La Matematica è una Scienza esatta?
Premetto che tengo in altissima considerazione il linguaggio della matematica, ma, mi chiedo, come possa essere definito “esatto” un linguaggio che non è in grado di conoscere “esattamente” ad es. i numeri irrazionali ( i Pitagorici entrarono in crisi quando li scoprirono!), non sa gestire “esattamente” il continuo, l’infinito, la non-linearità, la ricorsività, la non-polinomialità.
Ho l’impressione che l’appellativo “Scienza esatta” corrisponda ad un moto di orgoglio uguale all’ipse dixit pitagorico.
Attribuire alla Matematica l’appellativo di Scienza esatta non credete sia fuorviante?
Non credete sarebbe più etico onesto e utile prendere coscienza di questi limiti che in fondo sono gli stessi limiti della comprensione umana?
Ho l’impressione che l’appellativo “Scienza esatta” corrisponda ad un moto di orgoglio uguale all’ipse dixit pitagorico.
Attribuire alla Matematica l’appellativo di Scienza esatta non credete sia fuorviante?
Non credete sarebbe più etico onesto e utile prendere coscienza di questi limiti che in fondo sono gli stessi limiti della comprensione umana?
Risposte
"markowitz":
Se per matematica scienza esatta intendi dire che dovrebbe possedere strumenti per risolvere qualsiasi possibile problema allora ai ragione ma non dovresti dire che è inesatta ma che è “incompleta” ed in questo senso limitata, come è limitata la mente umana che l’ha inventata e che la sviluppa.
Ma non vuol dire che sia inesatta perché, almeno per me, sarebbe inesatta solo quando cadesse in contraddizioni dando verdetti non univoci (unica condizione necessaria per parlare di esattezza in ogni contesto). Ma il disegno matematico è per costruzione coerente univoco e quindi esatto (se qualcuno può portarmi esempi che smentiscono questo lo prego di farlo). Dopodiché dire che la matematica e incompleta e quindi limitata perché non ci permette di avere conoscenza piena di tutto, è tutta un’altra cosa.
@ Markowitz
OK, grazie per il chiarimento, mi hai pienamente convinto riguardo all’assioma di “incompletezza” di Godel. Provo, però, a riformulare la domanda iniziale, spero ora in modo più chiaro e meno maldestro.
La domanda è la seguente: “Può una equazione matematica (cioè una relazione) descrivere compiutamente (o esattamente) una interazione?”.
Mi sono convinto, non so se a ragione o a torto, che rispondere a questa domanda abbia una estrema importanza nel mondo scientifico. Posso continuare ad approfittare della tua disponibilità per cercare di capire meglio il problema?
Non so se il quesito riguardi solo l’assioma di Godel o se ci sia dell’altro.
Vedi, carissimo Markowitz, io credo che una relazione matematica sia unidirezionale (nel senso che può trattare una sola variabile dipendente alla volta mentre le altre sono momentaneamente indipendenti). Dall’altra parte credo, invece, che una interazione sia nettamente bidirezionale (nel senso che deve trattare almeno due variabili, dipendenti fra loro, contemporaneamente ed in entrambe le direzioni).
Per essere meno farraginoso provo a fare un esempio:
prendiamo due elettroni che interagiscono fra loro e, come due antenne accoppiate, possono mandare segnali in entrambe le direzioni (ogni elettrone può essere considerato come la più piccola antenna esistente ed ogni antenna è in grado sia di trasmettere che di ricevere segnali , esiste cioè una interazione bidirezionale).
Dovrai ammettere che nel mondo scientifico è invalso l’uso di “particelle mediatrici” per trattare le interazioni.
Per proseguire questo discorso prendiamo in considerazione il fotone.
Dovrai pure ammettere che una “particella mediatrice” come il fotone, lavori in modo nettamente unidirezionale (questa viene sparata in una direzione con energia pari ad $h\nu$ e con velocità pari a $c$ e quando incontra, poniamo un elettrone, lo fa deviare (effetto Compton). E’ ciò che ha fatto Einstein quando ha spiegato, tramite il fotone, l’effetto fotoelettrico poiché essendo il fotone unidirezionale può essere trattato perfettamente (secondo me) da una relazione matematica unidirezionale.
Il dubbio sta nel capire se questa uni direzionalità del fotone permette solo una visione parziale e non completa dell’interazione.
Ora, guardando il mondo delle Telecomunicazioni (anche e soprattutto radio) non posso fare a meno di vedere un parallelo fra le interazioni che avvengono nel campo della fisica teorica e le rice-trasmissioni che avvengono in questo campo.
Noto però una grandissima diversità di approccio matematico nei due campi, nel primo “particelle mediatrici” trattate tramite solo relazioni matematiche (che, secondo il dubbio appena posto possono permettere solo una visione parziale del problema) mentre, nel secondo, tramite il concetto del quadripolo bidirezionale (come può essere ad es. una linea di trasmissione oppure un paio di antenne accoppiate) che si studia, matematicamente, tramite una funzione di trasferimento (dove vengono messe in evidenza le non-linearità) e una caratteristica di trasferimento (dove viene messa in evidenza sia la risposta in ampiezza che quella di fase in tutto il campo delle frequenze) il che, mi sembra, permetta una visione più completa del problema interazione.
Concludendo, carissimo Markowitz, mi sono convinto che la causa dei problemi che affliggono la Relatività nei confronti della Meccanica Quantistica (vedi l’articolo “Non località e spazio-tempo” di Edoardo Boncinelli su “Le scienze”) dipenda dal tipo di approccio matematico utilizzato nel campo della fisica teorica e che sia possibile risolverli pienamente adottando l’approccio usato nel mondo delle Telecomunicazioni.
Grazie se vorrai prendere in considerazione questo scritto e per la tua disponibilità.
Sarei molto lieto avere un tuo parere sull’argomento.
Caro Oldman devo dire che il mio pensiero, nelle conclusioni, non è molto distante da quello di Rggb, che, se ho ben capito, in sostanza sostiene che i limiti dei modelli matematici nel descrivere la realtà sono presenti ma questi sono limiti insiti nei modelli e nei suoi successivi utilizzi ma non è un limite della matematica. In sostanza la matematica è un linguaggio ovvero uno strumento, usarlo bene o male dipende dall’utente non dallo strumento. Per quanto riguarda i modelli matematici questi hanno si dei limiti, basta dire che, per ciò che mi risulta, la miglior definizione di modello è quella di “rappresentazione semplificata della realtà”. Poi, sempre per quello che mi risulta, in fisica le “semplificazioni” sono accettabili ed in ogni caso gestibili, nelle scienze sociali, specie in certi ambiti, non sarei così sicuro (è questo che, secondo me, distingue le scienze “forti” da quelle non).
Per quanto riguarda le specifiche considerazioni successive:
1) linearità e non linearità:
le relazioni lineari sono più facili da gestire e ci permettono sempre (almeno credo) di ottenere risultati in forma chiusa.
Per le relazioni non lineari non è sempre così nel senso che spesso per trovare le soluzioni si deve passare attraverso procedure iterative ed i risultati numerici che si trovano sono si approssimati ma perché, come evidente, ad un certo punto si deve troncare l’iterazione ma in linea teorica si può andare avanti all’infinito ed ottenere le soluzioni esatte, quindi, come ho già detto il limite non è matematico ma tecnologico. In ogni caso quando si tenta di semplificare un problema per poterlo risolvere più agevolmente la cosa importante è essere consapevoli di cosa si sta facendo.
