Scelta di vita
Salve,
premetto che sono al terzo anno di fisica, ho la media del 28 e sono perfettamente a tempo con gli esami (((((non è per fare lo sborone, ma per chiedere se ho le carte in regola in relazione a quello che voglio fare)))). Diciamo quindi che sono uno dei più bravi della facoltà.
Mi trovo davanti ad un scelta molto importante, che determinerà la mia vita: il cuore mi dice di proseguire i miei studi con una specialistica in fisica teorica o astrofisica, ma la ragione dice no. Perché no? Perché so che, se voglio lavorare nell'ambito della ricerca, la strada è mooooooooolto ardua e perché non so autovalutarmi, non so se sono all'altezza e quindi non so se posso "sfondare" nella carriera universitaria (perché immagino che l'unico sbocco per un fisico teorico è quello di lavorare nel campo della ricerca). In più oggi se ne sentono di tutti i colori, tipo "se non sei raccomandato, in Italia, non fai nulla e anche se riesci a guadagnarti un qualche incarico in università, verresti considerato meno di nulla per lo stato, visti gli stipendi dei ricercatori e docenti". Quanto sono vere queste voci? Ho anche messo in conto di andare all'estero, ma, di nuovo, riuscirò ad emergere? Ho qualche possibilità?
L'università non mi dà tanto filo da torcere e raggiungo questi risultati senza troppa difficoltà. Fino ad ora non ho mai trovato un muro contro cui mi sono schiantato e non sono al massimo delle mie capacità. Ripeto: non voglio tirarmela, dico solo come stanno le cose.
Un anno fa ho pensato di tentare di continuare i miei studi alla Normale (intendo fare la magistrale lì), per vedere se riesco a superare questa sfida oppure no, così da avere un quadro più preciso delle mie capacità. Ovviamente ho già cominciato a studiare... Che ne pensate? Vi sembra una buona idea considerando che voglio occuparmi di fisica teorica? La Normale mi darà più possibilità credo, anche dal punto di vista di un dottorato all'estero.
L'alternativa è andare sulla fisica sperimentale (per esempio roba sulle nanotecnologie) e lavorare nel privato (anche all'estero). Credo che questa via sia più semplice dell'altra e la retribuzione sia superiore, ma potrei sbagliarmi. Considerate però che la fisica sperimentale non mi piace granché.
In sintesi le alternative sono due: fare ciò che più mi piace, ovvero fisica teorica ma farla al meglio, per esempio diventando professore in qualche università all'estero. Fare qualcosa che mi piace meno, più applicativa, ma che mi darà più opportunità dopo.
Cosa ne pensate? Raccontatemi la vostra esperienza se vi va...
premetto che sono al terzo anno di fisica, ho la media del 28 e sono perfettamente a tempo con gli esami (((((non è per fare lo sborone, ma per chiedere se ho le carte in regola in relazione a quello che voglio fare)))). Diciamo quindi che sono uno dei più bravi della facoltà.
Mi trovo davanti ad un scelta molto importante, che determinerà la mia vita: il cuore mi dice di proseguire i miei studi con una specialistica in fisica teorica o astrofisica, ma la ragione dice no. Perché no? Perché so che, se voglio lavorare nell'ambito della ricerca, la strada è mooooooooolto ardua e perché non so autovalutarmi, non so se sono all'altezza e quindi non so se posso "sfondare" nella carriera universitaria (perché immagino che l'unico sbocco per un fisico teorico è quello di lavorare nel campo della ricerca). In più oggi se ne sentono di tutti i colori, tipo "se non sei raccomandato, in Italia, non fai nulla e anche se riesci a guadagnarti un qualche incarico in università, verresti considerato meno di nulla per lo stato, visti gli stipendi dei ricercatori e docenti". Quanto sono vere queste voci? Ho anche messo in conto di andare all'estero, ma, di nuovo, riuscirò ad emergere? Ho qualche possibilità?
L'università non mi dà tanto filo da torcere e raggiungo questi risultati senza troppa difficoltà. Fino ad ora non ho mai trovato un muro contro cui mi sono schiantato e non sono al massimo delle mie capacità. Ripeto: non voglio tirarmela, dico solo come stanno le cose.
Un anno fa ho pensato di tentare di continuare i miei studi alla Normale (intendo fare la magistrale lì), per vedere se riesco a superare questa sfida oppure no, così da avere un quadro più preciso delle mie capacità. Ovviamente ho già cominciato a studiare... Che ne pensate? Vi sembra una buona idea considerando che voglio occuparmi di fisica teorica? La Normale mi darà più possibilità credo, anche dal punto di vista di un dottorato all'estero.
