Gentilmente mi servirebbe questa traduzione per domani del cap. 34 di Familia Romana"DE ARTE POETICA"
Gentilmente mi potete mandare la traduzione del cap. 34 "DE ARTE POETICA" del libro Familia Romana. Potete trovare il pdf su internet di questo libro basta cercate il suo nome. Mi servirebbe per domani quindi è abbastanza urgente. Vi ringrazio in anticipo
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Letta la lettera di Emilio ai convitati Emilia disse "Quindi non solo a mio figlio, ma anche a mio fratello è stato ferito un braccio" Fabia "Chi ha ferito tuo figlio?" Emilia "Il medico con un acuminato scalpello gli ha inciso il braccio. Dopo che Quinto ieri era caduto da un alto albero, gli ha toccato appena il piede gonfio, ma ha fatto uscir sangue dal povero fanciullo! In definitiva, mio figlio non guarirà per merito del medico, ma con l'aiuto degli dei spero che in breve sarà sano. I tuoi figli sono in buona salute?"Fabia "Sesto oggi è tornato da scuola con il naso gonfio e sanguinante, avendo fatto a pugni con certi ragazzi che lo avevano offeso" Emilia "Quando i ragazzi giocano non corre molta differenza tra il gioco e la contesa. Marco, se qualcuno gli vuol far del male, si può difendere da solo" Fabia " Sesto, in verità, si sa difendere, purchè venga a contesa con uno alla volta. Nessuno lo può sopraffare da solo. Ma mio figlio è più appassionato della lettura che dei combattimenti" Emilia "Questo non si può dire di Marco. Egli non attende tanto alle lettere quanto ai giochi ed alle gare!" A questo punto Cornelio interpella le donne" Anch'io sono appassionato di giochi e combattimenti, a patto di vedere gli altri lottare! Poco fa nell'anfiteatro ho assistito a un magnifico combattimento: combattevano più di 300 gladiatori. I più erano armati di gladi e scudi, altri maneggiavano reti" Emilia, che non ha assistito al combattimento, chiede a Cornelio "In che modo i gladiatori combattono con le reti?" Cornelio "L'uno cerca di avviluppare l'altro nella rete. Chi rimane avviluppato nella rete non può difendersi e viene ucciso senz'indugio, a meno che non si sia battuto tanto valorosamente che gli spettatori vogliano che viva. Ma per lo più il vinto è ucciso, il vincitore invece riceve la palma, mentre gli spettatori estasiati gridano e battono le mani" Giulio "Non mi piace guardare tali giochi crudeli. Preferisco assistere alle corse dei cavalli nel circo"Cornelio: "I giochi circensi non mi piacciono meno dei combattimenti fra gladiatori. Ora vado nel circo, ora nell'anfiteatro. MA me ne son andato triste dagli ultimi giochi del circo, poiché quell'auriga che era il favorito di moltissimi spettatori, sbalzato fuori dal carro è stato ucciso dai cavalli che sopraggiungevano. Dopo la sua morte gli spettatori hanno smesso di applaudire e si son messi a piangere." Fabia"Io preferisco le recite sceniche: preferisco guardare le favole in teatro. Recentemente ho visto la commedia di Plauto "Anfitrione, condottiero greco, la cui moglie Alcmena era amata dallo stesso Giove. Mentre quel condottiero valoroso e forte conduce una guerra lontano da casa, Giove prese il suo sembiante, per vedere Alcmena; ella, credendolo suo marito, lo accolse nel talamo" Cornelio "...e dopo dieci mesi partorì due figli gemelli, dei quali uno fu Ercole. Quella storia è nota a tutti. Ma non sapete forse perché alle donne piace andare al teatro? Il poeta Ovidio, che conosceva tanto bene l'indole delle donne quanto le donne stesse, in questo verso ne riferisce il motivo: "Vengono a guardare, affinché esse stesse vengano guardate!". Fabia: "E gli uomini vengono per guardare le belle donne!". Allora Giulio, che è appassionato dell'arte poetica, dice: "Lo stesso