Il mistero della matematica

Dont'Wobble
Ma come fanno quei matematici, che fanno appunto matematica, a lavorare con simboli e numeri di cui non conoscono il significato ultimo. Insomma, non sanno di che pasta è fatta la loro materia: sono fondamentalmente degli ignoranti; è questa la condizione di ogni matematico. Ma la matematica è la scienza delle relazioni: ogni entità matematica esiste soltanto perché esiste un'altra, cioè, appunto, in relazione a un'altra. La matematica è una tensione tra i due modi in cui si dà il pensiero: il suo aspetto discreto e quello continuo. E non si può prescindere affatto dagli assiomi: gli assiomi sono quelle strutture in cui è rivelata questa connessione tra continuo e discreto: si pensi, ad esempio, al principio di induzione. Se non si fosse ancora capito sono una realista e il mio approccio di vedere la matematica è quello di un'edificio che si articola in struttura in struttura e in cui quella successiva si sovrappone a quella precedente inglobandola e in cui vale principio dell'olografia: "come in alto, così in basso".
P.S. : Non vi ha mai affascinato la banale proprietà commutativa della moltiplicazione: 5x3, ad esempio. Fa 15, ma anche 3x5 fa 15... straordinario... ma perché ? Sì, lo so vale la proprietà commutativa, ma perché vale ?

Risposte
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Sono perfettamente d’accordo con Luca, per motivazioni simili. Se un risultato matematico appare sorprendente, è perché non lo si è ancora compreso fino in fondo. Per varie ragioni: la prova non è intuitiva perché l’autore volontariamente nasconde le proprie intuizioni sotto il tappeto (e questo accade spessissimo); i calcoli sono intricati, ma c’è una semplice idea dietro che non emerge; il teorema è un caso particolare di una teoria molto più elegante e semplice etc.

In effetti, un sentimento molto diffuso fra i matematici è quello di considerare “banali” i propri teoremi. Chi di noi non ha lottato per giorni, settimane o addirittura mesi con un problema, considerandolo impenetrabile, salvo poi, una volta risolto, confidare a sé stesso: “Be’, non era così difficile alla fine. Quasi ovvio”?

Ovviamente questo capita perché chi dimostra un teorema lo ha capito davvero e in profondità. Se non l’avesse capito, non l’avrebbe dimostrato. E proprio perché il cammino di comprensione, cioè di dimostrazione, è stato arduo, la sensazione di banalità finale è illusoria. Il teorema non è banale, lo diventa solo una volta capito.

Tutte queste considerazione non implicano quindi che i risultati matematici non siano mai sorprendenti. All’inizio lo sono. Ma come in un romanzo giallo, alla fine tutto appare evidente.

C'è poi una fondamentale asimmetria: l'autore di un teorema scopre non solo la dimostrazione, ma spesso anche l'enunciato (sorprendente) stesso. Se non l'enunciato stesso, i lemmi da cui esso discende. Chi studia la matematica che altri hanno scoperto, è vittima inizialmente di questa asimmetria. Ciò che è enunciato è calato dal cielo, la prova è data. Un percorso innaturale che contribuisce alla difficoltà della comprensione, e quindi alla sorpresa.

Luca.Lussardi
Se ragioni usando le parole del linguaggio comune e' vero che non c'e' simmetria ma astraendo per un attimo la simmetria subito riappare, in fin dei conti il prodotto e' un caso particolare di somma.

Per il resto sono il primo a dire che e' una visone personale della matematica, ma l'ho maturata lungo gli anni di lavoro, magari tra vari anni la pensero' diversamente, speriamo, mi piace cambiare idea e opinione.

