La probbilità vivente
I timori di certi matematici di eccettare il soggettivismo (cioè, di accettare l'Osservatore come parte integrante del sistema aleatorio(*)) possono tranquillamente essere imputati all'antico retaggio pre godeliano, che irrigidiva la mentalità del matematico confinandolo, in un ambiente asettico: in pratica, una deformazione professionale.
Quanto alla matematizzazione della probabilità in un sistema coerente, ritengo che sia stata un'opera di importanza storica: dare una scala di misura e una metodologia di calcolo ad una opinione/sentimento è, a mio avviso, un evento superlativo. Bisogna tener presente che ogni essere vivente, per proseguire nella vita, più cha far dei calcoli, deve continuamente, rapidamente, spontaneamente e naturalmente "stimare" il grado di probabilità di un insieme di eventi favorevoli al suo progresso vitale e scegliere "più probabile" per prendere una decisione operativa adeguata. La matematizzazione offre un metodo razionale per meglio fare questa scelta vitale.
I sistemi aleatori, dove valgono le regole del calcolo delle probabilità, sono sistemi "chiusi", in quelli aperti le regole non sono più rigorosamente valide per cui vegono applicate con ampi margini di approssimazione; siamo, allora, nel calcolo statistico.
Bisogna convincersi che, in prospettiva, il calcolo delle probabilità, applicato ai sistemi chiusi, perde d'importanza rispetto allo stabilire se un sistema è aperto o chiuso. Nel caso di un sistema chiuso, se non si sa calcolare una qualche probabilità, si può sempre ricorrere al così detto Sistema di Montecarlo (il metodo sperimentale) per raggiungere lo scopo. Prendiamo, a questo riguardo, l'esempio della probabilità di uno speciale dado omogeneo e rigido ma con le sei facce diseguali. La disuguaglianza della forma delle facce rende complesso il calcolo analitico della probabilità che ciascuna faccia si presenti nel lancio, è praticamente impossibile, se pur non in linea di principio; ma se l'osservatore "sa" che null'altro, oltre la forma delle facce, turba il lancio e la lettura degli esiti, la registrazione delle letture e che, inoltre, niente, al contorno del sistema aleatorio in parola, minacci la ripetizione dei lanci prima che l'osservatore reputi raggiunta la sufficiente stabilizzazione del rapporto uscite/lanci di almeno cinque facce su sei, allora il calcolo delle sei probabilità è dichiarato ultimato dall'Osservatore essendo stato portato a termine con successo.
Questo esempio ha praticamente descritto un sistema aleatorio; questo deve avere:
-Un sottosistema generatore degli eventi (sistema di lancio)
-un sottosistema di riconoscimento e memorizzazione dei dati dei lanci
-un sottosistema di protezione del sistema aleatorio dai disturbi esterni
-un obbiettivo.
Il secondo ed il quarto sottosistema sono propri dell'Osservatore universale (Osservatore unico), anzi, lo identificano. Su quest'ultimo, se necessario (avendone già parlato in altre parti di questo forum), posso ritornarci senza problemi.
Per avere un esempio di sistema aleatorio aperto è sufficiente che il nostro dado precedente, sia inizialmente è un cubo e non sia rigido ma plastico e che ad ogni lancio subisca una qualche incontrollabile deformazione.
I sistemi aleatori sono autosimili: tutti i sottosistemi che li compogono possono essere a loro volta scissi in sistemi aleatori e così di seguito. Inoltre ogni sistema aleatorio è anche sottosistema di qualche altro, a collegarli fra loro ci sono gli obbiettivi.
NOTA (*)
Ogni sistema di osservazione, ogni atto della vita, non solo il lancio di dadi e monete, costituiscono sistemi aleatori la finalità dei quali è sempre quella di calcolare o stimare la probabilità di un esito o misura per una successiva adeguata decisione (obbiettivo).
mario1
Quanto alla matematizzazione della probabilità in un sistema coerente, ritengo che sia stata un'opera di importanza storica: dare una scala di misura e una metodologia di calcolo ad una opinione/sentimento è, a mio avviso, un evento superlativo. Bisogna tener presente che ogni essere vivente, per proseguire nella vita, più cha far dei calcoli, deve continuamente, rapidamente, spontaneamente e naturalmente "stimare" il grado di probabilità di un insieme di eventi favorevoli al suo progresso vitale e scegliere "più probabile" per prendere una decisione operativa adeguata. La matematizzazione offre un metodo razionale per meglio fare questa scelta vitale.
