Riflessioni sul Dottorato/PhD

Intermat
Dopo poco più di un anno, probabilmente alcuni di voi (quelli che risposero) se lo ricordano, ripropongo un topic sul dottorato.

Vorrei invitare a partecipare soprattutto coloro che abbiano già vissuto o stiano attualmente vivendo questa situazione. Oltre a coloro che magari, essendosi laureati prima dell'istituzione del dottorato, siano nell'università senza però aver seguito questo specifico percorso.

Essendo passato un anno e dovendomi laureare (ovviamente alla magistrale!) nei primi mesi del prossimo anno, mi si ripropone nella testa il tarlo del dottorato in Italia o di un PhD all'estero. I motivi che, principalmente, mi spingono a questa riflessione sono:
- un paio di materie che ho studiato mi hanno interessato particolarmente;
- l'ambiente universitario (specie i dipartimenti dove ci sono gli studi dei professori, a cui ho rotto le scatole frequentemente [nota]Ovviamente con accezione positiva, soprattutto alla magistrale sono andato a ricevimento da quasi tutti i docenti per chiarirmi i dubbi. In alcuni casi sono rimasto anche un'ora a parlarci... :-D
Ancora mi sorprende la pazienza e la cordialità che mi hanno mostrato![/nota]) mi piace molto, lo trovo assolutamente stimolante;
- l'idea di lavorare in una azienda non mi entusiasma, sono abituato a studiare soprattutto per me stesso e l'idea di dover lavorare per un fine diverso mi immalinconisce un pochino (ovviamente lo farei, se necessario, non voglio apparire uno scansafatiche!);

Detto questo ci sono molti dubbi, sia tecnici/pratici sia psicologici!

Dubbi tecnico-pratici:
- Almeno in Italia (e almeno per quanto riguarda la vostra esperienza), è lo studente a parlare col docente dicendogli qualcosa del tipo "professore sarei interessato a continuare gli studi con un dottorato" oppure, piuttosto, è il professorer (relatore) a dire "hai lavorato bene su questa tesi, il progetto potrebbe essere portato avanti, perché non continui con un dottorato"?
- Laureandosi con 110 e Lode [nota]non vorrei sembrare presuntuoso ma, presentandomi con un voto di base pari a 110 e auspicando di fare una tesi decente - dato che sto lavorando su una cosa su cui già ci stanno facendo una tesi di dottorato-, spero vivamente me la concedano[/nota] si hanno speranze (nel caso di partecipazione al bando) di ottenere la borsa di studio?

Dubbi psicologici:
- Fondamentalmente si concentrano sul dopo. Una volta terminato il dottorato o si esce definitivamente dall'università (e allora, nel mio caso, tanto varrebbe lo facessi ora!) oppure si prova a rimanerci dentro. In questo ultimo caso, ci sono speranze? In pratica, dopo aver campato tre anni con circa 1000€/mese si hanno delle prospettive migliori nel mondo accademico? O meglio ancora, è credibile diventare ricercatori e magari seguire il "cursus honorum" per diventare professori (quantomeno associati!)?
- Sempre in ottica futura: immaginando di aver completato il dottorato e di voler continuare la carriera accademica, il post dottorato è un qualcosa di vivibile? Ovvero, a quanti anni è credibile che si abbia una certa stabilità? In pratica, a che età è credibile poter pensare di dire "ah bella questa città X, sono contento di dover vivere qui per i prossimi (molti) anni"?

In pratica, un riassunto di questa seconda tipologia di dubbi potrebbe essere:
- E' credibile auspicare di rimanere nel mondo accademico (pur non avendo santi in paradiso)?
- Lo stipendio (eventuale) di un ricercatore è un qualcosa di buono (del tipo 1800-2000 €/mese verso i 35 anni, supponendo di finire il dottorato a 27/28)?

Per concludere: voi rifareste il percorso che avete fatto? la carriera accademica vi sembra (nel vostro caso) un qualcosa di percorribile sia in termini di fattibilità economica (stipendio) sia in termini di possibilità di accesso (presenza/assenza di meritocrazia)?

