Matematica: creazione o scoperta? 3 - Paradosso?

andrew.cgs1
Salve.
Qualche tempo fa, leggendo questi post ho fatto uno strano ragionamento. Può darsi che sia già stato postato da qualcun altro nei precedenti topics, in tal caso invito l'amministrazione a cancellare questo topic.

Che la matematica sia una creazione o una scoperta è difficile da confutare, ma prendiamo in esame i due sostantivi "creazione" e "scoperta".
Per creazione, correggetemi se sbaglio, s'intende "dare inizio a qualcosa che prima non esisteva".
Per scoperta invece s'intende "scoprire un concetto ignoto a tutti, ma già esistente".

Una volta deciso che la matematica sia creazione o scoperta, la definizione scelta non si applicherebbe anche a quelle che noi chiamiamo "invenzioni"?
Mi spiego: se l'esistenza di un teorema è già "scritta", sarà già scritta anche, che ne so, la possibilità di scaldare elettricamente un filamento di tungsteno, o quella di provocare il moto rettilineo di un pistone tramite esplosione di idrocarburi, per poi trasformarlo in un movimento circolare...

Insomma, ogni invenzione è una "scoperta" di qualcosa che poteva già esistere...
Se ho detto qualche c*****a, prego di eliminare questo post. GRazie comunque per l'attenzione e ditemi cosa ne pensate.

Saluti
andrew

Risposte
nato_pigro1
"GPaolo":
Insisto. Creare è fuori dalla portata umana,


è semplicemente un preconcetto

"GPaolo":
tuttavia, quando Mozart, o Beethoven, o Puccini scrivevano la loro musica, essi la immaginavano prima nella loro testa con un atto di pura astrazione; la musica non c'era ancora, ovvero scritta, ma esisteva già "creata" nella loro testa. Mi pare di aver letto da qualche parte che Mozart, in sogno durante il sonno (per chiarire), avesse ascoltato e visto sè stesso eseguire la musica e, al mattino, l'abbia solo trascritta.


si chiama "effetto tetris".

"GPaolo":
Perché, per il nobel di Chadwick, è stato usato il termine "scoperta"?

Ma chi se ne frega di che nome le hanno dato! Se la chiamavano in un altro modo modificava in qualche modo ciò che lui aveva fatto?

"GPaolo":
Io credo che il fisico, prima di impostare il suo calcolo, abbia avuto una qualche percezione, che cioè abbia visto qualcosa nella sua mente e il sistema da cui ha tratto l'esistenza del neutrino sia una creazione (è Chadwick che ha creato il neutrino!).


Qua stai assolutamente travisando. Se Chadwickla amttina che ha avuto l'idea del netrino scivolava uscendo dalla doccia e ci restava secco il netrino non sarebbe eisstito? o se lo chiamava in un altro modo?
E poi all'inizio hai detto che l'uomo non può creare e poi ti sei contraddetto almeno due volte.

"GPaolo":
Le scoperte, almeno quelle in senso classico (la "Scoperta dell'America, dell'Australia, del passaggio a nord-ovest, della dinamo, del motore elettrico, dell'effetto Venturi, ecc...") hanno solo contribuito a migliorare la nostra qualità di vita.


Ammesso che sia vero per le scoperte, non vale altrettanto per le invenzioni?

"GPaolo":
Vi è senza dubbio uno stretto legame tra le scoperte e la matematica che le ha documentate, ma sono le prime, specialmente quelle tecnologiche, che hanno avuto bisogno della seconda, mai la matematica ha avuto bisogno delle prime. Forse la "Fisica" ha avuto qualche vantaggio (Sadi Carnot: "...abbiamo imparato la Termodinamica dalla macchina a vapore"), ma sempre con l'aiuto della Matematica. Insisto e sottoscrivo il mio precedente post.

La matematica è il linguaggio delle scienze? non stai dicendo niente di nuovo.