Epimenide93
Se stessimo parlando di proprietà commutativa della somma potrei anche essere d'accordo (sebbene la dimostrazione sia altrettanto complessa), quella del prodotto per me non è assolutamente una cosa scontata neanche riferendosi al "concetto intuitivo che rappresenta". Se pensi alla definizione ingenua di prodotto non è per niente ovvio che sia commutativo: $3 \times 7$ "prendi tre cose e contale sette volte" sarà un mio limite, ma non vedo alcuna simmetria in questa definizione, non capisco proprio perché questa cosa debba coincidere con "prendi sette cose e contale tre volte", visto che "cose" e "volte" sono nozioni diverse. Poi mi puoi fare il disegnino del rettangolo e lì diventa più chiaro, ma già siamo passati dalla nozione ingenua di numero alla nozione ingenua di misura e al rapporto tra questa e la geometria ingenua; che è un salto per alcuni minuscolo, per altri gigantesco. Probabilmente la divergenza sulla "questione meraviglia" parte dal fatto che per me "meraviglia/stupore e bellezza/eleganza" hanno un'interazione più elaborata del semplice "bisogna tenerle distinte", ma come ho sottolineato più volte riconosco che siano concetti soggettivi. Quello che ci tenevo a evidenziare erano due cose: (1) quello che io vedo come un problema del forum che merita di essere portato alla luce[nota]e dico "merita" proprio perché trovo che il forum sia nel complesso un bello spazio virtuale e che questo sia al momento (per me, e non solo) uno dei suoi problemi più grossi[/nota] e, strettamente legato al primo punto che (2) talvolta quelle che vengono liquidate come questioni filosofiche possono essere invece strettamente matematiche, se espresse nel linguaggio giusto (linguaggio che ovviamente uno studente delle medie/superiori non può avere); chi può tradurre questioni apparentemente filosofiche in questioni oggettive (una volta rese in "matematichese") dovrebbe aiutare gli studenti che ancora non hanno gli strumenti necessari a farlo, o quantomeno a dar loro un'idea seppur vaga di come si affrontano da matematici tali questioni, se chi pone la domanda è veramente interessato non dubito che apprezzerà lo sforzo. Spero di aver fatto entrambe le cose, il resto è una discussione sicuramente stimolante da un punto di vista intellettuale, ma che probabilmente non porta lontano.

Luca.Lussardi
Andiamo con ordine. Partiamo dalla proprieta' commutativa del prodotto e del fatto che sia scontata o no. Tutto sta a dire che cosa intendi per "essere scontato": sono ovviamente d'accordo sul fatto che all'interno della teoria degli insiemi la proprieta' commutativa del prodotto ha una dimostrazione raffinata e tecnicamente non semplice, ma e' un risultato affascinante e sorprendente? Se dobbiamo moltiplicare due numeri naturali e pensiamo al significato concreto del prodotto tra essi e' davvero sorprendente e misterioso che l'ordine dei fattori e' irrilevante? A me pare proprio di no. In questo io intendo che questo risultato matematico particolare non mi affascina ne' mi meraviglia. Ho poi esteso la mancanza di meraviglia, opinione personale, a tutti i risultati matematici in cui mi sono imbattuto: ho creduto per tanti anni che il teorema fondamentale del calcolo integrale per esempio fosse un esempio di meraviglia, ma quando mi sono letto Newton e Leibniz originali per tenere un corso di storia dell'analisi ho capito che neanche quel teorema era sorprendente, e la mancanza di stupore continuo a provarla quando finalmente capisco davvero le cose. Questo e' quello che non deve scoraggiare lo studente, la meraviglia nel vero senso della parola, secondo me e limitatamente alla matematica, appartiene alla fase in cui non si sta davvero capendo una certa cosa, quando la si capisce cessa lo stupore e appare la bellezza di un risultato matematico, che e' diversa dall'essere sorprendente. Ho cercato a lungo di spiegare a me stesso come mai quando capisci davvero un pezzo di matematica non ti appare sorprendente, e credo che la ragione risieda nella natura della matematica: non credo che le regole mentali siano cose assolute, ne' il funzionamento della nostra mente che ignoro, ma la matematica e' costruita (non fondata) usando delle regole ben precise e codificate che simulano il ragionamento comune che usiamo tutti i giorni per qualunque tipo di discorso. Non possiamo davvero stupirci della "verita'" (o meglio della dimostrabilita' perche' Tarski ci ha insegnato che e' meglio non parlare di verita') di una conseguenza di un sistema assiomatico preso a fondamento se per giungere ad essa usiamo delle rigide regole che noi stessi abbiamo preso a definizione. Certo, puo' sembrare una visione arida della matematica, del resto era la visione della scuola hilbertiana dei primi del Novecento, visione che per tanti e' rimasta tale. Bisogna quindi distinguere tra meraviglia/stupore e bellezza/eleganza. Niente mi sorprende? assolutamente no, e la cosa l'ho gia' detta in precedenza, seguendo in realta' lo stesso pensiero di Ennio De Giorgi, la penso esattamente come la pensava lui: la vera meraviglia e', e uso le parole di Wigner, l'irragionevole efficacia della matematica nel descrivere le leggi della natura. Forse un giorno capiremo che anche questa meraviglia non sussiste, chissa'.

Epimenide93
"killing_buddha":
Non mi sembra di avere usato la parola filosofia

Non lo hai fatto, ma analizzare un'affermazione sollevando questioni squisitamente filosofiche ("cos'e' la mente? Cosa significa quel che hai detto alla luce della sua definizione? E' vero che la matematica e' priva di una dimensione immanente? Ed e' vero che essa e' puramente razionale?...") dal mio punto di vista dà una connotazione filosofica all'affermazione di partenza.

