Sul metodo "urang-utang"
Leggendo le giustissime critiche mosse da Fioravante Patrone circa la validità di questo metodo per risolvere le equazioni differenziali "a variabili separabili", mi sento di fare questa riflessione.
Io sono uno studente di fisica, e di procedimenti del genere ne ho fin sopra i capelli.
Spessissimo, durante i passaggi di una qualche dimostrazione, si moltiplicano e si dividono per dx o dt i membri allo scopo di portare l'equazione su cui si sta lavorando in una forma integrabile.
Capisco l'orrore di chi è un matematico ortodosso, ma io mi sento di giustificare in qualche modo questi metodi, almeno per quanto riguarda l'applicazione alla fisica (nella matematica non entro in merito); chiedo in anticipo scusa ai matematici per la praticità dei miei ragionamenti.
Una derivata è definita come il limite per "x che tende a x0" del rapporto incrementale di una funzione. Benissimo. Nella realtà fisica una certa grandezza può dipendere da un'altra secondo una certa funzione. Chiamando y e x queste grandezze, se divido una variazione infinitesima dy di y per una variazione infinitesima dx di x, non ottengo il coefficiente angolare di una retta secante al grafico della funzione estremamente vicina alla tangente, cioè alla derivata? In fisica è così che si ragiona: la notazione dy/dx non esprime il concetto vero e proprio di derivata, ma il rapporto vero e proprio fra due quantità. E' per questo che nei "nostri" passaggi matematici moltiplichiamo e dividiamo le equazioni per tali quantità.
La correttezza di questi metodi è verificabile: utilizzando le regole di derivazione e integrazione, si ricavano relazioni confermate sperimentalmente, spesso "con ottima approssimazione". Per, un fisico, infatti, andare "troppo in là" con le cifre decimali non ha molto senso (in generale).
Io sono uno studente di fisica, e di procedimenti del genere ne ho fin sopra i capelli.
Spessissimo, durante i passaggi di una qualche dimostrazione, si moltiplicano e si dividono per dx o dt i membri allo scopo di portare l'equazione su cui si sta lavorando in una forma integrabile.
Capisco l'orrore di chi è un matematico ortodosso, ma io mi sento di giustificare in qualche modo questi metodi, almeno per quanto riguarda l'applicazione alla fisica (nella matematica non entro in merito); chiedo in anticipo scusa ai matematici per la praticità dei miei ragionamenti.
Una derivata è definita come il limite per "x che tende a x0" del rapporto incrementale di una funzione. Benissimo. Nella realtà fisica una certa grandezza può dipendere da un'altra secondo una certa funzione. Chiamando y e x queste grandezze, se divido una variazione infinitesima dy di y per una variazione infinitesima dx di x, non ottengo il coefficiente angolare di una retta secante al grafico della funzione estremamente vicina alla tangente, cioè alla derivata? In fisica è così che si ragiona: la notazione dy/dx non esprime il concetto vero e proprio di derivata, ma il rapporto vero e proprio fra due quantità. E' per questo che nei "nostri" passaggi matematici moltiplichiamo e dividiamo le equazioni per tali quantità.
La correttezza di questi metodi è verificabile: utilizzando le regole di derivazione e integrazione, si ricavano relazioni confermate sperimentalmente, spesso "con ottima approssimazione". Per, un fisico, infatti, andare "troppo in là" con le cifre decimali non ha molto senso (in generale).
Risposte
Continuate pure ad accapigliarvi
Nel frattempo ho scritto quella risposta un po' più meditata di cui parlavo nella mia prima replica.
Non è l'unica risposta che può essere data, epperò credo che molti possano apprezzarne lo spirito.
La "risposta" è un po' lunga per essere postata qui. Ho predisposto un pdf (5 pagg.) per chi voglia curiosare:
http://www.diptem.unige.it/patrone/0000 ... simato.pdf
NB: al solito, commenti sono benvenuti.
E ringrazio VINX89 per avermi "stimolato" a scrivere queste note che volevo mettere giù da tempo!

