Pari opportunità di studio
I figli di laureati hanno sette volte le possibilità di laurearsi rispetto ai figli di non-laureati (dato riportato da Veltroni nel suo discorso odierno, ma NON VOGLIO PARLARE DI VELTRONI, DEL PD E DEL GOVERNO)
credete che siano garantite le pari opportunità di studio?
io sono convinto di no, e riporto alcune riflessioni sul tema:
1. le rette universitarie sono basse rispetto a quelle di altri paesi, ma tanti devono uscire di casa per studiare (gli affitti costano, credetemi) e gli enti per il diritto dello studio portano un servizio al 10% della gente che ne avrebbe bisogno. a volte si cerca di risolvere il problema creando sedi distaccate (ogni capoluogo lombardo ne ha una, ormai), la cosa secondo me ha una ricaduta di "ghettizzazione" (chi se lo può permettere va a Milano e chi no va a Lecco/Como/Cremona?). oltretutto mi viene in mente che in quasi tutto il mondo l'università è considerata inscindibile dall' "uscita di casa".
2. il 90% delle borse di studio e dei posti nella casa dello studente sono per reddito e non per merito. in un Paese di evasori spesso il figlio del notaio si ritrova alla pari con il figlio dell'impiegato.
3. altro fattore di disparità deriva dal fatto che non c'è limite alla durata degli studi universitari. così il ricco può stagionare 10 anni in università e prima o poi diventare arch. dott. ing. (o cosa gli interessa diventare), mentre il ragazzo normale non può permettersi di prendersi un titolo magari a 30 anni. chiariamoci, non mi sto riferendo agli studenti lavoratori, per i quali ci sono percorsi diversi.
(to be continued...)
credete che siano garantite le pari opportunità di studio?
io sono convinto di no, e riporto alcune riflessioni sul tema:
1. le rette universitarie sono basse rispetto a quelle di altri paesi, ma tanti devono uscire di casa per studiare (gli affitti costano, credetemi) e gli enti per il diritto dello studio portano un servizio al 10% della gente che ne avrebbe bisogno. a volte si cerca di risolvere il problema creando sedi distaccate (ogni capoluogo lombardo ne ha una, ormai), la cosa secondo me ha una ricaduta di "ghettizzazione" (chi se lo può permettere va a Milano e chi no va a Lecco/Como/Cremona?). oltretutto mi viene in mente che in quasi tutto il mondo l'università è considerata inscindibile dall' "uscita di casa".
2. il 90% delle borse di studio e dei posti nella casa dello studente sono per reddito e non per merito. in un Paese di evasori spesso il figlio del notaio si ritrova alla pari con il figlio dell'impiegato.
3. altro fattore di disparità deriva dal fatto che non c'è limite alla durata degli studi universitari. così il ricco può stagionare 10 anni in università e prima o poi diventare arch. dott. ing. (o cosa gli interessa diventare), mentre il ragazzo normale non può permettersi di prendersi un titolo magari a 30 anni. chiariamoci, non mi sto riferendo agli studenti lavoratori, per i quali ci sono percorsi diversi.
(to be continued...)
Risposte
"Cheguevilla":
Marco, è vero, ma è come vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
In parte il sistema industriale non è in grado di sfruttare un certo tipo di conoscenza, per ragioni intrinseche alla struttura, ma in parte l'output del sistema formativo non è all'altezza delle necessità.
Mi spiace dirlo, ma il primo problema è conseguenza del secondo.
Indubbiamente, il calo salariale delle figure altamente specializzate non contribuisce all'innalzamento qualitativo del sistema produttivo.
Non concordo sul fatto che il primo problema è conseguenza del secondo. Vi è un meccanismo molto più complesso, in cui il nostro sistema d'istruzione ha veramente poche responsabilità, tant'è che chi avendo un titolo italiano emigra, spesso viene accolto a braccia aperte.
Marco, è vero, ma è come vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno.
In parte il sistema industriale non è in grado di sfruttare un certo tipo di conoscenza, per ragioni intrinseche alla struttura, ma in parte l'output del sistema formativo non è all'altezza delle necessità.