2) Dici che con la matematica (dobbiamo considerarla tutta) non si riescono a gestire le interazioni fra enti ma, a prescindere dal fatto che anche fosse vero non dimostrerebbe l’inesattezza della matematica ma al massimo la sua incompletezza, non è vero!
Che mi dici dei modelli dinamici? Esempio:
$Xt=2*Xt-1$ questa equazione alle differenze descrive il legame tra una variabile e se stessa nel tempo, quindi la sua evoluzione.
Ed ancora, ragionando su modelli statici una funzione (e di questo che volevi parlare altrimenti non ha senso parlare di iniettiva biettiva suriettiva) descrive una variabile dipendente in funzione delle indipendenti, ovvero $y=f(x,z,...)$
Adesso per gestire le interazioni, in un “modello matematico”, e rendere le variabili esplicative non tutte esogene ma endogene è sufficiente passare ad un sistema, esempio:
$y=ax+bz$
$x= cz+dy$
ecco che y ed x sono diventate entrambe endogene al modello ed interagiscono mentre solo $z$ risulta esogena (che con un’altra equazione possiamo rendere esogena a sua volta.
Tuttavia tutto questo centra poco con l’esattezza o meno della matematica, si sta parlando infatti della presenza di strumenti matematici utili a gestire certi problemi che e un’altra cosa.
Se per matematica scienza esatta intendi dire che dovrebbe possedere strumenti per risolvere qualsiasi possibile problema allora ai ragione ma non dovresti dire che è inesatta ma che è “incompleta” ed in questo senso limitata, come è limitata la mente umana che l’ha inventata e che la sviluppa.
Ma non vuol dire che sia inesatta perché, almeno per me, sarebbe inesatta solo quando cadesse in contraddizioni dando verdetti non univoci (unica condizione necessaria per parlare di esattezza in ogni contesto). Ma il disegno matematico è per costruzione coerente univoco e quindi esatto (se qualcuno può portarmi esempi che smentiscono questo lo prego di farlo). Dopodiché dire che la matematica e incompleta e quindi limitata perché non ci permette di avere conoscenza piena di tutto, è tutta un’altra cosa.
Per quanto riguarda le specifiche considerazioni successive:
1) linearità e non linearità:
le relazioni lineari sono più facili da gestire e ci permettono sempre (almeno credo) di ottenere risultati in forma chiusa.
Per le relazioni non lineari non è sempre così nel senso che spesso per trovare le soluzioni si deve passare attraverso procedure iterative ed i risultati numerici che si trovano sono si approssimati ma perché, come evidente, ad un certo punto si deve troncare l’iterazione ma in linea teorica si può andare avanti all’infinito ed ottenere le soluzioni esatte, quindi, come ho già detto il limite non è matematico ma tecnologico. In ogni caso quando si tenta di semplificare un problema per poterlo risolvere più agevolmente la cosa importante è essere consapevoli di cosa si sta facendo.
2) Dici che con la matematica (dobbiamo considerarla tutta) non si riescono a gestire le interazioni fra enti ma, a prescindere dal fatto che anche fosse vero non dimostrerebbe l’inesattezza della matematica ma al massimo la sua incompletezza, non è vero!
Che mi dici dei modelli dinamici? Esempio:
$Xt=2*Xt-1$ questa equazione alle differenze descrive il legame tra una variabile e se stessa nel tempo, quindi la sua evoluzione.
Ed ancora, ragionando su modelli statici una funzione (e di questo che volevi parlare altrimenti non ha senso parlare di iniettiva biettiva suriettiva) descrive una variabile dipendente in funzione delle indipendenti, ovvero $y=f(x,z,...)$
Adesso per gestire le interazioni, in un “modello matematico”, e rendere le variabili esplicative non tutte esogene ma endogene è sufficiente passare ad un sistema, esempio:
$y=ax+bz$
$x= cz+dy$
ecco che y ed x sono diventate entrambe endogene al modello ed interagiscono mentre solo $z$ risulta esogena (che con un’altra equazione possiamo rendere esogena a sua volta.
Tuttavia tutto questo centra poco con l’esattezza o meno della matematica, si sta parlando infatti della presenza di strumenti matematici utili a gestire certi problemi che e un’altra cosa.
Se per matematica scienza esatta intendi dire che dovrebbe possedere strumenti per risolvere qualsiasi possibile problema allora ai ragione ma non dovresti dire che è inesatta ma che è “incompleta” ed in questo senso limitata, come è limitata la mente umana che l’ha inventata e che la sviluppa.
Ma non vuol dire che sia inesatta perché, almeno per me, sarebbe inesatta solo quando cadesse in contraddizioni dando verdetti non univoci (unica condizione necessaria per parlare di esattezza in ogni contesto). Ma il disegno matematico è per costruzione coerente univoco e quindi esatto (se qualcuno può portarmi esempi che smentiscono questo lo prego di farlo). Dopodiché dire che la matematica e incompleta e quindi limitata perché non ci permette di avere conoscenza piena di tutto, è tutta un’altra cosa.
@oldman:
Perdonami, ma secondo me hai fatto un minestrone e non riesco nemmeno a capire cosa c'entri una cosa con un'altra.
Se non tengo in debito conto di alcune conoscenze pregresse potrei calcolare l'area di un cerchio come $A=2*r^2$ - dove sta l'inesattezza della matematica in questo?
Questa mi giunge nuova...
Pure questa...
Ma comunque, non capisco cosa c'entri tutto questo. Stai facendo confusione fra metodo e sua applicazione, fra modello e rappresentazione, tra misura e ipotesi. Il fatto che "l'equazione non descrive il problema" NON è un limite matematico, né tantomeno un limite alla sua esattezza. Il fatto che si utilizzi un metodo "inesatto" per risolvere "esattamente" o approssimativamente un problema è - come dicevo prima - indipendente dalla questione "matematica esatta sì - esatta no".
Concludo:
Vedi? Fai confusione: cosa c'entra l'esattezza di un linguaggio - matematico e non - con la "descrizione esatta" delle leggi fisiche o con la verità delle stesse?
Una nota: credi che in passato - e tutt'oggi - non ci siano stati insigni matematici (e filosofi et al) che si siano posti il problema del modello, di cosa rappresenta, di cosa si discute e quant'altro? Perché, come diceva Sergio, non leggi magari prima un po' di questi contributi?
Perdonami, ma secondo me hai fatto un minestrone e non riesco nemmeno a capire cosa c'entri una cosa con un'altra.
Il non tener in debito conto le non linearità può portare facilmente a errori insondabili, cioè ad un uso improprio dell’equazione
Se non tengo in debito conto di alcune conoscenze pregresse potrei calcolare l'area di un cerchio come $A=2*r^2$ - dove sta l'inesattezza della matematica in questo?
Un’equazione è sempre formata da relazioni unidirezionali (iniettiva, suriettiva , biiettiva)
Questa mi giunge nuova...
nelle equazioni esiste una sola variabile dipendente e tutte le altre sono indipendenti.
Pure questa...
Ma comunque, non capisco cosa c'entri tutto questo. Stai facendo confusione fra metodo e sua applicazione, fra modello e rappresentazione, tra misura e ipotesi. Il fatto che "l'equazione non descrive il problema" NON è un limite matematico, né tantomeno un limite alla sua esattezza. Il fatto che si utilizzi un metodo "inesatto" per risolvere "esattamente" o approssimativamente un problema è - come dicevo prima - indipendente dalla questione "matematica esatta sì - esatta no".