Nel frattempo ho scritto quella risposta un po' più meditata di cui parlavo nella mia prima replica.
Non è l'unica risposta che può essere data, epperò credo che molti possano apprezzarne lo spirito.
La "risposta" è un po' lunga per essere postata qui. Ho predisposto un pdf (5 pagg.) per chi voglia curiosare:
http://www.diptem.unige.it/patrone/0000 ... simato.pdf
NB: al solito, commenti sono benvenuti.
E ringrazio VINX89 per avermi "stimolato" a scrivere queste note che volevo mettere giù da tempo!
"Gugo82":
[quote="VINX89"]Credo significhi talmente piccolo da rendere trascurabile ogni errore...lo ripeto, in Fisica c'è un limite alle cifre decimali che si prendono in considerazione
Noto con rammarico che in Fisica c'è anche un limite alla "piccolezza" delle divisioni.
In fondo il modo è "discreto" (siamo immersi tra quanti), siamo noi che ce lo immaginiamo continuo e perciò continuiamo ad usare i numeri reali.
Poi, mica colpa dei Matematici se la Fisica è rimasta al medioevo?
Esattamente nel medioevo c'era lo stesso problema che infastidisce WiZaRd; prendete Cardano e le radici dei numeri negativi... Non importava cosa fossero, l'importante e che alla fine i conti tornavano.[/quote]
La fisica è rimasta al medioevo? Un certo Tim Berners-Lee, fisico, ha inventato un giocattolo chiamato internet grazie al quale anche tu puoi esprimere la tua opinione.
Do il mio modesto contributo.
In Fisica il concetto di limite non esiste, perché non è operativo. Quando si calcolano limiti, derivate, integrali ecc. che richiedono il continuo si fa della Fisica-Matematica, ovvero della Matematica applicata a problemi della Fisica (l'esempio classico è la Meccanica Analitica che non a caso è un circolo di matematici).
Lo stesso concetto elementare di velocità è un azzardo, o una scommessa, perché deriva dalla assunzione (non verificabile e quindi non Fisica) che il moto sia regolare al limite. Se si assume questo, allora per la Fisica il $dt$ non è altro che un $\Delta t$ piccolo (ma misurabile e quindi finito) al di sotto del quale assumiamo che il rapporto ${\Delta s}/ {Delta t}$ non abbia variazioni significative. Un discorso analogo vale per esempio per la densità di massa nella meccanica classica $\gamma={dm}/{dV}$ in cui il $dV$ non deve nemmeno essere troppo piccolo!
A ciò aggiungiamo che l'ipotesi del continuo regolare produce strumenti predittivi potenti e utili (quando non abusato e trattato in modo formalmente corretto) dei quali non è facile fare a meno.
In Fisica il concetto di limite non esiste, perché non è operativo. Quando si calcolano limiti, derivate, integrali ecc. che richiedono il continuo si fa della Fisica-Matematica, ovvero della Matematica applicata a problemi della Fisica (l'esempio classico è la Meccanica Analitica che non a caso è un circolo di matematici).
Lo stesso concetto elementare di velocità è un azzardo, o una scommessa, perché deriva dalla assunzione (non verificabile e quindi non Fisica) che il moto sia regolare al limite. Se si assume questo, allora per la Fisica il $dt$ non è altro che un $\Delta t$ piccolo (ma misurabile e quindi finito) al di sotto del quale assumiamo che il rapporto ${\Delta s}/ {Delta t}$ non abbia variazioni significative. Un discorso analogo vale per esempio per la densità di massa nella meccanica classica $\gamma={dm}/{dV}$ in cui il $dV$ non deve nemmeno essere troppo piccolo!
A ciò aggiungiamo che l'ipotesi del continuo regolare produce strumenti predittivi potenti e utili (quando non abusato e trattato in modo formalmente corretto) dei quali non è facile fare a meno.
"VINX89":
Credo significhi talmente piccolo da rendere trascurabile ogni errore...lo ripeto, in Fisica c'è un limite alle cifre decimali che si prendono in considerazione
Noto con rammarico che in Fisica c'è anche un limite alla "piccolezza" delle divisioni.