I sistemi aleatori, dove valgono le regole del calcolo delle probabilità, sono sistemi "chiusi", in quelli aperti le regole non sono più rigorosamente valide per cui vegono applicate con ampi margini di approssimazione; siamo, allora, nel calcolo statistico.
Bisogna convincersi che, in prospettiva, il calcolo delle probabilità, applicato ai sistemi chiusi, perde d'importanza rispetto allo stabilire se un sistema è aperto o chiuso. Nel caso di un sistema chiuso, se non si sa calcolare una qualche probabilità, si può sempre ricorrere al così detto Sistema di Montecarlo (il metodo sperimentale) per raggiungere lo scopo. Prendiamo, a questo riguardo, l'esempio della probabilità di uno speciale dado omogeneo e rigido ma con le sei facce diseguali. La disuguaglianza della forma delle facce rende complesso il calcolo analitico della probabilità che ciascuna faccia si presenti nel lancio, è praticamente impossibile, se pur non in linea di principio; ma se l'osservatore "sa" che null'altro, oltre la forma delle facce, turba il lancio e la lettura degli esiti, la registrazione delle letture e che, inoltre, niente, al contorno del sistema aleatorio in parola, minacci la ripetizione dei lanci prima che l'osservatore reputi raggiunta la sufficiente stabilizzazione del rapporto uscite/lanci di almeno cinque facce su sei, allora il calcolo delle sei probabilità è dichiarato ultimato dall'Osservatore essendo stato portato a termine con successo.
Questo esempio ha praticamente descritto un sistema aleatorio; questo deve avere:
-Un sottosistema generatore degli eventi (sistema di lancio)
-un sottosistema di riconoscimento e memorizzazione dei dati dei lanci
-un sottosistema di protezione del sistema aleatorio dai disturbi esterni
-un obbiettivo.
Il secondo ed il quarto sottosistema sono propri dell'Osservatore universale (Osservatore unico), anzi, lo identificano. Su quest'ultimo, se necessario (avendone già parlato in altre parti di questo forum), posso ritornarci senza problemi.
Per avere un esempio di sistema aleatorio aperto è sufficiente che il nostro dado precedente, sia inizialmente è un cubo e non sia rigido ma plastico e che ad ogni lancio subisca una qualche incontrollabile deformazione.
I sistemi aleatori sono autosimili: tutti i sottosistemi che li compogono possono essere a loro volta scissi in sistemi aleatori e così di seguito. Inoltre ogni sistema aleatorio è anche sottosistema di qualche altro, a collegarli fra loro ci sono gli obbiettivi.
NOTA (*)
Ogni sistema di osservazione, ogni atto della vita, non solo il lancio di dadi e monete, costituiscono sistemi aleatori la finalità dei quali è sempre quella di calcolare o stimare la probabilità di un esito o misura per una successiva adeguata decisione (obbiettivo).
mario1
Risposte
Sarebbe interessante continuare il discorso, ma significherebbe buttarsi nella filosofia..... E mi rendo conto che questo non è il posto più adatto per farlo.
quote:Alla prima questione circa l’oggettivismo o il soggettivismo mi preme fornire qualche chiarimento. Si suole dire, col pressappochismo proprio del parlar comune, che il soggettivista, al contrario dell’oggettivista, ritiene che tutto il mondo sia nella sua testa; l’altro invece, ritiene che il mondo sia oggettivamente intorno a se ed ha esistenza anche quando lui non ci pensa o muore. Se ci sforziamo di fare la tara dal pressappochismo che dicevo, e ci riflettiamo bene su ciò che rimane, non v’è modo di decidere, scientificamente e logicamente chi tra le due posizioni sia quella giusta, pertanto l’assunzione, da parte dell’Osservatore, di una o l’altra posizione non porta, in linea di principio, conseguenze al processo di avanzamento nella conoscenza. Tuttavia la scelta di una o l’altra posizione potrebbe, ai fini dello sviluppo di una certa linea di ricerca, consentire una visione più agevole di certi problemi: uno di questi, che non è certo il più importante, potrebbe essere, per esempio, la famosa circolarità della definizione della probabilità come rapporto tra “casi favorevoli”/”casi totali”, strettamente legata alla visione oggettivistica del mondo e che invece evapora assumendo la posizione soggettivistica.
