[HELP - URGENTE]
Salve a tutti!
Ho appena controllato un po' in giro su Internet, ma non ho trovato proprio niente.
Mi servirebbero entro questa sera(Dovrei portarle domani a scuola, ho l'interrogazione di latino) delle frasi tradotte (10) e una versione che sul libro viene riportata senza autore, abbastanza breve.
Traduci le seguenti frasi, mettendo in risalto l'anteriorità dei tempi:
1. Quando entra nel pollaio, la volpe divora le galline.
2. Quando occupano la città i barbari assediano la rocca.
3. Quando tornerà in città, Silla instaurerà la dittatura.
4. Quando imparerai la lingua latina, leggerai dei carmi meravigliosi.
5. Se ubbidirete con diligenza, otterrete il premio promesso.
6. Quando terminava la battaglia, il comandante lodava in assemblea i soldati valorosi.
7. Quando saliva sulla tribuna, Cesare arringava i soldati.
8. Quando cesserà la violenza della tempesta, sacrificheremo delle vittime a Nettuno.
9. Il vero amico dà di più(plus) di quanto(quam) riceve.
10. Quando cadeva in battaglia un soldato spartano, la madre(ne) esaminava le ferite.
Versione:
Riassuntino che dà il libro come aiuto: "I plebei, oppressi dai debiti, si ritirarono sul monte Sacro: I Patrizi sono costretti a fare concessioni e a creare i tribuni della plebe."
- Lotte fra Patrizi e Plebei -
Inter patres et plebe, acres contentiones usque a primordio urbis fuerant. Nam patricii omnes divitias possidebat civitatemque arroganter administraband. Plebs contra graves labores tolerare, onerosa vectigalia pendere et in summa paupertate vitam degere debebat; Sic plebeiorum via valde ardua ac difficilis erat. Sed olim plebei urbem reliquerunt, in Sacrum Montem secesserunt ibique castra posuerunt. Nam sic cogitabant: . Atque ita evenit. Patricii legatos ad plebem miserunt et legati senatorum verba nuntiaverunt: . Tunc plebei simultates deposuerunt et in urbem remeaverunt; Ceterum(3) patricii promissa servaverunt tribunosque ad defensionem plebis creaverunt.
(1)Recusaverimus= Traduci col futuro semplice.
(2)Iam non= Non più.
(3)Ceterum= Del resto.
Grazie in anticipo, e come sempre: Scusate il fastidio.
Ho appena controllato un po' in giro su Internet, ma non ho trovato proprio niente.
Mi servirebbero entro questa sera(Dovrei portarle domani a scuola, ho l'interrogazione di latino) delle frasi tradotte (10) e una versione che sul libro viene riportata senza autore, abbastanza breve.
Traduci le seguenti frasi, mettendo in risalto l'anteriorità dei tempi:
1. Quando entra nel pollaio, la volpe divora le galline.
2. Quando occupano la città i barbari assediano la rocca.
3. Quando tornerà in città, Silla instaurerà la dittatura.
4. Quando imparerai la lingua latina, leggerai dei carmi meravigliosi.
5. Se ubbidirete con diligenza, otterrete il premio promesso.
6. Quando terminava la battaglia, il comandante lodava in assemblea i soldati valorosi.
7. Quando saliva sulla tribuna, Cesare arringava i soldati.
8. Quando cesserà la violenza della tempesta, sacrificheremo delle vittime a Nettuno.
9. Il vero amico dà di più(plus) di quanto(quam) riceve.
10. Quando cadeva in battaglia un soldato spartano, la madre(ne) esaminava le ferite.
Versione:
Riassuntino che dà il libro come aiuto: "I plebei, oppressi dai debiti, si ritirarono sul monte Sacro: I Patrizi sono costretti a fare concessioni e a creare i tribuni della plebe."
- Lotte fra Patrizi e Plebei -
Inter patres et plebe, acres contentiones usque a primordio urbis fuerant. Nam patricii omnes divitias possidebat civitatemque arroganter administraband. Plebs contra graves labores tolerare, onerosa vectigalia pendere et in summa paupertate vitam degere debebat; Sic plebeiorum via valde ardua ac difficilis erat. Sed olim plebei urbem reliquerunt, in Sacrum Montem secesserunt ibique castra posuerunt. Nam sic cogitabant: . Atque ita evenit. Patricii legatos ad plebem miserunt et legati senatorum verba nuntiaverunt: . Tunc plebei simultates deposuerunt et in urbem remeaverunt; Ceterum(3) patricii promissa servaverunt tribunosque ad defensionem plebis creaverunt.
(1)Recusaverimus= Traduci col futuro semplice.
(2)Iam non= Non più.
(3)Ceterum= Del resto.
Grazie in anticipo, e come sempre: Scusate il fastidio.
Risposte
Proprio domani che ho l'interrogazione di latino, oggi il Forum è vuoto... :|
Era meglio se non l'avevo postata... cmq in internet non si trova la tua versione...
Scusa, non per essere scortese.
Ma io cosa devo fare con questa?
L'ho letta, ma non mi pare che sia la mia versione...
Ma io cosa devo fare con questa?
L'ho letta, ma non mi pare che sia la mia versione...
Ho trovato solo la traduzione ma penso che quella sul tuo libro sia un riadattamento... Cmq è di Tito Livio...
