Apologia di un matematico, utilità.

Qualcuno di voi ha letto "Apologia di un matematico" di Hardy? Ho da poco finito di leggere il suddetto saggio e mi domandavo se tra i matematici qui dentro, e in generale, c'è consenso oppure dissenso rispetto a quello che Hardy dice sull'utilità della matematica. Ovvero che, eccetto l'algebra elementare, il calcolo differenziale e quello integrale e la geometria, la matematica è "inutile".

Aggiungo una riflessione personale: sono ancora studente di matematica, ma spesso mi è capitato di domandarmi a cosa servissero determinate cose. Non sapevo rispondermi e non mi ponevo troppi problemi. Studio matematica perché mi affascina, non per altro. Ho sempre pensato, però, che le applicazioni delle cose trattate le avrei viste più in là, magari facendo ricerca. Leggendo quanto scritto da Hardy sembrerebbe che non ci siano grandi applicazioni.

ps: credo che Hardy non menzioni probabilità e statistica poiché, se non sbaglio, il loro studio approfondito è in realtà molto moderno (fine '900 ?), sviluppatesi per una necessità della fisica. Altrimenti non vedo perché Hardy non le menzioni come "utili".

Risposte
Luca.Lussardi
"080e73990d22b9e30ee6fddddc45a902d78283e6":

Ma agli ingegneri non frega nulla dell'Analisi.

Non gliene frega nulla (mediamente) della matematica, non solo dell'analisi, peccato che una persona a cui non frega nulla della matematica non dovrebbe studiare ingegneria, in genere lo capiscono questo anche gli studenti, ma non al primo anno.

"Luca.Lussardi":
insegno analisi 1 ogni anno a 240 matricole di ingegneria

"Luca.Lussardi":
Se un giorno sarai dall'altra parte della cattedra ne riparleremo.

Ma agli ingegneri non frega nulla dell'Analisi.

gugo82
"Vidocq":
Senza considerare l'uso attuale della teoria dei numeri tanto cara al grandissimo Hardy. :-D

"kaspar":
Sia mai che si dica inutile.

La Matematica è come il maiale: non si butta via niente (cit.)

j18eos
[ot]Io l'ho firmata![/ot]

kaspar1

Mephlip
Non sono un docente, ma ho dato ripetizioni ad un po' di ragazzi; almeno una decina e per non poco tempo. Do il mio punto di vista: la maggior parte degli studenti che ho avuto erano svogliati, ma non me ne sono minimamente stupito perché il discorso sugli studenti svogliati in maggioranza rispetto a quelli con voglia mi sembra estremamente banale per motivi puramente statistici, nel senso che secondo me abbiamo prove statistiche schiaccianti che l'essere umano è una creatura abbastanza incline all'essere svogliato (dopo argomento perché ho fatto questa affermazione). Dunque, in particolare, questo aspetto si riflette sull'approccio allo studio ed è presente, secondo me senza eccezioni, in ognuno di noi in aspetti diversi.
Per lo studio ad esempio, sono innumerevoli le volte che ho visto studiare solo in funzione di passare l'esame o festeggiare perché una cosa che non si era capita non è comparsa né allo scritto né all'orale e quindi si può archiviare senza volerla capire mai più.
Per argomentare la parte in cui dico che "l'inclinazione all'essere svogliati è presente in ognuno di noi in aspetti diversi", intendo dire che ognuno di noi ha fatto (o fa) qualcosa fatto male per pigrizia, mi viene difficile pensare che (tranne rarissimi casi) un individuo possa studiare (o far pratica) sistematicamente in tutto quello che fa, anche semplicemente perché ha stimoli più o meno grandi per diverse branche del sapere (insomma, immagino che un musicista esperto con interesse per la matematica possa essere visto come uno svogliato da un matematico esperto per il suo metodo di studio della matematica inficiato dallo squilibrio di passione verso la musica anziché verso la matematica, come penso che un matematico esperto con interesse per la musica possa essere visto come svogliato da un musicista esperto per il suo metodo di studio della musica inficiato dallo squilibro di passione verso la matematica anziché verso la musica).

Per quanto riguarda la mia affermazione di prima sulla natura svogliata dell'essere umano: non è solo una caratteristica biologica (banalmente: pensare è più faticoso di non pensare, per motivi biologici; allenarsi è più faticoso di non allenarsi, per motivi biologici; procrastinare porta a conseguenze non immediate e l'essere umano è bravissimo a non preoccuparsi di cose che non hanno conseguenze immediate, basti pensare ai fumatori), penso che sia anche una conseguenza sociale. Limitandosi all'attuale periodo storico, i giovani in particolare sono costantemente bombardati da esempi di stili di vita svogliati, nella forma parassitaria del motto "faccio poco e ottengo molto"; basti pensare che una buona parte della popolazione mondiale reputa "successo" il fare soldi a palate senza troppo impegno. O almeno così ho percepito una buona parte del punto di vista collettivo, altrimenti non mi spiego il "successo" di generi musicali basati esclusivamente sull'estetica del riccone (vedi il genere musicale trap), oppure il "successo" mediatico di individui come quelli appartenenti alla famiglia Kardashian, o il fatto che YouTube abbia, come pubblicità di maggior frequenza, quelle di discutibili trader che parlano per minuti interi di come far soldi senza sapere nulla di trading (ok, sono truffe, ma secondo me un collegamento col discorso c'è perché tocca psicologicamente questa caratteristica della pigrizia), oppure ancora quei pagliacci di "metodo universitario".
Evidentemente c'è molta domanda per questi prodotti mediatici, il che significa che tanti individui li seguono e questo loro interesse li caratterizza, almeno superficialmente e in maniera pregiudiziosa, come individui.

