Si può parlare di coscienza in terza persona?
E’ problematico trovare una sezione adatta. Ci vorrebbe l’auspicata sezione di filosofia della scienza; e in mancanza di questa vada per Generale.
Parto dalla questione nella sua forma più grezza: tutti noi (esseri umani) proviamo delle sensazioni: se mangiamo un gelato, se ci pestiamo un dito con un martello, se facciamo un bel bagno caldo, ecc ecc. Alcune di queste le sentiamo “piacevoli”, altre “spiacevoli”, altre , magari, neutre.
Ma, NOI; il nostro corpo, è un pezzo di materia: molto organizzato, estremamente complesso, ma insomma, un pezzo di materia. Quindi, noi sappiamo che un pezzo di materia – il nostro corpo – può provare delle sensazioni. Su questo fatto veramente non possono esserci dubbi: è una specie di “cogito ergo sum”, ma, direi, ancora più forte (perché il “sum”, insomma, è ancora un po’ nebuloso; ma una martellata su un dito no).
Da questa base, ricaverei una serie di questioni.
- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?
Può sembrare – in particolare la terza questione – una rielaborazione del test di Turing. A me però sembra di no, nel senso che – salvo il massimo rispetto per Turing – direi che la sua domanda “le macchine possono PENSARE?” (maiuscolo mio) non centra il punto. Mette l’accento sul “pensare”, invece che sul “sentire” , e questo mi pare faccia perdere il contatto con il vero e fondamentale “scandalo” di una materia che si accorge di “esserci”. E, su questa linea, tutto quel che mi è capitato di leggere (Dennett, Hofstadfer, e altri non ricordo) si perdono in questioni computazionali che mancano completamente il bersaglio (IMHO)
Qualcuno raccoglierà questa proposta di discussione? Lo spero… è faticoso pensarci da solo, la questione pare così imprendibile…
Parto dalla questione nella sua forma più grezza: tutti noi (esseri umani) proviamo delle sensazioni: se mangiamo un gelato, se ci pestiamo un dito con un martello, se facciamo un bel bagno caldo, ecc ecc. Alcune di queste le sentiamo “piacevoli”, altre “spiacevoli”, altre , magari, neutre.
Ma, NOI; il nostro corpo, è un pezzo di materia: molto organizzato, estremamente complesso, ma insomma, un pezzo di materia. Quindi, noi sappiamo che un pezzo di materia – il nostro corpo – può provare delle sensazioni. Su questo fatto veramente non possono esserci dubbi: è una specie di “cogito ergo sum”, ma, direi, ancora più forte (perché il “sum”, insomma, è ancora un po’ nebuloso; ma una martellata su un dito no).
Da questa base, ricaverei una serie di questioni.
- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?
Può sembrare – in particolare la terza questione – una rielaborazione del test di Turing. A me però sembra di no, nel senso che – salvo il massimo rispetto per Turing – direi che la sua domanda “le macchine possono PENSARE?” (maiuscolo mio) non centra il punto. Mette l’accento sul “pensare”, invece che sul “sentire” , e questo mi pare faccia perdere il contatto con il vero e fondamentale “scandalo” di una materia che si accorge di “esserci”. E, su questa linea, tutto quel che mi è capitato di leggere (Dennett, Hofstadfer, e altri non ricordo) si perdono in questioni computazionali che mancano completamente il bersaglio (IMHO)
Qualcuno raccoglierà questa proposta di discussione? Lo spero… è faticoso pensarci da solo, la questione pare così imprendibile…
Risposte
"gmorkk":
il sentire potrebbe a questo punto essere altro che la reazione dovuta ad una interazione fisica.
Veramente troppo riduzionista - o piuttosto, negazionista - per me
"gmorkk":
In questo senso anche un pezzo di ferro o una bottiglia di plastica 'sentono' il calore che le dilata o il freddo che le contrae, o le forze che le stirano, piegano o dilatano. O la gravità, gli agenti atmosferici, che le degradano. È un sentire diverso perché non vi è forse consapevolezza per il ferro e la bottiglia, ma è, in modo molto minimale, il sentire in sé, che è sempre una reazione ad una interazione, che ha luogo comunque.
Idem come sopra
"gmorkk":
la coscienza umana sarà sempre e comunque diversa da qualsiasi altra coscienza
E questo, chi te lo ha detto?
