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Compiute così queste gesta, Alessandro nel giorno solenne invitò gli amici ad un banchetto. Qui, essendo sorta tra gli ubriachi la menzione delle imprese di Filippo, egli stesso dichiarò di anteporre se stesso al padre e cominciò ad innalzare fino al cielo la grandezza delle sue imprese, mentre la maggior parte dei commensali approvava. Pertanto quando uno degli anziani, Clito, per la fiducia nell'amicizia del re, del quale aveva la palma, difendeva il ricordo di Filippo e lodava le sue imprese, irritò a tal punto il re che, afferrato rapidamente un pugnale a una guardia del corpo, trucidò lo stesso (= riferito a Clito) durante il banchetto. Esultando per tale uccisione, rinfacciava al morto la difesa di Filippo e la lode del valore militare del padre. Dopo che l'animo, appagato dall'uccisione, si calmò e al posto dell'ira subentrò la riflessione, considerando ora la persona dell'ucciso ora il motivo dell'uccisione, cominciò a pentirsi dell'accaduto: si rammaricava che da lui era stato ucciso un amico anziano e innocente tra le vivande e le bevande.
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