Ovidio sostiene questo. Ecco l'inizio di un carme che ha scritto ad un'amica seduta con lui al circo: "Non è l'interesse per i cavalli di razza che mi fa sedere qui; tuttavia prego che vinca la gara quello che tu favorisci tu. Io sono venuto per parlare con te e per sederti vicino, perché il sentimento d'amore che susciti in me non ti fosse ignoto. Tu guardi le corse, io guardo te: guardiamo pure entrambi quel che ci piace e lasciamo che i nostri occhi si sazino!". Cornelio: "Io ricordo i versi di Ovidio riguardo alla fanciulla che impediva all'operoso poeta di recitare la guerra di Troia e il destino del re Priamo. Molte volte ho detto alla mia donna: "Lasciami, una buona volta," ma subito lei è venuta a sedermisi in grembo; molte volte ho detto: "Mi vergogno," e lei, trattenendo a stento le lacrime ha esclamato: "Me infelice, ormai ti vergogni di amarmi?", e mi ha gettato le braccia al collo e mi ha dato mille di quei baci che sono la mia rovina! Mi dò per vinto e la mia ispirazione dalle armi che avevo impugnato viene richiamata a cantare le imprese compiute sotto il mio tetto e le mie guerre private!". Fabia: Questo poeta piace unicamente agli uomini. In verità mi piacciono di più i gradevoli carmi che Catullo ha scritto all'amica Lesbia. Se lo gradisci, Giulio, leggi a noi qualcosa dal libro di Catullo". "Lo farò volentieri-risponde Giulio", ma questo triclinio è già troppo al buio; non posso leggere nelle tenebre. Accendete le lucerne, servi" Accese le lucerne, Giulio comanda di portare il libro di Catullo, poi fa "Comincerò dalla poesia sulla morte del passero che Lesbia aveva avuto caro "Piangete, o Veneri e Amorini e voi tutti uomini del bel mondo: è morto il passero della mia fanciulla, il passero, gioia della mia fanciulla, che lei amava più dei suoi occhi. Infatti era dolcissimo e la conosceva tanto bene quanto una fanciulla la madre, non si muoveva dal suo grembo, ma saltellando attorno ora qui ora là pigolava solo alla sua padrona rivolto: ora va per una via tenebrosa là da dove negano che qualcuno torni. Ma mal ve ne incolga, malvagie tenebre dell'Ade, che divorate tutto quel che v'è di grazioso: mi avete strappato il passerotto ch'era tanto bello. O disgrazia! O povero passerino! Ora per causa tua gli occhietti della mia fanciulla, son rossi dal pianto. In questi ultimi versi il poeta espone la vera ragione del suo dolore: gli occhi di Lesbia erano gonfi e rossi per le lacrime. Allora infatti Catullo amava solo Lesbia e credeva che il suo amore sarebbe durato in eterno. Ecco un altro carme in cui l'animo del poeta si mostra acceso d'amore: Viviamo, mia Lesbia, e amiamo, e tutti i borbottii dei vecchi troppo austeri stimiamoli un asse. I soli possono morire e tornare; noi una volta venuta meno la breve luce, dobbiamo dormire una notte senza fine. Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi di nuovo cento, poi altri mille, poi cento. Infine, quando ne avremo cumulati a migliaia, li mescoleremo, per perderne il conto, oppure perché qualche malevolo non ce li possa invidiare, sapendo che vi sono tanti baci" Catullo desiderava prendere in moglie Lesbia, ma lei non sposò mai Catullo, pur affermando "di non preferire sposare nessun altro uomo" Poi il poeta cominciò a dubitare delle sue parole "La mia donna dice di non preferire sposare nessuno piuttosto che me, neppure se lo stesso Giove la richiedesse. Ma quello che una donna dice all'amante desideroso, occorre scriverlo sul vento e la rapida acqua. "Alla fine il poeta capì che Lesbia era infida ed indegna del suo amore, né tuttavia cessò d'amarla. Ecco due versi che mostrano l'animo del poeta dolente e incerto tra l'odio e l'amore "Odio ed amo. Forse domandi