L'alternativa è andare sulla fisica sperimentale (per esempio roba sulle nanotecnologie) e lavorare nel privato (anche all'estero). Credo che questa via sia più semplice dell'altra e la retribuzione sia superiore, ma potrei sbagliarmi. Considerate però che la fisica sperimentale non mi piace granché.
In sintesi le alternative sono due: fare ciò che più mi piace, ovvero fisica teorica ma farla al meglio, per esempio diventando professore in qualche università all'estero. Fare qualcosa che mi piace meno, più applicativa, ma che mi darà più opportunità dopo.
Cosa ne pensate? Raccontatemi la vostra esperienza se vi va...
Risposte
"fields":
[quote="Intermat"]Field ti ringrazio della risposta, come nell'altro topic sei uno dei pochi che aveva risposto.
Non c'è di che, mi fa piacere aiutare per quanto posso: so che è difficile capire il mondo della ricerca, senza averne esperienza diretta.
Io comunque non mi preoccuperei della situazione economica. Insomma, un dottorato all’estero è pagato abbastanza bene da poter condurre una vita tranquilla e senza pensieri su come arrivare alla fine del mese. E in alcuni Paesi i postdoc sono pagati decisamente bene. E’ precariato, quello della ricerca, ma precariato di lusso, direi.
Essendo riservato, sono abbastanza restio a parlare di me stesso. Quello che ti posso dire è che ancora da studente, avevo la certezza assoluta di amare la ricerca e di essere portato. Siccome penso che ogni impresa nella vita comporti dei rischi, ero disposto a rischiare.
Del dottorato poi c’è poco da dire; insomma, il tuo supervisore ti affida del materiale da studiare e ti indica alcune direzioni di ricerca interessanti. Sta poi a te cercare di trasformare in oro la materia grezza da cui parti; se non ci riesci, ti accontenterai semplicemente di argento o magari solo stagno. Altre volte riesci in perfetta autonomia a scoprire nuove, impreviste miniere, ed è ancora meglio. Se hai scritto un’ottima tesi e continui a lavorare bene, non hai problemi a trovare postdoc negli anni a venire. Questo è il percorso standard, c’è poco di esemplare nel mio caso o in altri.[/quote]
Grazie fields, la tua esperienza è preziosa. Capisco che il mondo della ricerca è un mondo difficile e riservato a pochi. Non so se fa per me e forse non mi va nemmeno di rischiare. Quello che voglio chiedere ora è: in genere, come si inserisce il fisico nel mondo del lavoro? Escludendo la ricerca ovviamente. So che in Italia, nella media, un fisico non è ben retribuito, ma all'estero? Quindi, banalmente, quello che vi chiedo è: se volessi "puntare tutto sullo stipendio", come converebbe muoversi?
Grazie ancora.
L'unica cosa che sento di poter aggiungere, dopo aver letto i precedenti interventi: è un grande augurio per ogni tua futura scelta!

"Intermat":
Field ti ringrazio della risposta, come nell'altro topic sei uno dei pochi che aveva risposto.
Non c'è di che, mi fa piacere aiutare per quanto posso: so che è difficile capire il mondo della ricerca, senza averne esperienza diretta.
Io comunque non mi preoccuperei della situazione economica. Insomma, un dottorato all’estero è pagato abbastanza bene da poter condurre una vita tranquilla e senza pensieri su come arrivare alla fine del mese. E in alcuni Paesi i postdoc sono pagati decisamente bene. E’ precariato, quello della ricerca, ma precariato di lusso, direi.
Essendo riservato, sono abbastanza restio a parlare di me stesso. Quello che ti posso dire è che ancora da studente, avevo la certezza assoluta di amare la ricerca e di essere portato. Siccome penso che ogni impresa nella vita comporti dei rischi, ero disposto a rischiare.
Del dottorato poi c’è poco da dire; insomma, il tuo supervisore ti affida del materiale da studiare e ti indica alcune direzioni di ricerca interessanti. Sta poi a te cercare di trasformare in oro la materia grezza da cui parti; se non ci riesci, ti accontenterai semplicemente di argento o magari solo stagno. Altre volte riesci in perfetta autonomia a scoprire nuove, impreviste miniere, ed è ancora meglio. Se hai scritto un’ottima tesi e continui a lavorare bene, non hai problemi a trovare postdoc negli anni a venire. Questo è il percorso standard, c’è poco di esemplare nel mio caso o in altri.
