Che cosa veramente conosciamo?

Federiclet
Ciao
Sembra che sia abbastanza diffusa l'idea che la realtà sfugga dalla nostra presa, e c'è chi afferma con un certo compiacimento che non ci é data che un'immagine virtuale della realtà, motivando ciò col riferimento alla natura rappresentativa della intuizione sensibile.
Onde, la domanda: "che cosa veramente conosciamo".
Dichiaro qui la mia posizione in attesa di argomentarla nel corso della discussione, e mi considero un realista moderato, secondo l'antico adagio 'nihil in intellecto sine prius in re" Nulla é nell'intelletto che non sia prima nella cosa, dove la cosa, può essere l'intelletto stesso sotto il profilo di oggetto della conoscenza, o di agente dell'esistenza di enti mentali, quali sono anche e in parte, gli enti matematici.

a voi la parola

ciao
fede

Risposte
mariodic
"stepper":

Mi rendo conto (e in questo faccio un atto di conoscenza) che inserirsi nella contrapposizione filosofica tra "realismo" e "soggettivismo" può apparire semplicistico alla luce di gran parte della filosofia più recente che ripercorre i solchi tracciati per esempio dalla fenomenologia di un Husserl o di un Heidegger, ma preferisco fare un balzo all'indietro......
Mi preme subito far memoria, riferendomi al tuo post testè richiamato, del fatto che le posizioni di realismo (oggettivismo) e soggettivismo non possono essere confutate da qualsiasi diatriba tra opposti sostenitori delle due posizioni. Va però detto che l'assunzione di una o l'altra posizione può certamente facilitare il lavoro di chi deve occuparsi di questo o quel ramo del sapere. Per esempio il progettista e il direttore dei lavori di un fabbricato, ancorchè convinti soggettivisti, fanno proprio bene a fingersi oggettivisti per proseguire efficacemente nello svolgimenti del loro lavoro; all'opposto, i passi iniziali lentissimi -come di coloro che hanno una palla al piede- che caratterizzarono i primi scienziati che, a inizio '900, s'imbatterono nelle stranezze delle fenomenologie quantistiche, ben presto si accelerarono quando quei padri della MQ, scientemente o no, finirono per addolcire la tradizionale e rigida posizione realista che ispiro massimamente il mondo scientifico del XIX secolo. Gli oggetti "logici" -quelli che comunemente chiamiamo oggetti del pensiero o oggetti mentali- che matematicamente e nella logica sono, per esempio, gli oggetti relazionali come: "+", "<", ">" oppure i nomi comuni che richiamano insiemi di cose, concetti o oggetti di qualsiasi tipo, i numeri, ecc., sono anch'essi degli osservabili al pari di qualsiasi evento o cosa "fisica"; i primi passi lenti all'inizio della MQ, si accelerarono quando si pensò di considerare gli eventi osservati, non già come fatti fisici nel senso tradizionale, ma fatti logici o "del pensiero" in quanto, con questi ultimi, quasi si confondevano.

stepper1
"mariodic":
...occorrerebbe stabilire se "conoscenza" possa essere intesa come somma di "informazioni" o di qualche altra funzione di queste. Ma, forse, questi passi "iniziali" potrebbero richiederne altri più a monte, uno di questi dovrebbe essere la definizione del significato di "Osservatore", significato che sicuramente trascende quello che comunemente intendiamo, ecc. Questi problemi sono, in verità, toccati solo a livello filosofico, ma anche a questo livello, in modo non radicale, specie per quanto riguarda il concetto di "Osservatore" che non va molto più oltre il significato comune. Su questa materia c'è molto da discutere ma, per questo, bisognerebbe essere pronti a balzi piuttosto acrobatici o meglio, molto audaci. :!: :shock:

Mi rendo conto (e in questo faccio un atto di conoscenza) che inserirsi nella contrapposizione filosofica tra "realismo" e "soggettivismo" può apparire semplicistico alla luce di gran parte della filosofia più recente che ripercorre i solchi tracciati per esempio dalla fenomenologia di un Husserl o di un Heidegger, ma preferisco fare un balzo all'indietro non molto audace eppure a mio giudizio interessante. Un filosofo come Giordano Bruno, a torto tacciato di ateismo e mai finora "riabilitato" dalla chiesa cattolica, fu tra l'altro anche un mancato matematico. Oggi, alla luce dei più recenti sviluppi della matematica credo andrebbe riscoperto per il suo modo di procedere filosofico, che, seppure in alcuni punti risultasse contradditorio, aveva il merito di accettare delle congetture, come la teoria copernicana e la mancanza di un "centro" dell'universo, per quei tempi rivoluzionarie anche per alcune delle più famose università britanniche o tedesche, che certo non potevano essere tacciate di dipendenza dalla chiesa cattolica. Giordano Bruno è stato il filosofo delle congetture e le sue teorie sono tanto incredibili da apparire a prima vista fuori dalla realtà. Le congetture sono molto importanti oggi anche per la matematica, che spesso avanza ipotesi che ancora non sono state dimostrate, o che lo sono ma solo mediante procedimenti "inusuali" quali il calcolo automatico (si pensi al teorema dei quattro colori). Per conto mio penso che più pericolosi delle congetture per la matematica siano stati i postulati, come il quinto delle rette parallele, che non è dimostrabile in nessun modo e la cui rimozione ha spianato la strada alle geometrie non euclidee e alla teoria della relatività di Einstein.