GPaolo1
Insisto. Creare è fuori dalla portata umana, tuttavia, quando Mozart, o Beethoven, o Puccini scrivevano la loro musica, essi la immaginavano prima nella loro testa con un atto di pura astrazione; la musica non c'era ancora, ovvero scritta, ma esisteva già "creata" nella loro testa. Mi pare di aver letto da qualche parte che Mozart, in sogno durante il sonno (per chiarire), avesse ascoltato e visto sè stesso eseguire la musica e, al mattino, l'abbia solo trascritta. Qualcosa del genere capitava a Ramanuja che, sempre durante il sonno in sogno, pare avesse dei colloqui con un'entità (una dea, mi pare) che gli mostrava delle "complesse" formule che egli semplicemente trascriveva. Ora, questo, io lo considero un vero creare. Perché, per il nobel di Chadwick, è stato usato il termine "scoperta"? Io credo che il fisico, prima di impostare il suo calcolo, abbia avuto una qualche percezione, che cioè abbia visto qualcosa nella sua mente e il sistema da cui ha tratto l'esistenza del neutrino sia una creazione (è Chadwick che ha creato il neutrino!). Le scoperte, almeno quelle in senso classico (la "Scoperta dell'America, dell'Australia, del passaggio a nord-ovest, della dinamo, del motore elettrico, dell'effetto Venturi, ecc...") hanno solo contribuito a migliorare la nostra qualità di vita. Vi è senza dubbio uno stretto legame tra le scoperte e la matematica che le ha documentate, ma sono le prime, specialmente quelle tecnologiche, che hanno avuto bisogno della seconda, mai la matematica ha avuto bisogno delle prime. Forse la "Fisica" ha avuto qualche vantaggio (Sadi Carnot: "...abbiamo imparato la Termodinamica dalla macchina a vapore"), ma sempre con l'aiuto della Matematica. Insisto e sottoscrivo il mio precedente post.

nato_pigro1
voler argomentare idee con le definizioni che si danno alle parole che rappresentano queste idee è un po' come confondere la mappa con il territorio.

Non è che se sul vocabolario "invenzione" ha una certa definizione allora "l'invenzione" è quella cosa lì. La definizione di un parola ha un altro scopo.
Per cui se tu parti con il tuo ragionamento non dal concetto che la parola "invenzione" vuole rappresentare ma dalla sua definizione e lavori per transitività puoi facilmente concludere che il problema è inesistente.

E' come se tu dicessi: la cartina di questa area geografica in questa punto è marrone, i tavoli sono marroni (mettiamo al fine dell'esempio che tutti i tavoli siano marroni), in quel punto di quell'area geografica c'è un tavolo. E a meno che le montagne non siano piene di tavoli sparsi qua e là è sbagliato...

GPaolo1
Credo che il verbo creare, in alcune accezioni, venga utilizzato come sinonimo di "FARE"; il tornitore ad esempio, "crea" il pezzo al tornio perché prima era solo incluso in una forma che lo conteneva; un pò come Michelangelo che toglieva il marmo superfluo per far emergere l'opera racchiusa al suo interno. In questo non è quindi sbagliato l'uso di "creare". Scoprire, seguendo lo stesso ragionamento, non si discosta granché dallo scolpire (sembrano molto simili anche i verbi stessi), perché, sistematicamente, viene portata alla luce una struttura in un solo momento. Su inventare, invece, ho l'impressione che attenga più a qualche cosa che, a sua volta, permette di avanzare in qualche altra cosa. Ad esempio, l'invenzione del motore ha dato la stura ad una messe di ulteriori innovazioni tecnologiche (treni, navi, aerei ecc...), come se avesse dato appunto il via a successivi miglioramenti pratici. L'invenzione della radio (a cui hanno contribuito una lunga serie di altre "scoperte"...) ha dato il via ai moderni mezzi di comunicazione. Si possono portare altri numerosi esempi, ma penso che sia chiaro il mio punto di vista.

Federiclet
"Gummitch":
Anch'io provo a dire la mia, con un esempio.
La geometria euclidea è una creazione, ma poi all'interno di quella creazione non tutto è noto e quindi si scoprono via via le cose. Del tipo "toh, un rettangolo sembra avere le diagonali uguali... sarà vero per tutti i rettangoli? Dimostriamolo, via".
Oppure "ho da una parte le funzioni continue, da un'altra le funzioni derivabili. Sembrerebbe che ci sia una qualche relazione tra le due. Sarà così?"
:oops:


Ciao
credo tu abbia messo in luce con poche parole un aspetto della conoscenza, non solo matematica, che é quello della gradualità del sapere e del suo carattere culturale. Nel tuo esempio su derivabilità e continuità implicitamente metti in relazione due universi linguistici, che ... inizano a comunicare nella mente del matematico, o meglio del gruppo, della particolare scuola di matematica. Dopo i paradigmi di Kuhn sono emerse ricerche più attente al concreto abitat del matematico, o dello scienziato in genere, e... anche il caffé che beveva Erdos entra nel modo di comprendere e dire le cose. Molto, dunque, dipenderà anche dalla sensibilità del soggetto, da una particolare predisposizione a cogliere le realtà matematiche anche sensibilmente, altrimenti non sarebbero nate l'Analisi situ con Poincare, o i calchi in gesso di certe superfici complesse pensate, anzi "viste" da Hilbert in quattro dimensioni.
Personalmente propendo per una capacità appercettiva del matematico che gli permette di cogliere le grandezze matematiche quasi come ne facesse un'esperienza sensibile. Si che l'apparato linguistico-simbolico gli siano intelleggibili come enti definiti di pensiero.

