Me ne vado!!! (storia di un altro emigrante)

wedge
"Sta' lì, maledetto Paese"
(Promessi Sposi, capitolo XVII)

Ho ricevuto un'offerta oggi per un dottorato a Monaco, presso l'ESO (European Southern Observatory).
A partire dall'autunno, mi sa proprio che me ne vado.
A pensarci, ho un po' di dispiacere. Mi dispiace per il mio supervisor attuale. E' veramente triste che il suo gruppo abbia prodotto negli ultimi dieci anni una dozzina di laureandi che ora sono scatterati tra Europa e America, giovando al progresso di altre nazioni. Ma chiunque abbia potuto farsi un'idea di come funzionano le cose altrove può capire il perchè questo accada. Sono stato recentemente invitato in due istituti di Monaco e all'osservatorio di Leiden, da cui aspetto anche notizie, e la differenza (di fondi, mezzi ed entusiasmo) con le nostre università è più grande di quanto potessi immaginare prima della partenza. Spero un giorno le cose cambino (e per farle cambiare, basterebbe prendere a modello quei grandi istituti europei, senza andare magari in America dove il sistema è diverso dalle radici), ma allo stato attuale temo che andarsene sia un'inevitabile necessità per un giovane che vuole fare ricerca.

Risposte
gugo82
"Fioravante Patrone":
[quote="wedge"]
per la cronaca, alla fine ho deciso di andare a Leiden, quindi siete invitati a venire a trovarmi in Olanda ;)
Ovviamente veniamo con una bottiglia, per vedere l'effetto che fa![/quote]
:lol:

Battuta finissima!

Fioravante Patrone1
"wedge":

per la cronaca, alla fine ho deciso di andare a Leiden, quindi siete invitati a venire a trovarmi in Olanda ;)
Ovviamente veniamo con una bottiglia, per vedere l'effetto che fa!

Luca.Lussardi
Ottimo! io sono più vicino ancora a te.

wedge
grazie!

per la cronaca, alla fine ho deciso di andare a Leiden, quindi siete invitati a venire a trovarmi in Olanda ;)
decidere tra lo Sterrewacht di Leiden e l'ESO di Monaco è stato difficile, alla fine ha prevalso il fascino della storica culla dell'astrofisica europea ;)

Chicco_Stat_1
Ho letto solo ora...
Congratulazioni wedge..davvero.
Io sono a Stockholm dall'agosto scorso e sento davvero di avere fatto un salto di qualità importante. Non c'è paragone..la Svezia poi è un paradiso della ricerca, c'è da dirlo..

Ti auguro tutto il bene possibile, e in bocca al lupo!

mabuni1982
"stepper":
[quote="Cheguevilla"][quote="stepper"][quote="Luca.Lussardi"]Da quello che ho potuto notare io il punto del problema non è che noi giovani dobbiamo per forza andare all'estero mentre per l'estero è più facile restare a casa propria... quello che sembra essere unidirezionale è lo spostamento in uscita dall'Italia. E' tradizione in ogni paese europeo e non che i migliori studenti, laureati o dottorati, vengano mandati in giro per il mondo a fare i post doc, mentre di solito quelli mediocri restano a lavorare col loro capo per tutta la vita. Ora questo spostamento accade in uscita dall'Italia, come è giusto che sia, ma non accade in entrata: quanti stranieri vedete, post doc o dottorandi, nelle nostre università? si contano sulle dita di una mano forse... Quindi il flusso in uscita è normale, quello entrante manca.

Ma a quanto pare c'è chi non considera questo un problema.
Giovedì 11 marzo, “Gli espatriati: a quali condizioni tornare? E poi, è così necessario farli tornare?”
http://www.economiaesocieta.org/News/Guardare_oltre_lemergenza.kl[/quote]Generalmente, nel mondo delle imprese, dopo che l'azienda ha addestrato una figura (quindi speso tanti soldi), se la figura è valida, difficilmente se la lascerà scappare.
Perchè, per far funzionare bene un'azienda, è necessario dotarsi di persone adeguatamente addestrate, e generalmente, la competenza del personale è uno dei fattori determinanti per il successo.
Per come la vedo io, un'azienda che spende soldi per addestrare il personale e poi, al termine dell'addestramento, lo lascia andar via senza provare a trattenerlo è un'azienda perdente e destinata a fallire.
È un po' come cucinare un piatto di pasta e farlo mangiare a qualcunaltro. ...[/quote]
Ragionando in termini un po' più ampi di quello strettamente aziendale (e non si pensi che le aziende hanno una visione così ristretta perchè il turn-over di manager nelle aziende esiste eccome e la logica competitiva non è esasperata al punto da escludere la collaborazione fra imprese operanti nello stesso settore e aventi in ultima analisi gli stessi interessi) è quello che succede quando i laureati che si formano a nostre spese nelle università italiane fuggono poi all'estero. Sembrerebbe che l'Italia sia in credito verso Paesi come la Danimarca, la Germania o la Francia. A meno che questi laureati fuggiti all'estero poi non ritornano in Italia. Oppure nell'equazione c'è qualche "incognita" che manca all'appello?[/quote]

Sicuramente le vs riflessioni si fondano su basi d'esperienza diretta e indiretta, ma credo siano troppo ottimistiche e leggermente poco realistiche. Mi spiego.