mariodic
"ninì":
Credo di afferrare, anche se poi mi sgusciano tra le dita, i concetti che hai tentato di illustrare. Però non è di questo che vorrei dire qualcosa, piuttosto mi incuriosisce un poco l'idea sulla presunta "misurabilità" della conoscenza, ricordo vagamente di aver letto qualcosa sull'argomento ma non ricordo di esserne stato colpito. Vedo che anche tu hai delle perplessità al riguardo.
Il problema della "misurablità" della "conoscenza" (intesa in senso assoluto) è un problema veramente complesso la cui soluzione -nel senso della scoperta di un criterio "assoluto" di misura della conoscenza- credo che rivoluzionerebbe completamente, ed oltre ogni immaginazione, lo stato della scienza; al massimo disponiamo di criteri di misurazione comparativi o, al più, empirici e parziali come è il caso della probabilità.
Qualunque discorso di approfondimento della questione richiederebbe almeno i seguenti passi iniziali: una definizione scientifica e rigorosa di ciò che dovremmo intendere col termine "conoscenza"; poi definire con altrettanta precisione ciò che devesi intendere col termine "informazione" e, per completare questo quadro iniziale, stabilire il (o un) rapporto matematico tra le due cose, per esempio, occorrerebbe stabilire se "conoscenza" possa essere intesa come somma di "informazioni" o di qualche altra funzione di queste. Ma, forse, questi passi "iniziali" potrebbero richiederne altri più a monte, uno di questi dovrebbe essere la definizione del significato di "Osservatore", significato che sicuramente trascende quello che comunemente intendiamo, ecc. Questi problemi sono, in verità, toccati solo a livello filosofico, ma anche a questo livello, in modo non radicale, specie per quanto riguarda il concetto di "Osservatore" che non va molto più oltre il significato comune. Su questa materia c'è molto da discutere ma, per questo, bisognerebbe essere pronti a balzi piuttosto acrobatici o meglio, molto audaci. :!: :shock:

ninì2
"mariodic":

*L'"IO" è la Singolarità -come dire il seme- intorno alla quale si autocostruisce e si autoriprodice la complessità logica frattalica dell'universo.

*La Conoscenza è senza dubbio una grandezza quantificabile benchè non sappiamo bene come farlo in modo scientificamente corretto, per ora il meglio che si ha a disposizione è l'associazione di un numero ad un evento che ne esprime la probabilità o una funzione di questa; la probabilità, tuttavia, è solo una misura comparativa, non assoluta.
Credo di afferrare, anche se poi mi sgusciano tra le dita, i concetti che hai tentato di illustrare. Però non è di questo che vorrei dire qualcosa, piuttosto mi incuriosisce un poco l'idea sulla presunta "misurabilità" della conoscenza, ricordo vagamente di aver letto qualcosa sull'argomento ma non ricordo di esserne stato colpito. Vedo che anche tu hai delle perplessità al riguardo.

mariodic
"Federiclet":