Quanto alla scoperta e all'invenzione, mi sa che se si va al senso originario di invenire = trovare, la differenza tra i due termini quasi scompare.

Tuttavia presi senza questa precisazione, nel primo caso é sottintesa l'ipotesi che esistano a priori gli enti matematici. Questa sarebbe una forma di Platonismo, e va ricordato che Goedel era platonista dichiarato. Nulla da vergognarsi, anzi! Lo scoprire consiste in questo caso nel portare in evidenza ciò che già é strutturato.

Inventare, o come si é anche detto creare, vede un ruolo poietico del matematico. Il matematico genera enti non esistenti prima che li pensasse. Da' loro vita. Bisognerebbe chiedersi a partire da che. Quale sia il suo punto di partenza. Una risposta potrebbe essere il genio, ma non tutti i matematici sono geniali. Sarebbe una risposta un po' élitaria. Credo sia più ragionevole dire che il matematico parta dalla tradizione ricevuta, a cui il suo personale apporto consiste in un modo nuovo di comporre i "pezzi del puzle", per così dire. Mi accorgo però per questa strada di avvicinarmi alla definizione di matematica come scoperta. Rimane certo il comun denominatore della novità e dell'inedito.

La discussione rimane pertanto aperta

grazie degli spunti!

ciao

f. :-D

Gummitch1
Anch'io provo a dire la mia, con un esempio.
La geometria euclidea è una creazione, ma poi all'interno di quella creazione non tutto è noto e quindi si scoprono via via le cose. Del tipo "toh, un rettangolo sembra avere le diagonali uguali... sarà vero per tutti i rettangoli? Dimostriamolo, via".
Oppure "ho da una parte le funzioni continue, da un'altra le funzioni derivabili. Sembrerebbe che ci sia una qualche relazione tra le due. Sarà così?"
:oops:

mickey88
provo a dire la mia.
io penso che, citando gli esempi della lampadina o del motore a scoppio, che si tratti esattamente di scoperte.
come ha detto andrew, la "possibilità" di trasformare del metallo in un motore esiste dal momento stesso in cui esiste quel metallo, poi, a un certo punto, l'uomo se ne rende conto. Ed è pur vero che con quel metallo certe possibilità ci sono e altre no.
La matematica ha un vantaggio, che non dipendendo da oggetti o materiali fisici, può (e a rigore, deve) interrogarsi sulle possibilità di qualunque "metallo", esistente o meno.
prendiamo ad esempio le teorie assiomatiche:
gli assiomi che ne stanno alla base non sono "veri" o "falsi", ma la matematica deve indagare su come stanno le cose se sono veri e su come starebbero se fossero falsi.
credo quindi che la matematica sia insieme creazione e scoperta: creazione perchè possiamo decidere sempre da dove partire, scoperta perchè una volta fissato un punto di partenza, è come se la teoria ci fosse già..
tutto ciò, ovviamente, "secondo me"

andrew.cgs1
è proprio questo il punto! :D

yinyang
Però mentre si fa matematica (dico "si fa", non "si studia") si percepisce spesso e chiaramente la sensazione di scoprire qualcosa che esiste indipendentemente dal soggetto.
E' difficile sostenere che siamo noi a creare la matematica.

kinder1
non hai detto c*****e, anche se il termine creazione indica soprattutto la generazione dal nulla; però viene usato con estensione anche per indicare attività umane, come l'invenzione ed in genere la generazione di qualcosa che non c'era prima.
La scoperta indica invece la comprensione di qualcosa che esiste di per se, in natura, e non è prodotto dell'ingegno umano. La matematica quindi è invenzione, perché è un prodotto dell'attività fisiologica del sistema nervoso centrale di qualche animale (in genere l'uomo), senza la quale non esiste, come tutte le altre espressioni di tale fisiologia (non c'è solo la matematica). La fantasia porta a chiedersi se la matematica è scoperta perché si riconosce una capacità in tale disciplina di correlarsi al mondo fisico (la matematica funziona), tale da dover essere in qualche modo sua espressione. Di qui la scoperta. Chi esagera dice che la matematica è in ogni cosa, ed i pitagorici dicevano che tutto è numero. Ma erano diventati una setta di fanatici.
Il discorso del motore a scoppio è simile a quello attribuito a Michelangelo, che diceva che lui, quando scolpiva una statua, si limitava e togliere il marmo in eccesso, che ricopriva la forma già insita nel blocco. Ovviamente nel blocco non era insita nessuna statua, così come non esiste nessun motore nel ferro grezzo. Entrambi sono prodotti della creatività, non scoperte. Anche una sinfonia di Beethoven può essere considerata la scoperta di una particolare sequenza di note, già esistente di per se, che aspettava che qualcuno la mettesse per iscritto su un pentagramma. Ma è una forzatura, così come lo è considerare scoperta un teorema di matematica.

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