Quanto al resto, concordo su molti punti, su altri meno, e trovo che potrebbe essere interessante discuterne, ma non qui, se non altro perché Luca.Lussardi ha detto esplicitamente che se si va sul filosofico abbandona la discussione, e mi dispiacerebbe perdere uno degli amministratori del forum prima che venga analizzata una questione che sia io che tu abbiamo sollevato più o meno esplicitamente, ma che non ha ancora ricevuto una risposta diretta:

Perché se uno studente delle medie/superiori viene qui con un esercizio che non sa svolgere lo si aiuta a risolvere l'esercizio, ma se arriva con una domanda che richiede di disturbare questioni matematiche complesse, invece di aiutarlo a rispondere alle sue domande, si tende a scoraggiarlo (più o meno direttamente) dal farsi queste domande?

Spesso, come in questo caso ("Sì, lo so vale la proprietà commutativa, ma perché vale ?") o in questo (tanto per tirarne fuori due recenti, c'è una marea di casi analoghi) si potrebbe provare a rispondere qualcosa del tipo "La domanda non è banale, ed una risposta completa richiederebbe l'uso di nozioni avanzate, ma provando a semplificare (...)". Quello che noto è che molti utenti, com'è successo in questo thread, di solito non aiutano lo studente ad analizzare la questione o peggio la spacciano per frivola. Per esempio, Luca.Lussardi, non trovi che la tua prima risposta, sebbene dica che si può dimostrare la proprietà commutativa, scoraggi lo studente? Non vedo il motivo di tanta freddezza, tanto più che la dimostrazione della proprietà commutativa del prodotto dei naturali è piuttosto raffinata. Secondo me non bisognerebbe far passare per scontate questioni che non lo sono e soprattutto far passare per non pertinenti dei dubbi di natura squisitamente matematica, solo dettati da una sensibilità diversa dalla tua. È sacrosanto che tu abbia determinati gusti e non abbia voglia di "perder tempo" sui fondamenti della matematica, ma la logica e la teoria degli insiemi sono rami della matematica. Se un ragazzo fa delle domande che possono essere ricondotte a queste teorie ed un matematico di mestiere gli risponde "la speculazione filosofica non fa per me" il risultato può essere di allontanare il ragazzo dalle risposte che sta cercando. Mi rivolgo a te prima che ad altri utenti del forum non solo perché stai partecipando alla conversazione, ma soprattutto perché il fatto di avere il nome in rosso ti dà una responsabilità maggiore, un ragazzo molto giovane che si vede rispondere da una persona che (1) è un matematico professionista e (2) è l'amministratore del forum può dare una valenza oggettiva a delle risposte che tu hai dato per una questione puramente di gusto e, di nuovo, venire scoraggiato dall'intraprendere un determinato percorso matematico. Una cosa molto simile è stata osservata anche da killing_buddha qualche messaggio fa, ma si è persa nel resto della discussione.

Venendo alle questioni soggettive
"Luca.Lussardi":
Il mio senso di mancanza di meraviglia sta in un fatto che provo ogni giorno per il lavoro di ricerca che faccio: quando un fatto matematico mi sorprende nel vero senso della parola o e' errato oppure e' corretto ma io non l'ho capito.

Quando infine lo capisci, smette di meravigliarti? Un risultato come il teorema di Hodge (tanto per prenderne uno analitico) non ti sorprende neanche un po'?

"Luca.Lussardi":
Ho cercato si spiegare a me stesso questa cosa e ritengo, potendo anche sbagliare, che la spiegazione risieda nella profondita' intima della matematica, cosa e' davvero la matematica e come si costruisce, ovvero attraverso rigide regole mentali codificate dalle leggi della logica.

È curioso come non ti interessi di filosofia ma continui ad orbitarci attorno. Stai di nuovo identificando cose soggettive (come funziona la mia mente) e cose assolute (regole mentali).

Luca.Lussardi
Il tutto va riferito alla questione iniziale posta dall'autore del thread, io mi sono sempre riferito solo alla proprieta' commutativa del prodotto, e della sua "meraviglia" o fascino che ha suscitato all'inizio di questo topic, il resto e' venuto un po' di conseguenza. Vorrei attenermi solo a questo senza scomodare concetti che non capisco, e che appartengono piu' alla filosofia della matematica. Il mio senso di mancanza di meraviglia sta in un fatto che provo ogni giorno per il lavoro di ricerca che faccio: quando un fatto matematico mi sorprende nel vero senso della parola o e' errato oppure e' corretto ma io non l'ho capito. Ho cercato si spiegare a me stesso questa cosa e ritengo, potendo anche sbagliare, che la spiegazione risieda nella profondita' intima della matematica, cosa e' davvero la matematica e come si costruisce, ovvero attraverso rigide regole mentali codificate dalle leggi della logica.