"gmorkk":
è ovvio che un alieno non potrà mai pensare/essere cosciente come un essere umano.
Idem come sopra
"gmorkk":
L'errore quindi è a monte, è pretendere che un pezzo di ferro o una bottiglia possano interagire con l'ambiente come facciamo noi e sulla base di questo dedurre (quando è palese) che non hanno coscienza, per questo non possono sentire.
Alla fine però non ho capito: sei animista o no? Prima dici che anche il pezzo di ferro sente, poi dici che è palese il contrario.
Provo a esporre in breve il mio sistema assiomatico.
1) io sento qualcosa (e su questo non ci piove)
2) non credo che un pezzo di ferro senta qualcosa (questo è un po' meno certo, ma ci scommetterei sopra)
Ho anche qualche argomento per 2).
Mi è capitato di fare delle operazioni in anestesia generale. Non sono affatto morto: il mio corpo ha continuato a funzionare QUASI come prima; ma le sensazioni erano AZZERATE, Il che mi fa pensare che la capacità di sentire non è per niente implicita nella capacità di reagire: è qualcosa che ci vuol poco a spegnere. Nonostante ci sia un sistema estremamente sofisticato che funziona perfettamente, non ci sono sensazioni.
C'è una obiezione a questo, cioè togliendo la sensazione resta intatto il funzionamento INTERNO, ma quello esterno no; le reazioni agli stimoli esterni scompaiono anche loro. In sostanza, una situazione in cui il comportamento esteriore resta inalterato ma il sentire è soppresso, pare che non si verifichi. Se questo avviene per qualche motivo fondamentale, oppure si tratta solo di un intoppo tecnico, io naturalmente non lo so.
"mgrau":
[quote="gmorkk"]
Tu, io, e molti altri utenti che ti hanno risposto invece sembra che abbiamo un concetto di "sensazione/sentire" diverso. Sembra soprattutto che in molti, me incluso, ne abbiano dato una sottintesa definizione che però tu non riconosci essere quella che hai in mente.
.
.
.
Per questo ti invito a dire, anche a parole vaghe, cosa intendi con quella parola. Sennò diventa un indovinello per capire cosa pensi e/o continueremo a parlare intendendo cose diverse
Con "sentire" intendo un concetto primario, che non credo possa essere definito - definito, voglio dire, in termini di qualcosa di più basilare.
A chi invece dà delle definizioni di tipo genericamente "computazionale" non so proprio cosa obiettare. Mi sembra che parlino d'altro. Ci vedo, a voler azzardare una analisi psicologica, un tentativo di difendersi da qualcosa che appare irriducibile alle normali categorie della razionalità.
Ma così direi che manca quel minimo di base comune che consenta di scambiarsi opinioni.[/quote]
Forse ho capito cosa intendi.
Non posso che ammettere che da un certo punto di vista il tuo sbigottimento ha basi fondate.
Però d'altra parte, forse da un punto di vista molto riduzionista, il sentire potrebbe a questo punto essere altro che la reazione dovuta ad una interazione fisica.
Sì, la butto lì.
In questo senso anche un pezzo di ferro o una bottiglia di plastica 'sentono' il calore che le dilata o il freddo che le contrae, o le forze che le stirano, piegano o dilatano. O la gravità, gli agenti atmosferici, che le degradano. È un sentire diverso perché non vi è forse consapevolezza per il ferro e la bottiglia, ma è, in modo molto minimale, il sentire in sé, che è sempre una reazione ad una interazione, che ha luogo comunque.
Il tutto quindi potrebbe riassumersi chiedendosi se esiste davvero differenza tra coscienza/consapevolezza di interagire con un dato sistema fisico o no.
Però a mio parere, anche se sembrerà bizzarro a molti, non ha proprio senso chiedersi se un pezzo di ferro o una bottiglia abbiano o no una coscienza, per il semplice motivo che la coscienza umana sarà sempre e comunque diversa da qualsiasi altra coscienza e se rapportate alle prime queste ultime non potranno mai essere riconosciute come tali.
Un alieno venuto sulla Terra a visitarci, per questo motivo, per noi continuerebbe a non avere alcuna coscienza/consapevolezza, perché non ha senso paragonare due cose così diverse e, in ultima analisi, sarebbe anche scorretto farlo, giacché è ovvio che un alieno non potrà mai pensare/essere cosciente come un essere umano.