Concludo:
Per quanto riguarda l’argomento del dibattito non posso onestamente credere che il linguaggio matematico, come linguaggio inventato dall’uomo, con i limiti intrinseci dell’uomo, possa essere un linguaggio “esatto”, cioè in grado di “descrivere esattamente” le leggi fisiche che cerchiamo di conoscere o che ancora non conosciamo. Non credo possieda ancora (o possa mai possedere) gli “aggettivi” opportuni per raggiungere la descrizione completa delle “verità delle leggi fisiche”.
Vedi? Fai confusione: cosa c'entra l'esattezza di un linguaggio - matematico e non - con la "descrizione esatta" delle leggi fisiche o con la verità delle stesse?
Una nota: credi che in passato - e tutt'oggi - non ci siano stati insigni matematici (e filosofi et al) che si siano posti il problema del modello, di cosa rappresenta, di cosa si discute e quant'altro? Perché, come diceva Sergio, non leggi magari prima un po' di questi contributi?
"markowitz":
Premetto che non ho mai studiato filosofia e non sono un matematico, al più uso qualche strumento della matematica (come tutti quelli che si occupano a qualsiasi titolo e livello di materie scientifiche), però forse (?) ho capito di cosa voleva parlare Oldman.
E’ per questo che, almeno nel mio modo di vedere le cose, la matematica può essere si “ampliata” ma è comunque, in ogni sua forma e per costruzione, “perfettamente esatta”.
Spero di aver chiarito i dubbi di Oldman.
Carissimo Markowitz
ti ringrazio per la tua risposta e per la chiarezza delle idee che esprimi. E’ proprio questa atmosfera e questo stile che mi aspettavo in questo Forum.
Per quanto riguarda l’argomento del dibattito non posso onestamente credere che il linguaggio matematico, come linguaggio inventato dall’uomo, con i limiti intrinseci dell’uomo, possa essere un linguaggio “esatto”, cioè in grado di “descrivere esattamente” le leggi fisiche che cerchiamo di conoscere o che ancora non conosciamo. Non credo possieda ancora (o possa mai possedere) gli “aggettivi” opportuni per raggiungere la descrizione completa delle “verità delle leggi fisiche”.
Potrei cavarmela citando il quadro di Magritte “ceci n’est pas une pipe” per dire che, comunque, una descrizione, sia in pittura che in matematica non può mai essere “esattamente” uguale all’originale. Credo, però, che lo “strumento” matematica meriti, essendo il più potente strumento che abbiamo a disposizione per indagare la natura, un approfondimento molto più accurato dei propri limiti intrinseci.
Questo perché non possa essere fonte di errori dovuto anche a usi impropri.
Immagino già le accuse che mi verranno rivolte dicendo questo, ma sono convinto che il mondo della filosofia sia un mondo dove tutte le idee abbiano pari dignità e meritino una riflessione adeguata per poter aumentare la nostra conoscenza della realtà, dove anche un bambino dell’asilo abbia diritto e la libertà di partecipare al dialogo della conoscenza (con le sue domande infantili potrebbe sempre portare pillole di saggezza impensate).
Per parare, comunque, un poco lo “scandalo” per queste idee mi sia consentito di fare un parallelo fra lo strumento “matematica” e gli strumenti di un tecnico elettronico.
Se il tecnico non conoscesse i limiti e le possibilità dei propri strumenti potrebbe fare errori di misura anche gravi (es. un voltmetro di cui non tenesse conto dell’impedenza interna come fonte di disturbo per la misura che vuole effettuare), oppure, ancora peggio, usare impropriamente uno strumento (es. usare un amperometro al posto di un voltmetro e non accorgersi del sovraccarico prodotto nella rete che si vuole indagare).
Quindi limiti intrinseci del linguaggio matematico, o meglio, limiti intrinseci delle equazioni.
Gli esempi che seguono non pretendono certamente di essere esaustivi del problema posto.
Un primo problema, che riguarda le non linearità, è il seguente: un’equazione differenziale è lineare se il suo secondo membro contiene soltanto termini lineari, ovvero polinomi di primo grado, al contrario, non è lineare se al secondo membro contiene termini non lineari, cioè polinomi quadratici o di ordine superiore. Il non tener in debito conto le non linearità può portare facilmente a errori insondabili, cioè ad un uso improprio dell’equazione (una tecnica classica, introdotta da Lagrange e ancor oggi largamente utilizzata, è la linearizzazione delle equazioni. Si tratta di trascurare i termini non lineari e quindi dedurre il comportamento delle soluzioni a partire dall’effetto dei soli termini lineari).
• Quindi limite intrinseco di una equazione nella gestione delle non linearità (sembra che la linearità o la non linearità sia un tutt’uno con la funzione e sia impossibile trattarla separatamente)
Un secondo problema, è la gestione delle sole variabili. Un’equazione è sempre formata da relazioni unidirezionali (iniettiva, suriettiva , biiettiva), cioè nelle equazioni esiste una sola variabile dipendente e tutte le altre sono indipendenti.
Domanda: siamo sicuri che per descrivere convenientemente un problema reale sia sufficiente trattare una sola variabile dipendente alla volta tenendo le altre indipendenti e che non sia necessario invece passare dal concetto di relazioni fra variabili a concetti di interazioni fra enti, questi ultimi ben più complessi di una singola variabile?
• Quindi limite intrinseco di una equazione nella gestione di interazioni fra enti.
Spero di aver sufficientemente chiarito il mio pensiero riguardo al perché considero la matematica si uno strumento insostituibile per indagare sia le scienze naturali che quelle umane, ma che non sia ancora, o possa mai essere considerata una scienza esatta.
Faccio un sunto, e occhio alle virgolette, prendetemi un po' con le molle:
discutere di matematica e definirla come scienza "esatta" e definire le altre discipline come "approssimate" "inesatte" "incomplete", poi mettere in relazione il fatto che una scienza "approssimata" (eg. fisica) si fondi su una scienza "esatta" (matematica) con il fatto che ciò potrebbe mettere in dubbio - filosoficamente parlando - l'esattezza (o la definizione di esattezza) della matematica stessa, è una $BARL\[TM\]$, un volo pindarico, voglia di discutere, una chiacchierata fra amici. Non è discutere di filosofia.
@Oldman
Anche io credo di aver capito quel che volevi dire (se è il caso, correggimi). Se tu avessi studiato, per esempio, calcolo con gli intramontabili tomi di Apostol - come ho fatto io, che \$fondoschiena\$ - probabilmente non ti sarebbe nemmeno venuto in mente di discutere della cosa: saresti già un passo avanti.
"BARL" è un marchio registrato (C) di Sergio
discutere di matematica e definirla come scienza "esatta" e definire le altre discipline come "approssimate" "inesatte" "incomplete", poi mettere in relazione il fatto che una scienza "approssimata" (eg. fisica) si fondi su una scienza "esatta" (matematica) con il fatto che ciò potrebbe mettere in dubbio - filosoficamente parlando - l'esattezza (o la definizione di esattezza) della matematica stessa, è una $BARL\[TM\]$, un volo pindarico, voglia di discutere, una chiacchierata fra amici. Non è discutere di filosofia.
@Oldman
Anche io credo di aver capito quel che volevi dire (se è il caso, correggimi). Se tu avessi studiato, per esempio, calcolo con gli intramontabili tomi di Apostol - come ho fatto io, che \$fondoschiena\$ - probabilmente non ti sarebbe nemmeno venuto in mente di discutere della cosa: saresti già un passo avanti.