Epimenide93
Ora è un po' più chiaro cosa intendi, ma continuo a non cogliere il nocciolo della questione
"Luca.Lussardi":
Il ragionamento non puo' meravigliarsi di se stesso, una cosa sorprendente o e' sbagliata o non la si e' capita, secondo me.

non capisco che vuoi dire quando parli de "il ragionamento". Tu ed io ragioniamo in maniera diversa. Un tuo ragionamento non può sorprendermi? A maggior ragione se in un primo momento non lo capisco ed in seguito mi diventa chiaro. Inoltre, anche l'ingegneria sebbene non sia basata su dei postulati progredisce solo grazie al ragionamento. Un apparecchio geniale costruito da qualcuno più intelligente di me non dovrebbe sorprendermi solo perché l'ha costruito usando il suo ragionamento? Cosa c'è di diverso se il risultato brillante di un matematico mi sorprende? Il fatto che poi io possa leggere la dimostrazione e capire perché il risultato è giusto non toglie che lui la dimostrazione l'ha trovata, io no. So che ho toccato almeno (tre) aspetti diversi, e so che non la vuoi buttare sul filosofico, ma se parli per assoluti è difficile non cascarci (dicendo "il" ragionamento, e personificandolo dicendo "(non) può meravigliarsi" è lecito che io mi chieda non solo cosa sia il ragionamento, ma anche che vuol dire che il ragionamento possa meravigliarsi di qualcosa che non sia se stesso, come la tua frase lascia sottintendere).

EDIT nel frattempo ha risposto killing_buddha, mi riservo di aggiungere qui modifiche per, eventualmente, rispondere anche a lui.

killing_buddha
Non mi sembra di avere usato la parola filosofia; se l'ho fatto era sovrappensiero e certamente in senso urbano (fondamentalmente perche' tutta la filosofia e' un mucchio di stronzate. (la discussione e' anche interessante per frecciate come "I just find it amusing that OP's scathing and rather correct detraction of philosophy probably could not have been formed or presented in such a structured and critical manner if he had never studied it.")

Comunque, non era mia intenzione parlare di filosofia, non c'e' niente di filosofico nell'affermazione
la matematica e' un'attivita' mentale, la mente non puo' sorprendere se stessa.

se non nel senso spregiativo del termine "filosofia". Il problema maggiore e' evidentemente che ciascuno dei termini necessita di una definizione, a seconda della quale il valore dell'affermazione cambia: a seconda di cosa sia la matematica possiamo o meno concordare che essa sia un'attivita' mentale (per me lo e' solo fino a un certo punto; ha una dimensione ludica, e persino ludica nel senso sessuale del termine). A seconda di cosa sia la mente, poi, possiamo disquisire sulla relazione tra matematica, mente e mondo; e a seconda di cosa chiamiamo "il processo con cui il soggetto acquisisce consapevolezza dell'oggetto" (alcuni lo chiamano Qualita', altri lo chiamano Tao, altri lo chiamano "seghe") possiamo disquisire a proposito della capacita' della mente di stupire se' stessa.
Del resto, cos'e' lo stupore, presuppone coscienza di se' e del fenomeno che stupisce? O piuttosto ne presuppone l'ignoranza? Ed e' possibile esibire anche solo un oggetto che sia dimostrabilmente diverso da un figmento della mia immaginazione (e', cioe', possibile confutare in modo diretto il solipsismo)?

Queste sono, ovviamente, disquisizioni linguistiche vuote. Il mio parere e' che, relativamente alla matematica, questo tipo di domande siano importanti (perche' basilari, sono il fondamento nascosto, ancorche' invisibile, della nostra pratica) ma che dare una risposta consona presupponga una conoscenza pressoche' totale della materia di cui si stanno cercando i principi primi.

Fondamentalmente e' in questa ragnatela che cadono logici e filosofi: "pretendendo" di voler spiegare cos'e' la matematica, senza avere pero' alle spalle una conoscenza tecnica solida, rischiano di dimenticare (in modo capzioso, cioe' al solo scopo di giungere alla tesi che hanno gia' pre-scelto come definitiva, oppure per semplice e incolpevole ignoranza) alcuni dettagli che li costringerebbero a modificare le loro opinioni su cosa siano i fondamenti dell'una o dell'altra teoria.

