La carriera accademica oggi
Salve a tutti,
in questo topic vorrei discutere dello stato della carriera accademica oggi. Lo apro sia perché so che sul forum scrivono diversi accademici, strutturati e non, che potrebbero conoscere meglio di me certe dinamiche, sia perché mi interessa l'opinione di chi invece è esterno all'ambiente. Nonostante se ne sia parlato diverse volte su questi lidi, faccio un breve riassunto della situazione attuale per chi non ne è al corrente e poi porrò qualche spunto di discussione. Sarò il più generale possibile, evitando di limitarmi solo all'Italia.
Nella stragrande maggioranza dei casi, oggi la carriera accademica inizia con un dottorato, durante il quale il candidato impara a fare ricerca sotto la guida di un supervisore e comincia a frequentare l'accademia nei suoi vari aspetti (corsi, seminari, scuole, convegni, soggiorni all'estero, ecc.). Il dottorato dura in media dai 3 ai 5 anni, ma la parte interessante viene dopo. Infatti, a meno di non aver avuto risultati strabilianti, chi vorrà continuare con l'accademia dovrà continuare con dei postdoc, che sono - semplificando al massimo - delle posizioni di ricerca a tempo determinato. Ciascuna di esse può durare da pochi mesi a 5 anni. In totale, il periodo passato come postdoc varia tra i diversi settori: in matematica e fisica in genere va dai 5 ai 10 anni, ma ho letto anche curriculum di persone che hanno ottenuto una posizione permanente dopo 12 anni di postdoc. Quasi sempre tra un postdoc e l'altro si cambia università, spesso si cambia anche stato. Inoltre, è questo il periodo in cui la maggior parte degli aspiranti abbandona. Infatti, al momento si stima che il rapporto tra le posizioni di dottorato aperte e le posizioni permanenti in accademia sia tra l'1% (!) e il 20%, per cui a un certo punto molti dovranno mollare. Ora le domande.
- Almeno nelle scienze pure, tutte le posizioni di ricerca sono finanziate dagli stati o dall'Unione Europea, per cui in teoria tali enti hanno il totale controllo della situazione. Dunque, la precarizzazione della carriera accademica è voluta, perseguita scientemente, o dovuta soprattutto alla scarsa attenzione da parte dei decisori?
- Di solito tutto ciò viene spiegato con la "mancanza di fondi". Questa motivazione non mi ha mai convinto del tutto. Infatti, a parità di fondi si può decidere di distribuire diversamente i tipi di posizioni aperte, o modulare diversamente i salari. E' quindi solo mancanza di fondi o è un cambio di mentalità?
- I postdoc, in generale, possono essere esperienze molto fruttuose per il giovane ricercatore, che così può apprendere nuove idee in gruppi di ricerca diversi e formare una rete di contatti internazionale. Tuttavia, è innegabile che a un certo punto molte persone continuano coi postdoc semplicemente perché non trovano altre posizioni disponibili, non perché vorrebbero ancora continuare o potrebbero verosimilmente trarre ulteriore profitto da questo stadio della carriera. Secondo voi, quanto tempo è necessario realisticamente per valutare se un candidato è idoneo o meno ad avere una posizione permanente? Cinque anni di postdoc, diciamo il tempo per un paio di postdoc in 2 stati diversi, non sono sufficienti? Se non sbaglio era più o meno la norma fino a 10 anni fa, e qualche decennio fa si assumeva direttamente dopo il dottorato. La scienza ne ha risentito particolarmente?
- Tale situazione non rischia di allontanare dalla carriera accademica persone particolarmente dotate, ma che non possono sobbarcarsi il costo di una scelta del genere? Le autorità nazionali ed europee non temono che tale carriera possa diventare molto poco attraente?