Originally posted by Godel
Al di là della teoria delle probabilità, mi pare di aver capito che lei non accetti l'oggettivismo (considerando l'oggettivismo come la concezione contrapposta al soggettivismo, la quale ammette l'esistenza di una realtà oggettiva indipendente dalle mutevoli opinioni del soggetto). Non capisco la seguente affermazione da lei fatta:
"I timori di certi matematici di eccettare il soggettivismo (cioè, di accettare l'Osservatore come parte integrante del sistema aleatorio(*)) possono tranquillamente essere imputati all'antico retaggio pre godeliano, che irrigidiva la mentalità del matematico confinandolo, in un ambiente asettico: in pratica, una deformazione professionale.
"
Va infine fatto notare che l’oggettivista crede di osservare (o di poter osservare) le proprietà di un mondo esterno a sé e di cui fondamentalmente non si sente di far parte, quasi si considera uno strano oggetto corporeo dotato, si, di anima, ma il cui corpo ha la strana proprietà di non far parte dell’insieme dei corpi dell’universo. Il soggettivista, invece, riconosce l”IO” come un punto singolare in una specie di “spazio della conoscenza” che emana dal limite (e origine) delle coordinate degli eventi, i quali ultimi non sono che “punti” posti, diciamo così, alla distanza “D” dall’origine anzidetta. Questa “distanza” è una funzione arbitraria decrescente della probabilità “p” che quell’evento si presenti con una lettura “favorevole”. Funzioni arbitrarie di questo tipo potrebbero, per esempio, essere D=k*(1-p)/p oppure D=-ln(b,p) dove “b” è la base del logaritmo; la scelta della funzione e delle costanti può essere fatta in accordo con le proprietà che si vogliono vedere soddisfatte dalla metrica di questo speciale spazio. Non meravigli questa arbitrarietà,visto che, nell’accezione definettiana della probabilità, la scala dei valori questa è del tutto arbitraria ed è stata convenzionalmente contenuta nei ben noti limiti di 0-#61664;1.
Quanto alla seconda questione circa i “timori di certi matematici…”, voglio riferirmi alla reticenza del mondo matematico di accettare anche in matematica, al pari di quanto accadde nel 1901 per la fisica, la presenza influente dell’Osservatore (con la “O” maiuscola) che si concretizzò con la prova di Godel, cioè dell’impossibilità di “chiudere” un sistema logico finito, cioè che sia minore dell’intero universo. Sembra che gran parte dei matematici sia rimasta intimamente abbarbicata sulle posizioni di Hilbert prima che Godel venisse fuori con le sue conclusioni; sono convinto, però, che questa specie di conservatorismo non sia che un mero fenomeno di “deformazione professionale” comune a chiunque sia costretto, dalle vicende della vita e della sua professione, ad aggirarsi su territori di azione lontani dai confini estremi che delimitano la totalità del terreno su cui, con quella specifica professione, si potrebbe essere chiamati ad operare.
mario1
quote:risponderò
Originally posted by Godel
Al di là della teoria delle probabilità, mi pare di aver capito che lei non accetti l'oggettivismo (considerando l'oggettivismo come la concezione contrapposta al soggettivismo, la quale ammette l'esistenza di una realtà oggettiva indipendente dalle mutevoli opinioni del soggetto). Non capisco la seguente affermazione da lei fatta:
"I timori di certi matematici di eccettare il soggettivismo (cioè, di accettare l'Osservatore come parte integrante del sistema aleatorio(*)) possono tranquillamente essere imputati all'antico retaggio pre godeliano, che irrigidiva la mentalità del matematico confinandolo, in un ambiente asettico: in pratica, una deformazione professionale.