Mi spiace dirlo, ma il primo problema è conseguenza del secondo.
Indubbiamente, il calo salariale delle figure altamente specializzate non contribuisce all'innalzamento qualitativo del sistema produttivo.
In parte il sistema industriale non è in grado di sfruttare un certo tipo di conoscenza, per ragioni intrinseche alla struttura, ma in parte l'output del sistema formativo non è all'altezza delle necessità.
Mi spiace dirlo, ma il primo problema è conseguenza del secondo.
Indubbiamente, il calo salariale delle figure altamente specializzate non contribuisce all'innalzamento qualitativo del sistema produttivo.
"Cheguevilla":Anche la definizione di "non adatti" non la capisco molto. Quando un'ingegnere viene assunto per fare il disegnatore, non è che la sua figura è "non adatta"; la figura adatta esiste da cent'anni e si chiama perito meccanico...No, in diverse aziende non vengono assunti neolaureati perchè non adatti a svolgere certe mansioni, in quanto la loro preparazione non è adeguata.
Dove lavoro io, certe mansioni vengono date, in principio, solo a stranieri. Poi, se dimostra di essere davvero bravo, può essere che ci finisca anche un italiano.
Io non ho mai detto che in italia non servono i laureati! E' ovvio che ci sono posizioni dove una laurea è richiesta, magari anche con esperienza...
Cio che dico è che il numero di questi posti è inferiore al numero dei laureati.
Se così non fosse, spiegami tu perchè il divario tra il salario di laureati e diplomati sta calando...
Anche la definizione di "non adatti" non la capisco molto. Quando un'ingegnere viene assunto per fare il disegnatore, non è che la sua figura è "non adatta"; la figura adatta esiste da cent'anni e si chiama perito meccanico...No, in diverse aziende non vengono assunti neolaureati perchè non adatti a svolgere certe mansioni, in quanto la loro preparazione non è adeguata.
Dove lavoro io, certe mansioni vengono date, in principio, solo a stranieri. Poi, se dimostra di essere davvero bravo, può essere che ci finisca anche un italiano.
"Cheguevilla":Il punto è che il sistema industriale italiano necessita di meno laureati di quelli che ci sono.Non sono d'accordo.
Sono i laureati a non essere adatti al sistema industriale.
Ad essere raffinati, c'è da dire che anche il sistema industriale italiano è piuttosto "impresentabile".
Impresentabile o no, quello è e quello rimane.
Il fatto che il nostro sistema industriale bene o male alla fine assorba tuti i laureati non è indice di una necessità. Ovviamente se io imprenditore ho la possibilità di assumere allo stesso prezzo un perito o un ingegnere, assumo l'ingegnere, anche se poi le mansioni che svolge sono da perito.
Se vi fosse una reale necessità di laureati, vi sarebbe anche un significativo divario tra coloro che posseggono una laurea e coloro che non la hanno, ma così non è.
Anche la definizione di "non adatti" non la capisco molto. Quando un'ingegnere viene assunto per fare il disegnatore, non è che la sua figura è "non adatta"; la figura adatta esiste da cent'anni e si chiama perito meccanico...
Il punto è che il sistema industriale italiano necessita di meno laureati di quelli che ci sono.Non sono d'accordo.
Sono i laureati a non essere adatti al sistema industriale.
Ad essere raffinati, c'è da dire che anche il sistema industriale italiano è piuttosto "impresentabile".
@ntn
Dal punto di vista della qualità del sapere hai ragione
ma poi quello che succede e che non te ne frega niente ora, ti laeureicchi, e poi comunque ti va bene
insomma, chi ha il pane non ha i denti...
Dal punto di vista della qualità del sapere hai ragione
ma poi quello che succede e che non te ne frega niente ora, ti laeureicchi, e poi comunque ti va bene
insomma, chi ha il pane non ha i denti...
"Camillo":
Concordo con Maxos sulla diagnosi; per la cura dovrebbe essere addirittura la media inferiore ad attivarsi .