Grazie in anticipo a chi risponderà.
in questo topic vorrei discutere dello stato della carriera accademica oggi. Lo apro sia perché so che sul forum scrivono diversi accademici, strutturati e non, che potrebbero conoscere meglio di me certe dinamiche, sia perché mi interessa l'opinione di chi invece è esterno all'ambiente. Nonostante se ne sia parlato diverse volte su questi lidi, faccio un breve riassunto della situazione attuale per chi non ne è al corrente e poi porrò qualche spunto di discussione. Sarò il più generale possibile, evitando di limitarmi solo all'Italia.
Nella stragrande maggioranza dei casi, oggi la carriera accademica inizia con un dottorato, durante il quale il candidato impara a fare ricerca sotto la guida di un supervisore e comincia a frequentare l'accademia nei suoi vari aspetti (corsi, seminari, scuole, convegni, soggiorni all'estero, ecc.). Il dottorato dura in media dai 3 ai 5 anni, ma la parte interessante viene dopo. Infatti, a meno di non aver avuto risultati strabilianti, chi vorrà continuare con l'accademia dovrà continuare con dei postdoc, che sono - semplificando al massimo - delle posizioni di ricerca a tempo determinato. Ciascuna di esse può durare da pochi mesi a 5 anni. In totale, il periodo passato come postdoc varia tra i diversi settori: in matematica e fisica in genere va dai 5 ai 10 anni, ma ho letto anche curriculum di persone che hanno ottenuto una posizione permanente dopo 12 anni di postdoc. Quasi sempre tra un postdoc e l'altro si cambia università, spesso si cambia anche stato. Inoltre, è questo il periodo in cui la maggior parte degli aspiranti abbandona. Infatti, al momento si stima che il rapporto tra le posizioni di dottorato aperte e le posizioni permanenti in accademia sia tra l'1% (!) e il 20%, per cui a un certo punto molti dovranno mollare. Ora le domande.
- Almeno nelle scienze pure, tutte le posizioni di ricerca sono finanziate dagli stati o dall'Unione Europea, per cui in teoria tali enti hanno il totale controllo della situazione. Dunque, la precarizzazione della carriera accademica è voluta, perseguita scientemente, o dovuta soprattutto alla scarsa attenzione da parte dei decisori?
- Di solito tutto ciò viene spiegato con la "mancanza di fondi". Questa motivazione non mi ha mai convinto del tutto. Infatti, a parità di fondi si può decidere di distribuire diversamente i tipi di posizioni aperte, o modulare diversamente i salari. E' quindi solo mancanza di fondi o è un cambio di mentalità?
- I postdoc, in generale, possono essere esperienze molto fruttuose per il giovane ricercatore, che così può apprendere nuove idee in gruppi di ricerca diversi e formare una rete di contatti internazionale. Tuttavia, è innegabile che a un certo punto molte persone continuano coi postdoc semplicemente perché non trovano altre posizioni disponibili, non perché vorrebbero ancora continuare o potrebbero verosimilmente trarre ulteriore profitto da questo stadio della carriera. Secondo voi, quanto tempo è necessario realisticamente per valutare se un candidato è idoneo o meno ad avere una posizione permanente? Cinque anni di postdoc, diciamo il tempo per un paio di postdoc in 2 stati diversi, non sono sufficienti? Se non sbaglio era più o meno la norma fino a 10 anni fa, e qualche decennio fa si assumeva direttamente dopo il dottorato. La scienza ne ha risentito particolarmente?
- Tale situazione non rischia di allontanare dalla carriera accademica persone particolarmente dotate, ma che non possono sobbarcarsi il costo di una scelta del genere? Le autorità nazionali ed europee non temono che tale carriera possa diventare molto poco attraente?
Grazie in anticipo a chi risponderà.
