Certi integrali in fisica, tra Riemann, Lebesgue e l'analisi funzionale

DavideGenova1
Ciao, amici! Studiando testi di fisica noto che si introducono spesso derivazioni sotto il segno di integrale senza alcun commento sulle condizioni che permettono tali passaggi. In questi casi, cerco di fare attenzione a quali assunzioni sta facendo l'autore e spesso noto che la nota ipotesi che tutte le funzioni siano di classe $C^\infty$ sul dominio è sufficiente a garantire la liceità della commutazione dei segni di derivata e integrale, utilizzando per esempio questo risultato.

Studiando la derivazione della legge di Ampère, qualcosa mi ha realmente sorpreso in questa derivazione, che trovo quasi ovunque in testi on line e cartacei e che è emersa in un recente thread. Secondo la legge di Biot-Savart, il campo magnetico nel punto $\mathbf{x}$ è \[\mathbf{B}(\mathbf{x}):=\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\mathbf{J}(\mathbf{l})\times\frac{\mathbf{x}-\mathbf{l}}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|^3}d^3l=\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla_x\times\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]d^3l\] dove, utilizzando le derivate nel senso ordinario che si intende in "analisi 1 e 2", è del tutto immediato vedere l'identità tra gli integrandi dei due integrali. Mantengo la notazione della Wikipedia eccetto per $\mathbf{x}$, più comune come variabile, al posto di $\mathbf{r}$, e il segno di norma, che preferisco con due sbarrette per abitudine. Quindi si può notare che la dimostrazione della Wikipedia differenzia sotto il segno di integrale alla (1) qui sotto: siccome \(\nabla_x\times\left[\nabla_x\times\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\right]\) \(=\nabla_x\left[\nabla_x\cdot\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\right]\) \(-\nabla^2\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]=\nabla_x\left[\mathbf{J}(\mathbf{l})\cdot\nabla_x\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\right]-\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\), dove intenderei di nuovo le derivate come le derivate che conosco dall'analisi elementare, abbiamo che$$\nabla_x\times\mathbf{B}(\mathbf{x})=\nabla_x\times\left[\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla_x\times\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]d^3l\right]$$$$=\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla_x\times\left[\nabla_x\times\left[\frac{\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\right]d^3l\quad(1)$$$$=\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla_x\left[\mathbf{J}(\mathbf{l})\cdot\nabla_x\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\right]-\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l.$$Questo integrale viene quindi spezzato come è lecito per esempio per integrali di Riemann e di Lebesgue quando entrambi gli integrandi sono integrabili, e i segni di gradiente e di integrale vengono commutati nel primo dei due integrali ottenendo$$\frac{\mu_0}{4\pi}\nabla_x\iiint_V\mathbf{J}(\mathbf{l})\cdot\nabla_x\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]d^3l-\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l$$dove la Wikipedia dice che il primo addendo è $\mathbf{0}$ (non capisco come ciò si calcoli, ma questo non è il punto di questo mio post) e da cui si ottiene, usando l'identità\(\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]=-4\pi\delta(\mathbf{x}-\mathbf{l})\), che$$-\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l=\mu_0\mathbf{J}(\mathbf{x}).$$ Tutto sembrava filare liscio nel mio ragionamento assumendo $V\subset\mathbb{R}^3$ compatto e tale che $\mathbf{x}\notin V$ e intendendo l'integrale \(\iiint ...d^3l\) come un integrale di Riemann (o Lebesgue, che credo essere identici in questo caso), ma in quest'ultimo passaggio mi accorgo che non era come pensavo. Notiamo anche che, anche con $\mathbf{x}\in V$, se intendiamo l'integrale come un integrale di Lebesgue e se differenziare sotto il segno di integrale fosse lecito alla (1), allora avremmo che la seconda parte dell'integrale sarebbe \(\iiint_V\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l\) \(=\int_{V\setminus\{\mathbf{x}\}}\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d\mu_{\mathbf{l}}\) \(=\mathbf{0}\) anche se $\mathbf{J}(\mathbf{x})$ non è nullo.