"
mario1
Al di là della teoria delle probabilità, mi pare di aver capito che lei non accetti l'oggettivismo (considerando l'oggettivismo come la concezione contrapposta al soggettivismo, la quale ammette l'esistenza di una realtà oggettiva indipendente dalle mutevoli opinioni del soggetto). Non capisco la seguente affermazione da lei fatta:
"I timori di certi matematici di eccettare il soggettivismo (cioè, di accettare l'Osservatore come parte integrante del sistema aleatorio(*)) possono tranquillamente essere imputati all'antico retaggio pre godeliano, che irrigidiva la mentalità del matematico confinandolo, in un ambiente asettico: in pratica, una deformazione professionale.
"
"I timori di certi matematici di eccettare il soggettivismo (cioè, di accettare l'Osservatore come parte integrante del sistema aleatorio(*)) possono tranquillamente essere imputati all'antico retaggio pre godeliano, che irrigidiva la mentalità del matematico confinandolo, in un ambiente asettico: in pratica, una deformazione professionale.
"
A dire la verità, neanche io!!! [:D]
mi dispiace...non ho il coraggio di leggere [:P]

quote:“- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”)”
Originally posted by Godel
E’ difficile trattare queste materie senza rischiare di ritrovarsi alla conclusione di una considerazione lunga tre pagine. Cercherò di essere conciso...
La “matematizzazione dell’opinione”, espressa dalla “teoria del calcolo delle probabilità”, non è di semplice accettazione nella sua applicazione a realtà complesse (come la vita degli esseri viventi, e più che mai quella dell’uomo), poiché:
- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”);
- Per rendere applicabile un modello di questo tipo, si ha la necessità di trattare un numero finito (e non troppo grande) di eventualità.
- Per rendere “oggettivo” il risultato occorrerebbe essere d’accordo sull’insieme di regole poste nel calcolo delle probabilità. E qua, si apre un discorso molto ampio, sul concetto di “caso” , di “verità”, di “probabilità”, di “oggettivo”);
- Andrebbero trattati argomenti quali il “determinismo” (in Laplace); oppure altri (riguardanti la filosofia in gran parte) come il solipsismo, quali il “solipsismo linguistico (in L. Wittgenstein); il solipsismo “metodologico” (in R. Carnap); senza tralasciare Kant (sulla base dell’universalità delle categorie a priori) Fichte e Schopenauer (solipsismo “teoricamente inconfutabile”) e chi più ne ha, più ne metta.
Credo sia giusto limitare in tal senso l’uso della teoria del calcolo delle probabilità (non intendo assolutamente dire che argomenti come questo non siano da trattare).
Concludendo ironicamente, chi non vorrebbe essere tra la schiera di “imbecilli” che ogni tanto sbanca ai casinò o alle lotterie.....
Una risposta a tutti i punti del tuo intervento sarebbe lunghissima e complessa. Mi limito a prenderne in considerazione soltanto uno, il primo capoverso, che mi sembra contenga una questione di peso, per me, rilevante. La questione posta da te è, se ho ben capito, cosa debba intendersi per casualità. Riconosco che per gli oggettivisti la risposta è ardua per non dire impossibile, ma per chi, come me, ha abbracciato la visione soggettivistica della probabilità (la posizione definettiana), non esiste alcun problema per dare una risposta al significato di casualità: una successione di eventi è casuale se l’Osservatore (con la O maiuscola) non è in grado di stabilire (o di determinate) alcuna relazione, anche parziale, di causa/effetto o, più in generale, logica, tra i membri della successione ancor prima che il primo evento sia stato “letto”. Ho detto “ancor prima che…” in quanto alcune informazioni importanti, per le aspettative successive, potrebbero evincersi già con la lettura del primo evento estratto. Va però subito detto che se l’Osservatore, che ha necessità di studiare i legami di una certa successione di eventi, cioè di “osservare” o “misurare” un fenomeno, deve definire un “sistema aleatorio” (= sistema di osservazione); questa operazione preliminare serve, fra l’altro, per identificare e separare la parte “conosciuta” del sistema da quella “non conosciuta”, quindi “caotica”, sulla quale concentrare lo studio della successione, per esempio, se si deve studiare statisticamente la costanza della misura di un pezzo prodotto in serie, è prima di tutto necessario regolare la macchina utensile perché lavori i pezzi alla dimensione voluta, ciò è necessario per evitare che le deviazioni che si andrebbero ad osservare debbano banalmente ascriversi ad una imperfetta regolazione di partenza della macchina utensile e non ad un fatto imprevedibile a priori.