Risposte
forse intendevi il contrarioNo, intendevo proprio questo: enormità di offerta, perché ad oggi accedono a un dottorato, e lo conseguono, anche persone che al massimo potrebbero ambire a spalare il letame (professione più nobile della mia, ma per cui una conoscenza scientifica da scuola elementare è sufficiente), e pochissima domanda, perché da che mondo è mondo quelli che accedono a delle conoscenze avanzate fanno parte di un'élite (quel corpo di conoscenze è la condizione di accesso all'élite), e per definizione essa è fatta da pochi individui, a ricambio molto lento; invece, oggi, non solo "anche l'operaio vuole il figlio dottore [di ricerca]", ma si pretende pure che ci continui a essere spazio "intra moenia" per tutti quelli che, o per la maggior parte di chi, diventa dottore.
quel 3% oggi è selezionato molto meglioSì e no; il postdoc medio di oggi ha un CV che lo avrebbe messo due ordini di grandezza avanti ai docenti che gli sono stati maestri: perché? Perché la qualità della ricerca e il livello medio di competenza di è alzato esponenzialmente? No: interviene un semplice fattore evolutivo, se la peer pressure costringe a pubblicare molto, pubblicherai molto --e inevitabilmente molte schifezze. Con ciò intendo che "perdere" 5 anni per pensare a quello che scrivi, in modo da fare affermazioni ragionate, pertinenti e profonde, è un lusso che quasi nessuno riesce a permettersi, e invece si spinge a frammentare il proprio pensiero in una miriade di risultati preliminari e pressapochisti, molto spesso scrivendo gli articoli ex post, cioè dicendo "mi serve parlare di X perché va di moda / molta gente se ne occupa / tira alle conferenze / i referee non si lamentano se ne parli" invece che dire "questa idea è solida e merita di diventare una teoria profonda e ben sviluppata", perché se il postdoc medio dura un quinto del tempo che serve a fare questa seconda cosa, non ne troverai uno in tempo.
La mia impressione vivendoci dentro è che il sistema produca un'enormità di deliverables ma molta meno informazione (nel senso tecnico) di quanto ne produceva sessant'anni fa; è quasi tutto rumore bianco.
La mia risposta a questo stato di cose è odiare il sistema, e da dentro, cacare in gola a chi lo sostiene e lo alimenta.
"megas_archon":
Il problema è principalmente l'enormità dell'offerta a fronte della scarsità di domanda, di nuovo.
Concordo (forse intendevi il contrario ma ci siamo capiti), e secondo me lo si può aggiustare cambiando carriera. Non sono del tutto convinto che la scienza ne abbia risentito perché il top 3% rimane, e forse quel 3% oggi è selezionato molto meglio rispetto a prima. Penso che PhD e postdoc siano più indicativi che diventare assistenti di un professore, magari sbaglio.
E' difficile darti delle risposte univoche, perché la situazione e le politiche di assunzione varia enormemente tra nazioni/continenti diversi, e tra campi diversi di STEM, e addirittura all'interno della stessa piega di STEM (matematica pura VS applicata; teoria delle stringhe VS fisica dei materiali...)
Ciò che si è fatto è voluto, ma probabilmente ci si aspettava solo fino a un certo punto gli effetti che le cause innescate nel 2008 hanno generato. A quei tempi protestammo molto per evitarlo (io ero uno studente molto giovane).
Si può; ma come esattamente? Qui l'università italiana merita di essere discussa a parte, è un discorso immenso. Oltre alla mancanza di fondi c'è un problema di scarsità di domanda e offerta enorme: serve davvero avere così tanti accademici? Dove li metti?
Non c'è una durata precisa dopo la quale si può dire. I postdoc probabilmente non dovrebbero esistere o dovrebbero essere posizioni estremamente brevi "in attesa" di una tenure. Il problema è principalmente l'enormità dell'offerta a fronte della scarsità di domanda, di nuovo. La scienza ne ha risentito enormemente.
Sì, indubbiamente lo fa, e lo a fatto nell'ultimo decennio in maniera enorme. Hai presente il publish or perish?