Detta in poche parole: quali che siano i fondamenti della matematica essi devono essere edificati sulle evidenze pratiche date dagli "working mathematicians"; conoscere queste evidenze presuppone uno studio completo (perche' il diavolo e' nei dettagli, spesso minuscoli, tutti noi lo sappiamo bene) di _tutti_ i rami della disciplina che si sta cercando di assiomatizzare. Tralasciarne qualcuno invalida, potenzialmente, le conclusioni che si rischiano di trarre.

A tal proposito non reputo sia un caso che molti matematici, in tarda eta', migrino verso l'indagine dei principi primi: l'eta' determina una crescita della sensibilita' verso domande elementari, quelle che per natura (o purtroppo anche per la spocchia di qualcuno) solitamente nessuno tratta; l'eta' determina anche una crescita della pertinenza tecnica necessaria a esprimersi con proprieta' di linguaggio. Un esempio emblematico di questo principio e' questo talk di Jean Benabou.

Ecco che allora _in linea di principio_ il logico che parla di fondamenti dovrebbe conoscere la teoria di Galois, l'analisi numerica e le equazioni differenziali, la teoria degli insiemi... E un filosofo non dovrebbe disdegnare l'astronomia, la chimica, la zoologia, la linguistica, la mera pertinenza in diverse lingue straniere e una conoscenza dei punti salienti delle loro letterature, etc, etc.

Questo non avviene, perche' il sapere (o le applicazioni di questo sapere), ormai ramificato in modo inumano, e' forzato a un certo punto a convergere verso dei risultati, che ancorche' imperfetti sono perlomeno applicabili. Il fatto che in filosofia non vi sia punto di partenza o di arrivo, perche' si continua a disquisire di questioni che sono applicabili alla persona di qualsiasi tempo, espone la materia al rischio di non produrre mai dei "risultati" fruibili, e sufficientemente solidi per poterli usare da gradino. In primissima approssimazione, questo e' il motivo per cui la ricerca filosofica "non termina"; non e' strutturalmente fatta per terminare.

In primissima approssimazione, ancora, quando due persone disquisiscono di matematica, e non concordano, almeno una delle due ha torto. Questa e' una differenza sostanziale con la filosofia, dove esistono certo tesi davvero indifendibili, ma e' tanto piu' difficile confutare un argomento quanto piu' e' raffinato il linguaggio che lo espone. Consci (o inconsci) di questa sottigliezza linguistica, i millenni hanno raffinato enormemente la nostra capacita' di dire cose; ma la capacita' di dire cose "vere" (entro un certo intervallo di vallidita', entro un determinato schema di assiomi, etc. etc.) e' stata appannaggio esclusivo di quel ramo di filosofia che e' poi maturato in scienza.

Luca.Lussardi
La mia frase era riferita al contesto in cui era inserita, non c'entra la filosofia, cosa che credo c'entri invece nelle domande di killing_buddha. Io mi stavo limitando a dire che il risultato matematico non mi meraviglia perche' la matematica e' una costruzione mentale, nel senso che e' essenzialmente fondata su verita' postulate quasi ad arbitrio e costruita seguendo le leggi stesse del ragionamento, il ragionamento non puo' meravigliarsi di se stesso, una cosa sorprendente o e' sbagliata o non la si e' capita, secondo me.

Epimenide93
@Luca.Lussardi @killing_buddha Sinceramente non capisco cosa ci vediate di filosofico nella frase
"Luca.Lussardi":
la matematica e' un'attivita' mentale, la mente non puo' sorprendere se stessa.
a me, messa così, sembra più bullshit (termine che uso senza alcuna intenzione di risultare offensivo, nel senso tecnico discusso in questo articolo
bullshit, in contrast to mere nonsense, is something that implies but does not contain adequate meaning or truth
an important adjutant of pseudo-profound bullshit is vagueness which, combined with a generally charitable attitude toward ambiguity, may be exacerbated by the nature of recent media
The concern for “profundity” reveals an important defining characteristic of bullshit (in general): that it attempts to impress rather than to inform; to be engaging rather than instructive
). Ovviamente riconosco che la mia potrebbe essere solo un'incomprensione, se Luca.Lussardi ha voglia di spiegarmi cosa intendeva, magari riesco a capire.