L'errore quindi è a monte, è pretendere che un pezzo di ferro o una bottiglia possano interagire con l'ambiente come facciamo noi e sulla base di questo dedurre (quando è palese) che non hanno coscienza, per questo non possono sentire.
Direi che invece ogni sistema, fisico/organico che sia, ha una sua ben determinata risposta a sollecitazioni da parte dell'ambiente e lo sforzo di ricondurre tutto all'antropocentrismo può indurci a non valutare sfumature che possono determinare importanti ma istruttive differenze.
"mgrau":
Con "sentire" intendo un concetto primario, che non credo possa essere definito - definito, voglio dire, in termini di qualcosa di più basilare.
A chi invece dà delle definizioni di tipo genericamente "computazionale" non so proprio cosa obiettare. Mi sembra che parlino d'altro.
A me sembra tu ti sia espresso chiaramente. (Ma potrei aver capito male)
Anche chi ha ridotto il sentire ad un processo meccanico mi sembra sia stato chiaro, noi esattamente come fa uno scaldabagno riceviamo uno stimolo ed adottiamo una risposta, nel caso di uno scaldabagno la risposta é di un tipo, nel nostro caso la risposta é di un altro tipo, la differenza risiede tutta nella complessità del sistema di elaborazione, ne più ne meno.
Prima ho fatto l'esempio della medusa che schiatta al sole perché ritengo a intuito che il sentire della medusa sia quello che tu cerchi, é molto più vicino al nostro sentire, eppure una medusa non ha nessuna consapevolezza di esistere, non ha coscienza, non ha pensiero, é un organismo che ha solo sensazioni tattili (a parer mio). semplicemente ha un sistema di elaborazione estremamente complesso ma elementare.
Anche io sono dell'idea come ho detto prima che quella sensazione sia semplicemente frutto di un sistema complesso di elaborazione ma che non differisce alla base dal sistema rozzo di uno "scaldabagno". Per me non si può definire perché non c'è proprio differenza tra le due cose, semplicemente un attimo prima é troppo poco complesso per avere quella "sensazione", un attimo dopo é abbastanza complesso da produrre quella "sensazione". Ma é semplicemente una risposta meccanica. Cresci e cresci si arriva alla coscienza e alla consapevolezza, ma pure quella é frutto di una risposta del tipo "scaldabagno" (sempre secondo me).
Io do ragione a chi chiede una definizione chiara, capire come può la materia "sentire"
é una forzatura che deve passare da una definizione formale di "sentire".
"gmorkk":
Tu, io, e molti altri utenti che ti hanno risposto invece sembra che abbiamo un concetto di "sensazione/sentire" diverso. Sembra soprattutto che in molti, me incluso, ne abbiano dato una sottintesa definizione che però tu non riconosci essere quella che hai in mente.
.
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Per questo ti invito a dire, anche a parole vaghe, cosa intendi con quella parola. Sennò diventa un indovinello per capire cosa pensi e/o continueremo a parlare intendendo cose diverse
Con "sentire" intendo un concetto primario, che non credo possa essere definito - definito, voglio dire, in termini di qualcosa di più basilare.
A chi invece dà delle definizioni di tipo genericamente "computazionale" non so proprio cosa obiettare. Mi sembra che parlino d'altro. Ci vedo, a voler azzardare una analisi psicologica, un tentativo di difendersi da qualcosa che appare irriducibile alle normali categorie della razionalità.
Ma così direi che manca quel minimo di base comune che consenta di scambiarsi opinioni.
"mgrau":
[quote="gmorkk"]
Ma allora dovresti essere più chiaro, perché altrimenti è impossibile portare avanti la discussione.
....
Tuttavia torno al punto di prima: se non ti sforzi di spiegare anche in modo non formale cosa intendi per sentire è impossibile potere anche dare senso alla discussione.
Non mi sembra che funzioni così. Per fare un esempio, quando Galvani, Vota e compagnia bella hanno iniziato i loro studi, non si sono, credo, posti la questione: "Ma COSA è l'elettricità? Perchè, se non la definiamo bene, non si va da nessuna parte".
Secondo me, prima bisogna farsi un'idea il più possibile comprensiva dei fenomeni, poi, e molto poi, verrà il tempo degli assiomi e delle dimostrazioni.
Quanto poi alla sensazione di "esistere", mah, mi sembra poco produttivo occuparsi delle cose difficili quando già con quelle facili - pestarsi un dito, per dire - si brancola nel buio.[/quote]
Uhm, non proprio.