"BARL" è un marchio registrato (C) di Sergio


Premetto che non ho mai studiato filosofia e non sono un matematico, al più uso qualche strumento della matematica (come tutti quelli che si occupano a qualsiasi titolo e livello di materie scientifiche), però forse (?) ho capito di cosa voleva parlare Oldman.
Nel parlare comune si sente dire che "..." non è una scienza esatta mentre implicitamente si crede che la matematica ed anche la fisica (più spesso ci si riferisce a questa) lo siano. Tra quelle che spesso si nominano "non esatte" ci sono sicuramente le scienze sociali ma anche scienze che studiano fenomeni complessi come tutti i campi della medicina classica ed anche della psicologia e delle scienze cognitive. A tale riguardo ci si dovrebbe chiedere prima di tutto questo "cos'è una scienza esatta? e quella inesatta? ed ancora e soprattutto, cos'è la scienza? cosa la distingue dagli altri campi della conoscenza umana?
Secondo il mio modo di vedere le cose, il punto è questo: praticamente tutte le scienze fanno uso di modelli matematici per essere descritte; ma tutte si prestano bene a tale rappresentazione?
La fisica (con tutti i suoi sottoinsiemi) spiega fenomeni naturali "guidati" da leggi fisse ed immutabili il compito dei fisici è quello di scoprirle. Adesso nella storia della fisica sicuramente sono stati fatti degli errori ma la cosa più frequente non è la completa riscrittura ma il perfezionamento delle "leggi" trovate in precedenza a guidare la ricerca, ed al più la rivisitazione in una veste più generale. Uno dei crucci che Einstein si è portato nella tomba riguardano l’”Unificazione" (tra meccanica e elettromagnetismo, se non erro).
Il punto è che i fenomeno indagati, proprio perché guidati da leggi, magari ignote, ma fisse ed immutabili si prestano ad essere perfettamente ben descritti da modelli matematici senza aggiungere correzioni portate dall’esperienza o dal “sesto senso”. Al più si devono sottolineare le condizioni iniziali imposte, se queste sono abbastanza stringenti ci potremo basare su uno schema più semplice; ogni tentativo di generalizzare porta con se un appesantimento del disegno matematico, dove conosciuto. Tanto per divagare sul celebre Einstein, lui ha rivoluzionato, o meglio, ha contribuito molto all’ammodernamento della fisica? Certamente si, ma questo non vuol dire che i fisici che lo hanno preceduto erano incapaci, semplicemente erano abituati a pensare in un contesto più limitato (se “rimaniamo coi piedi per terra” lo schema di Newton funziona).
Da quello che mi risulta per le altre scienze quali quelle mediche, ammesso che leggi fisse ed immutabili esistano ci sono molti problemi nelle sperimentazioni e le generalizzazioni sono sempre rischiose date le differenze anche pesanti tra individui, e l’osservazione empirica degli eventi (esperienza) non può essere sostituita.
Per le scienze sociali ed in particolare l’economia non tutti concordano sul fatto che si possano definire scienze. E’ vero che possono essere studiate con approccio scientifico, ad esempio in economia, abbiamo l’econometria che ci permette di testare la validità della teoria economica. Ma, in breve, l’economia non è guidata da leggi fisse ed immutabili ed anche se l’econometria porta evidenza a favore della teoria il verdetto non è mai definitivo (il tempo, la localizzazione geografica, la cultura possono cambiare le cose). In fisica non accade nulla di simile quindi quest’ultima è una scienza “forte” l’economia, ammesso che sia una scienza, non è “forte”. Per forte io intendo “esatta”. Inoltre se qualcosa di più affidabile si può dire in contesti macroeconomici (es: se i tassi salgono la crescita rallenta è solitamente vero), in microeconomia che studia il comportamento del consumatore e delle imprese, con buona pace degli economisti teorici, ci si porta dietro problemi di psicologia che non si possono ridurre ad un modello matematico standard. Ho avuto un professore tra i pionieri dell’approccio della “Complessità” all’economia dove si studiano sistemi complessi con simulazioni a computer (tutti i programmi scritti per il computer a prescindere dal linguaggio usato, sono modelli matematici, ma nei casi di cui parlo non si possono affrontare con strumenti standard, si può solo simulare per tentare di capire cosa accade).
Per inciso in economia ed anche in medicina, storicamente, si sono commessi non pochi errori veri e propri e diverse volte si è cambiata totalmente l’impostazione con cui condurre la ricerca. E’ proprio il tentativo di applicare il metodo dei fisici a queste discipline che le ha avvicinate alle scienze.
E la matematica? La matematica è uno strumento, è il linguaggio formale della scienza. E’ esatta, nel mio modo di vedere sicuramente si, nel senso che ne tra quelle che sono state individuate di recente ne tra quelle più antiche ci sono proprietà sbagliate. Gli assiomi sono veri per definizione e quindi non vanno discussi, dopodiché le proprietà sono dimostrate da teoremi che, a meno di palesi errori nella catena logica che li dimostra, evidenziano una circostanza che si può solo constatare e non discutere. In breve credo di non sbagliare se dico che leggendo libri di matematica accettati dagli studiosi come validi, nuovi come antichi, ( a meno di errori di stampa) non ci possono essere veri propri e errori, al più ci sono concetti che potevano essere generalizzabili. Un importante esempio per tutti, il calcolo infinitesimale è un’innovazione del ‘600 (se no erro) ma la matematica precedente era sbagliata? Assolutamente no, era tutto assolutamente corretto, anzi la correttezza dei nuovi strumenti e appunto verificata anche attraverso dimostrazioni per via diversa di risultati già noti.
In una sola frase: le risposte della matematica sono univoche? Certamente si (è intrinseco nel concetto stesso di matematica l’univocità del “disegno” che essa individua). L’incertezza è affrontata dalla matematica? Si con la probabilità, che restituisce l’unico possibile disegno rigoroso all’incertezza e definisce univocamente ogni circostanza.
La calcolabilità? I problemi non sono tutti risolvibili in forma chiusa, anzi se abbandoniamo la linearità molto spesso non lo sono. Ma questo non vuol dire che le soluzioni non siano univoche (unica condizione necessaria per una soluzione matematica e quindi “esatta” per definizione) il problema è individuarla, ma questo è il campo dell’analisi numerica, sottoinsieme della matematica. Le soluzioni saranno “esatte al limite” ma quelle trovate saranno approssimate a piacere per problemi tecnologici e non matematici.
Dopodiché anche in matematica esiste la ricerca, ma perché si indagano spazi nuovi, si cercano nuovi strumenti per nuovi problemi o anche, perché no, strumenti migliori per vecchi problemi; ma sempre in totale coerenza ed armonia con i risultati precedenti.
E’ per questo che, almeno nel mio modo di vedere le cose, la matematica può essere si “ampliata” ma è comunque, in ogni sua forma e per costruzione, “perfettamente esatta”.
Spero di aver chiarito i dubbi di Oldman.
Nel parlare comune si sente dire che "..." non è una scienza esatta mentre implicitamente si crede che la matematica ed anche la fisica (più spesso ci si riferisce a questa) lo siano. Tra quelle che spesso si nominano "non esatte" ci sono sicuramente le scienze sociali ma anche scienze che studiano fenomeni complessi come tutti i campi della medicina classica ed anche della psicologia e delle scienze cognitive. A tale riguardo ci si dovrebbe chiedere prima di tutto questo "cos'è una scienza esatta? e quella inesatta? ed ancora e soprattutto, cos'è la scienza? cosa la distingue dagli altri campi della conoscenza umana?
