Versione di Latino V ginnasio!Urgente
Ciao a tutti, qualcuno potrebbe aiutarmi con la traduzione di questa versione? Grazie a chi lo farà http://imageshack.com/a/img923/3023/l7OzSj.jpg http://imageshack.com/a/img924/8763/gsc0z4.jpg http://imageshack.com/a/img923/7749/pqu4zu.jpg
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Dal 'Bruto' o 'Sui famosi oratori' di M. Tullio Cicerone
M. Tullio Cicerone, l'oratore più eloquente di tutti che erano stati a Roma, nacque nella città di Arpino del Lazio il tre Gennaio sotto il consolato di Q. Servilio Cepione e C. Atilio Serrano. Qualche anno dopo il padre di Cicerone, ricco cavaliere, si trasferì a Roma per affidare i suoi figli Marco e Quinto a ottimi maestri perché gli insegnassero (lett. da insegnarli). Indossata la toga virile, venne introdotto alla vita politica presso Q. Muzio Scevola, esperto di diritto, affinché venisse istruito da quell'anziano coltissimo. Nel foro romano Cicerone, adolescente, ascoltava assiduamente M. Antonio e Q. Ortensio, che allora eccellevano nell'arte oratoria, e contemporaneamente apprendeva presso insegnanti greci, il retore Molone e il filosofo Diodoto. Esercitatosi nell'eloquenza con gli egregi maestri, a ventisei anni iniziò a difendere cause nel foro. Un anno dopo essere già stato difensore di moltissime cause, difese con un'orazione assai famosa Sesto Roscio, accusato di parricidio, e si meritò, per questa difesa, un grandissimo elogio.
Ma oratore adolescente, poiché utilizzava uno stile di orazione appassionato e veemente, in tal modo nel parlare provava ogni nervo che gli mancavano in poco tempo voce e forze; perciò per qualche tempo decise di andarsene dal foro e di partire verso la Grecia e l'Asia, affinché placasse la voce e ponesse un freno all'orazione prolissa.
Nel libro che scrisse durante la dittatura di Cesare a M. Bruto, 'Sui famosi oratori', Cicerone narra queste cose fra altre riguardo alla sua educazione giovanile.
Ma davvero a quel tempo trascorrevo ogni notte e ogni giorno nell'esercizio delle discipline. Ero con lo stoico Diodoto, che, dopo aver vissuto e abitato presso di me, poco tempo fa morì a casa mia. Ero tuttavia così dedito a questo insegnante e alle sue molte e varie velleità artistiche che non v'era giorno senza esercitazioni oratorie. Discutevo declamando (così infatti parlano, ora), e facevo ciò molto infatti in Latino, ma più spesso in Greco, sia perché la lingua greca, fornendo moltissimi attrezzi (sott. linguistici), portava la consuetudine di esprimersi allo stesso modo in Latino, sia perché, se non parlavo in greco, non potevo essere corretto né istruito dai più grandi maestri greci.
Allora dapprima iniziai a intraprendere cause pubbliche e private, non perché imparassi nel foro (cosa che la maggior parte faceva), ma per andare nel foro già (non nel testo) istruito - per quanto mi fosse stato possibile fare. Allo stesso tempo dedicai impegno a Molone; infatti era andato al senato, sotto la dittatura di Silla, come ambasciatore riguardo alle ricompense dei Rodiesi.
Dunque, la prima causa pubblica detta a favore di Sesto Roscio ebbe tante raccomandazioni che non ce ne fu una che non sembrò degna del mio patrocinio. E dopo quella molte, che portavo diligentemente preparate e come elucubrate.
Ora, siccome sembra che tu mi voglia conoscere del tutto, parlerò anche di alcune cose che forse sembreranno meno necessarie.
All'epoca c'era in me una grandissima gracilità e debolezza del corpo, avevo un collo lungo e sottile; e questa conformazione fisica e questo aspetto non era ritenuto lontano da un pericolo per la vita, se si aggiunge fatica e se c'è uno sforzo dei polmoni. E tanto più ciò preoccupava quelli a cui ero caro, che io dicevo ogni cosa senza indugiare, senza gradazioni, con una grande potenza vocale e con uno sforzo dell'intero corpo.