Galvani e Volta non avevano una definizione di elettricità ma ne avevano un concetto ben espresso negli esperimenti che facevano.
Tu, io, e molti altri utenti che ti hanno risposto invece sembra che abbiamo un concetto di "sensazione/sentire" diverso. Sembra soprattutto che in molti, me incluso, ne abbiano dato una sottintesa definizione che però tu non riconosci essere quella che hai in mente.
Per questo ti invito a dire, anche a parole vaghe, cosa intendi con quella parola. Sennò diventa un indovinello per capire cosa pensi e/o continueremo a parlare intendendo cose diverse (cosa che Volta e Galvani infatti non facevano, tornando al tuo esempio).
"gmorkk":
Ma allora dovresti essere più chiaro, perché altrimenti è impossibile portare avanti la discussione.
....
Tuttavia torno al punto di prima: se non ti sforzi di spiegare anche in modo non formale cosa intendi per sentire è impossibile potere anche dare senso alla discussione.
Non mi sembra che funzioni così. Per fare un esempio, quando Galvani, Vota e compagnia bella hanno iniziato i loro studi, non si sono, credo, posti la questione: "Ma COSA è l'elettricità? Perchè, se non la definiamo bene, non si va da nessuna parte".
Secondo me, prima bisogna farsi un'idea il più possibile comprensiva dei fenomeni, poi, e molto poi, verrà il tempo degli assiomi e delle dimostrazioni.
Quanto poi alla sensazione di "esistere", mah, mi sembra poco produttivo occuparsi delle cose difficili quando già con quelle facili - pestarsi un dito, per dire - si brancola nel buio.
"mgrau":
Mi verrebbe da dire: nessuno dei due.
Entrambi i tuoi esempi rientrano nel medesimo schema: c'è un "input" (in un caso esterno, nell'altro interno), questo viene "elaborato", e il sentire è "nient'altro che" questo "output".
La fase di elaborazione possiamo complicarla a piacere, ma, se vuoi, possiamo anche fare l'ipotesi (al momento irrealistica) di disporre della mappa completa degli impulsi nervosi coinvolti. Più di così credo che non si possa andare, giusto?
Ecco, questa mi sembra la classica posizione "negazionista". Si nega la specificità della sensazione, riconducendola al suo background fisico: la sensazione E' l'insieme dei segnali nervosi.
A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.
Ma allora dovresti essere più chiaro, perché altrimenti è impossibile portare avanti la discussione. Per "sentire" si intende proprio l'elaborazione dei dati in input e quindi un output. Ci sono però diverse sensazioni. Una di quelle che ho citato, se ci pensi bene, non è affatto riconducibile a questo schema di cui tu parli; la sensazione di esistere non ha nessun input né output perché è molto più affine al concetto di coscienza.
Tuttavia torno al punto di prima: se non ti sforzi di spiegare anche in modo non formale cosa intendi per sentire è impossibile potere anche dare senso alla discussione.
"@melia":
Con una sezione del genere trovare un moderatore disponibile è praticamente impossibile, si infilerebbero tutti i peggiori pensatori - oratori - grafomani (p-o-g) del web.
Che pessimismo... dopo tutto anche la relatività è un attrattore di p-o-g di tutto rispetto, eppure la sezione di fisica rimane abbastanza frequentabile...
"Indrjo Dedej":
[quote="mgrau"]
Ci vorrebbe l’auspicata sezione di filosofia della scienza
Eh sì, ci vorrebbe uma sezione di filosofia...

Con una sezione del genere trovare un moderatore disponibile è praticamente impossibile, si infilerebbero tutti i peggiori pensatori - oratori - grafomani (p-o-g) del web. E un moderatore dovrebbe sempre leggere tutti gli interventi, controllare che non si accapiglino, non venga offeso nessuno, ... un lavoro fisso, praticamente.
I peggiori p-o-g, poi, postano ad ore impossibili.
No, grazie.
Fate pure quattro chiacchiere qui in Generale, ma non esagerate e, soprattutto, non litigate, che anche oggi sto correggendo compiti.

"mgrau":
A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.
Uno stimolo perché non dovrebbe essere elaborato come fa un oggetto, un termometro si limita a ricevere un segnale e a dare una risposta adeguata. Noi abbiamo un elaboratore più complesso che ci rende in grado di dire:"e mo che faccio", che é diverso dal avere una reazione fissa o totalmente casuale.