Secondo il mio modo di vedere le cose, il punto è questo: praticamente tutte le scienze fanno uso di modelli matematici per essere descritte; ma tutte si prestano bene a tale rappresentazione?
La fisica (con tutti i suoi sottoinsiemi) spiega fenomeni naturali "guidati" da leggi fisse ed immutabili il compito dei fisici è quello di scoprirle. Adesso nella storia della fisica sicuramente sono stati fatti degli errori ma la cosa più frequente non è la completa riscrittura ma il perfezionamento delle "leggi" trovate in precedenza a guidare la ricerca, ed al più la rivisitazione in una veste più generale. Uno dei crucci che Einstein si è portato nella tomba riguardano l’”Unificazione" (tra meccanica e elettromagnetismo, se non erro).
Il punto è che i fenomeno indagati, proprio perché guidati da leggi, magari ignote, ma fisse ed immutabili si prestano ad essere perfettamente ben descritti da modelli matematici senza aggiungere correzioni portate dall’esperienza o dal “sesto senso”. Al più si devono sottolineare le condizioni iniziali imposte, se queste sono abbastanza stringenti ci potremo basare su uno schema più semplice; ogni tentativo di generalizzare porta con se un appesantimento del disegno matematico, dove conosciuto. Tanto per divagare sul celebre Einstein, lui ha rivoluzionato, o meglio, ha contribuito molto all’ammodernamento della fisica? Certamente si, ma questo non vuol dire che i fisici che lo hanno preceduto erano incapaci, semplicemente erano abituati a pensare in un contesto più limitato (se “rimaniamo coi piedi per terra” lo schema di Newton funziona).
Da quello che mi risulta per le altre scienze quali quelle mediche, ammesso che leggi fisse ed immutabili esistano ci sono molti problemi nelle sperimentazioni e le generalizzazioni sono sempre rischiose date le differenze anche pesanti tra individui, e l’osservazione empirica degli eventi (esperienza) non può essere sostituita.
Per le scienze sociali ed in particolare l’economia non tutti concordano sul fatto che si possano definire scienze. E’ vero che possono essere studiate con approccio scientifico, ad esempio in economia, abbiamo l’econometria che ci permette di testare la validità della teoria economica. Ma, in breve, l’economia non è guidata da leggi fisse ed immutabili ed anche se l’econometria porta evidenza a favore della teoria il verdetto non è mai definitivo (il tempo, la localizzazione geografica, la cultura possono cambiare le cose). In fisica non accade nulla di simile quindi quest’ultima è una scienza “forte” l’economia, ammesso che sia una scienza, non è “forte”. Per forte io intendo “esatta”. Inoltre se qualcosa di più affidabile si può dire in contesti macroeconomici (es: se i tassi salgono la crescita rallenta è solitamente vero), in microeconomia che studia il comportamento del consumatore e delle imprese, con buona pace degli economisti teorici, ci si porta dietro problemi di psicologia che non si possono ridurre ad un modello matematico standard. Ho avuto un professore tra i pionieri dell’approccio della “Complessità” all’economia dove si studiano sistemi complessi con simulazioni a computer (tutti i programmi scritti per il computer a prescindere dal linguaggio usato, sono modelli matematici, ma nei casi di cui parlo non si possono affrontare con strumenti standard, si può solo simulare per tentare di capire cosa accade).
Per inciso in economia ed anche in medicina, storicamente, si sono commessi non pochi errori veri e propri e diverse volte si è cambiata totalmente l’impostazione con cui condurre la ricerca. E’ proprio il tentativo di applicare il metodo dei fisici a queste discipline che le ha avvicinate alle scienze.
E la matematica? La matematica è uno strumento, è il linguaggio formale della scienza. E’ esatta, nel mio modo di vedere sicuramente si, nel senso che ne tra quelle che sono state individuate di recente ne tra quelle più antiche ci sono proprietà sbagliate. Gli assiomi sono veri per definizione e quindi non vanno discussi, dopodiché le proprietà sono dimostrate da teoremi che, a meno di palesi errori nella catena logica che li dimostra, evidenziano una circostanza che si può solo constatare e non discutere. In breve credo di non sbagliare se dico che leggendo libri di matematica accettati dagli studiosi come validi, nuovi come antichi, ( a meno di errori di stampa) non ci possono essere veri propri e errori, al più ci sono concetti che potevano essere generalizzabili. Un importante esempio per tutti, il calcolo infinitesimale è un’innovazione del ‘600 (se no erro) ma la matematica precedente era sbagliata? Assolutamente no, era tutto assolutamente corretto, anzi la correttezza dei nuovi strumenti e appunto verificata anche attraverso dimostrazioni per via diversa di risultati già noti.
In una sola frase: le risposte della matematica sono univoche? Certamente si (è intrinseco nel concetto stesso di matematica l’univocità del “disegno” che essa individua). L’incertezza è affrontata dalla matematica? Si con la probabilità, che restituisce l’unico possibile disegno rigoroso all’incertezza e definisce univocamente ogni circostanza.
La calcolabilità? I problemi non sono tutti risolvibili in forma chiusa, anzi se abbandoniamo la linearità molto spesso non lo sono. Ma questo non vuol dire che le soluzioni non siano univoche (unica condizione necessaria per una soluzione matematica e quindi “esatta” per definizione) il problema è individuarla, ma questo è il campo dell’analisi numerica, sottoinsieme della matematica. Le soluzioni saranno “esatte al limite” ma quelle trovate saranno approssimate a piacere per problemi tecnologici e non matematici.
Dopodiché anche in matematica esiste la ricerca, ma perché si indagano spazi nuovi, si cercano nuovi strumenti per nuovi problemi o anche, perché no, strumenti migliori per vecchi problemi; ma sempre in totale coerenza ed armonia con i risultati precedenti.
E’ per questo che, almeno nel mio modo di vedere le cose, la matematica può essere si “ampliata” ma è comunque, in ogni sua forma e per costruzione, “perfettamente esatta”.
Spero di aver chiarito i dubbi di Oldman.
"Sergio":
Princeton, 1948.
«Fu una misura del coraggio di Nash e del potere della sua fantasia il fatto che non si accontentasse semplicemente di vedere Einstein, ma che presto gli chiedesse udienza [...] Nash aveva un'idea su "gravità, attrito e radiazione" [...] aveva pensato alla sua vaga idea abbastanza da poter passare la maggior parte dell'incontro alla lavagna a scrivere equazioni [...] Ma alla fine tutto quello che Einstein disse, con un sorriso cordiale, fu: "Farebbe meglio a studiare un po' più di fisica, giovanotto".» (Sylvia Nasar, Il genio dei numeri. Storia di John Forbes Nash Jr, matematico e folle, Rizzoli, 2003, pp. 67-68)
Sarebbe molto interessante conoscere cosa avrebbe risposto Einstein se al posto di Nash ci fosse stato un filosofo della scienza che avesse posto la seguente domanda “Sig. Einstein, con quale principio fisico è riuscito a superare la violazione del principio di non contraddizione (onda o corpuscolo) in modo da evitare la sostituzione dell’ipotesi sovrastante (inesistenza dell’etere)?
oldman, il problema è che se uno ammette di avere lacune matematiche e filosofiche non può perettersi di riempirsi la bocca di espressioni tipo "verità logica", "progresso filosofico" eccetera. Non per un "dictat" o perchè se non sai una cosa non puoi permetterti di chiederla, ma perchè sono espressioni che hanno un significato importate che deriva da secoli di discussioni. Io sinceramente non ne ho idea di cosa tu intenda per "verità logica" in questo contesto e non so come ti possa sbilanciare a dire che una discussione del genere faccia progredire la scienza. Scendiamo con i piedi per terra e chiediamo cose che ci interessano a noi usando espressioni comprensibili -almeno a noi stessi-.