In fondo il modo è "discreto" (siamo immersi tra quanti), siamo noi che ce lo immaginiamo continuo e perciò continuiamo ad usare i numeri reali.
Poi, mica colpa dei Matematici se la Fisica è rimasta al medioevo?
Esattamente nel medioevo c'era lo stesso problema che infastidisce WiZaRd; prendete Cardano e le radici dei numeri negativi... Non importava cosa fossero, l'importante e che alla fine i conti tornavano.
"GIBI":
Che cos'é $dx$? semplice, è un numero che ha due proprietà:
1) $dx !=0;
2) $|dx|<\alpha$, per $AA$$\alpha \in $$RR^{+}$.
Dimentichi un aspetto cruciale: precisare in che insieme lavori. La tua definizione, quindi, non è ben posta.
Che cos'é $dx$? semplice, è un numero che ha due proprietà:
1) $dx !=0;
2) $|dx|<\alpha$, per $AA$$\alpha \in $$RR^{+}$.
Nella matematica 'tradizionale' questo numero non esiste, ma cosa importa, basta che funzioni.
1) $dx !=0;
2) $|dx|<\alpha$, per $AA$$\alpha \in $$RR^{+}$.
Nella matematica 'tradizionale' questo numero non esiste, ma cosa importa, basta che funzioni.
Credo significhi talmente piccolo da rendere trascurabile ogni errore...lo ripeto, in Fisica c'è un limite alle cifre decimali che si prendono in considerazione
E' proprio questo approccio che mi inimica la Fisica. Che significa "piccolissimo"?
Boh!
Boh!
Bè, non saprei risponderti se non utilizzando le stesse parole: una variazione infinitesima è una variazione infinitesima, cioè piccolissima (come altro potrei descriverla?). In Fisica questo approccio è fondamentale: considerando "spostamenti infinitesimi","intervalli infinitesimi" ecc...,infatti, spesso si possono considerare costanti delle grandezze fisiche nel calcolo, che così è notevolmente semplificato.
@VINX89
Sarà anche come dici tu, ma mi devi spiegare cosa sono le "variazioni infinitesime". Come è possibile parlare di qualche cosa del quale non si ha coscienza.(*)
__________________
(*) Il non avere coscienza non è riferito a te nello specifico, ma alla storia della "variazione infinitesima" che tutto fa tranne che dirmi cos'è $dx$.
Sarà anche come dici tu, ma mi devi spiegare cosa sono le "variazioni infinitesime". Come è possibile parlare di qualche cosa del quale non si ha coscienza.(*)
__________________
(*) Il non avere coscienza non è riferito a te nello specifico, ma alla storia della "variazione infinitesima" che tutto fa tranne che dirmi cos'è $dx$.
Rinvio a tempo debito una risposta più meditata.
Al volo, posso dirti che mi sento in sintonia con te e quello che dici non mi scandalizza.
Quello che ho sempre trovato osceno nel metodo urang-utang© è il fare passaggi sbagliati, insensati, contrabbandandoli per giusti.
O tacendone le magagne, un po' come sta facendo Raiset con un tale...
Tra l'altro, "tacere le magagne" ha l'effetto devastante dal punto di vista formativo di sopire lo spirito critico di chi legge o ascolta, fidandosi nella sua accettazione del principio di autorità, invece di spingerlo a "revocare in dubbio" ogni affermazione.
Al volo, posso dirti che mi sento in sintonia con te e quello che dici non mi scandalizza.
Quello che ho sempre trovato osceno nel metodo urang-utang© è il fare passaggi sbagliati, insensati, contrabbandandoli per giusti.
O tacendone le magagne, un po' come sta facendo Raiset con un tale...
Tra l'altro, "tacere le magagne" ha l'effetto devastante dal punto di vista formativo di sopire lo spirito critico di chi legge o ascolta, fidandosi nella sua accettazione del principio di autorità, invece di spingerlo a "revocare in dubbio" ogni affermazione.