Già il fatto di muoversi, dover scampare a dei pericoli, o cercare qualcosa deve implicare un sistema di elaborazione più complesso di quello di un termometro.
Una medusa ha meno a cui pensare se ne sta bella bella a scorrazzare per il mare si difende si nutre si muove se la metti al sole sentirà anche lei qualcosa, però è così semplice che non sentirà il dolore che proviamo noi, si limita a crepare con una sensazione fastidiosa a dosso.
E quella è un organismo vivente non un oggetto (volevo fare il paragone con un oggetto) però é un organismo semplice.
"mgrau":
Ci vorrebbe l’auspicata sezione di filosofia della scienza
Eh sì, ci vorrebbe uma sezione di filosofia...

Secondo me la questione andrebbe rifondata da capo...
Mi verrebbe da dire: nessuno dei due.
Entrambi i tuoi esempi rientrano nel medesimo schema: c'è un "input" (in un caso esterno, nell'altro interno), questo viene "elaborato", e il sentire è "nient'altro che" questo "output".
La fase di elaborazione possiamo complicarla a piacere, ma, se vuoi, possiamo anche fare l'ipotesi (al momento irrealistica) di disporre della mappa completa degli impulsi nervosi coinvolti. Più di così credo che non si possa andare, giusto?
Ecco, questa mi sembra la classica posizione "negazionista". Si nega la specificità della sensazione, riconducendola al suo background fisico: la sensazione E' l'insieme dei segnali nervosi.
A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.
Entrambi i tuoi esempi rientrano nel medesimo schema: c'è un "input" (in un caso esterno, nell'altro interno), questo viene "elaborato", e il sentire è "nient'altro che" questo "output".
La fase di elaborazione possiamo complicarla a piacere, ma, se vuoi, possiamo anche fare l'ipotesi (al momento irrealistica) di disporre della mappa completa degli impulsi nervosi coinvolti. Più di così credo che non si possa andare, giusto?
Ecco, questa mi sembra la classica posizione "negazionista". Si nega la specificità della sensazione, riconducendola al suo background fisico: la sensazione E' l'insieme dei segnali nervosi.
A me pare evidente (ma quanto pare non a tutti) che se si adotta questa posizione dobbiamo attribuire delle sensazioni anche al termostato che abbiamo in casa, o allo smartphone che teniamo in tasca: c'è l'input, c'è l'elaborazione, c'è l'output... tutto senz'altro molto più semplice, ma insomma lo schema è quello. Se ti sembra convincente... Arriviamo dritti dritti all'animismo.
"mgrau":
[quote="gmorkk"] Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire",....
Beh, sai, non si può spiegare TUTTO. Da qualche parte bisogna pur partire. E il fatto che io "sento" qualcosa (e magari anche tu) mi pare proprio un buon candidato al ruolo di nozione primitiva.[/quote]
Grazie per avermi risposto. Discussioni come queste ritengo che siano ciò che davvero fa la qualità di un forum.
Tornando al discorso: il problema secondo me è proprio definire il sentire. Come nozione primitiva non so se va bene, perché è possibile creare ambiguità. Faccio degli esempi e perdonami se magari appariranno fuori luogo.
Esempio 1
Banalissimo. Se mi trovo ad un teatro e parte la Sinfonia No. 9 di Beethoven, io sento qualcosa. Sento dei suoni. Tuttavia il suono è solo una elaborazione di onde meccaniche dovute alle mie orecchie e alle zone del cervello dedite alla rimodulazione e decodifica di tali impulsi elettro-meccanici. Sento quindi il tono, il volume, il timbro e queste sono tutte informazioni che io elaboro attraverso delle "periferiche" che raccolgono dati (detector-ricevitori). Questo tipo di sensazione è una sensazione che dunque è un caso più generale di una elaborazione di dati in input dall'esterno.
Tutti i sensi, quindi (elenco quelli comunemente intesi: olfatto, udito, vista, tatto, gusto) sono nient'altro che la descrizione di tutte le possibili informazioni che il corpo umano e quindi l'uomo è capace di elaborare dall'esterno.
