Prodotto delle masse e gravità

Federiclet
Ciao
Poiché non me ne intendo, chiedo.

Il titolo del forum, infatti, allude alla domanda: "perché le masse entrano nella legge di gravitazione moltiplicate fra loro?"
Domanda banale? Dipende solo dal dato empirico? Oppure esiste una ragione teoretica per questo?
Lo stesso mi chiedo della distanza che entra al quadrato a denominatore.
E' possibile che esistano eccezioni alla legge del quadrato della distanza e del prodotto delle masse?

Una domanda correlata é se si possa stabilire la legge gravitazionale relativamente ad una massa isolata. In altri termini come andrebbe pensata una tale massa (se pensabile senza contraddizione)? La legge gravitazionale sarebbe la stessa che vale tra due o più masse? O la descrizione si potrebbe fare solo in termini di campo gravitazionale?

Infine, mi chiedo se e come si possa pensare la "nascita" di una particella dotata di massa, ovvero quali sono le leggi che permetterebbero di descrivere l'evento?
Si dà uno stadio intermedio in cui la particella é per così dire virtuale, collocata tra energia e massa?
Che la particella "virtuale" rimanga energia o che diventi massa é pensabile come il risolversi di uno stato attivato (i.e come in chimica) in un nuovo stadio di maggior stabilità?

Grazie
solo una postilla: siate clementi!

Risposte
mariodic
"Federiclet":
Una domanda correlata é se si possa stabilire la legge gravitazionale relativamente ad una massa isolata. In altri termini come andrebbe pensata una tale massa (se pensabile senza contraddizione)? La legge gravitazionale sarebbe la stessa che vale tra due o più masse? O la descrizione si potrebbe fare solo in termini di campo gravitazionale?
Quella che ho ripreso qui sopra, dal post di federiclet, è solo la seconda domanda perchè la ritengo più sostanziosa delle altre, le altre due hanno, tuttavia, ricevuto adeguata risposta tecnica da altri competenti amici di questo forum.
Veniamo a questa domanda. Tecnicamente la risposta fornita dalla meccanica classica è il chiarimento che qualsiasi massa genera, nello spazio circostante, un "campo gravitazionale" la cui densità ivi si distribuisce secondo la nota legge dell'inverso del quadrato della distanza radiale dalla massa. Il campo viene rilavato, all'osservatore, mediante l'immissione o l'identificazione di un'altra massa nel detto campo gravitazionale che ne condizionerà il moto in conformità alla nota legge. Qui finisce la risposta asciuttamente tecnica alla questione, ma non credo che potrà soddisfare il palato di federiclet e, sicuramente, di molti altri. La prima cosa che, secondo me, è d'obbligo convincersi, pena l'arretrare di brutto ai lontani giorni di Newton, è che quella massa (meglio se più piccola), che viene inserita o viene, diciamo così, colta, nel campo gravitazionale della maggiore, altro non va considerata che il terminale di una complessa catena strumentale che va dall'Osservatore fino al punto in cui si trova, giustappunto, la massa su cui ci si aspetta di verificare certi effetti del campo gravitazionale. Chi mi sta seguendo avrà, spero, notata la "O" maiuscola della parola "Osservatore", è necessaria per non confondere quest'ultimo con una persona o con altro qualsiasi essere senziente; questi, infatti, sono solo parte dell'anzidetta catena strumentale che collega il suo terminale all'Osservatore. Qui non riesco ad evitare che il discorso strarip inevitabilmente nll'ambito della filosofia della scienza.
Cos'è l'osservazione?. Sin dai primi approcci del mondo scientifico con i fenomeni della MQ, segnatamente dal momento in cui si è, in qualche modo, fu riconosciuto l'osservatore quale attore interattivo ed influente nel processo o ciclo osservativo, la letteratura scientifica si è sforzata, giustamente, nell'insistere che l'osservazione è un atto di misurazione. Sono molti, purtroppo anche fra gli addetti ai lavori, coloro che hanno interpretato restrittivamente quest'importante affermazione, cioè limitatandone il significato ai casi in cui l'osservazione miri prevalentemente ad una quantificazione numerica dei fenomeni riguardanti l'osservabile. Si tratta di un distorcimento concettuale che risale ininterrottamente sino ai tempi di Galileo. Durante tutto questo tempo, fin quasi ai nostri tempi, si è fatta molta fatica a considerare pienamente scientifica un'attività di ricerca che non riguardasse cose quantificabili e matematizzabili. Credo che sia utile convincersi che, pur continuando, per ovvi motivi pratici, a distinguere l'attività osservativa, svolta dai professionisti della ricerca scientifica e tecnologica, riservando a questi l'esclusiva di certe accezioni da dare a parole come "osservazione", "misurazione" e consimili, da ogni altra attività, consapevole o no, della vita quotidiana di chiunque. L'osservazione, e la decisione che ne consegue, sono gli atti fondamentali della vita di qualsiasi essere vivente, anche del mondo vegetale.
Il processo osservativo, che si voglia definirlo scientifico o no, è un'operazione che l'Osservatore organizza, consapevolmente o no, costruendo un sistema aleatorio caratterizzato da:

*Una finalità immediata
*Un sottosistema protettivo del processo (o del sistema, se si preferisce)
*Un sottosistema generatore di eventi che contengono una parte di aleatorietà (osservabile)
*Un sottosistema di memorizzazione
*L'Osservatore

Ciascuno di questi sottosistemi è, a sua volta, un sistema aleatorio a tutto titolo che contiene pure le sei parti elencate e così via illimitatamente fino a comprendere, in tutti i sensi, l'intero universo: l'universo è, quindi, la grande complessita di tipo frattalico che si autogenera come una schiuma intorno al seme dell'IO dell'Osservatore. E' di fatto quasi inutile cercare di definire ciascuno dei sei elementi dell'elenco perchè tale definizione re-implica ancora gli elementi medesimi. Fa eccezione l'Osservatore che andrebbe definito una volta per tutte, visto che è sempre presente come organizzatore e sostenitore di qualsiasi sistema aleatorio.
La riduzione dell'aleatorietà, presente nel sistema, è, in senso generale, la finanità del sistema di osservazione (o aleatorio).

valerio cavolaccio
per rispondere alla domanda perchè la distanza al quadrato. la distanza nella lege di gravitazione universale aumenta non con il quadrato ma con $d^(n-1)$ dove n sta a indicare il numero di dimensioni (credo solo spaziali altrimenti sarebbe stato d al cubo) avevo infatti letto che in universo a più dimensioni la forza di gravità sarebbe stata ancora minore. secondo me infatti ha una sua logica io immagino l'universo pluridimensionale come uno spazio in cui le forze si disperdono più facilmente, può darsi che mi sbagli però se fosse così questo spiegherebbe perchè all'aumentare delle dimensioni si prospetta una minore forza gravitazionale

federiclet2
Messere di raro contegno
abusar potrei del di voi ingegno
a che m'illuminaste,
se questo v'aggrada,
in sulla provenienza
del grave principio di equivalenza?

con riverenza

Tetis
"ottusangolo":
Ciao!
"Vuolsi colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare"
Se però ti accontenti di una risposta a metà e non "garantita"(ci ho pensato stanotte e non ho tempo ora ,per riportare il ragionamento e i relativi calcoli) diciamo che con le seguenti ipotesi: 1) omogeneità dello spazio(ma anche,per semplificare ,principio di azione e reazione)
2) accelerazione dovuta al campo gravitazionale indipendente dalla massa del corpo
a cui è riferita (ciò dipende solo dalla massa dell'altro corpo che attrae)
allora se F=F(m,M,d,t) mi rappresenta in forma generica l'attrazione gravitazionale,le masse devono risultare moltiplicate fra loro.
Il fatto poi che la forza debba diminuire col quadrato della distanza è del tutto ragionevole se pensi alla densità delle linee di forza del campo sulla superficie di sfere centrate in m.(la superficie di tali sfere aumenta secondo r^2)
Il campo gravitazionale esiste a prescindere dalla massa esploratrice (è infatti un potenziale)