Insomma, spero che chi di voi abbia seguito questo percorso o che sia all'interno del mondo accademico mi possa rispondere per chiarire almeno alcuni punti. Non faccio i nomi degli utenti da cui mi piacerebbe avere una risposta e con cui avere un dialogo perché tanto mi sembra evidente a chi, principalmente, mi riferisca... :-D

Risposte
Intermat
"Luca.Lussardi":
Io ho fatto il dottorato in matematica e successivamente, dopo un periodo di post doc in Italia e all'estero sono tornato in Italia come ricercatore dal 2011. Per il resto confermo quanto gia' detto da altri, di norma nel settore fisico/matematico si va in giro per concorsi fino a che non si trova un posto, l'eta' non conta moltissimo, contano i titoli che uno presenta e la qualita' della propria ricerca.

Grazie per la risposta.
Se posso chiedertelo, tu hai trovato questi anni, fino alla attuale stabilità (credo tu la abbia raggiunta), vivibili oppure sono stati un sacrificio oneroso che, ovviamente, hai deciso di sostenere perché la carriera accademica era ciò a cui ambivi?

Luca.Lussardi
Io ho fatto il dottorato in matematica e successivamente, dopo un periodo di post doc in Italia e all'estero sono tornato in Italia come ricercatore dal 2011. Per il resto confermo quanto gia' detto da altri, di norma nel settore fisico/matematico si va in giro per concorsi fino a che non si trova un posto, l'eta' non conta moltissimo, contano i titoli che uno presenta e la qualita' della propria ricerca.

Intermat
"Zurzaza":
Dopo lungo tempo e varie vicessitudini, torno un po' a frequentare questo forum anche se in realtà tengo sempre d'occhio, un po' in maniera passiva diverse sezioni, forse con intermat ci siamo trovati nella sezione di orientamento, anni or sono :-D (ricordo l'avatar).
Proprio in questi giorni ho visto questo interessante topic, dico interessante perchè sono esattamente nella tua situazione. Ultimo anno di magistrale, ingegneria tlc.
Premetto che personalmente sono "maturato" molto durante la carriera universitaria, e l'idea di un dottorato, anche solo un anno fa, mi faceva ribrezzo o quasi ("Chi me lo fa fare?" cit.) . Grazie, come dicevi tu, a diversi corsi, orientati verso tematiche di ricerca e soprattutto grazie ad alcuni fantastici professori, ho iniziato ad accarezzare questa idea. Io ho anche la fortuna di essere in un ateneo molto piccolo (Ferrara), per cui i contatti con i professori sono tendenti all'informale, per cui hai più possibilità di essere ben visto (A me ad esempio è stato richiesto di fare tutorato per un corso della triennale, l'anno scorso).

Tutto sommato a me studiare piace, e penso che lavorare studiando e facendo ricerca possa essere una soddisfazione notevole, e come dicevo ammetto di aver maturato questa idea in quest'ultimo anno. Poi essere sempre aggiornato sulle tecnologie state-of-the-art, beh...mica poco!

In realtà poi mi sono venuti esattamente i tuoi stessi dubbi, per cui sono diverse settimane che l'argomento PhD è uno dei più gettonati con alcuni colleghi.
Secondo me però a volte si tendono a guardare solo gli aspetti "negativi", allora io mi sono chiesto, cosa succede se scelgo di non farlo? Il rischio è quello di portarsi dietro questo "desiderio" nell'inconscio, e accorgersi dell'importanza della scelta quando ormai non è più possibile tornare indietro. Secondo me è un treno che passa una volta sola, poi non puoi più prenderlo al volo (salvo casi particolari, ovvio). Se uno ha un lavoro "certo", che magari frutta anche un po' di dindini e soprattutto indipendenza, non credo si senta di abbandonarlo per fare un dottorato.
Poi ho conosciuto diverse persone, laureate con 2-3 anni di ritardo, che comunque hanno trovato lavoro nel giro di poco, per cui comunque non sarebbero proprio 3 anni "buttati via", le prospettive, seppur minori, ci sono sempre, soprattutto nel campo informatico tanto caro agli ingegneri.