Onde, la domanda: "che cosa veramente conosciamo".
Dichiaro qui la mia posizione in attesa di argomentarla nel corso della discussione, e mi considero un realista moderato, secondo l'antico adagio 'nihil in intellecto sine prius in re"
Caro Federiclet,
Riprendo il post di apertura di questa discussione per concentrarmi sulla domanda che pone, cercherò di esporre le mie convinzioni al riguardo ponendomi, se ci riesco, in una posizione neutra rispetto a quelle opposte di realista e di idealista, ciò nel senso di argomentare in modo sperabilmnte condivisibile da entrambe le correnti di pensiero.
Diciamo di conoscere o sapere qualcosa quando sappiamo descrivere la cosa stessa, che può essere sia un oggetto fisico che un oggetto del pensiero, cioè, un oggetto logico come, per esempio, un teorema matematico. Ci rendiamo conto che questa conoscenza la percepiamo come, in qualche modo, quantificabile, appunto in ragione della capacità di fornire la descrizione della cosa. Ma qui viene il bello: è ovvio che non siamo in grado di fornire assolutamente nessuna informazione di cose di cui nulla sappiamo, neppure della loro possibilità di esistenza, ma, d'altro canto, neppure siamo in grado di fornire la descrizione di cose che conosciamo più che bene, fatta salva la sola denominazione. Stiamo parlando di quelle cose o concetti la cui descrizione è inutile perchè nessuno sarebbe in grado o si sentirebbe di confutarle, per esempio è praticamente impossibile descrivere un oggetto come il tempo senza cadere, già alla seconda parola di un eventuale tentativo di descrizione, in una tautologia, oppure come il punto geometrico la cui, diciamo così, descrizione si richiama immediatamente ad altri enti parimenti indescivibili; si tratta, come si vede, di oggetti logici. Credo di poter affermare che questi oggetti massimamente conosciuti , che apparentemente sembrano "semplici", sono tali perchè "acquisiti" dalla complessità dell'universo, complessità di cui noi siamo parte e sulla quale puntiamo, diciamo così, i piedi per qualchessia nostra azione, definizione, descrizione, osservazione ed, in breve, la vita.
Lascio a chi vuole di dire la sua su questo argomento. C'è molto da dire.

mariodic
"Federiclet":
Non so se posta in questo modo la mia posizione regga o meno alla sua critica. Critica che, tra l'altro, presupponeva un realismo ingenuo, poco edificante.

Regge, ......regge effettivamente sulla base delle premesse logiche delineate nel post. Premesse complesse che, per poterle discutere e confrontarle con le mie andrebbero, diciamo così, "tradotte" in chiave delle mie premesse. Non è facile dal momento che la mia posizione filosofica è quella del soggettivista (o idealista) convinto, posizione veramente difficile da sostenere dal momento che l'approccio pragmatico dell'oggettivista è indispensabile anche al soggettivista per muoversi nel mondo. Fornisco di seguito un breve elenco dei principi della mia visione (o costruzione) del mondo dell'idealista:

*L'"IO" è la Singolarità -come dire il seme- intorno alla quale si autocostruisce e si autoriprodice la complessità logica frattalica dell'universo.

*Questa Singolarità è unica nell'universo e ne è l'origine (anche in senso matematico), ogni punto di questa "spuma" logica autogeneratasi intorno a questa singolarità/origine è identificabile mediante coordinate tra cui quella della "Conoscenza"; un punto è tanto più "conosciuto" quanto più prossimo è all'origine. Forse la Conoscenza potrebbe essere una forma di energia dell'universo.

*La Conoscenza è senza dubbio una grandezza quantificabile benchè non si sappia bene come farlo in modo scientificamente corretto, per ora il meglio che si ha a disposizione è l'associazione di un numero ad un evento che ne esprime la probabilità oppure una qualche adeguata funzione di questa; la probabilità, tuttavia, è solo una misura comparativa, non assoluta.

*L'IO diventa l'Osservatore Unico quando è associato all'universo logico che lo circonda, ma l'osservatore abbisogna di un'apparato strumentale e di un osservabile, queste due cose sono i mattoni dell'universo logico, dunque, l'Osservatore osserva sé stesso tramite sé stesso. Si tratta del complesso atto fondamentale ed autorefereente che rende reali la vita e l'universo.

Federiclet
Più precisamente mi sono dichiarato realista moderato, nel senso che ciò che sta nella cosa non sta allo stesso modo nell'intelletto. IL realismo di cui lei parla é quello forte, che ammette per esempio l'esistenza autonoma degli enti di ragione, degli Universali, e via dicendo. Il realismo moderato ammette nella costituzione d'oggetto l'incontro di due intenzionalità quella del pensiero che pensa la cosa e quella del fenomeno, ovvero della cosa che si manifesta. E' dunque oggettivo in un senso particolare, ovvero che l'oggetto non preesiste al soggetto, nè d'altro canto che il soggetto lo crea. L'intenzionalità dell'ente nella sua manifestazione si suppone sia connessa all'essenza dell'ente stesso, per cui intenzionalmente ma invisibilmente tale essenza, per dirla con Husserl, "la cosa stessa" si dà all'intendimento. Dal lato del soggetto, in adeguato atteggiamento ostensivo c'é il contributo dei vissuti di coscienza cointenzionati alla sua presa d'oggetto, contenuti che a più riprese vengono a costituire la materia di cui la cosa stessa é l'equivalente della forma. C'è pertanto una predilizione dell'ente come principio d'azione della conoscenza non meno che l'intelletto nel conoscente. Non so se posta in questo moido la mia posizione regga o meno alla sua critica. Critica che, tra l'altro, presupponeva un realismo ingenuo, poco edificante.