Per l' attivazione della Scuola Media sono perfettamente daccordo , può fare moltissimo in tema di motivazione a proseguire correttamente gli studi superiori ed universitari. In proposito il Forum potrbbe fare di più , magari separando le sezioni medie da superiori.
Per quanto riguarda il vantaggio dei figli dei colletti bianchi che verrebbero messi più a contatto con la bellezza del sapere, ho dei dubbi visto che in materia, spesso, il benessere portando consumismo ed edonismo arreca dei danni notevoli.
antonio
"Cheguevilla":E' la risposta del mercato del lavoro (brutto termine ok), a non essere in linea con le aspettative di una famiglia che affronta l' onere del mantenimento di un componente agli studi universitari...No.
...se l' istruzione è efficiente ed il mondo del lavoro l' assorbe rendendola utilizzabile e quindi utile, il problema si riduce notevolmente
Il mondo del lavoro è quello che è, ed il sistema formativo deve essere strutturato in modo tale da essere propedeutico/funzionale ad esso, non il contrario.
Se io vendo spazzatura e nessuno la compra, non posso lamentarmi con i potenziali clienti che non comprano la spazzatura, anche se la mia è un'ottima spazzatura.
Chi vende deve soddisfare il bisogno di chi compra; c'est la vie...
Quello che è utile viene perseguito abbastanza uniformemente da tutti i componenti del gruppo, e se è veramente utile dal momento che qui si parla di produttività, il sistema gruppo, nel suo interesse, visto che l' utilità del singolo si riflette in questo caso sul gruppo, attua dei meccanismi per abbattere ( per quel che è possibile) gli impedimenti che riguardano alcuni appartenenti al gruppo.
E questo mi sembra che supera ogni problema di pari opportunità, se così non avviene vuol dire che qualcosa in premessa non quadra.
antonio
"Marco83":
Il punto è che il sistema industriale italiano necessita di meno laureati di quelli che ci sono. Con la riforma Berlinguer si è provato ad aumentare artificiosamente il numero dei laureati; l'effetto è stato un'eccesso di offerta e una conseguente caduta degli stipendi (che poi non è altro che il prezzo del bene offerto). Non a caso i divario tra diplomati e laureati è andato via via assottigliandosi.
Questo significa che ad oggi in italia, in una vasta maggioranza dei casi, lo studio non paga sul piano economico.
Questo credo sia un punto fondamentale. Oggi la laurea si è inflazionata. Soprattutto qui nel Sud Italia... per i ragazzi neodiplomati è diventata quasi una moda iscriversi all'Università. Ci sono dei rami in particolare per i quali il numero di laureati effettivi è largamente in eccesso rispetto al numero di laureati richiesti (Giurisprudenza ad esempio, per citare un esempio a me vicino).
Una possibile soluzione in tal senso potrebbe essere l'introduzione di un forte numero chiuso per le facoltà "a rischio". Ovviamente però le selezioni andrebbero fatte in modo equo e sensato, altrimenti nascerebbe un altro tipo di problema altrettanto grave.
"Cheguevilla":E' la risposta del mercato del lavoro (brutto termine ok), a non essere in linea con le aspettative di una famiglia che affronta l' onere del mantenimento di un componente agli studi universitari...No.
...se l' istruzione è efficiente ed il mondo del lavoro l' assorbe rendendola utilizzabile e quindi utile, il problema si riduce notevolmente
Il mondo del lavoro è quello che è, ed il sistema formativo deve essere strutturato in modo tale da essere propedeutico/funzionale ad esso, non il contrario.
Se io vendo spazzatura e nessuno la compra, non posso lamentarmi con i potenziali clienti che non comprano la spazzatura, anche se la mia è un'ottima spazzatura.
Chi vende deve soddisfare il bisogno di chi compra; c'est la vie...
Il punto è che il sistema industriale italiano necessita di meno laureati di quelli che ci sono. Con la riforma Berlinguer si è provato ad aumentare artificiosamente il numero dei laureati; l'effetto è stato un'eccesso di offerta e una conseguente caduta degli stipendi (che poi non è altro che il prezzo del bene offerto). Non a caso i divario tra diplomati e laureati è andato via via assottigliandosi.