Ci ho tenuto a specificare "forma parassitaria" per differenziare quel motto dal ben più profondo e condivisibile "ottenere il massimo del risultato con il minimo sforzo", che vedo molto più in accordo col punto di vista di 3m0o; ad esempio, quando praticavo karate c'era una targa appesa su una delle colonne disposte sul tatami che recitava un motto molto simile a "ottenere il massimo risultato col minimo sforzo", ma evocava chiaramente al trovare la soluzione più efficace in combattimento dopo aver esplorato con zelo la maggior parte delle soluzioni possibili.

Edit: mi sono reso conto di essere andato un po' off-topic proseguendo il discorso che si stava formando, ma lo reputo interessante. Casomai modifico il messaggio e lo metto come off-topic se necessario.

12provaCiao
"Luca.Lussardi":
[quote="3m0o"] Non stigmatizzerei tuttavia i giovani di oggi come svogliati!

Se un giorno sarai dall'altra parte della cattedra ne riparleremo.[/quote]
Io ci sono già (anche se al liceo) e ti assicuro, 3m0o, che di "vogliati" ce ne sono davvero pochi.

j18eos
"3m0o":
[...] Penso che questa mia tendenza ad evitare la fatica nei corsi umanistici sia paragonabile, sotto qualche forma, a quella dei tuoi studenti di ingegneria. Non stigmatizzerei tuttavia i giovani di oggi come svogliati!
E io penso a certe mie ex-classi... e non userei la parola "svogliati" (ovvero senza voglia).

Luca.Lussardi
"3m0o":
Non stigmatizzerei tuttavia i giovani di oggi come svogliati!

Se un giorno sarai dall'altra parte della cattedra ne riparleremo.

Hey oh... io essendo solo uno studente di matematica all'ultimo anno di Bachelor, ho pensato che Hardy ne sapesse molto di più di me di cosa volesse dire fare matematica... mi state smontando Hardy :-D :-D

"Luca.Lussardi":
Non lo so se è un luogo comune o no, io ti parlo per esperienza, insegno analisi 1 ogni anno a 240 matricole di ingegneria e questa cosa la percepisco anche tra i più bravi, la maggior parte degli studenti evita la fatica.

Su questo fatto, non lo so. Parlo da studente, ci sono corsi in cui cerco di evitare la fatica ma in altri invece no. Secondo me molto dipende da ciò che ti appassiona. Ad esempio, ricordo al primo anno a fisica I e fisica II ho cercato di fare il massimo risultato con il minimo sforzo proprio perché le energie di una persona sono finite, e per quanto possa essere interessante la fisica mi appassionava molto di più studiare analisi I e analisi II (ad esempio).
Oppure ancora nella mia università dobbiamo fare ogni semestre anche un corso umanistico (come se non fossimo già carichi di roba). Però non è che ci sto dietro con grande interesse (tutt'altro) anche perché oltre la matematica mi piacerebbe coltivare le mie passioni e non vivere esclusivamente di studio, e se c'è qualcosa di umanistico che mi appassiona lo faccio per i fatti miei. Penso che questa mia tendenza ad evitare la fatica nei corsi umanistici sia paragonabile, sotto qualche forma, a quella dei tuoi studenti di ingegneria. Non stigmatizzerei tuttavia i giovani di oggi come svogliati!

Vidocq
Senza considerare l'uso attuale della teoria dei numeri tanto cara al grandissimo Hardy. :-D

Luca.Lussardi
Non lo so se è un luogo comune o no, io ti parlo per esperienza, insegno analisi 1 ogni anno a 240 matricole di ingegneria e questa cosa la percepisco anche tra i più bravi, la maggior parte degli studenti evita la fatica.

Shackle
"Luca.Lussardi”:

In realtà il problema sta da un'altra parte, che è il principale motivo di sconforto di tutti gli studenti (specie gli ingegneri): prima di arrivare a capire come si applica la matematica ne devi studiare tantissima e la maggior parte della gente semplicemente non è disposta a fare questa fatica.


Ciao Luca. Non ricordo di aver fatto tanta fatica, ad imparare quello che mi serviva. Perchè non sfatiamo tanti luoghi comuni?