Luca.Lussardi
Se vuoi spostare la discussione sul piano filosofico ti abbandono, non sono ne' competente ne' interessato.

killing_buddha
...oppure che a volte la commutativita' viene implicata da altre proprieta':

Se su uno stesso insieme sono definite due operazioni di monoide (cioe' moltiplicazioni associative e unitarie) che hanno lo stesso elemento neutro che che distribuiscono vicendevolmente una sull'altra, allora queste operazioni sono la stessa, e questa unica operazione e' per forza commutativa.
Tra le altre cose, questo implica che i gruppi di omotopia di un gruppo topologico sono tutti commutativi; ed ecco che la proprieta' commutativa vale perche' qualcosa di piu' raffinato la induce (e', dunque, lo specchio di qualcosa di piu' raffinato).
Alla scuola elementare e' sbagliato insistere con le regole per fare le operazioni e riempire i bambini di stupidi algoritmi da imparare a memoria, la matematica va insegnata partendo dalle cose concrete, la mamma va al mercato ecc... non pagine e pagine di operazioni in colonna.

Chi ha detto il contrario? Semplicemente, come dicevo prima e come ripete Epimenide appena sopra di me, non compete a te decidere quando e quanto muovere un discente verso l'astrazione.
Astrazione che e' per sua stessa natura una semplificazione, perche' nasce (specie nei bambini) dal desiderio di affermare "ma quindi A e B sono la stessa cosa, no?", stanno sotto la stessa egida, fanno parte dello stesso campo semantico).
La pratica matematica e' per la maggior parte fatta di questo processo di traduzione.
Io non mi meraviglio di un risultato matematico, perche' la matematica e' un'attivita' mentale, la mente non puo' sorprendere se stessa.

E' un crinale molto pericoloso e discutibile, questo :) sono sicuro che tu non voglia incamminartici (cos'e' la mente? Cosa significa quel che hai detto alla luce della sua definizione? E' vero che la matematica e' priva di una dimensione immanente? Ed e' vero che essa e' puramente razionale?...)

Epimenide93
"Luca.Lussardi":
la matematica raffinata e' un upgrade della matematica piu' elementare, non e' una matematica piu' "vera" e piu' "giusta".

Non è raro che si capiscano cose riguardanti concetti semplici disturbando concetti molto più complicati. Perché non riesco a trovare una formula risolutiva per i polinomi di grado superiore al quarto? Perché i gruppi $\text{Sym}(n)$ per $n>4$ non sono risolubili. Alle medie si impara una regoletta per massimo comune divisore e minimo comune multiplo. Il fatto che abbia anche solo senso parlare di questa cosa è dovuto al fatto che gli interi formano un dominio euclideo. Alle superiori, o al primo anno di università salta fuori il determinante di una matrice quadrata. La prima cosa che in genere uno studente pensa è: "Qualcuno riesce a giustificarmi questo orrore e dirmi da dove salta fuori?", il problema è che per farlo serve l'algebra multilineare. Per non parlare di cose appena più complesse, che si sono capite solo grazie all'uso di strumenti molto più complessi. Poi è fuori da ogni dubbio che a volte un raffinamento è solo un raffinamento e non dice nulla di più su concetti più semplici, ma non è vero che sia sempre così, specialmente quando si indaga la natura delle strutture.

Su quanto presto debba venire l'astrazione secondo me è inutile discutere in termini di età. Dipende dalle inclinazioni del singolo individuo. Si accetta facilmente che persone diverse maturino con ritmi diversi sotto ogni aspetto della vita pratica e non si riesce ad accettare che alcuni siano spinti verso l'astrazione già alle elementari, mentre altri debbano esservi condotti in maniera guidata alle superiori. Di fatto si ignora questa diversità e si costringono le persone ad astrarre troppo tardi o troppo presto solo perché chi si occupa di istruzione ha in mente la propria età ideale in cui si debba astrarre (e lo stesso discorso si può fare, mutatis mutandis, sul rispetto delle regole o sullo sviluppo della creatività).

"Dont'Wobble":
vale la proprietà commutativa, ma perché vale?

