La discontinuità nella fisica classica e relativistica

mariodic
:D Premetto col rammentare che sia la fisica classica che la successiva sua rielaborazione relativistica, contemplano, come si sa, equazioni del moto che contengono solo derivate prime e seconde delle coordinate rispetto al tempo. Questo vuol dire che le traiettorie discontinue ovvero, più in generale, punti in cui una traiettoria non ammette la doppia derivazione, non esisterebbero nel mondo classico e relativistico.
Ne deduco che sarebbe arbitrario e non verosimile elaborare, sia in sede didattica che in altre occasioni simili, esempi che contemplino lo studio di una traiettoria di moto che venga modificata, a partire da qualche suo punto, da un'azione improvvisa senza aggiungere (o premettere) che si sta trascurando qualcosa per necessità di semplificazione illustrativa.
C'è il problema che gli urti tra corpi reali sono fatti innegabili, so bene che, entrando nel dettaglio della dinamica di questi urti, si comprende come le equazioni del moto, con le loro derivate seconde, non vengano affatto violate, ciò grazie all'ipotesi implicita che tutti gli urti avvengono fra corpi elastici, non contemplandosi nella realtà fisica corpi assolutamente anelastici; infatti le due traiettorie (per semplicità le supporremo quì quasi rette) che si incontrano nell'urto, non danno luogo ad una spezzata ma a due rette che si raccordano, nell'intorno dei punti di urto, in maniera piuttosto complessa, con una o più curve di piccolo raggio; la percorrenze di queste traiettorie si completano, dunque, entro il piccolo tempo (finito) "t" sicchè, entro tali archetti, l'equazione del o dei moti risultano derivabili due volte, come richiesto.

Premesso questo, esaminiamo il caso di due oggetti lanciati nello spazio secondo traiettorie che, a molta distanza dal centro di osservazione, andranno a scontrarsi dopo una certo tempo T e alla distanza D, entrambi calcolati a partire dal momento del lancio. Trascorso il tempo T, il centro di osservazione presumerà avvenuto l'urto ma deve attendere ancora che trascorra il tempo D/c>t (c = velocità della luce) per osservarlo. Orbene, in questo frattempo:

1-l'osservatorio solo presume che sia avvenuto l'urto senza ancora osservarlo

2-fuori dall'osservatorio nessuno saprà nulla dell'urto, né dell'esperimento, finchè non ne saranno visibili le conseguenze.

Mi sembra innegabile che l'urto è avvenuto, se è effettivamente avvenuto, in "questo" universo ancorchè nessun segnale sia ancora arrivato all'osservatorio, ma come si può conciliare l'appartenenza di un evento a questo universo senza che di esso si abbia alcun segno? Questa incongruenza si potrebbe colmare, secondo me, soltando accettando che la "conoscenza" che l'osservatore ha del ciclo dell'esperimento, sia proprio quel legame "fisico" che lega, anche e soprattutto durante il periodo buio D/c, l'evento 'urto' all'osservatore. La fisica, ancorchè relativistica, sembra ignorare, nelle sue equazioni, quel qualcosa che surroghi questo legame apparentemente inesistentre nel tempo D/c.
Taluni potrebbero richiamare l'attenzione sul fatto che la meccanica relativistica fu elaborata prima della quantistica, dove cessano di valere i concetti di traiettoria, di urto meccanico, ecc., è vero, ma la M.Q. potrebbe, semmai, fornirci lumi per la formulazione di teorie sulla natura dei fenomeni di elasticità dei corpi, l'effetto della quale, al di là delle sue cause, è stato previsto nell'analisi del problema qui trattato.

Risposte
mariodic
"federiclet2":
Ciao,
mi sembra di essere tornato sul banco del remigino, (sig)

... Ma passiamo alla cosa seria. Credo che Mariodic abbia una sua precisa dottrina dell'Osservatore (o maiuscola) Unico.
Faccio comunque la mia osservazione sullo schema di sistema sperimentale portato ad esempio per dire che anche al di fuori degli ambiti relativistici e quantistici, per esempio in Biochimica, o in Biologia Molecolare, quando si "inforna" l'esperiemento, c'è una zona informazionale cieca. A seconda dell'esperimrnto essa può durare anche un paio di settimane o più, durante la quale si attende che un determinato pattern di eventi chimici - chimico fisici si realizzi.