Comunque, al mondo non c'è spazio per le cose inutili, già ce n'è poco per quelle utili.


Condivido. [ot]Per non parlare di quelle dannose...ce ne sono troppe in giro, specie nei cosiddetti Social forums...[/ot]

Luca.Lussardi
Condivido in pieno le parole di gugo, l'unica cosa inutile di cui si parla qua è quel libriccino. In realtà il problema sta da un'altra parte, che è il principale motivo di sconforto di tutti gli studenti (specie gli ingegneri): prima di arrivare a capire come si applica la matematica ne devi studiare tantissima e la maggior parte della gente semplicemente non è disposta a fare questa fatica. Io ho tenuto tante volte interventi ai ragazzini del liceo presentando con esperimenti e in modo accattivante alcune tra le cose di cui mi occupo come ricerca, ovvero le superfici minime come pellicole di sapone, che hanno tantissime applicazioni nell'ingegneria, nell'architettura e nella biologia. Tutto ciò è bello ma per arrivare a farci qualcosa di serio devi sapere un mare di matematica, che spesso impari senza vederne una applicazione immediata.

Comunque, al mondo non c'è spazio per le cose inutili, già ce n'è poco per quelle utili.

gabriella127
Comunque, come dice hydro, non c'è bisogno di scomodare il platonismo per dire che la matematica può essere 'inutile'. Lo dicevo per spiegare la posizione di Hardy, che altrimenti poteva apparire bizzarra.
Ma basta pensare a quanta matematica è nata per scopi puramente teorici e solo in seguito caso mai utilizzata nelle applicazioni. Un esempio è la geometria non euclidea, o, andando più lontano, le sezioni coniche, che sono state studiate dai greci e poi rimaste inutilizzate per duemila anni (che non sono pochi...), finché sono state usate da Keplero nei moti dei pianeti.

hydro1
Credo che la lettura di gabriella127 sia vicina al vero. Però bisogna anche dire che è un'affermazione ragionevole anche da un altro punto di vista: la distanza che c'è tra gli orizzonti della ricerca teorica e la matematica che si usa davvero nelle applicazioni è siderale. Lo è nel 2020, figuriamoci agli inizi del '900. Tra l'altro Hardy si occupava di teoria analitica dei numeri, un campo che a quanto ne so ha praticamente zero applicazioni nel mondo reale. Non che con quella algebrica vada molto meglio: basti pensare che nelle sue applicazioni alla crittografia e alla teoria dei codici la matematica più avanzata che si usa è praticamente del livello di una triennale in matematica.

gugo82
Fatemi essere tranchant… L’unica cosa di “inutile” è il saggio di Hardy. Uno dei pochi saggi che, letto una volta, non ho più riaperto.[nota]Ed ho riaperto più volte anche testi bruttissimi, come Filosofia della Matematica: l’Eredità del Novecento di Lolli… :roll:[/nota]

gabriella127
Ho letto Apologia di un matematico tantissimi anni fa e non me lo ricordo, me lo andrò a rileggere appena possibile.

Mi perdonerai, comunque, se faccio una osservazione: Hardy è un platonico, e questa sua visione della 'inutilità' della matematica potrebbe essere legata al suo platonismo. Non è tanto quindi, penso, che creda tout court alla inutilità della matematica, ma ha una visione particolare sulla sua natura e sulla sua collocazione rispetto ad altre discipline, in particolare le scienze della natura.
Mi spiego meglio. Il platonismo è una filosofia della matematica realista, ossia pensa che gli oggetti matematici esistano indipendentemente da noi e dal nostro pensiero. Però, a differenza di altre filosofie realiste, pensa che gli oggetti matematici siano trascendenti, il mondo matematico è trascendente e non immanente al modo fisico.
Per cui la matematica in sé non descrive il mondo, il suo rapporto con il mondo fisico non è immediato: è una visione opposta all'idea galileiana che "il mondo è scritto in termini matematici''.

In questo senso quando si fa matematica si fa una cosa 'inutile', si rappresentano oggetti che non sono nel mondo.
Questo non vuol dire che un platonista non creda alla matematica applicata o pensi che la matematica sia inutile per le altre scienze. Solo che questa utilizzazione avviene 'dopo', da parte di chi si occupa di altre discipline, che userà questi oggetti in prima istanza 'inutili'.
Hardy caso mai cita la matematica più elementare, perché di quella balza agli occhi la sua immediata utilizzazione.

Scusa se ti ho fatto questo pippone filsofico, e caso mai ho detto cose scontate, ma è perché mi sembra bizzarro che un matematico pensi davvero che la matematica sia una cosa inutile, in senso complessivo, come se le applicazioni non esistessero.
E' una chiave di lettura provvisoria che propongo, poiché Hardy è uno dei riconosciuti platonisti del '900, che potrà essere disconfermata da chi ha letto 'Apologia di un matematico' più di recente, o da me stessa quando lo rileggerò.

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