L’esito dell’osservazione dei pezzi prodotti potrebbe evidenziare un’inaccettabile deviazione dallo standard, ciò porrebbe subito il problema di studiarne le cause, una volta identificata la causa avremo stabilito il legame principale dell’anomalia e potremo eliminarlo; se non si riesce a definire la causa allora l’osservazione ci ha fornito solo un’informazione parziale (la frequenza e l’entità delle variazioni), non la causa. Questa informazione parziale è comunque importante che prima non si aveva.
Va sottolineato che la delimitazione del sistema aleatorio (o di osservazione) è, come prima detto, l’attività preliminare del processo di osservazione e consiste principalmente:
-nella protezione del sistema da influenze esterne (nell’esempio: prevenzioni di cattive registrazioni della macchina di lavorazione, temperature ambientali, ecc);
-nello stabilire i limiti di accettabilità da parte dell’osservatore (frequenza e ampiezza massime delle deviazioni dallo standard);
-in altri provvedimenti operativi, come la determinazione dei sistemi e degli strumenti di misura, loro taratura, tempi, ecc.
mario1
quote:“- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”)”
Originally posted by Godel
E’ difficile trattare queste materie senza rischiare di ritrovarsi alla conclusione di una considerazione lunga tre pagine. Cercherò di essere conciso...
La “matematizzazione dell’opinione”, espressa dalla “teoria del calcolo delle probabilità”, non è di semplice accettazione nella sua applicazione a realtà complesse (come la vita degli esseri viventi, e più che mai quella dell’uomo), poiché:
- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”);
- Per rendere applicabile un modello di questo tipo, si ha la necessità di trattare un numero finito (e non troppo grande) di eventualità.
- Per rendere “oggettivo” il risultato occorrerebbe essere d’accordo sull’insieme di regole poste nel calcolo delle probabilità. E qua, si apre un discorso molto ampio, sul concetto di “caso” , di “verità”, di “probabilità”, di “oggettivo”);
- Andrebbero trattati argomenti quali il “determinismo” (in Laplace); oppure altri (riguardanti la filosofia in gran parte) come il solipsismo, quali il “solipsismo linguistico (in L. Wittgenstein); il solipsismo “metodologico” (in R. Carnap); senza tralasciare Kant (sulla base dell’universalità delle categorie a priori) Fichte e Schopenauer (solipsismo “teoricamente inconfutabile”) e chi più ne ha, più ne metta.
Credo sia giusto limitare in tal senso l’uso della teoria del calcolo delle probabilità (non intendo assolutamente dire che argomenti come questo non siano da trattare).
Concludendo ironicamente, chi non vorrebbe essere tra la schiera di “imbecilli” che ogni tanto sbanca ai casinò o alle lotterie.....
Una risposta a tutti i punti del tuo intervento sarebbe lunghissima e complessa. Mi limito a prenderne in considerazione soltanto uno, il primo capoverso, che mi sembra contenga una questione di peso, per me, rilevante. La questione posta da te è, se ho ben capito, cosa debba intendersi per casualità. Riconosco che per gli oggettivisti la risposta è ardua per non dire impossibile, ma per chi, come me, ha abbracciato la visione soggettivistica della probabilità (la posizione definettiana), non esiste alcun problema per dare una risposta al significato di casualità: una successione di eventi è casuale se l’Osservatore (con la O maiuscola) non è in grado di stabilire (o di determinate) alcuna relazione, anche parziale, di causa/effetto o, più in generale, logica, tra i membri della successione ancor prima che il primo evento sia stato “letto”. Ho detto “ancor prima che…” in quanto alcune informazioni importanti, per le aspettative successive, potrebbero evincersi già con la lettura del primo evento estratto. Va però subito detto che se l’Osservatore, che ha necessità di studiare i legami di una certa successione di eventi, cioè di “osservare” o “misurare” un fenomeno, deve definire un “sistema aleatorio” (= sistema di osservazione); questa operazione preliminare serve, fra l’altro, per identificare e separare la parte “conosciuta” del sistema da quella “non conosciuta”, quindi “caotica”, sulla quale concentrare lo studio della successione, per esempio, se si deve studiare statisticamente la costanza della misura di un pezzo prodotto in serie, è prima di tutto necessario regolare la macchina utensile perché lavori i pezzi alla dimensione voluta, ciò è necessario per evitare che le deviazioni che si andrebbero ad osservare debbano banalmente ascriversi ad una imperfetta regolazione di partenza della macchina utensile e non ad un fatto imprevedibile a priori.