Questo significa che ad oggi in italia, in una vasta maggioranza dei casi, lo studio non paga sul piano economico.
E' la risposta del mercato del lavoro (brutto termine ok), a non essere in linea con le aspettative di una famiglia che affronta l' onere del mantenimento di un componente agli studi universitari...No.
...se l' istruzione è efficiente ed il mondo del lavoro l' assorbe rendendola utilizzabile e quindi utile, il problema si riduce notevolmente
Il mondo del lavoro è quello che è, ed il sistema formativo deve essere strutturato in modo tale da essere propedeutico/funzionale ad esso, non il contrario.
Se io vendo spazzatura e nessuno la compra, non posso lamentarmi con i potenziali clienti che non comprano la spazzatura, anche se la mia è un'ottima spazzatura.
Chi vende deve soddisfare il bisogno di chi compra; c'est la vie...
"Luca.Lussardi":
Non ho la stessa visione di wedge, voi avete idea di quanto costino le Universita' in USA per esempio? Quelle italiane sono nulla al confronto come tasse. Secondo me in Italia il problema non sono le tasse alte, chiunque bene o male puo' fare l'Universita' ormai, e ve lo dice uno che lo ha sperimentato, figlio di un operaio e di una casalinga con 1 fratello e due sorelle. L'unica cosa che trovo giusta anche io e' riguardo alle borse di studio: dovrebbero essere anzitutto per merito.
Il problema secondo me stà principalmente nel collegamento con quanto succede dopo l' Università.
E' la risposta del mercato del lavoro (brutto termine ok), a non essere in linea con le aspettative di una famiglia che affronta l' onere del mantenimento di un componente agli studi universitari; se poi questo dipende anche dalla qualità dell' Università non cambia il ragionamento sulle pari opportunità.
Il problema dei costi, in regime di pari opportunità, poi se funzionasse tutto il resto, potrebbe agevolmente essere risolto con il prestito da rimborsare una volta iniziata l' attività lavorativa; ma questa deve essere una prospettiva affidabile per dare certezza all' attività creditizia, altrimenti se occorrono garanzie di famiglia e non di merito, siamo al punto di partenza.
In sintesi, se l' istruzione è efficiente ed il mondo del lavoro l' assorbe rendendola utilizzabile e quindi utile, il problema si riduce notevolmente, diversamente se non si verificano le due condizioni di cui sopra, l' istruzione universitaria, per certi versi la si può ritenere inutile e come molte cose inutili è riservata a chi può permettersi il superfluo.
antonio
Magari che siamo rincoglioniti uguale...

@ Marco83: A quanto pare, anche se abbiamo idee diverse, le conclusioni a cui giungiamo sono solitamente simili.
Qualcosa vorrà dire...
Qualcosa vorrà dire...
"wedge":
[quote="Luca.Lussardi"]Non ho la stessa visione di wedge, voi avete idea di quanto costino le Universita' in USA per esempio? Quelle italiane sono nulla al confronto come tasse. Secondo me in Italia il problema non sono le tasse alte, chiunque bene o male puo' fare l'Universita' ormai
non ho mai detto che le tasse sono alte... se mai che non c'è supporto per chi abita lontano da una sede universitaria.
è vero che nel mondo anglosassone le tasse sono molto più alte, ma mi sembra che con sponsorizzazioni e grants vari la possibilità di studiare non sia minore che da noi. su questo magari ci illuminerà Marco83 che è più a contatto con tale realtà.
comunque a ripensarci è decisamente vero anche quello che dice desko.[/quote]
Il discoro sulle pari opportunità nello studio è estremamente complesso perchè coinvolge un mix di fattori sociali, economici e culturali.
Domanda: perchè la probabilità che il figlio di laureati si laurei è molto più elevata rispetto a quella che ha il figlio di non-laureati?
Risposta 1: perchè il figlio di laureati cresce in un ambiente che lo espone al fascino del sapere, quindi egli sarà più attratto da una vita che coinvolga studi avanzati.