Esempio 2
Senza girarci troppo intorno: la sensazione di fame, la sensazione di sete, la sensazione che si prova quando si è in preda a pulsioni sessuali e/o di rabbia, ansia, paura ecc
Questo tipo di informazioni sono piuttosto variegate, non tutte sono dovute ad input esterni ma sono informazioni che il nostro corpo ci invia come una sorta di "campanelli d'allarme".
Una di queste sensazioni che forse si avvicina molto al punto che vorresti cogliere tu, immagino, è proprio la sensazione di esistere (autocoscienza). Ovvero il fatto di essere coscienti di esistere e di avere una identità, di sentirsi sé stessi come corpo e mente.
Il fatto di pensare e quindi di riconoscersi in un archetipo di coscienza che produce un pensiero e che sente quindi il mondo circostante come "diverso" da sé stesso. La sensazione di "vedersi", in poche parole.
Ora, anche se magari non ci sono andato neanche lontanamente vicino, potresti dirmi quale dei due tipi di sensazione ti sembra quella che riflette meglio la tua idea di sentire oggetto di questa discussione?
"gmorkk":
Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire",....
Beh, sai, non si può spiegare TUTTO. Da qualche parte bisogna pur partire. E il fatto che io "sento" qualcosa (e magari anche tu) mi pare proprio un buon candidato al ruolo di nozione primitiva.
"mgrau":
Definizioni possiamo darne quante ne vuoi. Ma sono quelle buone? Personalmente di definizioni buone (per me, ovviamente) non ne ho vista neanche mezza.
Ma se non sai neanche tu di cosa stai parlando, allora a che serve questa discussione?
Discussione che è interessantissima, eh. Ma se non spieghi cosa intendi per "sentire", ci sentiremo liberi di dirti ciò che vogliamo con basi anche piuttosto solide, come ha ben fatto overflow94 al quale faccio i miei complimenti per gli argomenti introdotti.
"a_tizio":
Premesso che non ho letto tutte le risposte del thread,
Sei perdonato, figliolo
"a_tizio":
La prima problematica qui penso sia definire più rigorosamente cosa si intenda per "sentire" (cosa non banale sicuramente).
Definizioni possiamo darne quante ne vuoi. Ma sono quelle buone? Personalmente di definizioni buone (per me, ovviamente) non ne ho vista neanche mezza.
E poi, la fase del rigore, nelle scienze, di solito viene quando si ha già un bel po' di risultati; per dire, l'elettromagnetismo non è cominciato con Maxwell, ma con le rane di Galvani, Volta, e compagnia bella. Qui invece mi sembra che abbiamo un pugno di mosche.
"a_tizio":
l'ipotesi più plausibile secondo me è che, dato un insieme di un certo tipo di materia (nel senso di molecole e quindi di atomi) organizzato geometricamente in un certo modo nello spazio (per esempio un sistema nervoso), la proprietà della coscienza (o del "sentire") emerge sempre di più con l'aumento della complessità e grandezza della struttura in questione (per es della struttura nervosa).
....
Allo stesso modo, verificate alcune condizioni probabilmente necessarie, l'essere cosciente aumenta o diminuisce con la complessità della struttura (ma non c'è mai un punto discreto in cui si è o non si è coscienti).
E cosa te lo fa pensare? Forse il fatto che tu hai coscienza, e sei complesso?
"a_tizio":
Penso che l'unico modo per stabilire se qualcosa è cosciente, sia di scoprirne la causa fisica generale e vedere se si verifica in quel qualcosa. Ma non credo sarà mai possibile distinguere al 100% cosa è o non è cosciente (per il semplice fatto che non si può sapere al 100% neanche se il resto degli esseri viventi, umani compresi, a parte se stessi è cosciente o sono semplicemente "robot biologici").
Ma non ti fare che ci sia un rovesciamento? Come si fa a scoprire la causa di qualcosa se nemmeno sappiamo se questo qualcosa c'è? Prima dovremmo essere sicuri di questo, non ti pare?
Premesso che non ho letto tutte le risposte del thread, my 2 cents.
La prima problematica qui penso sia definire più rigorosamente cosa si intenda per "sentire" (cosa non banale sicuramente). Se non si sa conosce di preciso l'oggetto/evento che si sta osservando (cioè il "sentire") è praticamente impossibile arrivare a conclusioni riguardo al modo in cui tale oggetto/evento esiste/avviene.