Sono tornato solo per un giorno dalle vacanze, ma vi ritornerò domani. Ho potuto, perciò, leggere il messaggio di federiclet2. Tuttavia, nel breve tempo che ho disponibile mi limiterò qui a commentare il sopra riportato brano introduttivo di federclet2 solo per chiarire meglio i termini del problema dell'esperimento mentale da me riportato nel post introduttivo di questa discussione, chiarimento la cui necessità mi sembra di leggere tra le righe del brano stesso.

Il problema di fondo che l'esperimento mentale in questione vuol evidenziare e dare, possibilmente una soluzione soddisfacente è questo: quando l'Osservatore elabora un esperimento "sa" che con ampia probabilità si svolgera intorno all'istante $\To +T$ ed alla distanza dai sensori di rilevazione $\D$ (sensori che possono essere percettori di radiazione luminosa e/o di fronti d'onda gravitazionali, ecc. -fate vobis-), accadrà che l'Osservatore conoscerà l'esito positivo (collisione progettata tra i due missili dell'esperimento, all'intorno dell'istante $\To +T$) ovvero il suo fallimento (mancata collisione) sempre intorno a quell'istante. Il realtà l'Osservatore percepirà (nel senso che sarà cosciente dell'esito) al tempo $\To + T +Ts$ dove $\Ts$ non è altro che il tempo strumentale, voglio dire, quello necessario acchè il segnale, giunto ai sensori, percorra la catena strumentale che lo portera' alla, chiamiamola così, singolarità coscente dell'Osservatore; si tratta della catena costituita -si badi bene- dal sistema delle apparecchiature + dalle persone che rilevano i dati dei monitor ed eventualmente lo elaborano + i sistemi di trasporto della informazione ai sensi esterni del corpo dell'utilizzatore + i suoi neuroni + i sistemi cerebrali di elaborazione logica del dato atteso ed ogni altra cosa che faccia capo all'utilizzatore del risultato, cioè: all'Osservatore.
Ma perchè ho voluto tener separato il tempo $\T$ dal tempo strumentale $\Ts$? Perchè, durante il tempo $\T$ l'intero universo, ad esclusione delle masse costituenti i corpi che recano in sé medesimi le possibili tracce della collisione, e' all'oscuro del risultato dell'esperimento per il il ritardo di arrivo di qualsiasi tipo di informazione prima del tempo $\T=D/c$ , c= velocità della luce; come dire che l'esito dell'esperimento è fuori dall'universo per tutto il tempo T (rammento che l'esito dell'esperimento e' il "SI" o "NO" della collisione). Durante il tempo strumentale $\Ts$, che pur si aggiunge alla presa di coscienza da parte dell'Osservatore, invece, l'universo, che è l'archivio dell'Osservatore e che, anzi, costituisce l'intera struttura fisica di questi, comincia a registrare il segnale e ad immagazzinare progressivamente il dato cercato, che così diventa "dell'Universo", quindi dell'Osservatore.
Il problema è dunque questo: come poter dire "dov'è" l'evento "collisione SI/NO" durate il tempo $\T$, visto che, francamente ci sembra, mancare il coraggio di affermare che non (ancora) fa parte (o è proprietà) dell'universo? Io rispondo che potrebbe farvi tranquillamente parte, per la buona pace di tutti, ma a condizione di immaginarci l'introduzione una ulteriore dimensione, necessaria per una piu' completa "descrizione" dell'universo, dico la Conoscenza rappresentata dal fatto che pur esiste, durante quel frattempo, un legame innegabile dell'evento con l'Osservatore, voglio dire, il sapere dell'esperimento in corso e dei sui dettagli di progetto. Sfortunatamente non siamo ancora capaci di dare alla Conoscenza le caratteristiche e le proprieta' di una grandezza fisica che consentano di quantificarla e matematizzarla anche per le bisogne di questo tipo, anzi non pochi sono quelli che sorridono al veder prendere sul serio questo argomento.

federiclet2
Ciao,
mi sembra di essere tornato sul banco del remigino, (sig)

... Ma passiamo alla cosa seria. Credo che Mariodic habbia una sua precisa dottrina dell'Osservatore (o maiuscola) Unico.
Faccio comunque la mia osservazione sullo schema di sistema sperimentale portato ad esempio per dire che anche al di fuori degli ambiti relativistici e quantistici, per esempio in Biochimica, o in Biologia Molecolare, quando si "inforna" l'esperiemento, c'è una zona informazionale cieca. A seconda dell'esperimrnto essa può durare anche un paio di settimane o più, durante la quale si attende che un determinato pattern di eventi chimici - chimico fisici si realizzi.