Risposta 2: perchè il figlio di laureati viene da una famiglia con possibilità economiche tali da poter supportare ogni sua scelta, mentre il figlio di non laureati si trova a dover affrontare costi che non è certo di poter coprire.
Risposta 3: perchè la famiglia di laureati da molto più peso all'istruzione della famiglia di non laureati, quindi vi è una spinta interna alla famiglia che porta loro figlio a focalizzarsi sullo studio e riuscire dove altri falliscono.
Risposta 4: un mix pesato delle tre risposte precedenti.
E' evidente (almeno a mio parere) che la risposta corretta (eheheh, che intuito...) è la 4. Putroppo tale risposta è anche la più generale (per non dire generica) e non aiuta certo a definire un "piano d'azione" per riequilibrare lo sbilanciamento attuale. Da buoni uomini di scienza credo che ci dovremmo interrogare (e ovviamente non possiamo farlo solo a parole) sul peso di ciascuno dei tre fattori elencati in 1, 2 e 3. Qui serve uno studio sociologico-statistico ben fatto, perchè senza una misura certa del peso relativo dei tre fattori, non è possibile disegnare un piano d'intervento sensato.
Per quel che concerne la situazione negli Stati Uniti, ci sono alcune osservazioni da fare:
Esiste una distinzione abbastanza forte tra chi proviene da una famiglia colta (tenete presente che la percentuale di persone che ad oggi sono genitori di figli "in aria" di college che a loro volta sono laureati è TREMENDAMENTE più alta che in Italia) e ci invece proviene da ghetti vari. Chi proviene da una famiglia colta, benchè magari non particolarmente abbiente, ha un'alta probabilità di completare studi universitari. I costi di tali studi sono VERAMENTE alti se paragonati con i costi del sistema italiano (in genere europeo). Se si decide di studiare nel proprio stato di residenza si spendono in media (solo di tasse universitarie) circa 12-15k dollari/anno a cui vanno aggiunti: alloggio (il primo anno è spesso obbligatorio stare nei cosiddetti dorms, per creare un senso di appartenenza. Costo vitto + alloggio: circa 6-700 dollari/mese), libri e materiale scolastico (molto ma molto più costoso che in italia. Il prezzo medio di un libro di testo USA si aggira sui 130 dollari e la gente ha dai 4 ai 6 corsi a semestre, ogniuno dei quali richiede 1 o più libri), trasporti (spesso le università sono lontane da casa, e per lontane non intendo all'italiana, ossia 1 o 2 ore, ma all'americana, ossia 1 o 2 giorni di viaggio, quindi spesso gli studenti hanno una macchina, anche mezza distrutta ma ce l'hanno). Se si decide di studiare fuori dal proprio stato, le tasse salgono a circa 25k all'anno. Le scuole private le lascio stare perchè quella è una scelta che non riguarda lo stato.
Come fanno allora gli studenti meno abbienti a permettersi di studiare? Prestiti e lavoro (le borse di studio esistono, ma in numero molto limitato e con accesso dettato da criteri meritocratici o etnici)! Qui ci sono prestiti governativi e prestiti bancari fatti per studenti (a tassi agevolati, ma non certo a tasso zero!). Questo è uno dei principali meccanismi di indebitamento della società americana. Spesso alla fine del college uno studente ha 50k dollari di debiti, il che significa che per i prossimi 10 anni, 5-6k dollari/anno andranno in pagamenti per l'istruzione. D'altro canto non tutti se la sentono di vivere con un tale debito, quindi lavorano il più possibile sia durante l'anno che durante l'estate. Prendo ad esempio la mia ragazza, che pur venendo da una "famiglia-bene" lavora 20h/settimana durante l'anno e 50h/settimana d'estate. Perchè lo fanno? Perchè sanno che con un livello di istruzione avanzato hanno la possibilità di accedere a lavori più qualificanti e remunerativi. Questo è un punto importantissimo. In America tutti sanno che un ingegnere guadaga più di un idraulico, un avvocato più della segretaria, un professore più del bidello.