La comprensione umana ha dei limiti? si certo, ma non sono quelli che dici tu. Ti è stato fatto notare che la matematica ha fatto alcuni progressi dai pitagorici, devi prenderne atto e chiedere chiarimenti su quali tipi di progresso ha fatto o fermarti lì. Perchè invece ti ostini a impartire lezioni di storia della matematica?
La comprensione umana ha dei limiti? si certo, ma non sono quelli che dici tu. Ti è stato fatto notare che la matematica ha fatto alcuni progressi dai pitagorici, devi prenderne atto e chiedere chiarimenti su quali tipi di progresso ha fatto o fermarti lì. Perchè invece ti ostini a impartire lezioni di storia della matematica?
Pensavo che fosse un luogo dove poter discutere, anche animatamente lo ammetto, ponendo dei punti interrogativi.
...
Ed è questa apertura mentale che mi aspetto di trovare in un Forum dedicato alla fds.
Questo è il luogo, e l'apertura mentale l'hai trovata, altrimenti non ti avrei nemmeno risposto, non credi?

La storia della scuola pitagorica, invece, nasce dalla presunzione del maestro di conoscere tutti i punti esclamativi del campo della conoscenza. Il famoso ipse-dixit è nato proprio allora.
Preferisco la definizione di De Crescenzo per la scuola pitagorica, quindi chiamiamola "setta iniziatica"

E aprire dibattiti in questo modo lo trovo essenziale anche per la sezione di fds, perché il campo della filosofia, per avanzare nella conoscenza, non deve essere inquadrato da regole rigide ma solo da quelle della logica.
Io ti ho espresso la mia opinione: la tua logica è fallace, ed ho cercato anche di spiegarti il perché.
Ma il punto è un altro, che Sergio ha ripetutamente cercato di spiegare: proviamo a non partire sempre da zero. Per questioni tipo "i numeri sono reali o entità della mente?" oppure "esiste Dio?" o anche "cosa sono i cerchi nel grano?", va benissimo discuterne finché si ha voglia di farlo, esiste anche una sezione in questo forum, si chiama "Generale"
https://www.matematicamente.it/forum/generale-f3.html
dal sottotitolo "Temi che non trovano una collocazione specifica negli altri forum".
Carissimi Sergio, Rggb, nato_pigro, ecc..
“So benissimo di non sapere” ed è per “non sapere di meno” che mi sono avvicinato a questo Forum dedicato alla filosofia.
Pensavo che fosse un luogo dove poter discutere, anche animatamente lo ammetto, ponendo dei punti interrogativi.
Pensavo che fosse un luogo dove si potesse arrivare ad intravvedere la verità logica tramite risposte logiche agli interrogativi, cioè riuscire a trasformare gli interrogativi in esclamativi.
Vedete, io credo e ne sono convinto, che il campo della conoscenza sia un campo infinito dove il filosofo è alla ricerca, ponendo domande, e cioè punti interrogativi, che possono essere anche banali all’apparenza ma estremamente importanti per la ricerca, faticosa certamente ma piena di stimoli e di meraviglia, della verità rappresentata dai punti esclamativi.
Immagino la gioia immensa di Archimede quando è riuscito a scoprire il punto esclamativo rappresentato dai rapporti dei volumi dei tre solidi cono, sfera e cilindro di pari altezza e diametro (1,2,3). Consapevole di questa scoperta volle che una figura che rappresentasse i tre solidi fosse incisa sulla sua pietra tombale.
Archimede è, a mio parere, quello che incarna meglio la figura del ricercatore e del filosofo aperto.
Ed è questa apertura mentale che mi aspetto di trovare in un Forum dedicato alla fds.
La storia della scuola pitagorica, invece, nasce dalla presunzione del maestro di conoscere tutti i punti esclamativi del campo della conoscenza. Il famoso ipse-dixit è nato proprio allora.
Non sto a fare la storia delle scoperte e delle invenzioni di questa scuola ma del perché Ippaso ne fu espulso. Questa storia la conoscete molto meglio di me. Ippaso si era permesso di divulgare l’incommensurabilità fra un segmento e la sua sezione aurea. Voglio dire, e questo è solo un parere personale, una tesi che volevo sostenere nel topic, che la filosofia dell’ipse-dixit porta a delle chiusure che non sono quelle del ricercatore e del filosofo aperto e, sempre come parere personale, portano al dictat e alla formazione di dogmi.
Ed è questa chiusura mentale che mi aspetto di non trovare in un Forum dedicato alla fds.
Caro Sergio
fare domande del tipo "cosa si intende per analisi matematica?", "cosa si intende per fisica?" penso si possano fare in campo filosofico, ma non è strettamente necessario, per essere buoni o ottimi filosofi, conoscere l’analisi matematica o i principi di fisica. Archimede (e tutti i filosofi prima di Newton) non conosceva certamente l’analisi matematica e Goethe, che considerava i matematici come viventi in un pianeta a parte, è considerato anche lui un filosofo che ha fatto progredire, ad es. la teoria del colore contestando quella di Newton.
Ti ringrazio di avermi proposto in lettura
a) Claudio Pizzi, Lezioni di filosofia della scienza
b) Giorgio Israel, La visione matematica della realtà
li ho trovati veramente interessanti e tuttora li sto consultando, ma è proprio in questi libri che trovo quella libertà, nei vari filosofi, di esprimersi senza costrizioni nel campo delle idee.
E aprire dibattiti in questo modo lo trovo essenziale anche per la sezione di fds, perché il campo della filosofia, per avanzare nella conoscenza, non deve essere inquadrato da regole rigide ma solo da quelle della logica.
Ammetto tranquillamente di essere un pozzo di ignoranza perché non conosco Dedekind, Cantor, Riemann, Aristotele, Euclide, Pitagora, J. Van der Mark, Balthasar Van del Pol e tutti i filosofi (e immagino siano una marea) che hanno scritto o si sono dedicati a problemi filosofico-matematici. Non volevo assolutamente mettere in dubbio l’assioma di completezza o il concetto di sezione di Dedekind, me ne guardo bene, so di non esserne all’altezza.
Con l’esempio dell’1.41….volevo semplicemente riaffermare i limiti dell’uomo, i limiti della piena comprensione, i limiti dei propri linguaggi e i limiti dei propri canali trasmissivi che si traducono nell’impossibilità di trasmettere e ricevere esattamente ciò che pensa, ciò che sperimenta e ciò che misura.
Il concetto che volevo passare era semplicemente questo: siamo immersi in un mare di indeterminazione e quindi di errori, perciò sono il primo a non fidarsi dell’ipse-dixit che la ritengo una scorciatoia, una specie di trucco logico che, se non ben usato può generare, come in questo caso, incomprensioni e accuse di “sfoggio di cultura” in entrambe le direzioni trasmissive.
“Quando in logica si adopera un trucco, chi mai si può imbrogliare se non se stessi” Wittgenstein
“So benissimo di non sapere” ed è per “non sapere di meno” che mi sono avvicinato a questo Forum dedicato alla filosofia.