Ma lasciando da parte il problema della definizione, l'ipotesi più plausibile (basandomi sul "gut feeling", niente di concreto) secondo me è che, dato un insieme di un certo tipo di materia (nel senso di molecole e quindi di atomi) organizzato geometricamente in un certo modo nello spazio (per esempio un sistema nervoso), la proprietà della coscienza (o del "sentire") emerge sempre di più con l'aumento della complessità e grandezza della struttura in questione (per es della struttura nervosa).
Per fare un paragone, la vedo come la simmetria di un fiocco di neve: non è mai perfettamente simmetrico a livello del singolo atomo o particella, ma la simmetria può aumentare o diminuire (infinitamente).
Allo stesso modo, verificate alcune condizioni probabilmente necessarie, l'essere cosciente aumenta o diminuisce con la complessità della struttura (ma non c'è mai un punto discreto in cui si è o non si è coscienti).
Penso che l'unico modo per stabilire se qualcosa è cosciente, sia di scoprirne la causa fisica generale e vedere se si verifica in quel qualcosa. Ma non credo sarà mai possibile distinguere al 100% cosa è o non è cosciente (per il semplice fatto che non si può sapere al 100% neanche se il resto degli esseri viventi, umani compresi, a parte se stessi è cosciente o sono semplicemente "robot biologici").
Ovviamente tutto ciò secondo me.
"mgrau":
- la prima, certamente è: ma come è possibile una cosa del genere? Come fa, della materia, a SENTIRE qualcosa?
- La seconda: visto che il fatto, anche se inspiegabile, non è però dubitabile, è: quali caratteristiche deve avere, un pezzo di materia, per sentire qualcosa? Un termostato sente? Probabilmente no. Un computer sente? Probabilmente no, Un batterio, una pianta, un lombrico, sentono? ….. forse no…. Un gatto, una mucca sentono? Molto probabilmente sì. Quindi: c’è speranza di trovare un criterio?
- La terza: c’è qualche – sia pur ipotetica – speranza di SAPERE se un certo pezzo di materia sente qualcosa?
La prima problematica qui penso sia definire più rigorosamente cosa si intenda per "sentire" (cosa non banale sicuramente). Se non si sa conosce di preciso l'oggetto/evento che si sta osservando (cioè il "sentire") è praticamente impossibile arrivare a conclusioni riguardo al modo in cui tale oggetto/evento esiste/avviene.
Ma lasciando da parte il problema della definizione, l'ipotesi più plausibile (basandomi sul "gut feeling", niente di concreto) secondo me è che, dato un insieme di un certo tipo di materia (nel senso di molecole e quindi di atomi) organizzato geometricamente in un certo modo nello spazio (per esempio un sistema nervoso), la proprietà della coscienza (o del "sentire") emerge sempre di più con l'aumento della complessità e grandezza della struttura in questione (per es della struttura nervosa).
Per fare un paragone, la vedo come la simmetria di un fiocco di neve: non è mai perfettamente simmetrico a livello del singolo atomo o particella, ma la simmetria può aumentare o diminuire (infinitamente).
Allo stesso modo, verificate alcune condizioni probabilmente necessarie, l'essere cosciente aumenta o diminuisce con la complessità della struttura (ma non c'è mai un punto discreto in cui si è o non si è coscienti).
Penso che l'unico modo per stabilire se qualcosa è cosciente, sia di scoprirne la causa fisica generale e vedere se si verifica in quel qualcosa. Ma non credo sarà mai possibile distinguere al 100% cosa è o non è cosciente (per il semplice fatto che non si può sapere al 100% neanche se il resto degli esseri viventi, umani compresi, a parte se stessi è cosciente o sono semplicemente "robot biologici").
Ovviamente tutto ciò secondo me.
Con la parola non direi (escludi così allegramente gli animali dall'insieme delle cose che sentono?), col tempo forse, ma se magari ti viene in mente qualche argomento di rinforzo...
Vorre azzardare un ipotesi, molto probabilmente questo tema del Sentire ha anche molte affinità con la parola o definizione di Tempo...
"mgrau":
E con questo, intendo rispondere anche aseven. Cioè, non pretendo di comprendere l'esperienza di un altro; mi basterebbe sapere che c'è.
Se vuoi un metodo scientifico, immagino non esista e mai esisterà. È questione di buon senso, rasoio di Occam. Per simmetria se io sento, vedendo che ci sono entità simili, in misura diversa, su questo mondo deduco che sentano similmente, in misura diversa.