perché io così agisca? Non so, ma sento che così accade e me ne cruccio" I convitati applaudono a lungo dopo la recitazione di tali versi. Allora Paola dice "Abbiamo già sentito parlare abbastanza di amore e dolore. Io preferirei ridere, e questo poeta certo non provoca il riso. Perché non ci reciti versi scherzosi?" Giulio di rimando "Ma Catullo non scrisse solo carmi seri, ma anche scherzosi. Ecco i versi con cui il poeta, povero, invitò a pranzo un amico ricco, di nome Fabullo: Pranzerai bene, mio Fabullo, a casa mia, tra pochi giorni, piacendo agli dei, se porterai con te un gustoso ed abbondante pranzo, non senza una candida fanciulla, il vino, il sale e tutte le risate. Se tutto questo ti porterai, mio caro, pranzerai bene: infatti la borsetta del tuo Catullo è piena di ragnatele" Questi versi provocano grandi risate. Allora Cornelio "Catullo scrisse bene e giocosamente, tuttavia i suoi versi non sono da paragonare con quelli pieni di spirito faceto che Marziale scrisse all'indirizzo degli avversari. Porto sempre con me nel seno i libri di Marziale" Richiesto da tutti di recitare gli epigrammi, Cornelio srotola un libretto e dice "Comincerò dai versi che il poeta scrisse a proposito dei suoi libriccini. "La mia Roma loda, ama, canta i miei libretti, me tutti i seni me ogni mano stringe. Ecco un tale arrossisce, impallidisce, stupisce, rimane a bocca aperta, odia. Questo voglio: ora i nostri carmi ci piacciono (pluralis maiestatis). Dopo quest'inizio Cornelio legge alcuni epigrammi di Marziale, fra questi quelli composti contro altri poeti: Perchè non ti mando i miei libriccini, Pontiliano? Perchè tu, Pontiliano, non mi mandi i tuoi" "Si dice che Cinna scriva dei versetti contro di me. Non scrive uno, del quale nessuno legge i versi" "Nulla reciti, Mamerco, e vuoi d'un poeta darti l'arie. Sii pure quel che ti pare, ma non recitare nulla" "Cinna sciagurato, dici che è un nulla quello che chiedi. Se nulla, Cinna, chiedi, nulla, Cinna, ti nego" "Non so cosa tu scriva, Fausto, a tante ragazze. Ma so che nessuna ti scrive" Seguono epigrammi in cui si deridono donne, particolarmente vecchie, come Lecania e Paola. Taide ha denti neri, Paola li ha bianchi. Qual'è il motivo? La seconda li ha comprati, l'altra ha i suoi. "Vuoi sposare Prisco. Non me ne meraviglio, Paola: hai buon senso. Prisco non ti vuole in moglie: anch'egli è assennato" "Paola vuole sposarmi, io non voglio in moglie Paola: è vecchia. Lo vorrei, se fosse più vecchia" Ridendo gli altri Paola fa "Perchè ridete? Pensate forse che questo sia stato scritto contro di me, donna bella e giovane?" Cornelio" Neanche per sogno, Paola. Questo fu scritto non al tuo indirizzo, ma a quello di Bassa "Ti definisci bella, ti definisci fanciulla, o Bassa. Bassa suole dire quello che non è" Udendo questo Paola arrossisce, gli altri convitati a stento trattengono le risa. Cornelio allora saggiamente dice "Le poesie di Marziale non sono tutte scherzose. Ecco due versi sul destino di un poveraccio e quattro contro Gellia, che versa lacrime sul padre defunto in presenza di testimoni: Sempre sarai povero, se povero sei, Emiliano. oggi non si elargiscono ricchezze se non ai ricchi" "Quando è sola Gellia non piange la perdita del padre, ma se qualcuno è presente, sgorgano le sue lacrime a comando. Non prova dolore, Gellia, chi vuole essere lodato, soffre veramente chi s'affligge in assenza di testimoni." Recitati circa cento epigrammi, Cornelio pone fine alla lettura con queste parole "Se per uno non è abbastanza la lettura di 100 epigrammi, Cedicione, nessun male gli basterà mai" Tutti ridono ed applaudono Cornelio con entusiasmo ed a lungo.
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