Pensavo che fosse un luogo dove poter discutere, anche animatamente lo ammetto, ponendo dei punti interrogativi.
Pensavo che fosse un luogo dove si potesse arrivare ad intravvedere la verità logica tramite risposte logiche agli interrogativi, cioè riuscire a trasformare gli interrogativi in esclamativi.
Vedete, io credo e ne sono convinto, che il campo della conoscenza sia un campo infinito dove il filosofo è alla ricerca, ponendo domande, e cioè punti interrogativi, che possono essere anche banali all’apparenza ma estremamente importanti per la ricerca, faticosa certamente ma piena di stimoli e di meraviglia, della verità rappresentata dai punti esclamativi.
Immagino la gioia immensa di Archimede quando è riuscito a scoprire il punto esclamativo rappresentato dai rapporti dei volumi dei tre solidi cono, sfera e cilindro di pari altezza e diametro (1,2,3). Consapevole di questa scoperta volle che una figura che rappresentasse i tre solidi fosse incisa sulla sua pietra tombale.
Archimede è, a mio parere, quello che incarna meglio la figura del ricercatore e del filosofo aperto.
Ed è questa apertura mentale che mi aspetto di trovare in un Forum dedicato alla fds.
La storia della scuola pitagorica, invece, nasce dalla presunzione del maestro di conoscere tutti i punti esclamativi del campo della conoscenza. Il famoso ipse-dixit è nato proprio allora.
Non sto a fare la storia delle scoperte e delle invenzioni di questa scuola ma del perché Ippaso ne fu espulso. Questa storia la conoscete molto meglio di me. Ippaso si era permesso di divulgare l’incommensurabilità fra un segmento e la sua sezione aurea. Voglio dire, e questo è solo un parere personale, una tesi che volevo sostenere nel topic, che la filosofia dell’ipse-dixit porta a delle chiusure che non sono quelle del ricercatore e del filosofo aperto e, sempre come parere personale, portano al dictat e alla formazione di dogmi.
Ed è questa chiusura mentale che mi aspetto di non trovare in un Forum dedicato alla fds.
Caro Sergio
fare domande del tipo "cosa si intende per analisi matematica?", "cosa si intende per fisica?" penso si possano fare in campo filosofico, ma non è strettamente necessario, per essere buoni o ottimi filosofi, conoscere l’analisi matematica o i principi di fisica. Archimede (e tutti i filosofi prima di Newton) non conosceva certamente l’analisi matematica e Goethe, che considerava i matematici come viventi in un pianeta a parte, è considerato anche lui un filosofo che ha fatto progredire, ad es. la teoria del colore contestando quella di Newton.
Ti ringrazio di avermi proposto in lettura
a) Claudio Pizzi, Lezioni di filosofia della scienza
b) Giorgio Israel, La visione matematica della realtà
li ho trovati veramente interessanti e tuttora li sto consultando, ma è proprio in questi libri che trovo quella libertà, nei vari filosofi, di esprimersi senza costrizioni nel campo delle idee.
E aprire dibattiti in questo modo lo trovo essenziale anche per la sezione di fds, perché il campo della filosofia, per avanzare nella conoscenza, non deve essere inquadrato da regole rigide ma solo da quelle della logica.
Ammetto tranquillamente di essere un pozzo di ignoranza perché non conosco Dedekind, Cantor, Riemann, Aristotele, Euclide, Pitagora, J. Van der Mark, Balthasar Van del Pol e tutti i filosofi (e immagino siano una marea) che hanno scritto o si sono dedicati a problemi filosofico-matematici. Non volevo assolutamente mettere in dubbio l’assioma di completezza o il concetto di sezione di Dedekind, me ne guardo bene, so di non esserne all’altezza.
Con l’esempio dell’1.41….volevo semplicemente riaffermare i limiti dell’uomo, i limiti della piena comprensione, i limiti dei propri linguaggi e i limiti dei propri canali trasmissivi che si traducono nell’impossibilità di trasmettere e ricevere esattamente ciò che pensa, ciò che sperimenta e ciò che misura.
Il concetto che volevo passare era semplicemente questo: siamo immersi in un mare di indeterminazione e quindi di errori, perciò sono il primo a non fidarsi dell’ipse-dixit che la ritengo una scorciatoia, una specie di trucco logico che, se non ben usato può generare, come in questo caso, incomprensioni e accuse di “sfoggio di cultura” in entrambe le direzioni trasmissive.
“Quando in logica si adopera un trucco, chi mai si può imbrogliare se non se stessi” Wittgenstein
@nato_pigro: scusa, overlap

"oldman":
se facciamo invece operazioni di radice con numeri interi, es.
$sqrt(25)=5$
$sqrt(2)=(text{1.41,,,,)$
Otteniamo nel primo caso ancora un intero (e quindi siamo ancora nel campo della verità logica), mentre nel secondo caso otteniamo un numero irrazionale che non è perfettamente determinato ma indeterminato (e quindi è falso dire di essere ancora nel campo della verità logica.
Mi sembra tu continui a fare esempi non calzanti e quindi non validi:
1) L'operazione di "radice di numeri interi" non mi dice granché se non che non è definita per tutti gli interi.
2) La calcolabilità e l'esistenza sono due concetti differenti. La radice (reale oc) di due è $sqrt(2)$ e non 1.41 e numerelli a seguire.
Assumo che l'esempio non sia valido; se hai tempo, magari ristudiati il concetto di sezione elaborato da Dedekind, e prova a farne un altro valido, sempre tu ci riesca...

Non ho capito poi su che basi potresti affermare "nel secondo caso otteniamo un numero irrazionale che non è perfettamente determinato ma indeterminato (e quindi è falso dire di essere ancora nel campo della verità logica. "... a me sembra una BARL, per citare una sigla di ciò che (magistralmente) Sergio ha definito in altri post.
PS. @Sergio: scusa per la citazione
ma cosa intendi per determinato?
vuoi dire che un numero non è determinato se non puoi darne una rappresentazione decimale finita?
per me $sqrt(2)$ è perfettamente determinato dalla scrittura $sqrt(2)$, so farci i conti, so ricavarmelo costruttivamente e lo so definire univocamente (quest'ultima è sufficiente per dire che è determinato).
Ora una obiezione "filosofica" (non necessaria): se $sqrt(2)$ non fosse "determinato" come dici tu come potresti da due numeri "indeterminati" ricavarne uno determinato? $sqrt(2)*sqrt(2)=2$
Secondo me tu ti fai sviare un po' troppo dalla componente evocativa delle parole. Il fatto che $sqrt(2)$ sia detto irrazionale è perchè spaventava i pitagorici e gli hanno dato quel nome, questo non significa che sia al di fuori della portata della compresione umana.
Inoltre, il modo di dire "la matematica è una scienza esatta" è un modo pittoresco che si è affermato. Ora, non sono un filologo ma "esatto" può derivare da "ex-actus" che può significare "esterno all'atto", magari del misurare, cioè che è indipendente dai dati sperimentali. Mi sembra verosimile come ipotesi. Nel tempo è stato caricato di significati, ma questo non ha influito sul modo di fare matematica.
Ora, tu parti da questo modo di dire per combattare -per altro in modo confuso- l'idea che tu stesso ti sei fatto circa la matematica.
In ogni caso ti garantisco che nessuno che faccia matematica o la studi è influenzato da come viene chiamata.