Che cosa sono allora questi integrali?
Perché è lecito commutare i segni di integrale e derivate? Se sono da intendersi come funzionali come nel contesto dell'analisi funzionale (l'unico in cui conosco una definizione della $\delta$ di Dirac), chi è l'argomento del funzionale (\(\varphi\) per usare la notazione usata qui)?
O si tratta di uno di cui casi, il cui insieme credo essere non del tutto vuoto in cui la fisica, almeno a livello didattico, non si attiene al rigore della matematica?

$\infty$ grazie a tutti per ogni risposta!

Risposte
DavideGenova1
"OmegaX":
Di base sono d'accordo con te, e si potrebbe aprire una enorme parentesi su quanto male siano strutturati i corsi in Fisica per chi esige che la matematica che si è fatta fino a quel punto sia rispettata.


Dopo due mesi di tentativi di decifrare i passaggi di questa derivazione della legge di Ampère mi è balenato in mente che in tale "dimostrazione" si possa intendere qualcosa come: "Assumiamo quindi che l'integrale sia di Riemann e \(\mathbf{x}\notin V\), cosa che ci permette comodamente di commutare nabla e segni di integrale come vogliamo. Alla fine si arriva a \(\nabla_x\times\mathbf{B}(\mathbf{x})=-\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla_x^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l\), che è nullo, ma a questo punto facciamo finta che \(\iiint_V\nabla_x^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l\) sia invece la scrittura simbolica per la distribuzione definita da \( \nabla_l^2 T_f(\mathbf{J})\) con \(f:\mathbf{l}\mapsto \|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|^{-1}\), che vale appunto \[\nabla_l^2 T_f(\mathbf{J}):=\int_{\mathbb{R}^3}f(\mathbf{l})\,\nabla_l^2\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d\mu_{\mathbf{l}}=\int_{\mathbb{R}^3}\frac{\nabla_l^2\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\,d\mu_{\mathbf{l}}=-4\pi\mathbf{J}(\mathbf{x})=:-4\pi\int \delta(\mathbf{l}-\mathbf{x}) \,\mathbf{J}(\mathbf{x}) \](cosa ben diversa da \(\int_{\mathbb{R}^3}\nabla_l^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|} \right]\mathbf{J}(\mathbf{l})d\mu_{\mathbf{l}}\equiv\mathbf{0}\), anche se, per $f$ diverse dalla nostra, di classe \(C^2(\mathbb{R}^3)\), le due cose direi che sarebbero identiche). Così si ottiene \(\nabla\times\mathbf{B}=\mu_0\mathbf{J}\), che è in accordo con i risultati sperimentali (chissà se, però, è stato derivato matematicamente dalla legge di Biot-Savart o se le due leggi fossero credute indipendenti in origine...) e quindi diamo per buono." Nonostante l'assurdità di una tale interpretazione, devo ammettere che mi sembrerebbe la più immediata. D'altra parte An Introduction to Electrodynamics del Griffiths, una delle fonti dell'outline of proof della Wikipedia, sembra applicare, alla (55) qui, addirittura il teorema della divergenza ad un integrando discontinuo, se \(x\in\mathcal{V}\) (se \(x\notin\mathcal{V}\) l'integrale è comunque nullo).
Non sarà che si invita al lettore a ragionare così...? :shock:


Credo comunque, almeno... spero di essere riuscito a dimostrare come la legge di Ampère implichi quella di Biot-Savart qui.
L'unica interpretazione alternativa al c**ino di sopra che riesco a pensare è che, come dico nella nota finale qui, tutti gli integrali dell'outline of proof, e del prestigioso Elettrodinamica classica del Jackson, che presenta identica la stessa derivazione della legge di Ampère da quella di Biot-Savart, siano da intendersi come integrali di Lebesgue, eccetto quello dove appare \(\nabla^2\left(\frac{1}{|\mathbf{r}-\mathbf{l}|}\right)\), cosa che, francamente, mi lascia estremamente perplesso, anche perché non so, onestamente, quanti studenti, anche se tutti sicuramente molto più dotati di me, possano arrivare in tempi utili alla conclusione cui io sono riuscito a giungere solo dopo più di due mesi e chiedendo delucidazioni a destra e a manca in rete, piuttosto di credere che sia possibile calcolare il laplaciano sotto il segno di integrale...