Scegli un sistema assiomatico (ZFC è il più gettonato) che puoi pensare come l'insieme di regole fondamentali che accetti senza discutere. È ragionevole che queste debbano essere il più semplice possibile, e se ZFC non ti convince, o hai voglia di mettere in discussione anche questi assiomi sono possibili una marea di approcci diversi, come un logico potrebbe spiegarti meglio del sottoscritto. Facciamo finta per amor del discorso che ZFC ti piaccia. Come puoi notare non si parla né di numeri né di commutatività. A questo punto ci si rimbocca le maniche ed è tutto da dimostrare. Costruisci all'interno del tuo sistema assiomatico degli oggetti che chiami numeri naturali (una possibilità è quella di prendere gli ordinali di Von Neumann finiti) e definisci delle operazioni su di essi (sto semplificando, prima bisogna definire cosa sia un'operazione, che le tue definizioni siano ben poste, ecc.), a quel punto hai una moltiplicazione, sai come si comporta sui tuoi oggetti, e dimostri la proprietà commutativa come un teorema. La proprietà commutativa si dimostra per induzione doppia, che è un modo semplice per mascherare un'induzione transfinita su $2 \omega$. Quindi non solo è un teorema, ma è un teorema complicato da dimostrare. Esistono strutture non commutative, e se ti troverai a lavorare su queste noterai che la commutatività ha delle conseguenze molto più profonde di quanto immagini sulle strutture che la rispettano (ovvero che quando non c'è cadono una marea di proprietà che applichi quasi ciecamente se sei abituato a lavorare in ambito commutativo).

xAle2
Risposta a Luc@s, messa in spoiler perchè non proprio pertinente al post

Luc@s
Molto dipende anche da chi lo insegna (inteso come persona fisica).... se non e' un bravo docente, si puo finire per odiarla o non capirla.

Magma1
"Dont'Wobble":

P.S. : Non vi ha mai affascinato la banale proprietà commutativa della moltiplicazione: 5x3, ad esempio. Fa 15, ma anche 3x5 fa 15... straordinario... ma perché ? Sì, lo so vale la proprietà commutativa, ma perché vale ?

Non so se può essere utile il mio intervento, ma anche io mi diletto sia nella matematica che nella filosofia.

Recentemente, per pura curiosità, ho iniziato a leggere "Storia della matematica, Carl B. Boyer, Monadadori, 2015" in cui mi ha colpito molto questo estratto:

L'algebra geometrica dei greci colpisce il lettore moderno per la sua eccessiva artificiosità e difficoltà; a coloro che la usavano e che si erano abituati a effettuare le sue operazioni, probabilmente sembravano uno strumento conveniente. La legge distributiva distributiva $a(b+c+d)=ab+ac+ad$ era senza dubbio molto più evidente per un matematico greco che non per un giovane studente di algebra di oggi: infatti il primo poteva facilmente immaginare le aree dei rettangoli che compaiono in questo teorema, il quale dice semplicemente che il rettangolo costruito su $a$ e sulla somma dei segmenti $b, c, d$ è uguale alla somma dei rettangoli costruiti su $a$e su ciascuno dei $b,c,d$ presi separatamente.
Analogamente l'identità $ (a+b)^2=a^2+2ab+b^2$ appare evidente dalla seguente figura:

[img]http://polymathematics.typepad.com/.a/6a00d8341bfda053ef00e5539b8e168834-pi[/img] [nota]Storia della matematica, Carl B. Boyer, Monadadori, 2015, pp. 93[/nota]; [nota]Immagine trovata per caso, e per fortuna, nel seguente sito http://polymathematics.typepad.com/math ... uared.html[/nota]


Inoltre
La proprietà commutativa della somma dipende dal fatto che in un parallelogramma $OACB$ i lati opposti sono ugali e paralleli.
Da questo infatti discende che $\vec v$=$\vec (OA)$=$\vec (BC)$, $\vec w$=$\vec (OB)$=$\vec (AC)$, perciò

$\vec v$+$\vec w$=$\vec (OA)$+$\vec (AC)$=$\vec (OC)$; $\vec w$+$\vec v$=$\vec (OB)$+$\vec (BC)$=$\vec (OC)$
[nota]Analisi matematica 1, M. Bramanti, Carlo D. Pagani, S. Salsa, Zanichelli, 2015, pp 363[/nota]

Un discorso analogo può essere esteso alla moltiplicazione.

Diciamo che un approccio più pratico, e meno astratto (mi riferisco ai primi approcci, sia chiaro), renderebbe la matematica più comprensibile per la maggior parte delle persone; peccato che alle scuole elementari, medie e licei si impegnino per renderla odiata da molti.