Detto questo, sono ancora in un bivio atroce, visto che comunque è una scelta di una certa importanza, per cui mi aggrego alla discussione.

Condivido a pieno quello che dici e, penso, sia il dubbio di ogni studente che affronta la questione senza lasciarsi trascinare dalla passione o dall'impulsività. E' comunque una decisione molto importante per il resto della vita (non che sia la più importante, beninteso!). La parte che ho evidenziato è proprio quella che mi frena di più perché, almeno in Italia, il dottorato è spesso visto come una cosa del tipo "Mhmh...lei quindi a 24/25 anni a lavorare proprio non ci voleva andare, eh?" e questo mi inquieta. Senza dubbio più uno ci pensa e più si colgono gli aspetti negativi, quelli positivi vengono accantonati per non farsi influenzare (in fondo, come dicevi anche tu, sono molti e molto interessanti!). Il problema è proprio quello che, se uno inizia a lavorare e ha la fortuna di ingranare bene (magari iniziando a guadagnare 1600/1700€/mese) poi non avrà più il coraggio di fare il salto (all'indietro) verso una cosa tanto incerta (posto che si potrebbe mettere in aspettativa, soprattutto se lavorasse nel pubblico).
Il fatto di confrontarsi con persone di 3/4 anni più grandi che si sono laureate in ritardo mi mette ancora di più incertezza. E' vero che un lavoro lo si trova comunque (soprattutto se si è disposti a viaggiare all'estero) però è anche vero che, qui in Italia, si verrebbe visti alla stregua di questi altri studenti (la maggior parte dei quali) non proprio eccellenti. Non che io me la prenda con loro, ognuno fa le sue scelte, però sinceramente ho sputato sangue per laurearmi in tempo e con un voto alto e mi darebbe un po' fastidio confrontarmi con gente che invece si è fatta 7/8 anni a ritmi blandi.

In ogni caso continuo a sperare che qualcuno che ha fatto un dottorato o che attualmente/ in passato sia stato professore/ricercatore universitario condivida con noi le sue esperienze.

Zurzaza
Dopo lungo tempo e varie vicessitudini, torno un po' a frequentare questo forum anche se in realtà tengo sempre d'occhio, un po' in maniera passiva diverse sezioni, forse con intermat ci siamo trovati nella sezione di orientamento, anni or sono :-D (ricordo l'avatar).
Proprio in questi giorni ho visto questo interessante topic, dico interessante perchè sono esattamente nella tua situazione. Ultimo anno di magistrale, ingegneria tlc.
Premetto che personalmente sono "maturato" molto durante la carriera universitaria, e l'idea di un dottorato, anche solo un anno fa, mi faceva ribrezzo o quasi ("Chi me lo fa fare?" cit.) . Grazie, come dicevi tu, a diversi corsi, orientati verso tematiche di ricerca e soprattutto grazie ad alcuni fantastici professori, ho iniziato ad accarezzare questa idea. Io ho anche la fortuna di essere in un ateneo molto piccolo (Ferrara), per cui i contatti con i professori sono tendenti all'informale, per cui hai più possibilità di essere ben visto (A me ad esempio è stato richiesto di fare tutorato per un corso della triennale, l'anno scorso).

Tutto sommato a me studiare piace, e penso che lavorare studiando e facendo ricerca possa essere una soddisfazione notevole, e come dicevo ammetto di aver maturato questa idea in quest'ultimo anno. Poi essere sempre aggiornato sulle tecnologie state-of-the-art, beh...mica poco!