Quindi, nonostante gli amici e i medici mi esortavano a desistere dall'affrontare cause, ritenni migliore affrontare ogni pericolo possibile che separarsi dalla sperata gloria della parola.
M. Tullio Cicerone, l'oratore più eloquente di tutti che erano stati a Roma, nacque nella città di Arpino del Lazio il tre Gennaio sotto il consolato di Q. Servilio Cepione e C. Atilio Serrano. Qualche anno dopo il padre di Cicerone, ricco cavaliere, si trasferì a Roma per affidare i suoi figli Marco e Quinto a ottimi maestri perché gli insegnassero (lett. da insegnarli). Indossata la toga virile, venne introdotto alla vita politica presso Q. Muzio Scevola, esperto di diritto, affinché venisse istruito da quell'anziano coltissimo. Nel foro romano Cicerone, adolescente, ascoltava assiduamente M. Antonio e Q. Ortensio, che allora eccellevano nell'arte oratoria, e contemporaneamente apprendeva presso insegnanti greci, il retore Molone e il filosofo Diodoto. Esercitatosi nell'eloquenza con gli egregi maestri, a ventisei anni iniziò a difendere cause nel foro. Un anno dopo essere già stato difensore di moltissime cause, difese con un'orazione assai famosa Sesto Roscio, accusato di parricidio, e si meritò, per questa difesa, un grandissimo elogio.
Ma oratore adolescente, poiché utilizzava uno stile di orazione appassionato e veemente, in tal modo nel parlare provava ogni nervo che gli mancavano in poco tempo voce e forze; perciò per qualche tempo decise di andarsene dal foro e di partire verso la Grecia e l'Asia, affinché placasse la voce e ponesse un freno all'orazione prolissa.
Nel libro che scrisse durante la dittatura di Cesare a M. Bruto, 'Sui famosi oratori', Cicerone narra queste cose fra altre riguardo alla sua educazione giovanile.
Ma davvero a quel tempo trascorrevo ogni notte e ogni giorno nell'esercizio delle discipline. Ero con lo stoico Diodoto, che, dopo aver vissuto e abitato presso di me, poco tempo fa morì a casa mia. Ero tuttavia così dedito a questo insegnante e alle sue molte e varie velleità artistiche che non v'era giorno senza esercitazioni oratorie. Discutevo declamando (così infatti parlano, ora), e facevo ciò molto infatti in Latino, ma più spesso in Greco, sia perché la lingua greca, fornendo moltissimi attrezzi (sott. linguistici), portava la consuetudine di esprimersi allo stesso modo in Latino, sia perché, se non parlavo in greco, non potevo essere corretto né istruito dai più grandi maestri greci.
Allora dapprima iniziai a intraprendere cause pubbliche e private, non perché imparassi nel foro (cosa che la maggior parte faceva), ma per andare nel foro già (non nel testo) istruito - per quanto mi fosse stato possibile fare. Allo stesso tempo dedicai impegno a Molone; infatti era andato al senato, sotto la dittatura di Silla, come ambasciatore riguardo alle ricompense dei Rodiesi.
Dunque, la prima causa pubblica detta a favore di Sesto Roscio ebbe tante raccomandazioni che non ce ne fu una che non sembrò degna del mio patrocinio. E dopo quella molte, che portavo diligentemente preparate e come elucubrate.
Ora, siccome sembra che tu mi voglia conoscere del tutto, parlerò anche di alcune cose che forse sembreranno meno necessarie.
All'epoca c'era in me una grandissima gracilità e debolezza del corpo, avevo un collo lungo e sottile; e questa conformazione fisica e questo aspetto non era ritenuto lontano da un pericolo per la vita, se si aggiunge fatica e se c'è uno sforzo dei polmoni. E tanto più ciò preoccupava quelli a cui ero caro, che io dicevo ogni cosa senza indugiare, senza gradazioni, con una grande potenza vocale e con uno sforzo dell'intero corpo.
Quindi, nonostante gli amici e i medici mi esortavano a desistere dall'affrontare cause, ritenni migliore affrontare ogni pericolo possibile che separarsi dalla sperata gloria della parola.
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