Curiosità epistemologica

Paolo902
Arrivo da una settimana (neanche intera, peraltro) molto intensa, piena di compiti e interrogazioni a scuola. Tra le altre cose, un'interrogazione di Filosofia su Galileo, Copernico, Bruno (e in generale Rivoluzione Scientifica e Astronomica) Cartesio, Spinoza e Popper (approfondimento fuori programma del professore). Al di là del fatto che questa parte del programma di Filo è davvero fantastica, mi è sorta una curiosità epistemologica studiando questi filosofi (soprattutto Popper e Galilei).

Oggi, la scienza è più deduttiva o induttiva?

L'argomento è - almeno per me - decisamente affascinante. Ho studiato che in Galileo convivevano entrambi i momenti, tanto che non si può parlare di un Galileo solo induttivista o solo deduttivista. Egli ammetteva l'esistenza e la compresenza delle necessarie dimostrazioni e delle sensate esperienze (questi i termini che egli stesso usò). Egli era convinto che questi due aspetti del suo metodo scientifico non si escludessero, anzi si implicassero a vicenda (e dimostra anche questa doppia implicazione, dicendo che, da un lato, le sensate esperienze devono essere spogliate di tutte le loro attribuzioni qualitative, devono essere matematizzate; dall'altro il Pisano dice che le necessarie dimostrazioni devono per forza bagnarsi nell'esperienza per essere verificate - il cosiddetto cimento galileiano).
Insomma, l'ennesima dimostrazione del genio rinascimentale-barocco (barocco perchè vive tutte le contraddizioni di quell'epoca) di Galilei.

Tuttavia, sappiamo anche che oggi il modello proposto da Galilei non è più valido, almeno non lo è più dopo le tesi falsificazionistiche di Karl Popper. Le tesi popperiane si possono certamente leggere come il risvolto gnoseologico della teoria della relatività (ma anche, più in generale, degli anni della "crisi della Matematica": si pensi ai lavori di un Godel che sconvolgono l'universo scientifico della prima metà del "secolo breve").
Ciò che però mi interessa capire - da qui è partita la lunga riflessione; perdonatemi ma avevo bisogno di scrivere! :wink: - è se oggi la scienza sia più deduttivista o più induttivista. So che il metodo induttivo - che viveva tranquillo almeno fino alle tesi neopositivistiche del Circolo di Vienna - è stato duramente contestato dalla epistemologia popperiana e russeliana (vedi il "mitico" aneddoto di B. Russel del Tacchino induttivista).

Ma allora - mi chiedo io - perchè noi (intendo noi studiosi e amanti della Matematica) studiamo il metodo induttivo? In tutte le dispense di Analisi, TdN e Algebra almeno un paragrafo è dedicato a questo metodo che sembra ancora essere valido. Con l'induttivismo dimostriamo proposizioni del tipo "la somma dei primi $n$ numeri naturali è $n(n+1)/2$" et similia.
Perdonatemi e abbiate pazienza: che cosa ne pensate? E' uan riflessione così stupida e amena? O ha un fondamento logico?

Spero di non aver detto troppe scemenze. Come al solito, un grazie per il vostro aiuto e per la vostra presenza.

Ciao,
Paolo :wink:

Risposte
Paolo902
Ciao Sergio.

Grazie davvero per la tua esauriente risposta. Avevo letto qualche tuo post in questa sezione e ne ero già rimasto piacevolmente colpito. Avevo apprezzato anche i tuoi commenti riguardo alla discussione che c'era stata riguardo "tutti i gatti sono verdi"; in quell'occasione, avevo guardato sia la voce di wiki sul positivismo logico sia il pdf di Pizzi sulla Filosofia della Scienza (purtroppo non ho ancora trovato un po' di tempo per leggere le dispense con calma). Ti ringrazio per ciò che mi hai spiegato nel tuo post. Purtroppo io non ho ancora studiato Kant (e nemmeno Hume), anche se il mio professore di Filo una volta mi ha detto che sicuramente apprezzerò Kant, visto che amo la Matematica. E' stato interessante ripercorrere le tappe del pensiero (partendo addirittura da Parmenide, il "venerando e terribile" :wink:).

Le conclusioni che trai - riguardo la validità della modellizzazione - sono semplicemente straordinarie. Sono un amante dell'Analisi e sto studiando il vastissimo universo delle equazioni differenziali; sto scrivendo un libro sull'argomento in cui analizzo non solo il lato teorico di ogni tipo di ODE ma anche le diverse applicazioni pratiche, i modelli, appunto. Dunque, ho trovato interessante tale riferimento (eccellente poi la connessione con Volterra-Lotka e prede-predatori).