L’esito dell’osservazione dei pezzi prodotti potrebbe evidenziare un’inaccettabile deviazione dallo standard, ciò porrebbe subito il problema di studiarne le cause, una volta identificata la causa avremo stabilito il legame principale dell’anomalia e potremo eliminarlo; se non si riesce a definire la causa allora l’osservazione ci ha fornito solo un’informazione parziale (la frequenza e l’entità delle variazioni), non la causa. Questa informazione parziale è comunque importante che prima non si aveva.
Va sottolineato che la delimitazione del sistema aleatorio (o di osservazione) è, come prima detto, l’attività preliminare del processo di osservazione e consiste principalmente:
-nella protezione del sistema da influenze esterne (nell’esempio: prevenzioni di cattive registrazioni della macchina di lavorazione, temperature ambientali, ecc);
-nello stabilire i limiti di accettabilità da parte dell’osservatore (frequenza e ampiezza massime delle deviazioni dallo standard);
-in altri provvedimenti operativi, come la determinazione dei sistemi e degli strumenti di misura, loro taratura, tempi, ecc.
mario1
E’ difficile trattare queste materie senza rischiare di ritrovarsi alla conclusione di una considerazione lunga tre pagine. Cercherò di essere conciso...
La “matematizzazione dell’opinione”, espressa dalla “teoria del calcolo delle probabilità”, non è di semplice accettazione nella sua applicazione a realtà complesse (come la vita degli esseri viventi, e più che mai quella dell’uomo), poiché:
- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”);
- Per rendere applicabile un modello di questo tipo, si ha la necessità di trattare un numero finito (e non troppo grande) di eventualità.
- Per rendere “oggettivo” il risultato occorrerebbe essere d’accordo sull’insieme di regole poste nel calcolo delle probabilità. E qua, si apre un discorso molto ampio, sul concetto di “caso” , di “verità”, di “probabilità”, di “oggettivo”);
- Andrebbero trattati argomenti quali il “determinismo” (in Laplace); oppure altri (riguardanti la filosofia in gran parte) come il solipsismo, quali il “solipsismo linguistico (in L. Wittgenstein); il solipsismo “metodologico” (in R. Carnap); senza tralasciare Kant (sulla base dell’universalità delle categorie a priori) Fichte e Schopenauer (solipsismo “teoricamente inconfutabile”) e chi più ne ha, più ne metta.
Credo sia giusto limitare in tal senso l’uso della teoria del calcolo delle probabilità (non intendo assolutamente dire che argomenti come questo non siano da trattare).
Concludendo ironicamente, chi non vorrebbe essere tra la schiera di “imbecilli” che ogni tanto sbanca ai casinò o alle lotterie.....
La “matematizzazione dell’opinione”, espressa dalla “teoria del calcolo delle probabilità”, non è di semplice accettazione nella sua applicazione a realtà complesse (come la vita degli esseri viventi, e più che mai quella dell’uomo), poiché:
- Prevede l’esito di un evento necessariamente casuale a priori (per quanto possa sembrare scontato, si aprirebbe un discorso filosofico-teologico sull’ eventualità che tali eventi possano essere “casuali”);
- Per rendere applicabile un modello di questo tipo, si ha la necessità di trattare un numero finito (e non troppo grande) di eventualità.
- Per rendere “oggettivo” il risultato occorrerebbe essere d’accordo sull’insieme di regole poste nel calcolo delle probabilità. E qua, si apre un discorso molto ampio, sul concetto di “caso” , di “verità”, di “probabilità”, di “oggettivo”);
- Andrebbero trattati argomenti quali il “determinismo” (in Laplace); oppure altri (riguardanti la filosofia in gran parte) come il solipsismo, quali il “solipsismo linguistico (in L. Wittgenstein); il solipsismo “metodologico” (in R. Carnap); senza tralasciare Kant (sulla base dell’universalità delle categorie a priori) Fichte e Schopenauer (solipsismo “teoricamente inconfutabile”) e chi più ne ha, più ne metta.