Field ti ringrazio della risposta, come nell'altro topic sei uno dei pochi che aveva risposto. Sicuramente le certezze non le darà nessuno però, proprio come fai notare tu, sembra che in Italia il merito non venga praticamente considerato. In effetti, negli anni da studente, ho visto dottorandi, mentre facevano assistenza ai professori, non proprio brillantissimi (almeno nello spiegare durante le esercitazioni, magari nella ricerca saranno dei geni!). In ogni caso, credo che la risposta che uno si debba dare è proprio alla domanda che tu hai posto:
Il punto è che è proprio difficile capirlo. Soprattutto per chi non proviene da famiglie con una solidità economica alle spalle, in questo caso ci si sente proprio davanti ad un bel bivio.
PS: Per curiosità Field, se ti va di rispondere, il tuo percorso quale è stato?
[ot]Mi scuso con luca94 per aver "invaso" il suo topic![/ot]
"fields":
Ma il punto è: amate la ricerca a tal punto da essere disposti a correre il rischio di fallire e trovarvi “anziani” a dover entrare nel mondo del lavoro?
Il punto è che è proprio difficile capirlo. Soprattutto per chi non proviene da famiglie con una solidità economica alle spalle, in questo caso ci si sente proprio davanti ad un bel bivio.
PS: Per curiosità Field, se ti va di rispondere, il tuo percorso quale è stato?
[ot]Mi scuso con luca94 per aver "invaso" il suo topic![/ot]
Ragazzi, certezze non ne esistono. Cosa fare dopo il dottorato? Quanto è difficile dopo? Dipende da voi e dalla vita.
Naturalmente il percorso più ambito dopo il dottorato è un posto permanente da ricercatore all’università o in un centro di ricerca, pubblico o privato. Probabilità di riuscirci? Poche. Contano molto il talento, l’originalità, la capacità di farsi conoscere e influenzare la ricerca. Sono necessari un numero di anni di postdoc, prima di vincere un concorso da ricercatore o professore. I postdoc non sono difficili da trovare, se uno è molto bravo. Vari miei colleghi hanno trovato un posto da ricercatore permanente al terzo, quarto, o quinto anno di postdoc. Ma sono certamente bravi. Chi non è abbastanza bravo avrà vita dura, e dovrà probabilmente mollare.
Tuttavia, una certezza c’è ed è la seguente: in Italia il merito conta poco. Fare carriera in Italia è come lanciare una monetina in aria, e perderla perché spazzata via dal vento del cieco caso e da mille altre variabili atmosferiche. In soldoni: il talento non è condizione né necessaria né sufficiente per fare una carriera da ricercatore in Italia.
E all’estero? Vi assicuro che per chi è dotato le cose vanno 10 volte meglio. Il talento viene premiato. Ma l’esito finale dipende anche da quanti posti disponibili e quanta competizione ci sono nel vostro campo di ricerca. Anche per chi ha talento, le circostanza esterne possono rendergli più complicato il cammino. Ma se dovesse andar male, c’è sempre la possibilità di spendere il dottorato nel settore privato, dove non è considerato carta straccia come in Italia. Naturalmente, dipende dal Paese di cui si parla. In Francia è meno utile che in Gran Bretagna, tanto per capirci.
Ma il punto è: amate la ricerca a tal punto da essere disposti a correre il rischio di fallire e trovarvi “anziani” a dover entrare nel mondo del lavoro? Se la risposta è sì, fate questo benedetto dottorato. Se è no, non fatelo, ci sono tante altre opportunità al mondo.
Naturalmente il percorso più ambito dopo il dottorato è un posto permanente da ricercatore all’università o in un centro di ricerca, pubblico o privato. Probabilità di riuscirci? Poche. Contano molto il talento, l’originalità, la capacità di farsi conoscere e influenzare la ricerca. Sono necessari un numero di anni di postdoc, prima di vincere un concorso da ricercatore o professore. I postdoc non sono difficili da trovare, se uno è molto bravo. Vari miei colleghi hanno trovato un posto da ricercatore permanente al terzo, quarto, o quinto anno di postdoc. Ma sono certamente bravi. Chi non è abbastanza bravo avrà vita dura, e dovrà probabilmente mollare.
Tuttavia, una certezza c’è ed è la seguente: in Italia il merito conta poco. Fare carriera in Italia è come lanciare una monetina in aria, e perderla perché spazzata via dal vento del cieco caso e da mille altre variabili atmosferiche. In soldoni: il talento non è condizione né necessaria né sufficiente per fare una carriera da ricercatore in Italia.
