Traduzione (215111)
Mus rusticus quondam in arborem cavam ad cenam murm urbanum, veterem amicum,invitavit. In mensa ille exigua et modesta cibaria ministravit: mucidum cicer, longam avenam, acinum uvae, semesa lardi frustula. Sed mus urbanus, assuetus cibum ex sumptuosis epulis eligere, nasum corrugabat ante misera fercula. > inquit >. Cum haec dixit, amicum in viam traxit et post longum iter sub urbis moenia subrepserunt. Media circiter nocte in opulentas aedes pervenerunt; ibi in mensa eburnea, quam lintea tela tegebat, multa fercula manebant ex lauta cena. Mus urbanus hospitem in purpurea veste locat; ipse in culinam cursitat, dapes vinaque continuat.
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Una volta un topo di campagna invitò a cena nella cavità di un albero un topo di città. Quello [= il topo di campagna] sul tavolo servì scarse e modeste vivande: un cece ammuffito, una lunga avena (un gambo), un acino d'uva, pezzetti rosicchiati di lardo. Ma il topo di città, abituato a scegliere il cibo [avanzato] da banchetti sontuosi, arricciava il naso davanti ai miseri cibi. Disse: «A che ti giova, amico, vivere in un così scosceso e buio bosco? Perché non preferisci una ricca città ai selvaggi boschi? Vieni con me, vivi felice, memore della brevità della vita». Dopo che ebbe detto queste cose, trascinò l'amico sulla strada e dopo un lungo cammino si infilarono sotto le mura della città. A mezzanotte circa giunsero in una lussuosa abitazione: lì su un tavolo d'avorio, che una tela di lino ricopriva, restavano molte pietanza da una lauta cena. Il topo di città colloca l'ospite su una coperta purpurea; lui corre qua e là in cucina, dispone di seguito cibi e vini.
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