A parte tutte queste cose comunque, c'è anche il fatto che non ci sono canali di reclutamento separati da quelli di chi deve avanzare di carriera, il fatto che la carriera accademica mescola due cose (insegnamento e ricerca) cui gioverebbe molto essere fatte da persone che possono dedicarsi solo a quella cosa, lasciando l'altra alla restante metà, l'enorme allucinazione per cui l'istruzione superiore debba essere "per tutti, e accessibile a tutti", le mafiette da cortile, e l'esistenza di corsi di studi che sono la pantomima di discipline vere (queste ultime due cose sono correlate tra loro).
Insomma, non studiate, che fa male alla salute!
- Almeno nelle scienze pure, tutte le posizioni di ricerca sono finanziate dagli stati o dall'Unione Europea, per cui in teoria tali enti hanno il totale controllo della situazione. Dunque, la precarizzazione della carriera accademica è voluta, perseguita scientemente, o dovuta soprattutto alla scarsa attenzione da parte dei decisori?
Ciò che si è fatto è voluto, ma probabilmente ci si aspettava solo fino a un certo punto gli effetti che le cause innescate nel 2008 hanno generato. A quei tempi protestammo molto per evitarlo (io ero uno studente molto giovane).
- Di solito tutto ciò viene spiegato con la "mancanza di fondi". Questa motivazione non mi ha mai convinto del tutto. Infatti, a parità di fondi si può decidere di distribuire diversamente i tipi di posizioni aperte, o modulare diversamente i salari. E' quindi solo mancanza di fondi o è un cambio di mentalità?
Si può; ma come esattamente? Qui l'università italiana merita di essere discussa a parte, è un discorso immenso. Oltre alla mancanza di fondi c'è un problema di scarsità di domanda e offerta enorme: serve davvero avere così tanti accademici? Dove li metti?
- I postdoc, in generale, possono essere esperienze molto fruttuose per il giovane ricercatore, che così può apprendere nuove idee in gruppi di ricerca diversi e formare una rete di contatti internazionale. Tuttavia, è innegabile che a un certo punto molte persone continuano coi postdoc semplicemente perché non trovano altre posizioni disponibili, non perché vorrebbero ancora continuare o potrebbero verosimilmente trarre ulteriore profitto da questo stadio della carriera. Secondo voi, quanto tempo è necessario realisticamente per valutare se un candidato è idoneo o meno ad avere una posizione permanente? Cinque anni di postdoc, diciamo il tempo per un paio di postdoc in 2 stati diversi, non sono sufficienti? Se non sbaglio era più o meno la norma fino a 10 anni fa, e qualche decennio fa si assumeva direttamente dopo il dottorato. La scienza ne ha risentito particolarmente?
Non c'è una durata precisa dopo la quale si può dire. I postdoc probabilmente non dovrebbero esistere o dovrebbero essere posizioni estremamente brevi "in attesa" di una tenure. Il problema è principalmente l'enormità dell'offerta a fronte della scarsità di domanda, di nuovo. La scienza ne ha risentito enormemente.
- Tale situazione non rischia di allontanare dalla carriera accademica persone particolarmente dotate, ma che non possono sobbarcarsi il costo di una scelta del genere? Le autorità nazionali ed europee non temono che tale carriera possa diventare molto poco attraente?
Sì, indubbiamente lo fa, e lo a fatto nell'ultimo decennio in maniera enorme. Hai presente il publish or perish?
A parte tutte queste cose comunque, c'è anche il fatto che non ci sono canali di reclutamento separati da quelli di chi deve avanzare di carriera, il fatto che la carriera accademica mescola due cose (insegnamento e ricerca) cui gioverebbe molto essere fatte da persone che possono dedicarsi solo a quella cosa, lasciando l'altra alla restante metà, l'enorme allucinazione per cui l'istruzione superiore debba essere "per tutti, e accessibile a tutti", le mafiette da cortile, e l'esistenza di corsi di studi che sono la pantomima di discipline vere (queste ultime due cose sono correlate tra loro).
Insomma, non studiate, che fa male alla salute!