Credo sia giusto limitare in tal senso l’uso della teoria del calcolo delle probabilità (non intendo assolutamente dire che argomenti come questo non siano da trattare).
Concludendo ironicamente, chi non vorrebbe essere tra la schiera di “imbecilli” che ogni tanto sbanca ai casinò o alle lotterie.....
quote:X Godel
Originally posted by Godel
Credo sia arrischiato ritenere applicabile un modello “matematico” che dà una scala di misura ed una metodologia di calcolo ad una opinione, o ad un sentimento. E’ altresì complesso superare le incertezze legate all’oggettivismo (solipsismo), riguardo una qualsiasi enunciazione.
Caro Godel,
La matematizzazione dell’opinione o, per usare un termine definettiano, di “credenza” o “aspettativa”, è proprio ciò che è già da tempo avvenuto con la ottima, ovvia e super digerita matematizzazione della “probabilità”. Naturalmente il primo approccio verso questo storico passo andò per gradi: si definì dapprima la probabilità in senso oggettivistico, come rapporto tra “i casi favorevoli” e “quelli possibili” di “lanci” in un sistema aleatorio “chiuso”, come, per esempio, i lanci di una moneta. Ciò sollevò la famosa obiezione della circolarità della definizione (che io, pur contrario alla posizione oggettivistica, non di meno ho sempre ritenuto e ritengo superabile), ma poi venne l’interpretazione soggettivistica (probabilità = aspettativa o credenza di un evento), fortemente sostenuta dal De Finetti, che pose fine, prima di tutto, all’annosa diatriba sulla circolarità, ma che, soprattutto, mostrò come non vi fossero ostacoli per considerare e constatare matematicamente corretta ed ineccepibile la matematizzazione dell’”opinione” dell’osservatore (probabilità soggettiva) a patto, però, che questi si attenesse rigorosamente alle norme rigidissime ed ineluttabili del calcolo delle probabilità. Il rispetto di queste regole, fra l’altro, rende il trattamento della probabilità “oggettiva” come un caso particolare della probabilità soggettiva. La probabilità soggettiva è, in oltre, in totale accordo col principio dell’unicità dell’Osservatore.
Per chi fosse interessato a questa materia lo invito a leggere due testi veramente illuminanti: De Finetti, “Filosofia della probabilità”, ed. Il Saggiatore e D. Costantino & L. Geymonat, “Filosofia della probabilità” ed. Feltrinelli editore Milano (collana diretta da Ludovico Geymonat, n. 23).
Per concludere questo mio intervento di risposta, mi piace citare uno dei piatti forti di De Finetti sull’atteggiamento dell’osservatore di fronte al problema della probabilità come aspettativa. Supponiamo di lanciare un gran numero di volte la solita moneta “perfetta”, dove tutti siamo più che persuasi che, per un numero sufficiente grande di lanci, il rapporto Testa/Croce oscilli intorno all’unità (è appena il caso di aggiungere che per superare il disturbo di eventuali imperfezioni della moneta, si possono dividere i lanci in gruppi, per esempio, di dieci lanci, dove, per ciascun gruppo, si considerano alternativamente “favorevoli”, una volta il lato “Testa” e l’altra il lato “Croce” ). Supponiamo che, per pura eventualità, nei primi 100 lanci si presenti il lato considerato “favorevole” circa l’80% di volte e così pure per il secondo e poi il terzo gruppo di 100 lanci, ebbene, cosa ne penserebbe un imbecille? Non lo so, ma so sicuramente che qualsiasi persona di buon senso, prima di gridare “al miracolo!”, che forse proprio a questo arriverebbe, si arrovellerebbe la testa per cercare di spiegarsi spiegarsi dove potrebbe annidarsi la causa di questa assurda apparente sistematica deviazione dalla logica aspettativa del 50%; sicuramente, ed è qui il punto cruciale, costui non rinuncerà, né ora né mai, ad aspettarsi che il lancio perfetto di una moneta perfetta continuerà ad esibire il solito 50% dei casi T e 50% dei casi C quali che siano stati o che potrebbero essere gli esiti dei suoi futuri esperimenti.
mario1
quote:X Godel
Originally posted by Godel
Credo sia arrischiato ritenere applicabile un modello “matematico” che dà una scala di misura ed una metodologia di calcolo ad una opinione, o ad un sentimento. E’ altresì complesso superare le incertezze legate all’oggettivismo (solipsismo), riguardo una qualsiasi enunciazione.