au revoir

f.

mariodic
"Federiclet":
Ciao

Dichiaro qui la mia posizione in attesa di argomentarla nel corso della discussione, e mi considero un realista moderato, secondo l'antico adagio 'nihil in intellecto sine prius in re" Nulla é nell'intelletto che non sia prima nella cosa, dove la cosa, può essere l'intelletto stesso sotto il profilo di oggetto della conoscenza, o di agente dell'esistenza di enti mentali, quali sono anche e in parte, gli enti matematici.

Dichiararsi "realista" (cioè: oggettivista, almeno secondo il mio vocaborario che uso per trattare questi argomenti) o "idealista" ovvero soggettivista (sempre secondo tale vocabolario) è solo assumere un diverso atteggiamento filosofico-interpretativo dell'universo da parte dell'osservatore che si è dichiarato in uno dei due modi. Non v'è criterio alcuno per decidere se la "realtà" del mondo sia esterna all'IO dell'Osservatore, cioè che da ragione al realista (le cose esistono in sé indipendentemente dall'Osservatore) oppure sia un'autocostuzione logica della singolarità immateriale dell'IO che rimane nell'IO stesso.
I comportamenti di vita dell'idealista e del realista sono identici, differenze ve ne sono solo nell'approccio filosofiico, se non che l'idealista (o soggettivsta), a dispetto del suo comportamento quotidiano, del tutto simile a quello del ralista, non reputa qualitativamente diversi i così detti oggetti logici, per esempio del tipo degli oggetti matematici come l'operatore "+" o oggetti consimili, da oggetti così detti fisici, come come un sasso o una sedia. L'idealista li distingue solo per lo stato di "conoscenza" degli oggetti logici e fisici:che è elevatissimo per i primi e bassissimo per i secondi.
Quanto al realista egli divide il mondo in due parti non omogenee mediante una frontiera arbitraria al di qua della quale pone gli oggetti logici come, appunto, l'operatore aritmetico "+" oppure qualità come "bello", ecc, e al di là gli oggetti fisici quali il sasso o la sedia. Sicchè il ralista sostiene che gli osservabili fisici hanno realtà in sé e possono essere catalogati mediante criteri associati ai simbolismi logici che sono dall'altro lato della frontiera ma che con questi non condividono la qualità. Egli sa benissimo che buona parte del mondo può essere delineata approssimativamente da leggi o modelli matematici non più di quanto un abile disegnatore riesca a riassumere in pochi tratti di lapis qualsiasi figura umana e no.
Per l'idealista che volesse mantenersi rigido alla purezza della sua concezione del mondo, invece, l'uso della matematica per trattare le cose del mondo fisico, dovrebbe essere impossibile a meno che, pragmaticamente, assuma il cappello del realista.
Tuttavia un idealista potrebbe trovarsi meno a disagio di quanto si trovò Plank nel 1901 di fronte alle incongruenze che si presentarono nel corso degli esperimenti sulla radiazione del corpo nero, che portarono alla (allora) pazzesca idea del quantum di energia.

adaBTTLS1
no comment.

bye-bye.

Federiclet
"adaBTTLS":
non mi riferivo al contenuto (argomenti). non farmi parlare in "logichese"... (cioè come sintassi o semantica).
dicevo semplicemente che era un po' presto, sia in termini di ore quando hai posto il problema, sia in termini di periodo di ferie, per decidere, finché non giungerà risposta in un tempo ragionevole dopo le ferie, se la tua domanda sarà presa in considerazione oppure no.
ciao.


ciao simpatica!

adaBTTLS1
non mi riferivo al contenuto (argomenti). non farmi parlare in "logichese"... (cioè come sintassi o semantica).
dicevo semplicemente che era un po' presto, sia in termini di ore quando hai posto il problema, sia in termini di periodo di ferie, per decidere, finché non giungerà risposta in un tempo ragionevole dopo le ferie, se la tua domanda sarà presa in considerazione oppure no.
ciao.

Federiclet
adaBTTLS:
OT
mi hai abbastanza sorpreso quando mi hai detto di aver mandato una e-mail... non prevedo "reazione da parte dal prof...". certo che non era mia intenzione diffondere il suo indirizzo, ma se una persona lo stampa in bella vista in ciascuno dei propri lavori in internet...
penso che sia un po' presto per valutare l'eventualità della risposta, anche perché non conosco la natura della domanda.
ciao.