Infine, un grazie anche per l'esauriente bibliografia (il libro di Pirsig dovrei averlo sotto nella biblioteca di famiglia; quello di Israel penso che lo cercherò e me lo comprerò prima possibile).

Davvero, Sergio, un grazie enorme per avermi dedicato il tuo tempo. Terrò presente questo post anche in futuro e lo affiancherò al mio libro e ai miei appunti di Filosofia.

Grazie ancora. Buon pomeriggio.

A presto,

Paolo :wink:

gugo82
"Sergio":

Mi pare che oggi il problema della conoscenza empirica - non matematica - sia ormai affrontato in altro modo, né deduttivo (quello che deduco da premesse vere è vero), né induttivo (l'esperimento mi permette di indurre e poi confermare una "legge di natura"), ma "modellistico": costruisco un modello (matematico) della realtà, lo posso trarre "per induzione" dai fenomeni che studio, ma anche da fenomeni che non hanno nulla a che vedere con quelli che studio, lo uso finchè mi è utile (alcuni direbbero: finché ha un valore predittivo, finché cioè mi consente di prevedere i fenomeni), quando non mi è più utile lo cambio, oppure lo butto e lo sostituisco con un altro. Il modello è solo utile; in particolare, potendo sempre essere modificato o sostitutito, non ha mai la pretesa di essere "legge di natura".

Sbaglio o quest'approccio "modellistico" è figlio dell'impossibilità di conoscere la cosa in sé?

Un modello matematico si limita a predire certi eventi (i quali non sempre sono immediatamente verificabili, ma questo è un altro discorso...): in un quadro del genere si vede che la Fisica Teorica* non fornisce affatto una descrizione della realtà ultima delle cose.

Questo punto mi pare molto interessante. L'uomo non sa dire nulla sul come sia la realtà, però può coerentemente spiegare come si è arrivati al punto in cui siamo e può anche tentare di dare una risposta al quesito sull'evoluzione dell'universo.


____________________
* Intendo il ramo della Fisica che formalizza matematicamente le teorie derivate dagli esperimenti, creando un sistema assiomatico nel quale i risultati sono formalmente verificabili

Paolo902
Carissimo,

anzitutto grazie per la risposta. Io la vedo così (forse un po' troppo schematicamente, però mi pare uno schema accettabile). Due sono i modi di riflettere:

i) DEDUTTIVISMO: (da asserzioni universali ad asserzioni particolari): metodo caro al sapere scientifico che fin dai tempi di Democrito è abituato a dedurre (più o meno razionalmente) una determinata legge. Tale metodo parte da una legge generale e ne verifica nel concreto la sua validità. Es: "La somma degli angoli interni di un triangolo qualsiasi è pari a due retti" (asserzione universale). Noi poi ne facciamo uso quando stiamo analizzando un triangolo nello specifico (asserzione particolare).

ii) INDUTTIVISMO: (da asserzioni particolari ad asserzioni universali). Verificata la validità di una certa legge per un numero predefinito di casi, allora affermo che quella legge è valida sempre. Per carità, non sto negando la validità del principio di induzione in Matematica (nè potrei, visto che se non sbaglio vige un Teorema che lo dimostra); partendo dal fatto che questo metodo non è sempre lecito nella vita quotidiana (vedi tacchino induttivista e tesi falsificazionistiche di Popper) mi sono chiesto fino a che punto è lecito oggi riflettere secondo questo schema mentale.

Per ora, grazie e buonanotte.

A presto,

Paolo

ViciousGoblin
Caro Paolo90

non mi addentro in problemi epistemologici, che sento affascinanti ma su cui non mi reputo abbastanza ferrato.
Sono pero' abbastanza sicuro che il "principio di induzione", che e' quello a cui tu ti riferisci, credo , nel tuo messaggio
ha poco a che vedere con il metodo induttivo. Si tratta infatti di un certo assioma dal quale si "deducono" le proprieta'
connesse con i numeri naturali e che vuole riflettere il fatto che i naturali si ottengono TUTTI a partire da zero eseguendo
l'operazione di successivo. Chiedo lumi ai piu' esperti sulle motivazioni (storiche??) del nome "pricipio di induzione".

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