In realtà poi mi sono venuti esattamente i tuoi stessi dubbi, per cui sono diverse settimane che l'argomento PhD è uno dei più gettonati con alcuni colleghi.
Secondo me però a volte si tendono a guardare solo gli aspetti "negativi", allora io mi sono chiesto, cosa succede se scelgo di non farlo? Il rischio è quello di portarsi dietro questo "desiderio" nell'inconscio, e accorgersi dell'importanza della scelta quando ormai non è più possibile tornare indietro. Secondo me è un treno che passa una volta sola, poi non puoi più prenderlo al volo (salvo casi particolari, ovvio). Se uno ha un lavoro "certo", che magari frutta anche un po' di dindini e soprattutto indipendenza, non credo si senta di abbandonarlo per fare un dottorato.
Poi ho conosciuto diverse persone, laureate con 2-3 anni di ritardo, che comunque hanno trovato lavoro nel giro di poco, per cui comunque non sarebbero proprio 3 anni "buttati via", le prospettive, seppur minori, ci sono sempre, soprattutto nel campo informatico tanto caro agli ingegneri.

Detto questo, sono ancora in un bivio atroce, visto che comunque è una scelta di una certa importanza, per cui mi aggrego alla discussione.

Leonardo9P
Mi aggiungo alla discussione sebbene abbia iniziato l'università solo quest'anno. Questi discorsi valgono solo per matematica o anche per fisica?

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Intermat
"killing_buddha":
Tu però non disperare. :-)

Cercherò di non disperare. In questi giorni stavo dando una occhiata alle offerte di lavoro e ho visto che comunque ci sono diverse aziende molto grandi che aprono alcune posizioni esclusivamente per coloro che hanno un PhD. Ovviamente sono tutte multinazionali dato che in Italia credo che pochi conoscano il concetto di dottorato (fuori dal mondo accademico!). Questo aspetto in un qualche modo mi conforta, la paura è anche quella di "buttare" tre anni. Non nego che mi sento più bravo di molti altri miei colleghi (ovviamente ne conosco di anche più bravi di me, non sono presuntuoso!) e l'idea che mi spaventa è quella di dovermi "riciclare" nel mondo del lavoro a 27/28 anni e quindi essere visto alla stregua di quelli che, alla stessa età, appena finiscono la laurea magistrale. Questa cosa mi turba parecchio... :?
"killing_buddha":

Quello che intendevo è: certamente influisce su dei punteggi, ma non dà alcuna garanzia. Ci sono capre allucinanti che hanno, però, avuto un cursus accademico eccezionale (credo che alcuni, ma non dirlo in giro, lo abbiano avuto proprio grazie al fatto che sono delle capre). E ci sono studenti che non hanno brillato perché si sono concentrati sull'imparare la matematica, piuttosto che sul fare esami di matematica, che sbocciano "dopo aver finito". Sicché non si può dire né che il voto finale non influisca, né che da solo dia delle speranze. E' la figura globale che viene guardata (specie se ti rivolgi all'ateneo dove ti sei laureato). Ancora una volta però io ti parlo della matematica, e all'interno di essa della matematica pura.

Tu ad esempio ti sei rivolto al tuo relatore per capire se eri adatto (o c'erano possibilità) di fare il dottorato? Oppure hai fatto tutto "di testa tua"?

"killing_buddha":

In questo momento sono affiliato a UWO, ero questo tizio, e ora sono questo tizio. Ma per diversi motivi in questo preciso istante sono in Italia.

E' stato difficile andare via dall'Italia per continuare a fare quello che si desiderava fare? In pratica, il gioco vale la candela?
Da come mi hai risposto prima direi di si...però comunque il viaggio Roma-Toronto (se ho visto bene sulla mappa!) è bello lungo, è un taglio deciso con l'Italia. Cioè, psicologicamente, fare la stessa cosa a Londra o a Copenaghen mi sembrerebbe più facile... :|

killing_buddha
"Intermat":

A dire il vero io non studio matematica ma ingegneria. In particolare però sto facendo la tesi su un argomento che non definirei del tutto machine learning e neppure ricerca operativa. In ottica futura mi piacerebbe continuare con questi due argomenti, se mi fosse possibile!