Questo potrebbe dirsi meglio: il campo di forza gravitazionale soggiace al principio di equivalenza in modo che chi se ne stia ben serrato in un naviglio che cada liberamente nel vuoto, posto che si sia procurato una riserva d'aria e suppellettili che ne allietino la vita, e strumenti meccanici d'ogne tipo, non avrebbe modo alcuno di saper se tutte le parti sien suggette alla forza acceletrice d'un qualche grave posto in lontananza (se s'eccettua d'andare ad esplorar forze minime che allontanino o avvicinino i corpi posti in luoghi lontani del naviglio istesso). In particolare questo vuol dire che oggetti di massa diversa, posti in identico luogo entro il naviglio, con identica velocità debban muoversi, se non perturbati da mano o scossa, o urto alcuno, di moto rettilineo uniforme ed eguale. Questo significa che la forza che i gravi causano su altri gravi, lo dice la sperienza descritta, insieme alle leggi generali indigate da messer Newton e nella fattispecie quella che afferma l'accelerazione esser ugual a forza diviso per massa, è proporzional alla massa del corpo suggetto a forza peso. E duro ragionamento geometrico, senza 'l quale ordine sublime, nun saria 'ntellegibile gran parte di natura puosta innanzi all'occhi nuostri, indussero messer Newton a convincersi e persuaderci con serratissimi ragionamenti che 'l moto osservato de' pianeti e planetesimi, e lune, luontane e vicine che dir si voglia appar sempre esser causato da forza inversamente proporzional al quadrato di distanza, come già Vitruvio attestava dover'esser così se si pensasse la forza fra pianeti lontani esser causata dal distribuirsi uniformemente nell'intuorno d'una medesima forza, ma senza addivenir però ad argomento geometrico e dimostrazione alcuna né spiegazion del perché corpi di massa differente possan esser suggetti a forze differenti. L'osservazione di lune lontane, come quelle che gentilmente ruotano intorno a Giove indusse messer Newton a convincersi che a quella gran distanza la forza principale che curva il moto di dette lune, rispetto a Giove pensato qual fusse fermo, sia quella esercitata dalla presenza di Giove e che Giove dovesse contener assai meno materia che non ne cuntenesse 'l nostro sole. E così avea da esser per la terra. D'altra parte una sperienza ideale dice che due corpi che fusser in tutti i lor rispetti eguali, se non perchè posti in luoghi diversi debban esser l'un causa del moto dell'altro, ma se d'altronde ha da esser verificato il principio d'equivalenza, essendo la forza che l'uno esercita sul secondo eguale alla forza che la seconda esercita sul primo, nulla potremmo concludere per ragione di sola detta evidenza su quanto grande avria ad esser siddetta forza. Se però questo avesse da esser verificato per qualsiasi fusse la massa dei due corpi allora non resterebbe d'ammetter che la forza esser proporzionale alla massa del corpo causante la forza, come alla massa del corpo che le fusse soggetto. Imperocché s'avessimo ammesso 'l principio d'equivalenza e tacitamente un principio, diciam così d'omogeneità, per cui ciò ch'è vero in un luogo e disposizione è vero identicamente anche in un altro luogo ed in un altro tempo, con maggior sottigliezza d'argomentazione potremmo concluder c'ha da essere così: ovvero che forze causate mutuamente da due corpi han da esser uguali e contrarie, che se si non fusse non avremmo più uniformità.

ma chiedersi qual'è la legge di Newton per una sola massa che vuol dire? Forse F=0.
Infine le leggi che rendono ammissibile la nascita di una particella dal nulla sono il principio di indeterminazione (applicato alle grandezze coniugate,tempo ed energia)e l'equivalenza massa energia.Se non ti accontenti di una particella virtuale occorre aggiungere un bel buco nero,cioè un bel campo gravitazonale.Ma il discorso diventa complicato perchè virtuale e reale in fin dei conti dipendono dall'osservatore ..e qui dopo la scienza del sottoscritto, termina anche la clemenza!

federiclet2
Ciao avendo posto la domanda anche su altro forum di astronomia e affini mi é tata proposta la spiegazione secondo cui K*M /R^2 é l'accelerazione nel campo gravitazionale, per cui usando F=m*a s'ottiente la forza su me nella forma della Legge di Newton F=K*M*m/R^2
A me sembra altrattanto convinecete della tua versione, e altrettanto corretta.
che ne pensi?

ciao

f

Federiclet
Reverendo ottusangolo,
grazie di cuore della risposta e della clemenza!

Lo dico sul serio, perché altrove non s'è mossa foglia (che Dio non voglia).

Non so che altro dirti, nel senso che la mia scienza in questione termina con la tua lettera. Magari la trasformo in un punto di partenza della seria autodafé.

Buon proseguimento e "per aspera ad astra"!

ciao

ottusangolo
Ciao!
"Vuolsi colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare"
Se però ti accontenti di una risposta a metà e non "garantita"(ci ho pensato stanotte e non ho tempo ora ,per riportare il ragionamento e i relativi calcoli) diciamo che con le seguenti ipotesi: 1) omogeneità dello spazio(ma anche,per semplificare ,principio di azione e reazione)
2) accelerazione dovuta al campo gravitazionale indipendente dalla massa del corpo
a cui è riferita (ciò dipende solo dalla massa dell'altro corpo che attrae)
allora se F=F(m,M,d,t) mi rappresenta in forma generica l'attrazione gravitazionale,le masse devono risultare moltiplicate fra loro.
Il fatto poi che la forza debba diminuire col quadrato della distanza è del tutto ragionevole se pensi alla densità delle linee di forza del campo sulla superficie di sfere centrate in m.(la superficie di tali sfere aumenta secondo r^2)
Il campo gravitazionale esiste a prescindere dalla massa esploratrice (è infatti un potenziale) ma chiedersi qual'è la legge di Newton per una sola massa che vuol dire? Forse F=0.
Infine le leggi che rendono ammissibile la nascita di una particella dal nulla sono il principio di indeterminazione (applicato alle grandezze coniugate,tempo ed energia)e l'equivalenza massa energia.Se non ti accontenti di una particella virtuale occorre aggiungere un bel buco nero,cioè un bel campo gravitazonale.Ma il discorso diventa complicato perchè virtuale e reale in fin dei conti dipendono dall'osservatore ..e qui dopo la scienza del sottoscritto, termina anche la clemenza!

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