Chissà, anche a questo tipo d'esperiento potrebbe essere associata una densità di probabilità relativa ai possibili output previsti e non previsti dalla teoria.
Con teoria intendo semplicemente le conoscenze previe che hanno permesso all'osservatore di assemblare il sistema con una buona dose di fiducia sui protocolli adottati, e d'interrogare il sistema in relazione a determinati output attesi, sempre in base a dati sperimentalli previ e ad ipotesi elaborate su di essi; mettendo altresì in conto l'imprevisto. Non tanto per cause sfavorenti, quanto piuttosto per il fatto che il sistema in esame non é completamente definito dalle variabili prese in considerazione nei protocolli, e ciò in ragione della frequente complessità del sistema sperimentale.

Di minima (minimissima) il ricercatore/l'osserrvatore s'attende la riproducibilità delle reazioni di controllo, inserite nel protocollo sperimentale, col che può sceverare il fattore aleatorio e l'errore umano in caso i dati finali non corrispondano alle attese.

In tal caso, l'osservatore deve rivedere la sua teoria, per allocare i nuovi fenomeni. Per esempio, da un certo pattern di risultati, confrontato con i pattern di esperimenti precedenti, ed attraverso l'ipotesi, si può inferire l'esistenza di un nuovo fattore proteico coinvolto nella reazione, per esempio, e che va ad arricchire il quadro "assiomatico" della teoria relativa a quel sistema sperimentale.

MI sembra, tuttavia, d'intuire che il 'gatto di Shroedinger' sia appena dietro l'angolo ....(miao)

Nella maggior parte dei casi, ma non vorrei sbagliarmi, glli eventi cruciali di un sistema sperimentalemnte sollecitato dall'osservatore occorrono in una scatola nera, che prima o poi, in tempi spesso non prevedibili offre un output, il quale non necessariamente é il più originario, nel senso che - lo dico in termini chimici - esso non dipenderebbe direttamente dagli imput dati, ma da stadi intermedi di attivazione energetica, ed anche evenualmente da combinazione e scissione di complessi chimici intermedi.
Questo per dire che c'è un "mondo" dell'oggetto d'osservazione che rimane fuori della presa dell'osservatore in quanto esso non é manifesto negli output ch'egli riceve dal sistema, né é facilmente colto dal confronto imputo-output-ipotesi in fieri.

Magari se non altro con quest'intervento spero di offrire materiale che possa servire a tradurre pro populo certi concetti altrimenti non immediatamente evidenti.

ciao

f

mariodic
"Lord K":
Cerco di riassumere per comprendere la tua richiesta...

conosco che sta per avvenire un evento ---> l'evento avviene lontano dalla mia "vista" ---> passa un certo tempo T ---> l'evento palesa le sue conseguenze.

Nel tempo T l'osservatore sa che qualcosa potrebbe essere avvenuto, tutto il resto dell'universo non sa nulla.

Se il modo di schematizzare tutto questo è corretto, io credo che in quel tempo ci sono uguali possibilità che l'evento sia avvenuto e che non sia avvenuto, in realtà io penso che ciò che noi conosciamo è solo ciò che possiamo o prevedere (statisticamente) oppure vedere tramite osservazioni... il resto non conta...

Quindi il presumere che qualcosa sia avvenuto è fuori da un discorso fisico...