I due flussi (IN/OUT) sono, a mio parere, sbilanciati per l'evidente debole offerta di mezzi/strutture e finanziamenti presenti in Italia, mi ricorderò sempre di quel ricercatore che in un intervista motivava "simbolicamente" il suo trasferimento all'estero raccontando che non riusciva portare avanti la sua ricerca perchè mancavano i fondi per pagare le bollette dell'ENEL la quale aveva quindi staccato la corrente necessaria per le apparecchiature. Perchè io Tedesco devo venire in IT quando i miei colleghi Italiani che vengono nelle mie università mi raccontano cose del genere??.

Il discorso formazione nelle aziende è molto più complicato di quello che sembra. Spesso, se c'è, la formazione viene fatta al fine di rendere operativo/a nel più breve tempo possibile e quindi essere spremuti il prima e il più possibile. I contratti poi fanno ridere. Meno di 1000 euro al mese per mettere 4 numeri in xls in 12 ore di lavoro in batteria come i polli... capite non è stimolante/creativo e non denota interesse da parte dell'azienda, che quindi non ragiona in modo logico lineare come si pensa.

Quindi chi può se ne va... e perchè dovrebbe tornare? e soprattutto tornare a far che? visto che sappiamo che ci sono gruppi di "conoscenti" che si raccomando a vicenda (giustamente o no)... quindi se non sei "di Nome" in Italia qui da noi non conti molto. Un esempio è una famosa ricercatrice/ricercatore (non ricordo bene) all'istututo tumori di New York che alla proposta di ritorno ha accettato per poi trovarsi a riemigrare per lavorare, dopo 2 ann dii rise fund inconcludente i Italia.

E' solo il mio parere...

stepper1
"Cheguevilla":
[quote="stepper"][quote="Luca.Lussardi"]Da quello che ho potuto notare io il punto del problema non è che noi giovani dobbiamo per forza andare all'estero mentre per l'estero è più facile restare a casa propria... quello che sembra essere unidirezionale è lo spostamento in uscita dall'Italia. E' tradizione in ogni paese europeo e non che i migliori studenti, laureati o dottorati, vengano mandati in giro per il mondo a fare i post doc, mentre di solito quelli mediocri restano a lavorare col loro capo per tutta la vita. Ora questo spostamento accade in uscita dall'Italia, come è giusto che sia, ma non accade in entrata: quanti stranieri vedete, post doc o dottorandi, nelle nostre università? si contano sulle dita di una mano forse... Quindi il flusso in uscita è normale, quello entrante manca.

Ma a quanto pare c'è chi non considera questo un problema.
Giovedì 11 marzo, “Gli espatriati: a quali condizioni tornare? E poi, è così necessario farli tornare?”
http://www.economiaesocieta.org/News/Guardare_oltre_lemergenza.kl[/quote]Generalmente, nel mondo delle imprese, dopo che l'azienda ha addestrato una figura (quindi speso tanti soldi), se la figura è valida, difficilmente se la lascerà scappare.
Perchè, per far funzionare bene un'azienda, è necessario dotarsi di persone adeguatamente addestrate, e generalmente, la competenza del personale è uno dei fattori determinanti per il successo.
Per come la vedo io, un'azienda che spende soldi per addestrare il personale e poi, al termine dell'addestramento, lo lascia andar via senza provare a trattenerlo è un'azienda perdente e destinata a fallire.
È un po' come cucinare un piatto di pasta e farlo mangiare a qualcunaltro. ...[/quote]
Ragionando in termini un po' più ampi di quello strettamente aziendale (e non si pensi che le aziende hanno una visione così ristretta perchè il turn-over di manager nelle aziende esiste eccome e la logica competitiva non è esasperata al punto da escludere la collaborazione fra imprese operanti nello stesso settore e aventi in ultima analisi gli stessi interessi) è quello che succede quando i laureati che si formano a nostre spese nelle università italiane fuggono poi all'estero. Sembrerebbe che l'Italia sia in credito verso Paesi come la Danimarca, la Germania o la Francia. A meno che questi laureati fuggiti all'estero poi non ritornano in Italia. Oppure nell'equazione c'è qualche "incognita" che manca all'appello?