Questo significa che non so esserti d'aiuto, e che dovresti prendere con un grano di sale alcune cose che dico. Del resto la matematica (pura) è uno degli ambienti migliori e meno intaccati dall'assenza di meritocrazia che vedo. Temo "fuori" dalla matematica vada da così a peggio. Tu però non disperare. :-)
"killing_buddha":

[quote]
- Laureandosi con 110 e Lode[...]si hanno speranze (nel caso di partecipazione al bando) di ottenere la borsa di studio?

E' una condizione né necessaria né sufficiente.

Proprio per questo motivo chiedevo. So che, ad esempio dove studio io, da' 10 pt su 100 disponibili il fatto di aver preso la lode.[/quote]
Quello che intendevo è: certamente influisce su dei punteggi, ma non dà alcuna garanzia. Ci sono capre allucinanti che hanno, però, avuto un cursus accademico eccezionale (credo che alcuni, ma non dirlo in giro, lo abbiano avuto proprio grazie al fatto che sono delle capre). E ci sono studenti che non hanno brillato perché si sono concentrati sull'imparare la matematica, piuttosto che sul fare esami di matematica, che sbocciano "dopo aver finito". Sicché non si può dire né che il voto finale non influisca, né che da solo dia delle speranze. E' la figura globale che viene guardata (specie se ti rivolgi all'ateneo dove ti sei laureato). Ancora una volta però io ti parlo della matematica, e all'interno di essa della matematica pura.
"killing_buddha":

[quote]- Una volta terminato il dottorato o si esce definitivamente dall'università (e allora, nel mio caso, tanto varrebbe lo facessi ora!) oppure si prova a rimanerci dentro. In questo ultimo caso, ci sono speranze? In pratica, dopo aver campato tre anni con circa 1000€/mese si hanno delle prospettive migliori nel mondo accademico? O meglio ancora, è credibile diventare ricercatori e magari seguire il "cursus honorum" per diventare professori (quantomeno associati!)?

In Italia, direi che è impossibile. In Europa, è estremamente difficile. In Sudamerica, rispetto alla situazione in cui siamo noi, è da normale a facilissimo. In Nord-America, è relativamente facile. Tutto dipende perciò da quanto vuoi spostarti.

Addirittura impossibile/molto difficile tra Italia ed Europa? Qui sul forum ci sono almeno due persone che sono, credo, ricercatori ed anno meno (se non sbaglio) di 40 anni.
Come mai ti sembra impossibile?[/quote]
Tu conti due ricercatori sotto i 40 dentro matematicamente. Ma quanti utenti ha matematicamente? E poi: tu studi a Roma, giusto? Quest'anno un intero gruppo di ricerca a Roma 1 che ha vinto un PRIN ha ottenuto 22.000 euro per tre anni. Tutto il gruppo di ricerca (~dieci persone) devono gestire un budget ridicolo con cui semmai paghi una miseria una sola persona per un solo anno, e a loro deve bastare per tutti e per tre anni. Questo intendo con "impossibile". Tovare un dottorato è eventualmente facile. Trovare un postdoc è quasi impossibile. Fare carriera (con gli assegni che durano un anno, e i concorsi inesistenti) da quello che ho visto è impossibile nel senso tecnico del termine, è un evento non vuoto ma a probabilità zero :-)


Se vuoi rispondere, tu quindi sei ricercatore/professore all'estero (negli USA?)? Hai fatto il dottorato in Italia oppure sei andato fuori direttamente alla fine della laurea?
PS: A me correggere i compiti piacerebbe... :-D

In questo momento sono affiliato a UWO, ero questo tizio, e ora sono questo tizio. Ma per diversi motivi in questo preciso istante sono in Italia.

Si trattasse solo di correggere i compiti... :-D

Intermat
Per prima cosa: grazie mille per la risposta :smt023
Ovviamente spero che anche altri partecipino...così da chiarirmi per bene le idee!

"killing_buddha":
Tutte le risposte sono vincolate a quale sia l'ambiente in cui desideri muoverti (fisica matematica, logica, geometria...). Quindi, dicci su cosa vuoi fare la tesi.