Caro Godel,
La matematizzazione dell’opinione o, per usare un termine definettiano, di “credenza” o “aspettativa”, è proprio ciò che è già da tempo avvenuto con la ottima, ovvia e super digerita matematizzazione della “probabilità”. Naturalmente il primo approccio verso questo storico passo andò per gradi: si definì dapprima la probabilità in senso oggettivistico, come rapporto tra “i casi favorevoli” e “quelli possibili” di “lanci” in un sistema aleatorio “chiuso”, come, per esempio, i lanci di una moneta. Ciò sollevò la famosa obiezione della circolarità della definizione (che io, pur contrario alla posizione oggettivistica, non di meno ho sempre ritenuto e ritengo superabile), ma poi venne l’interpretazione soggettivistica (probabilità = aspettativa o credenza di un evento), fortemente sostenuta dal De Finetti, che pose fine, prima di tutto, all’annosa diatriba sulla circolarità, ma che, soprattutto, mostrò come non vi fossero ostacoli per considerare e constatare matematicamente corretta ed ineccepibile la matematizzazione dell’”opinione” dell’osservatore (probabilità soggettiva) a patto, però, che questi si attenesse rigorosamente alle norme rigidissime ed ineluttabili del calcolo delle probabilità. Il rispetto di queste regole, fra l’altro, rende il trattamento della probabilità “oggettiva” come un caso particolare della probabilità soggettiva. La probabilità soggettiva è, in oltre, in totale accordo col principio dell’unicità dell’Osservatore.
Per chi fosse interessato a questa materia lo invito a leggere due testi veramente illuminanti: De Finetti, “Filosofia della probabilità”, ed. Il Saggiatore e D. Costantino & L. Geymonat, “Filosofia della probabilità” ed. Feltrinelli editore Milano (collana diretta da Ludovico Geymonat, n. 23).
Per concludere questo mio intervento di risposta, mi piace citare uno dei piatti forti di De Finetti sull’atteggiamento dell’osservatore di fronte al problema della probabilità come aspettativa. Supponiamo di lanciare un gran numero di volte la solita moneta “perfetta”, dove tutti siamo più che persuasi che, per un numero sufficiente grande di lanci, il rapporto Testa/Croce oscilli intorno all’unità (è appena il caso di aggiungere che per superare il disturbo di eventuali imperfezioni della moneta, si possono dividere i lanci in gruppi, per esempio, di dieci lanci, dove, per ciascun gruppo, si considerano alternativamente “favorevoli”, una volta il lato “Testa” e l’altra il lato “Croce” ). Supponiamo che, per pura eventualità, nei primi 100 lanci si presenti il lato considerato “favorevole” circa l’80% di volte e così pure per il secondo e poi il terzo gruppo di 100 lanci, ebbene, cosa ne penserebbe un imbecille? Non lo so, ma so sicuramente che qualsiasi persona di buon senso, prima di gridare “al miracolo!”, che forse proprio a questo arriverebbe, si arrovellerebbe la testa per cercare di spiegarsi spiegarsi dove potrebbe annidarsi la causa di questa assurda apparente sistematica deviazione dalla logica aspettativa del 50%; sicuramente, ed è qui il punto cruciale, costui non rinuncerà, né ora né mai, ad aspettarsi che il lancio perfetto di una moneta perfetta continuerà ad esibire il solito 50% dei casi T e 50% dei casi C quali che siano stati o che potrebbero essere gli esiti dei suoi futuri esperimenti.
mario1
quote:
Originally posted by giacor86
cos'è una tesi di laurea?
È vero, questi interventi di mariodic sembrano
proprio delle tesi di laurea, che spuntano
fuori una volta ogni tanto...
Credo sia arrischiato ritenere applicabile un modello “matematico” che dà una scala di misura ed una metodologia di calcolo ad una opinione, o ad un sentimento. E’ altresì complesso superare le incertezze legate all’oggettivismo (solipsismo), riguardo una qualsiasi enunciazione.
cos'è una tesi di laurea?