Ma credevo di averla già spiegata in un post sull'altro forum
Comunque é molto semplice chiedo se la composizione dei coeffcienti del polinomio che ha per radici i numeri reali da 1 a n corrisponde a qualche entità combinatoria, che ne so, permutazioni, combinazioni, o che altro. E, poi, visto che il rapporto del penultimo con l'ultimo coefficiente é uguale al numero armonico H(n), chiedevo anche se gli altri rapporti p[n-i]/n! corrispondessero a delle somme notevoli. Tutto qui.

ciao

PS sì l'indirizzo e-mail é in bella vista sotto il nome credo dunque di non essere stato invadente.

adaBTTLS1
OT
mi hai abbastanza sorpreso quando mi hai detto di aver mandato una e-mail... non prevedo "reazione da parte dal prof...". certo che non era mia intenzione diffondere il suo indirizzo, ma se una persona lo stampa in bella vista in ciascuno dei propri lavori in internet...
penso che sia un po' presto per valutare l'eventualità della risposta, anche perché non conosco la natura della domanda.
ciao.

Federiclet
Ho una gran simpatia per i platonici, daltronde lo era anche Goedel e 'reo confesso' il che la dice lunga sull'istanza platonica in lui. E poi quello che si dice con gli scolastici un realismo forte, come quello di Anselmo d'Aosta (l'autore del Proslogion in cui espone la prova ontologica dell'esistenza di Dio) che riteneva gli Universali esistenti. Decisamente entusiasmante per il pensiero, che é lasciato dispipegarsi in tutte le sue potenzialità quando si combina con le atmosfere degli affetti, delle passioni.
Sì, una piega della discussione, oltre ovviamente a quella dell'esistenza degli Universali, di un realismo forte, può benissimo essere quella della verifica dell'universalità della intuizione sensibile, per cui stabilire se ciò che più individui vedono o in generale sentono, corrisponde o meno ad una rappresentazione omogenea. In tal caso vorrei far valere una distinzione che ho appreso da pochissimo tra percezione e sensazione, dove la prima é immediata ed inconscia, mentre la seconda é già intepretata - in termini kantiani nel senso del tempo e dello spazio, e se la mente ci torna su, secondo le categorie.
Dulcis in fundo, la matematica per la quale proporrei l'idea di "creazione adeguata" che s'attaglia bene al momento a-priorico della produzione o invenimento degli assiomi, o in termini platonici con il rimembrare l'idea, ma anche a quello che si potrebbe dire con Quine l'ontologic commitment, l'intenzionalità materiale degli schemi astratti. Ciò che infatti mi colpisce é che per essere un matematico é richiesto un quid specifico a cui pertiene l'elemento a-prioristico / platonico, astrattivo, e tuttavia come, proprio dalla creazione astratta, possano poi derivare degli insights concernenti il reale - fatto per nulla secondario - intuizioni tali nel reale da poterlo conoscere a scale fuori della portata dei sensi esterni. Se la creazione matematica occorra guardano ad un iperuranio o in interiore homine, non saprei. Perché, é anche vero che in noi, in un modo del tutto particolare, sembra sussunto l'universo, la sapienza della natura, e se uno crede, l'idea di Dio. La sapienza della natura, perché e filosogicamente e metafisicamente siamo intessuti di eredità che si perdono ben oltre la preistoria, e di materia, di pulviscolo interstellare condensato una volta nel nostro pianeta, ed entrato poi nel ciclo della vita.

alla prossima

ciao
tau

(PS il tuo prof non mi ha ancora risposto... attendo)

adaBTTLS1
ti dico brevemente un paio di cose:
- la mia posizione è fin troppo "platonica": sono quindi d'accordo che con la "conoscenza" possiamo solo "scoprire" cose che già erano nel nostro "mondo delle idee"
- la realtà esiste, ma quello che noi percepiamo passa attraverso i nostri sensi; mi ricordo che tanti anni anni fa, quando ho studiato la "critica della ragion pratica" di Kant, mi era venuta in mente una cosa riguardo la nostra percezione dei colori. la ripropongo ora: chi ci garantisce che noi vediamo i colori nello stesso modo? in fondo, noi diciamo "questa cosa è rossa" perché associamo il colore perpepito da noi con la tabella dei colori che tutti noi abbiamo imparato, e quindi anche un'altra persona direbbe la stessa cosa, però non si sa se il rosso che vedo io è lo stesso visto da altri...

questa potrebbe essere una "piega" della discussione.
un'altra, più (o meno) banale, arte e matematica: copia dalla realta o creazione?

ciao.

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