Cheguevilla
"stepper":
[quote="Luca.Lussardi"]Da quello che ho potuto notare io il punto del problema non è che noi giovani dobbiamo per forza andare all'estero mentre per l'estero è più facile restare a casa propria... quello che sembra essere unidirezionale è lo spostamento in uscita dall'Italia. E' tradizione in ogni paese europeo e non che i migliori studenti, laureati o dottorati, vengano mandati in giro per il mondo a fare i post doc, mentre di solito quelli mediocri restano a lavorare col loro capo per tutta la vita. Ora questo spostamento accade in uscita dall'Italia, come è giusto che sia, ma non accade in entrata: quanti stranieri vedete, post doc o dottorandi, nelle nostre università? si contano sulle dita di una mano forse... Quindi il flusso in uscita è normale, quello entrante manca.

Ma a quanto pare c'è chi non considera questo un problema.
Giovedì 11 marzo, “Gli espatriati: a quali condizioni tornare? E poi, è così necessario farli tornare?”
http://www.economiaesocieta.org/News/Guardare_oltre_lemergenza.kl[/quote]Generalmente, nel mondo delle imprese, dopo che l'azienda ha addestrato una figura (quindi speso tanti soldi), se la figura è valida, difficilmente se la lascerà scappare.
Perchè, per far funzionare bene un'azienda, è necessario dotarsi di persone adeguatamente addestrate, e generalmente, la competenza del personale è uno dei fattori determinanti per il successo.
Per come la vedo io, un'azienda che spende soldi per addestrare il personale e poi, al termine dell'addestramento, lo lascia andar via senza provare a trattenerlo è un'azienda perdente e destinata a fallire.
È un po' come cucinare un piatto di pasta e farlo mangiare a qualcunaltro. O prendo dei soldi per quello (ma allora lo scenario cambia) o prendo una bistecca in cambio del piatto di pasta, altrimenti muoio di fame...

stepper1
"Luca.Lussardi":
Da quello che ho potuto notare io il punto del problema non è che noi giovani dobbiamo per forza andare all'estero mentre per l'estero è più facile restare a casa propria... quello che sembra essere unidirezionale è lo spostamento in uscita dall'Italia. E' tradizione in ogni paese europeo e non che i migliori studenti, laureati o dottorati, vengano mandati in giro per il mondo a fare i post doc, mentre di solito quelli mediocri restano a lavorare col loro capo per tutta la vita. Ora questo spostamento accade in uscita dall'Italia, come è giusto che sia, ma non accade in entrata: quanti stranieri vedete, post doc o dottorandi, nelle nostre università? si contano sulle dita di una mano forse... Quindi il flusso in uscita è normale, quello entrante manca.

Ma a quanto pare c'è chi non considera questo un problema.
Giovedì 11 marzo, “Gli espatriati: a quali condizioni tornare? E poi, è così necessario farli tornare?”
http://www.economiaesocieta.org/News/Guardare_oltre_lemergenza.kl

GIBI1
... va, impara e poi ritorna. Qui c'è molto da fare e tieni in conto che prima o poi i parassiti se ne andranno in pensione. Per adesso auguri.

Benny24
Scelta condivisibile e quasi obbligata temo.
Auguri per il proseguimento!

Lorin1
In bocca al lupo...

nato_pigro1
Buona fortuna! :D

Cheguevilla
Sai già come la penso.
Complimenti.
Dai che con Air Berlin c'è il diretto su CPH, magari MI vieni a trovare spesso.
O magari vieni per altri motivi...

Luca.Lussardi
Da quello che ho potuto notare io il punto del problema non è che noi giovani dobbiamo per forza andare all'estero mentre per l'estero è più facile restare a casa propria... quello che sembra essere unidirezionale è lo spostamento in uscita dall'Italia. E' tradizione in ogni paese europeo e non che i migliori studenti, laureati o dottorati, vengano mandati in giro per il mondo a fare i post doc, mentre di solito quelli mediocri restano a lavorare col loro capo per tutta la vita. Ora questo spostamento accade in uscita dall'Italia, come è giusto che sia, ma non accade in entrata: quanti stranieri vedete, post doc o dottorandi, nelle nostre università? si contano sulle dita di una mano forse... Quindi il flusso in uscita è normale, quello entrante manca. Poi sulla qualità della ricerca da noi, dipende anche di quali strumentazioni la ricerca stessa necessita: nel caso di wedge c'è anche da dire che per la sua ricerca servono strumenti adeguati e non si trovano ovunque, nel caso di un matematico come me una scrivania e una lavagna si trovano ovunque e la qualità da noi è alta. Sulla difficoltà poi ad entrare strutturati il problema è soprattutto di mentalità italiana, e poco politico, secondo me: i finanziamenti statali sono più o meno in linea con gli altri paesi, quello che manca da noi è il privato, ed è per questo che noi giovani per fare ricerca facciamo fatica, perchè siamo costretti a restare nell'Università, non essendoci in Italia alternative.

Coraggio wedge, ti verrò a trovare a Monaco, da Dortmund dista un po' ma si può fare.

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