A dire il vero io non studio matematica ma ingegneria. In particolare però sto facendo la tesi su un argomento che non definirei del tutto machine learning e neppure ricerca operativa. In ottica futura mi piacerebbe continuare con questi due argomenti, se mi fosse possibile!
"killing_buddha":


- Laureandosi con 110 e Lode[...]si hanno speranze (nel caso di partecipazione al bando) di ottenere la borsa di studio?

E' una condizione né necessaria né sufficiente.

Proprio per questo motivo chiedevo. So che, ad esempio dove studio io, da' 10 pt su 100 disponibili il fatto di aver preso la lode.
"killing_buddha":

- Una volta terminato il dottorato o si esce definitivamente dall'università (e allora, nel mio caso, tanto varrebbe lo facessi ora!) oppure si prova a rimanerci dentro. In questo ultimo caso, ci sono speranze? In pratica, dopo aver campato tre anni con circa 1000€/mese si hanno delle prospettive migliori nel mondo accademico? O meglio ancora, è credibile diventare ricercatori e magari seguire il "cursus honorum" per diventare professori (quantomeno associati!)?

In Italia, direi che è impossibile. In Europa, è estremamente difficile. In Sudamerica, rispetto alla situazione in cui siamo noi, è da normale a facilissimo. In Nord-America, è relativamente facile. Tutto dipende perciò da quanto vuoi spostarti.

Addirittura impossibile/molto difficile tra Italia ed Europa? Qui sul forum ci sono almeno due persone che sono, credo, ricercatori ed anno meno (se non sbaglio) di 40 anni.
Come mai ti sembra impossibile?

"killing_buddha":

Per concludere: voi rifareste il percorso che avete fatto? la carriera accademica vi sembra (nel vostro caso) un qualcosa di percorribile sia in termini di fattibilità economica (stipendio) sia in termini di possibilità di accesso (presenza/assenza di meritocrazia)?

Lo rifarei senza dubbio, perché mi è piaciuto e ho fatto le cose esattamente a modo mio. Probabilmente però farei anche qualcosa per creare una via d'uscita dal mondo accademico, che per certi versi è basato su un modello asfissiante (devi essere performante, produttivo, efficiente...). Certamente è un lavoro che comporta un certo privilegio (sei pagato essenzialmente per fare quello che vuoi, e a tratti, ogni tanto, dover compilare carte noiose o correggere esami). Altrettanto certamente ha un costo emotivo altissimo (devi emigrare, e accontentarti di tanta precarietà anche nelle situazioni migliori).

Se vuoi rispondere, tu quindi sei ricercatore/professore all'estero (negli USA?)? Hai fatto il dottorato in Italia oppure sei andato fuori direttamente alla fine della laurea?
PS: A me correggere i compiti piacerebbe... :-D

killing_buddha
Tutte le risposte sono vincolate a quale sia l'ambiente in cui desideri muoverti (fisica matematica, logica, geometria...). Quindi, dicci su cosa vuoi fare la tesi.

"Intermat":

- Almeno in Italia (e almeno per quanto riguarda la vostra esperienza), è lo studente a parlare col docente dicendogli qualcosa del tipo "professore sarei interessato a continuare gli studi con un dottorato" oppure, piuttosto, è il professorer (relatore) a dire "hai lavorato bene su questa tesi, il progetto potrebbe essere portato avanti, perché non continui con un dottorato"?

L'implicito dell'aver fatto una tesi di matematica pura è che essa serva ad entrare a un PhD (e l'implicito di un PhD in matematica pura è continuare nella stessa direzione, e così via). Spesso quindi non è necessario dire molto, a parte "vorrei provare a concorrere per questo o quel posto".