OmegaX1
Di base sono d'accordo con te, e si potrebbe aprire una enorme parentesi su quanto male siano strutturati i corsi in Fisica per chi esige che la matematica che si è fatta fino a quel punto sia rispettata.
Penso che questo approccio nasca dalla necessità di impacchettare tutta la Fisica ''importante'' all'interno di un ''tot'' di anni (cosa che reputo totalmente fuori di testa, sia chiaro) e dunque di trovare un giusto compromesso fra il formalismo e i risultati presentati; oppure, volendo essere meno maliziosi, questo approccio è dettato dal fatto che i concetti presentati sono delle fondamenta che vanno digerite con calma, per cui è bene abituare il lettore con dei piccoli assaggi di formalismo, nella speranza che quando avanzi negli studi questo sia cosi' accorto da tornare indietro e rivedere tutto quello che ha fatto alla luce delle sue nuove conoscenze.
In questo senso intendo che non è un approccio totalmente sbagliato da un punto di vista didattico

DavideGenova1
$\infty$ grazie, \(\Omega X\)!!! :wink: Supponevo, siccome, che io sappia, la $\delta$ è un oggetto tipico dell'analisi funzionale ed estraneo all'integrazione alla Riemann o alla Lebesgue, si trattasse di qualcosa tipo \(\mu_0\langle\delta_{\mathbf{x}}^3,\mathbf{J}\rangle\).
Il problema è che tutte le differenziazioni sembrano valere nel senso delle derivate ordinarie dell'analisi matematica elementare in tale dimostrazione (e tutte le commutazioni tra operatori differenziali ed integrali sembrano essere quelle che varrebbero per integrali di Riemann se \(\mathbf{x}\notin \bar{V}\))... invece \(\mu_0\langle\delta_{\mathbf{x}}^3,\mathbf{J}\rangle\) è\[-\frac{\mu_0}{4\pi}\int_{\mathbb{R}^3} \frac{\nabla_{l}^2\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}d\mu_{\mathbf{l}}=:-\frac{\mu_0}{4\pi}\int-4\pi\delta^3(\mathbf{l}-\mathbf{x})\,\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l\](dove l'integrale a sinistra è quello di Lebesgue e quello a destra è solo una notazione simbolica per \(\mu_0\langle\delta_{\mathbf{x}}^3,\mathbf{J}\rangle\)), mentre \(-\frac{\mu_0}{4\pi}\int_{\mathbb{R}^3}\nabla_{x}^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d\mu_{\mathbf{l}}\equiv\mathbf{0} \) è tutt'altra cosa da \(-\frac{\mu_0}{4\pi}\int_{\mathbb{R}^3} \frac{\nabla_{l}^2\mathbf{J}(\mathbf{l})}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}d\mu_{\mathbf{l}}\).

"OmegaX":
Per quanto riguarda il formalismo matematico la dimostrazione sarebbe tutta da rivedere
:shock: Ah, ecco...

"OmegaX":
Purtroppo questo sarebbe devastante da un punto di vista didattico
Devo ammettere di non essere d'accordo. Secondo me, se si suppone che lo studente non sia in grado, per mancanza del tempo necessario a farsi le basi teoriche necessarie o di intelletto, di capire una dimostrazione corretta, sarebbe allora meglio

- o presentare la cosa come un fatto verificato sperimentalmente e dimostrabile matematicamente in una maniera che il lettore, per il momento, si suppone non abbia gli strumenti per capire,