Le lotte fra patrizi e plebei
"Ma incombeva la minaccia della guerra coi Volsci, e la città in se stessa discorde ardeva dal reciproco odio fra patrizi e plebei, soprattutto a motivo della schiavitù per debiti. I plebei mormoravano indignati che, mentre fuori combattevano per la libertà e per l'impero, in patria venivano fatti schiavi e oppressi dai concittadini: la libertà della plebe era più sicura in guerra che i pace, tra i nemici che tra i cittadini. Questo malcontento che già spontaneamente mente andava crescendo divampò allo spettacolo delle sofferenze di un uomo. Si precipitò nel foro un vecchio con i segni di tutte le sue sventure: le vesti erano logore e sordide, orribile l'aspetto del corpo consunto dal pallore dalla macilenza; inoltre la barba e i capelli incolti davano al volto un'apparenza selvaggia. Ma pur in tanta deformità alcuni lo riconoscevano, diceva no che era stato centurione, e con parole di generale commiserazione ricordavano altre sue benemerenze militari; egli stesso ostentava sul petto le cicatrici, a testimonianza delle battaglie sostenute in più luoghi con onore. Essendosi riunita intorno una gran folla, quasi a guisa di un'assemblea, e chiedendogli tutti ragione di quell'aspetto deforme, il vecchio disse che mentre era alle armi nella guerra sabina, poiché in seguito alle devastazioni della campagna non solo era andato perduto il raccolto, ma gli era stata bruciata la fattoria, saccheggiata ogni cosa, asportato il bestiame, imposto il tributo di guerra in un momento per lui così critico, era stato costretto ad indebitarsi. Questo debito, moltiplicato dall'usura, l'aveva spogliato dapprima del campo paterno ed avito, poi degli altri beni, ed infine come una cancrena aveva intaccato anche la sua persona: il creditore l'aveva costretto non alla schiavitù, ma all'ergastolo e alle torture. Così dicendo mostrò il dorso deturpato da recenti segni di frustate. A queste parole e a questa vista sorge un grande clamore; il tumulto non si restringe al foro, ma si propaga ovunque per tutta la città. I prigionieri per debiti, incatenati o liberi dalle catene, da ogni parte irrompono fuori nelle strade e implorano la protezione dei Quiriti. Da ogni luogo accorrono spontaneamente nuovi rivoltosi, e numerosi gruppi per tutte le strade corrono gridando verso il foro.
I patrizi che per caso erano nel foro al sopraggiungere di quella turba corsero un grave pericolo, e sicuramente si sarebbe venuti alle mani, se i consoli Publio Servilio e Appio Claudio non fossero prontamente intervenuti a sedare il tumulto. La folla allora rivoltasi ai consoli mostrava i suoi lacci e le altre brutture: questa era la ricompensa che avevano meritato, dicevano con sdegno, ricordando le campagne sostenute chi in un luogo e chi in un altro; in tono più di minaccia che di preghiera esigevano la convocazione del senato, e circondavano la curia come volessero essere arbitri e regolatori delle pubbliche risoluzioni.
Le lotte fra patrizi e plebei
"Ma incombeva la minaccia della guerra coi Volsci, e la città in se stessa discorde ardeva dal reciproco odio fra patrizi e plebei, soprattutto a motivo della schiavitù per debiti. I plebei mormoravano indignati che, mentre fuori combattevano per la libertà e per l'impero, in patria venivano fatti schiavi e oppressi dai concittadini: la libertà della plebe era più sicura in guerra che i pace, tra i nemici che tra i cittadini. Questo malcontento che già spontaneamente mente andava crescendo divampò allo spettacolo delle sofferenze di un uomo. Si precipitò nel foro un vecchio con i segni di tutte le sue sventure: le vesti erano logore e sordide, orribile l'aspetto del corpo consunto dal pallore dalla macilenza; inoltre la barba e i capelli incolti davano al volto un'apparenza selvaggia. Ma pur in tanta deformità alcuni lo riconoscevano, diceva no che era stato centurione, e con parole di generale commiserazione ricordavano altre sue benemerenze militari; egli stesso ostentava sul petto le cicatrici, a testimonianza delle battaglie sostenute in più luoghi con onore. Essendosi riunita intorno una gran folla, quasi a guisa di un'assemblea, e chiedendogli tutti ragione di quell'aspetto deforme, il vecchio disse che mentre era alle armi nella guerra sabina, poiché in seguito alle devastazioni della campagna non solo era andato perduto il raccolto, ma gli era stata bruciata la fattoria, saccheggiata ogni cosa, asportato il bestiame, imposto il tributo di guerra in un momento per lui così critico, era stato costretto ad indebitarsi. Questo debito, moltiplicato dall'usura, l'aveva spogliato dapprima del campo paterno ed avito, poi degli altri beni, ed infine come una cancrena aveva intaccato anche la sua persona: il creditore l'aveva costretto non alla schiavitù, ma all'ergastolo e alle torture. Così dicendo mostrò il dorso deturpato da recenti segni di frustate. A queste parole e a questa vista sorge un grande clamore; il tumulto non si restringe al foro, ma si propaga ovunque per tutta la città. I prigionieri per debiti, incatenati o liberi dalle catene, da ogni parte irrompono fuori nelle strade e implorano la protezione dei Quiriti. Da ogni luogo accorrono spontaneamente nuovi rivoltosi, e numerosi gruppi per tutte le strade corrono gridando verso il foro.
I patrizi che per caso erano nel foro al sopraggiungere di quella turba corsero un grave pericolo, e sicuramente si sarebbe venuti alle mani, se i consoli Publio Servilio e Appio Claudio non fossero prontamente intervenuti a sedare il tumulto. La folla allora rivoltasi ai consoli mostrava i suoi lacci e le altre brutture: questa era la ricompensa che avevano meritato, dicevano con sdegno, ricordando le campagne sostenute chi in un luogo e chi in un altro; in tono più di minaccia che di preghiera esigevano la convocazione del senato, e circondavano la curia come volessero essere arbitri e regolatori delle pubbliche risoluzioni.
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