Consiglio generale: quando scrivi un intervento evita di dilungarti con incisi inutili, in questo caso le precisazioni sulle preferenze aristoteliche non sono essenziali o la spiegazione di cos'è la reductio ad absurdum: diamo per buono che sia di dominio pubblico.
vuoi dire che un numero non è determinato se non puoi darne una rappresentazione decimale finita?
per me $sqrt(2)$ è perfettamente determinato dalla scrittura $sqrt(2)$, so farci i conti, so ricavarmelo costruttivamente e lo so definire univocamente (quest'ultima è sufficiente per dire che è determinato).
Ora una obiezione "filosofica" (non necessaria): se $sqrt(2)$ non fosse "determinato" come dici tu come potresti da due numeri "indeterminati" ricavarne uno determinato? $sqrt(2)*sqrt(2)=2$
Secondo me tu ti fai sviare un po' troppo dalla componente evocativa delle parole. Il fatto che $sqrt(2)$ sia detto irrazionale è perchè spaventava i pitagorici e gli hanno dato quel nome, questo non significa che sia al di fuori della portata della compresione umana.
Inoltre, il modo di dire "la matematica è una scienza esatta" è un modo pittoresco che si è affermato. Ora, non sono un filologo ma "esatto" può derivare da "ex-actus" che può significare "esterno all'atto", magari del misurare, cioè che è indipendente dai dati sperimentali. Mi sembra verosimile come ipotesi. Nel tempo è stato caricato di significati, ma questo non ha influito sul modo di fare matematica.
Ora, tu parti da questo modo di dire per combattare -per altro in modo confuso- l'idea che tu stesso ti sei fatto circa la matematica.
In ogni caso ti garantisco che nessuno che faccia matematica o la studi è influenzato da come viene chiamata.
Consiglio generale: quando scrivi un intervento evita di dilungarti con incisi inutili, in questo caso le precisazioni sulle preferenze aristoteliche non sono essenziali o la spiegazione di cos'è la reductio ad absurdum: diamo per buono che sia di dominio pubblico.

"GIBI":
... e' vero, nel titolo c'era il punto di domanda, ma quello che seguiva di fatto lo toglieva e lo sostituiva con un punto ... esclamativo.
Carissimo GIBI
Non ho volutamente messo il punto esclamativo perché non ritengo completamente concluso il dibattito. La risposta alla domanda iniziale non può essere categorica come “si, la matematica è una scienza esatta!” oppure “no, la matematica non è una scienza esatta!”. Questo perché questa domanda non rientra nella categoria del “terzo escluso” (il tertium non datur di Aristotelica memoria).
Mi spiego meglio con degli esempi:
se facciamo una somma o una sottrazione con numeri interi otteniamo ancora un numero intero, es. $2+2=4$ (i numeri interi sono perfettamente determinati e quindi possiamo dire che siamo nel campo della verità logica)
se facciamo invece operazioni di radice con numeri interi, es.
$sqrt(25)=5$
$sqrt(2)=(text{1.41,,,,)$
Otteniamo nel primo caso ancora un intero (e quindi siamo ancora nel campo della verità logica), mentre nel secondo caso otteniamo un numero irrazionale che non è perfettamente determinato ma indeterminato (e quindi è falso dire di essere ancora nel campo della verità logica.
Perciò non possiamo asserire che “la matematica è esatta” e contemporaneamente che “la matematica non è esatta” perché questa è una antitesi filosofica (un absurdum tanto caro a Euclide) e quindi non possiamo mettere nessun punto esclamativo.
Possiamo invece dire che la “matematica” a volte si comporta in maniera determinata e a volte in maniera indeterminata e quindi le risposte filosoficamente corrette sono:
è falso chiamare la matematica una scienza esatta! AND
è falso chiamare la matematica una scienza inesatta!
Ecco dove posso finalmente mettere i punti esclamativi!
Per concludere questo pistolotto filosofico credo che sia questo il metodo corretto per coltivare il campo della ricerca se non ci si vuol perdere in ambiguità non gestibili. Perché l’uso indiscriminato e improprio del punto esclamativo è subdolo e può portare facilmente dal dato empirico al dogma e quindi al dictat dell’ipse-dixit (tanto caro agli Aristotelici).
Ricordo, solo per chiarezza, che la reductio ad absurdum è la strategia che consiste nel continuare a fare deduzioni a partire da un’ipotesi finché non si ottiene qualcosa di palesemente assurdo. Da ciò si può dedurre che l’ipotesi di partenza era falsa.
"oldman":La matematica è una "scienza esatta"?
Attribuire alla Matematica l’appellativo di Scienza esatta non credete sia fuorviante?
Non credete sarebbe più etico, onesto e utile prendere coscienza di questi limiti che in fondo sono gli stessi limiti della comprensione umana?




... e' vero, nel titolo c'era il punto di domanda, ma quello che seguiva di fatto lo toglieva e lo sostituiva con un punto ... esclamativo.
"GIBI":
Caro oldman, (o baby?)
guarda che se tu che hai scritto "la Matematica è una Scienza esatta" nessun matematico degno di questo nome direbbe una sciocchezza simile, neanche tra gli amici al bar.
Caro GIBI
ti faccio notare che la frase che ho scritto ha un punto interrogativo alla fine e questa voleva essere una domanda e non una affermazione.
"la Matematica è una Scienza esatta" , è solo un modo di dire, una frase fatta.
Se uno riflette un poco sul singolo significato delle tre parole: " Matematica", "Scienza", "esatto/a" si perde, figuriamoci sul significato delle tre parole messe insieme.
Se uno riflette un poco sul singolo significato delle tre parole: " Matematica", "Scienza", "esatto/a" si perde, figuriamoci sul significato delle tre parole messe insieme.
Caro oldman, (o baby?)
guarda che se tu che hai scritto "la Matematica è una Scienza esatta" nessun matematico degno di questo nome direbbe una sciocchezza simile, neanche tra gli amici al bar.
guarda che se tu che hai scritto "la Matematica è una Scienza esatta" nessun matematico degno di questo nome direbbe una sciocchezza simile, neanche tra gli amici al bar.
Per finire faccio solo due esempi per spiegare cosa intendevo dire per “esattamente” :
1. Gli irrazionali non li possiamo conoscere “esattamente” per il semplice motivo che hanno un numero infinito di decimali e questo trascende le nostre capacità umane.
2. Il continuo non lo possiamo conoscere “esattamente” per il semplice motivo che dobbiamo calcolare ogni punto, ad es. di una qualsiasi funzione matematica, ed ogni funzione continua è fatta di infiniti punti ed anche questo trascende le nostre capacità umane.
Errore (abbastanza comune), ovvero confondere conoscenza con calcolabilità.
Controesempi:
- non potrò mai calcolare l'albero completo del gioco degli scacchi perché il numero dei suoi nodi è enorme, anche se non infinito. Ma del gioco ho una conoscenza esatta.
- non conoscerò mai quanto esattamente è lunga la scrivania sulla quale sto scrivendo, poiché ci sono limiti - fisici in questo caso - alla mia capacità di misurarla. So che, presa una certa unità di misura, è un numero (magari variabile da un minimo ad un massimo). E anche della scrivania ho una conoscenza esatta.
Se poi metti in dubbio la conoscenza in sé, andiamo in un altro ambito filosofico e finiamo OT.
PS. Sembra che sia possibile anche elaborare più pensieri alla volta, forse siamo "intrinsecamente multitasking"