- o, se non altro, dire fin qui abbiamo trattato questi integrali come integrali di Riemann-Cauchy[nota]che è il limite di somme di Riemann cui si pensa in fisica quando per esempio si calcola la massa integrando la densità \(\int_V\rho d^3x:=\lim_{\delta_P\to 0}\sum_i\bar{\rho}(\boldsymbol{\xi_i})\Delta V_i\) in quanto somma di approssimazioni \(\bar{\rho}(\boldsymbol{\xi_i})\Delta V_i\) della massa contenuta nel parallelepipedino di volume \(\Delta V_i\), concetto spesso espresso (in modo a me non particolarmente gradito, ma questa è un'altra storia, immensamente meno problematica del c**ino che da un mese ha portato tra le mie povere sinapsi questa derivazione della legge di Ampère) più stringatamente parlando di somma delle masse \(\rho dV\) di "elementi infinitesimi" di volume $dV$.[/nota], ma, da questo passaggio in poi leggiamo le derivate nel senso delle distribuzioni (che per funzioni $f$ definenti il funzionale \(T_f:\varphi\mapsto\int_{\mathbb{R}^3}f\varphi d\mu\) di classe \(C^1(\mathbb{R}^3)\) e \(\varphi\in\mathcal{D}(\mathbb{R}^3)\) coincidono [se non sbaglio], anche se in particolare ciò non vale usando la nostra \(\mathbf{l}\mapsto\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|^{-1}\) le cui derivate non sono di classe\(C^1(\mathbb{R}^3)\)), perché il risultato cui si giunge è comunque in accordo con i dati sperimentali,

infatti il lettore meno accorto potrebbe addirittura farsi idee sbagliate su che cosa vale e che cosa non vale in matematica, mentre, anche per il lettore più accorto, a che cosa vale una "dimostrazione" che riporta passaggi scorretti?

OmegaX1
Proverò a rispondere alla tua domanda, in quanto l'argomento è molto delicato.
Hai ragione a dire che tali integrali sono funzionali, nello specifico l'integrale:

$$ -\frac{\mu_0}{4\pi}\iiint_V\nabla^2\left[\frac{1}{\|\mathbf{x}-\mathbf{l}\|}\right]\mathbf{J}(\mathbf{l})\,d^3l=\mu_0\mathbf{J}(\mathbf{x}). $$

Può essere scritto nel seguente modo:

$$ \mu_0 \langle \delta^3_{x}, \mathbf{J}(\mathbf{I}) \rangle = \mu_0 \mathbf{J}(\mathbf{x}) $$

Il funzionale è appunto la delta di Dirac tridimensionale traslata di $\mathbf{x}$, che agisce sulla funzione $\mathbf{J}(\mathbf{I})$, per dare un valore reale $\mathbf{J}(\mathbf{x})$. Questo deriva dal fatto che, nel contesto della teoria delle distribuzioni, la delta di Dirac è definita come il particolare funzionale dato da:

$$ \langle \delta, \varphi \rangle \doteq \varphi(0_{\mathbb{R}^n}) \qquad \forall \varphi \in \mathcal{D}(\mathbb{R}^n) $$

Dove si definisce $\mathcal{D}$ spazio delle funzioni test, l'insieme delle funzioni di classe $C^{\infty}$, e tali inoltre che siano a supporto compatto nello spazio in cui si considerano.
E' facile vedere che la funzione $\mathbf{J}(\mathbf{x})$ è definita in modo tale da appartenere allo spazio delle funzioni test. Infatti sarà sicuramente di classe $C^{\infty}$ e inoltre, avendo un'estensione spaziale limitata, sarà facilmente anche a supporto compatto.
Il fatto che la funzione densità di corrente sia a supporto compatto, garantisce l'esistenza di una funzione sommabile dominante, per cui il teorema di convergenza dominata di Lebesgue permette tutti i passaggi di operatori sotto il segno di integrale di cui hai bisogno.
Per quanto riguarda il formalismo matematico la dimostrazione sarebbe tutta da rivedere, e da collocare nell'ambito della teoria delle distribuzioni, almeno da un punto di vista formale. Purtroppo questo sarebbe devastante da un punto di vista didattico, e come penso tu abbia avuto modo di leggere dai diversi testi, nemmeno i più formali come ad esempio il Jackson (di cui riconosco il segno in questa dimostrazione), si azzardano a presentale con il dovuto rigore.
Per concludere, intanto rispondo a una tua sotto domanda, ovvero che il primo integrale è nullo perchè vale la condizione di corrente stazionaria (giocando con gli operatori te ne puoi accorgere), e inoltre ti consiglio come lettura:

-R.Strichartz - A guide to distribution theory and Fourier Transform

Spero di averti dato qualche idea

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