Quello che succede non è che si va a chiedere di "venire presi", né che questo o quel professore dica "vieni da me con queste carte che lavoriamo". Succede, a volte, ma è piuttosto raro in qualsiasi ramo di scienze (credo sia invece la prassi in materie umanistiche, ma non ho di quel mondo che una conoscenza di terza mano). Questo perché l'assunzione di un dottorando è solo in piccola parte discrezionale. Ci vuole un concorso, o qualche cosa che garantisca una qualche forma di trasparenza per evitare (specie in Italia) nepotismi di sorta.
Detto ciò, solitamente, ci sono mailing list apposite dove le positions sono bandite, e/o i siti delle università hanno sempre una pagina dedicata a chi volesse concorrere a un dottorato da quelle parti. Non esiste un metodo univoco da questo punto in poi, nel senso che ogni ateneo ha regole tempistiche e criteri di valutazione propri.


- Laureandosi con 110 e Lode[...]si hanno speranze (nel caso di partecipazione al bando) di ottenere la borsa di studio?

E' una condizione né necessaria né sufficiente.
- Una volta terminato il dottorato o si esce definitivamente dall'università (e allora, nel mio caso, tanto varrebbe lo facessi ora!) oppure si prova a rimanerci dentro. In questo ultimo caso, ci sono speranze? In pratica, dopo aver campato tre anni con circa 1000€/mese si hanno delle prospettive migliori nel mondo accademico? O meglio ancora, è credibile diventare ricercatori e magari seguire il "cursus honorum" per diventare professori (quantomeno associati!)?

In Italia, direi che è impossibile. In Europa, è estremamente difficile. In Sudamerica, rispetto alla situazione in cui siamo noi, è da normale a facilissimo. In Nord-America, è relativamente facile. Tutto dipende perciò da quanto vuoi spostarti.
- Sempre in ottica futura: immaginando di aver completato il dottorato e di voler continuare la carriera accademica, il post dottorato è un qualcosa di vivibile?

Dipende. Secondo me no: dilania la tua vita di relazione, ti costringe ad una continuità lavorativa che però paghi con una assoluta mobilità geografica (può accadere, raramente ma non troppo, di spostarsi da Vancouver a Kyoto):
Ovvero, a quanti anni è credibile che si abbia una certa stabilità? In pratica, a che età è credibile poter pensare di dire "ah bella questa città X, sono contento di dover vivere qui per i prossimi (molti) anni"?

Il punto è proprio questo: troppo tardi (40 anni?), o forse persino mai (in alcuni casi è possibile spostarsi ciclicamente, benché di poco).

- E' credibile auspicare di rimanere nel mondo accademico (pur non avendo santi in paradiso)?

Impossibile dirlo. Se la situazione resta quella che è, no. Tra chi lascia perché lo stile di vita dell'accademico non coincide con quello personale, chi lascia perché non trova posti, e chi lascia perché non riesce a sopportare lo stress (la ricerca scientifica, e quella matematica in particolare, ha un enorme problema sommerso di malattia mentale)...
- Lo stipendio (eventuale) di un ricercatore è un qualcosa di buono (del tipo 1800-2000 €/mese verso i 35 anni, supponendo di finire il dottorato a 27/28)?

Dipende dove vai. A Chicago un professore ordinario prende 100.000$ all'anno. A me ne danno circa 4000 per non fare, essenzialmente, niente più di quello che in Italia facevo per 1000. Un postdoc in Italia non so quanti soldi prenda, ma un associato credo si attesti su 2800.
Per concludere: voi rifareste il percorso che avete fatto? la carriera accademica vi sembra (nel vostro caso) un qualcosa di percorribile sia in termini di fattibilità economica (stipendio) sia in termini di possibilità di accesso (presenza/assenza di meritocrazia)?

Lo rifarei senza dubbio, perché mi è piaciuto e ho fatto le cose esattamente a modo mio. Probabilmente però farei anche qualcosa per creare una via d'uscita dal mondo accademico, che per certi versi è basato su un modello asfissiante (devi essere performante, produttivo, efficiente...). Certamente è un lavoro che comporta un certo privilegio (sei pagato essenzialmente per fare quello che vuoi, e a tratti, ogni tanto, dover compilare carte noiose o correggere esami). Altrettanto certamente ha un costo emotivo altissimo (devi emigrare, e accontentarti di tanta precarietà anche nelle situazioni migliori).

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