cose che quei tontoloni dei francesi, ... (vedi elenco di prima) non sono riusciti a capire. Ma loro sono pur sempre gli eredi di popolazioni celtiche che i romani non sono riusciti a civilizzare fino in fondo, quindi dobbiamo essere indulgenti.

gundamrx91-votailprof

alfaceti
A me preoccupa molto di più lo smaltimento delle scorie radioattive, considerato che il sistema di smaltimento dei rifiuti tossici è tutt'altro che sicuro qui in Italia perchè purtroppo molto spesso c'è di mezzo la criminalità organizzata.

sonoqui_1
Ancora più difficile, dopo aver stimato l'inquinamento prodotto da un incidente di una certa entità, penso che sia valutare i danni prodotti da questo inquinamento alle persone e all'ambiente.
Dubito che ci sia qualcuno che abbia chiari i meccanismi secondo cui ad esempio dopo il disastro alla centrale nucleare ucraina abbia saputo dare una stima di quelli che sarebbero stati danni come malformazioni sui nuovi nati, effetti negativi sulle persone, in base all'entità delle radiazioni disperse.

La questione principale sollevata da mircoFN è, dopo aver stabilito la probabilità di un certo numero di morti provocati da un certo incidente (facendo l'esempio solo con i morti e non con danni in ngenerale), quale valore dovrebbe essere attribuito alla vita di una persona?
Si può fare una valutazione sul reddito della persona e le tasse che se ne ricaverebbero da questo sommate su tutti gli anni di vita "utile" (cioè quella lavorativa, anche se attualmente si va sempre più verso la coincidenza tra fine della vita lavorativa e fine della vita effettiva) previsti per la persona e attualizzate? Questo è il valore in moneta della vita di una persona dal punto di vista di un politico?

Cheguevilla
Mentre l'energia prodotta è di facile misurazione, quando si tratta di misurare i danni la cosa è più difficile.
In un certo senso, è facile calcolare i danni causati dalla rottura di una diga, mentre lo è un po' meno calcolare i danni dovuti all'inquinamento atmosferico di una centrale a carbone, piuttosto che della contaminazione radioattiva di un possibile incidente o della cattiva gestione delle scorie, quali ad esempio il costo opportunità di rendere una zona inaccessibile per gli esseri umani.
Ad esempio, un incidente nel deserto del Nuovo Messico avrebbe un certo costo, mentre lo stesso incidente in Lombardia o in Sicilia sarebbe ben più rilevante. E non parlo solo di vite umane.
Notizia più o meno recente, si parla già della possibilità di seppellire il reattore con una colata di cemento come con Cernobyl. Sarò stronzo, ma questa cosa l'avevo già prevista 5 giorni fa.

mircoFN1
"kinder":
[quote="mircoFN"]Per quanto riguarda il nucleare, a mio parere, la posizione degli 'esperti' è quindi tanto irrazionale quanto quella dell'uomo della strada.


:shock: :shock: :shock: tu vorresti dire quindi che una tecnologia sofisticata come quella di cui si parla e che ha accumulato almeno 10.000 reattorixanno di esercizio si sia tenuta in piedi per opera e virtù dello spirito santo? :shock: :shock: :shock:[/quote]

non mi sembra di aver detto questo. Basta leggere il mio intervento senza preconcetti, io stesso ho più dubbi che certezze sul nucleare in generale (non ne ho per il nucleare nel nostro paese, però!)

Non ho detto che progettare, realizzare o gestire un impianto complesso sia un lavoro per tutti, ma che, relativamente alla previsione e alla decisione di farli o meno, il ruolo di esperto non è dirimente.

Rispondo quindi volentieri nel merito delle mie affermazioni ma non mi piace essere interpretato ideologicamente.

ciao

kinder1
"Cheguevilla":
Bisognerebbe piuttosto misurare il danno effettuato dagli incidenti nucleari e confrontarlo, in proporzione all'energia prodotta, al danno effettuato da altre fonti energetiche.


esatto, è proprio questa la strada da percorrere. Ma bisogna saperlo e volerlo fare, con onestà intellettuale. Le persone che soddisfano questi tre requisiti sono una rarità, che l'italiano generico medio non sa neanche riconoscere, affetto come è dalla ignoranza, dalla diffidenza, dalla dietrologia e da qualche ideologia.

Cheguevilla
Contare il numero degli incidenti nucleari e dire che sono pochi è intellettualmente disonesto. Sarebbe come dire "nella mia vita sono molte di più le volte in cui vengo punto dalle zanzare piuttosto che le volte in cui vengo azzannato dai leoni". Cosa vera, inecceptibile (almeno mi auguro).
Bisognerebbe piuttosto misurare il danno effettuato dagli incidenti nucleari e confrontarlo, in proporzione all'energia prodotta, al danno effettuato da altre fonti energetiche.
Per quanto riguarda il rischio, non bisogna solo valutare la probabilità che un incidente avvenga, ma la stessa deve essere moltiplicata per il danno potenziale.
Quando sento parlare di nucleare sicuro, mi viene parecchio da ridere. Ogni centrale nucleare è sicura finchè non accade un incidente. E il problema sta nella definizione di incidente, ovvero qualcosa di non previsto. Ma se qualcosa di non previsto può accadere, allora la sicurezza è un concetto relativo.
Quando si tira fuori l'incidente del Vajont, vale la pena ricordare che quella diga fu costruita in barba a diversi avvisi, e con studi insufficienti. Io non capisco perchè si dovrebbe supporre che una centrale nucleare, in un paese ad altissima corruzione come l'Italia, debba automaticamente essere gestita in maniera più efficiente delle discariche campane.
Per quanto riguarda la dipendenza dagli altri paesi, è vero che l'Italia importa gas (di cui comunque è produttore), petrolio e carbone, ma non ricordo grossi giacimenti di uranio dalle nostre parti. Probabilmente sarebbe importato da qualche paese amico (potrebbe essere la Russia, per dirne uno a caso), il che contribuirebbe a consolidare la sottomissione al donatore di letti.

kinder1
"mircoFN":
Per quanto riguarda il nucleare, a mio parere, la posizione degli 'esperti' è quindi tanto irrazionale quanto quella dell'uomo della strada.


:shock: :shock: :shock: tu vorresti dire quindi che una tecnologia sofisticata come quella di cui si parla e che ha accumulato almeno 10.000 reattorixanno di esercizio si sia tenuta in piedi per opera e virtù dello spirito santo? :shock: :shock: :shock:

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