Ti chiedo: come posso basare i miei esperimenti tenendo conto che (virtualmente) posso presumere infinite variabili di disturbo proveniente da infiniti eventi che non conosco e che non so nè prevedere nè osservare ma che modificano di fatto ogni mio esperimento?
La schematizzazione dell'esperimento mentale, fatta da LordK è correttissima, alcune delle sue conclusioni, benchè non errate, non affrontano il problema, semplicemente perchè, nella mia esposizione iniziale, non sono stato del tutto esauriente sulle finalità di fondo che intendevo far emergere, le ho solo sottintese. Per gettar luce in quest'ombra devo dichiarare tutte le mie riserve nei confronti dell'idea, ora di moda, di parlare di multiversi; riserve ma non avversione, poichè l'Universo, se ci atteniamo al significato letterale del termine, non può che essere unico in quanto esso contiene tutto, ma proprio tutto, voglio dire che contiene l'insieme di tutti gli eventi osservati, ipotizzati, negati, confutati, considerati con probabilità zero, alternativi e persino, con qualche chiarimento, impossibili, ecc., ciò secondo l'Osservatore che è unico. Credo, tuttavia, che si possano tollerare disquisizioni intorno a così detti "altri universi" a patto che si considerino tali oggetti alternativi a cio che comunemente intendiamo come Universo, vale a dire, per esempio, "universi" associabili a soluzioni multiple di equazioni a condizione che una di esse possa associarsi a "questo" universo, ma come detto prima, anche questi altri universi rientrano nell'Universo Unico, cioè: questo Universo; il collante di tutto questo insieme onnicomprensivo è, né più, né meno, che l'Osservatore. Questo chiarimento serve per non sentirmi dire che ciò che accade (o dovrebbe accadere con probabilità >di zero) nell'intervallo di tempo "buio" di cui all'esperimento mentale immaginato in questa discussione, avviene "fuori" da questo universo -visto che è impossibile avvertirne gli effetti- per rientrarvi dopo; dico, invece, che la collisione, se effettivamente si verifica, avviene in questo universo, il collante che lo lega al resto dell'universo sta nell'Osservatore "sa", cioè, "ha" informazioni su di esso ed è in grado di assegnare una probabilità reale all'evento "urto" programmato ancorchè sia confermato dall'osservazione degli effetti. Quella collisione è contemplata nel modello fisico adottato, quindi, fa parte di questo Universo.. Dunque la "Conoscenza" è l'amalgama fondamentale dell'Universo. Rimane da aprire una discussione su cosa sia l'Osservatore unico.

Lord K
Cerco di riassumere per comprendere la tua richiesta...

conosco che sta per avvenire un evento ---> l'evento avviene lontano dalla mia "vista" ---> passa un certo tempo T ---> l'evento palesa le sue conseguenze.

Nel tempo T l'osservatore sa che qualcosa potrebbe essere avvenuto, tutto il resto dell'universo non sa nulla.

Se il modo di schematizzare tutto questo è corretto, io credo che in quel tempo ci sono uguali possibilità che l'evento sia avvenuto e che non sia avvenuto, in realtà io penso che ciò che noi conosciamo è solo ciò che possiamo o prevedere (statisticamente) oppure vedere tramite osservazioni... il resto non conta...

Quindi il presumere che qualcosa sia avvenuto è fuori da un discorso fisico...

Ti chiedo: come posso basare i miei esperimenti tenendo conto che (virtualmente) posso presumere infinite variabili di disturbo proveniente da infiniti eventi che non conosco e che non so nè prevedere nè osservare ma che modificano di fatto ogni mio esperimento?

mariodic
"evariste":
premetto che non ho esperienza a riguardo ma dato che non risponde nessuno.. non ho capito quello che vuoi dire. l'osservatorio non ha necessariamente la stessa caratteristica di un occhio umano, è un qualcosa di immaginario che analizza ciò che avviene e non ciò che vede avvenire. se fosse come tu dici, spostando l'osservatore nel punto dell'urto il problema non si presenterebbe.
. Per il momento mi limito a chiarire, rispondendo ad Evariste, che la parola "osservatorio" può essere sostituita da "Osservatore" (con la O maiuscola), che non semplicemente un tale che osserva, ma il responsabile dell'utilizzazione dei dati rilevati. Per ora mi fermo qui, ma la cosa è più complessa, mi riservo di ritornarci se la cossa è di interesse di qualcuno degli amici di questo forum.

evariste1
premetto che non ho esperienza a riguardo ma dato che non risponde nessuno.. non ho capito quello che vuoi dire. l'osservatorio non ha necessariamente la stessa caratteristica di un occhio umano, è un qualcosa di immaginario che analizza ciò che avviene e non ciò che vede avvenire. se fosse come tu dici, spostando l'osservatore nel punto dell'urto il problema non si presenterebbe.

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