E all’estero? Vi assicuro che per chi è dotato le cose vanno 10 volte meglio. Il talento viene premiato. Ma l’esito finale dipende anche da quanti posti disponibili e quanta competizione ci sono nel vostro campo di ricerca. Anche per chi ha talento, le circostanza esterne possono rendergli più complicato il cammino. Ma se dovesse andar male, c’è sempre la possibilità di spendere il dottorato nel settore privato, dove non è considerato carta straccia come in Italia. Naturalmente, dipende dal Paese di cui si parla. In Francia è meno utile che in Gran Bretagna, tanto per capirci.
Ma il punto è: amate la ricerca a tal punto da essere disposti a correre il rischio di fallire e trovarvi “anziani” a dover entrare nel mondo del lavoro? Se la risposta è sì, fate questo benedetto dottorato. Se è no, non fatelo, ci sono tante altre opportunità al mondo.
[ot]
[/quote]
A Roma ha il senso che gli ha dato luca94...il senso è lo stesso (sbruffone) ma qui non è considerato offensivo né verso se stessi né verso gli altri...
[/ot]
Non saprei aiutare luca94, però sarebbe interessante (credo) aprire un topic in cui, chi ha fatto un dottorato (o PhD all'estero), raccontasse la sua esperienza. In fondo l'orientamento universitario (inteso in entrata) è spesso fatto molto bene mentre quello "in uscita" no. Molto poco si sa di quello che è il dottorato e di cosa si finisce a fare dopo. Io avevo provato ad aprire un topic in cui chiedevo informazioni ma non è che mi abbia chiarito molto le idee. Soprattutto sul cosa viene dopo il dottorato! Non tanto in senso strettamente "logistico" (tipo: "si continua con un postdoc") quanto piuttosto in senso "pratico" (tipo: "mi sono trovato bene/in difficoltà nel trovare un lavoro" oppure "mi sono trovato facilmente/difficilmente un posto di postdoc"). Insomma sarebbe interessante saperne di più da chi, come molti di coloro che scrivono qui, ha già vissuto l'esperienza e, spesso, si trova nel mondo accademico.
"j18eos":Nella lingua veneta e dintorni: questa sarebbe un'offesa verso se stessi; oltre che una parolaccia da non dire in presenza delle signore. Avresti dovuto scrivere "sbruffone"!
[quote="_luca94_"]...per fare lo sborone...

[/quote]
A Roma ha il senso che gli ha dato luca94...il senso è lo stesso (sbruffone) ma qui non è considerato offensivo né verso se stessi né verso gli altri...

Non saprei aiutare luca94, però sarebbe interessante (credo) aprire un topic in cui, chi ha fatto un dottorato (o PhD all'estero), raccontasse la sua esperienza. In fondo l'orientamento universitario (inteso in entrata) è spesso fatto molto bene mentre quello "in uscita" no. Molto poco si sa di quello che è il dottorato e di cosa si finisce a fare dopo. Io avevo provato ad aprire un topic in cui chiedevo informazioni ma non è che mi abbia chiarito molto le idee. Soprattutto sul cosa viene dopo il dottorato! Non tanto in senso strettamente "logistico" (tipo: "si continua con un postdoc") quanto piuttosto in senso "pratico" (tipo: "mi sono trovato bene/in difficoltà nel trovare un lavoro" oppure "mi sono trovato facilmente/difficilmente un posto di postdoc"). Insomma sarebbe interessante saperne di più da chi, come molti di coloro che scrivono qui, ha già vissuto l'esperienza e, spesso, si trova nel mondo accademico.
Fare la specialistica alla Normale sarebbe un ottimo modo per testare le tue capacità.
Se non dovessi riuscire ad entrarci e se hai una vera passione per la ricerca:
vai all’estero e, per il tuo bene, non farti più rivedere.
Se non dovessi riuscire ad entrarci e se hai una vera passione per la ricerca:
vai all’estero e, per il tuo bene, non farti più rivedere.
[ot]
[/ot]Pisa per la fisica è un'ottima scelta; però non posso scrivere altro per mancanza di tempo...
A dopo casomai.
"_luca94_":Nella lingua veneta e dintorni: questa sarebbe un'offesa verso se stessi; oltre che una parolaccia da non dire in presenza delle signore. Avresti dovuto scrivere "sbruffone"!
...per fare lo sborone...

A dopo casomai.