Questa certezza è presente in Italia? Non mi pare. Che effetti comporta la mancanza di questa certezza? Porta alla perdita del drive economico per lo studio, che spesso è fondamentale nei ceti più bassi.
Perchè in america chi viene dal ghetto non studia? In parte perchè non ha le possibilità economiche, in parte perchè ha carenze formative dovute ad anni di permanenza in una società che denigra lo studio, ma in gran parte perchè non vede la possibilità di accedere a quelle posizioni per cui vale la pena di studiare.
A questo punto torniamo al punto di partenza. Bisogna capire, con un'indagine seria, quali sono i motivi che spingono all'abbandono coloro che lo fanno, perchè se io abbandono perchè credo che studiare sia una perdita di tempo, anche se mi offri l'alloggio gratis, resterò della mia idea.
Non ho la stessa visione di wedge, voi avete idea di quanto costino le Universita' in USA per esempio? Quelle italiane sono nulla al confronto come tasse. Secondo me in Italia il problema non sono le tasse alte, chiunque bene o male puo' fare l'Universita' ormai, e ve lo dice uno che lo ha sperimentato, figlio di un operaio e di una casalinga con 1 fratello e due sorelle. L'unica cosa che trovo giusta anche io e' riguardo alle borse di studio: dovrebbero essere anzitutto per merito.Non sono totalmente d'accordo, ma sulla questione ci siamo già espressi.
Sono più che d'accordo sul premiare il merito, ma bisogna tener presente che persone provenienti da ceti differenti hanno bisogni differenti.
Casomai, il grosso problema riguarda la falsità delle dichiarazioni del reddito. Che, guarda caso, è un'anomalia in cui noi italiani siamo campioni, come anche affermato persino dal Presidente di Confindustria. La cosa si traduce in una minore disponibilità finanziaria, poiché chi dichiara meno paga meno del dovuto, ed in una peggiore efficienza nell'allocazione delle risorse, che vengono così distribuite anche a chi non ne avrebbe diritto.
credo che la causa non sia esclusivamente di pari opportunità, ma anche "culturale": conosco alcune persone (certo non sufficienti per fare una statistica) operai, ma anche idraulici ed affini che non vogliono mandare il figlio all'università perché la ritengono inutile e l mandano a lavorare appena possibile.Il problema non è solo culturale.
Ha senso studiare se il beneficio che se ne trae viene tradotto in competenze effettive sfruttabili sul lavoro.
Abbiamo già discusso sull'efficienza effettiva del sistema formativo italiano...
In tal senso, lo studio è un "prodotto" che il ragazzo può decidere di comprare o meno. Questo ha un prezzo, in termini sia economici, sia come costo-opportunità.
Se il beneficio non supera il prezzo, il prodotto non viene acquistato. Pertanto, la mancanza è sia nel sistema formativo in sè, sia, come dicono Maxos e Camillo, nella scarsa capacità di interazione tra i diversi livelli della struttura.
"Luca.Lussardi":
Non ho la stessa visione di wedge, voi avete idea di quanto costino le Universita' in USA per esempio? Quelle italiane sono nulla al confronto come tasse. Secondo me in Italia il problema non sono le tasse alte, chiunque bene o male puo' fare l'Universita' ormai
non ho mai detto che le tasse sono alte... se mai che non c'è supporto per chi abita lontano da una sede universitaria.
è vero che nel mondo anglosassone le tasse sono molto più alte, ma mi sembra che con sponsorizzazioni e grants vari la possibilità di studiare non sia minore che da noi. su questo magari ci illuminerà Marco83 che è più a contatto con tale realtà.
comunque a ripensarci è decisamente vero anche quello che dice desko.
Tornando alla probabilità citata da Veltroni, credo che la causa non sia esclusivamente di pari opportunità, ma anche "culturale": conosco alcune persone (certo non sufficienti per fare una statistica) operai, ma anche idraulici ed affini che non vogliono mandare il figlio all'università perché la ritengono inutile e l mandano a lavorare appena possibile.
Concordo con Maxos sulla diagnosi; per la cura dovrebbe essere addirittura la media inferiore ad attivarsi .