Luca.Lussardi
L'astrazione e' una cosa che viene dopo, non e' una cosa che deve venire subito. Alla scuola elementare e' sbagliato insistere con le regole per fare le operazioni e riempire i bambini di stupidi algoritmi da imparare a memoria, la matematica va insegnata partendo dalle cose concrete, la mamma va al mercato ecc... non pagine e pagine di operazioni in colonna. Questa e' l'idea della matematica che io ho, i concetti piu' profondi nascono da idee molto semplici e concrete (De Giorgi era uno specialista in questo), poi se uno vuole arriva in alto con una matematica raffinata, ma la matematica raffinata e' un upgrade della matematica piu' elementare, non e' una matematica piu' "vera" e piu' "giusta". Non ho mai detto che la matematica si deve limitare ai concetti elementari, ma se devi spiegarlo a chi non conosce neanche quelli elementari cosa fai? E' chiaro che io ai miei studenti del quarto anno insegno la curvatura di una varieta' riemanniana col calcolo tensoriale, ma se devo spiegare al secondo anno la curvatura uso la superficie nello spazio euclideo e faccio tutto il calcoletto di Gauss. E' esattamente quanto osservavo prima, ogni domanda merita una risposta al livello giusto, e nessuno qui nega l'esistenza di varieta' esotiche, per quanto meravigliose siano o no, e questo resta un punto di vista: la meraviglia. Io ho imparato una cosa facendo ricerca: quando mi meraviglio di un risultato vuol dire che o e' sbagliato oppure non l'ho capito. Io non mi meraviglio di un risultato matematico, perche' la matematica e' un'attivita' mentale, la mente non puo' sorprendere se stessa. La cosa di cui mi meraviglio e' il fatto che ogni tanto (come piaceva dire ad Einstein) la matematica riesce a descrivere con straordinaria precisione una legge della natura, questo si' e' meraviglioso, non nel senso che e' bello ma nel senso che e', per quanto mi riguarda, inaspettato.

killing_buddha
"Luca.Lussardi":
Scomodare concetti complicati che solo uno specialista conosce e' barare al gioco

No, neanche per sogno :) oppure stiamo giocando giochi molto diversi, io e te.
io ho tirato in ballo la moltiplicazione tra numeri interi, non la commutativita' in un anello, posso benissimo anche io, visto che mi hai citato esplicitamente, mettermi a parlare di rettificabilita' o di correnti di area minima, ma a che scopo? Per mostrare i muscoli?

Anche qui, no, tutto il contrario: lo fai allo scopo di mostrare che negare proprietà "evidenti" è il motore primo per creare matematica raffinata ed estremamente sofisticata. E allo scopo di mostrare che "c'è molto di più nelle vostre filosofie, Orazio, etc etc...", perché quando non hai timore di parlare a un ragazzino di coomologia lo fai entrare in contatto con idee potenzialmente entusiasmanti. Ci sono stati matematici molto illustri (per esempio Artin) che hanno scritto libri di algebra lineare... senza usare l'algebra lineare, ovvero senza usare il calcolo con le matrici. Rispondendo esattamente nello stesso modo in cui rispondi tu: a che pro confondere le acque somministrando ai ragazzi pericolose dosi di astrazione?
Noi oggi ridiamo in faccia a quella miopia, fortunatamente, e insegnamo in fretta ad astrarre ai giovani (almeno, glielo insegnamo un pochino) proprio perché in una prospettiva astratta i concetti diventano semplici; ma lo stesso atteggiamento rimane nascosto dietro le pieghe di tante altre scelte di campo.
Far percepire a uno studente che dietro le mani hai roba meravigliosa che lui non capisce è il modo migliore per assicurarsi la sua fedeltà.

tirando in gioco concetti elementari noti a tutti, perche' e' da quelli che la matematica si origina.
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E' da quelli che si origina, ma certamente non è a quelli che si limita. E negare l'esistenza delle varietà esotiche perché "tanto voi fisici queste cose non le capite" è delittuoso ed estremamente arrogante, al contrario di chi dice semplicemente "ciò che vi sto raccontando è una semplificazione di un fatto molto più intricato. Sarò contento di spiegare cos'è davvero questa idea a chi ne sia interessato". Ma oh, dimenticavo che per fare la seconda cosa bisogna sapere davvero la matematica :) perché lì, quando uno studente ti chiede lumi mica puoi barare, cadono le semplificazioni cui lo volevi costringere, e cade soprattutto la semplificazione cui ti sei costretto tu.

Luca.Lussardi
Scomodare concetti complicati che solo uno specialista conosce e' barare al gioco, io ho tirato in ballo la moltiplicazione tra numeri interi, non la commutativita' in un anello, posso benissimo anche io, visto che mi hai citato esplicitamente, mettermi a parlare di rettificabilita' o di correnti di area minima, ma a che scopo? Per mostrare i muscoli? Io cerco sempre, nel limite del possibile, di mantenere le risposte al livello della domanda posta, la domanda non richiedeva una risposta da specialista, e cosi' l'ho data, tirando in gioco concetti elementari noti a tutti, perche' e' da quelli che la matematica si origina.

Luc@s
era riferito all'OP non a te :)

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