Amīcus Philippae Chrīstiānus

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Salve mi servirebbe la traduzione di questo testo il prima possibile. Non fa parte di nessun libro ma di questo file che si trova su internet "docslide.net_fabellae-latinae-i-xxxv.pdf."

Aemilia in cubiculō suō sedet, dum Philippa ancilla capillōs dominae exōrnat. Domina speculum ante sē tenet et sē spectat; silentium ancillae animadvertit atque in speculō eam lacrimantem videt. Lacrimīs ancillae permōta “Quid est, Philippa?” inquit, “Cūr flēs?”
“Ō domina!” inquit ancilla, “Brevī sōla relinquar ā virō, nōmine Proculō, quem ante omnēs amō. Omnium mulierum miserrima esse mihi videor! Quid faciam? Quōmodo vīvam sine eō?”
Aemilia: “Sī tē relinquere vult, haud probus est vir. Quam saepe virī montēs aurī fēminīs pollicentur, tum vērō, prōmissa sua oblītī, eās sōlās dēserunt! Nōlī maerēre ob amōrem tālis virī improbī, quī tē indīgnus esse vidētur.”
“Immō probus, probissimus est Proculus meus!” exclāmat Philippa, “Nōn suā causā mē dēseret. Dominus eius crās eum ad mortem dūcī iubēbit.”
Aemilia: “Quid ais, Dēlia? Quid fēcit iste vir? Hominemne necāvit? Neque enim ūllus dominus sine causā servum suum ita pūnit. Etsī tū dēfendis eum, quoniam eum amās, tamen dubitō num amīcus iste tuus vir probus sit.”
Philippa prae dolōre loquī nōn potest ac lacrimāre pergit. Aemilia, quae bona domina est, eam verbīs suīs cōnsōlārī cōnātur. Tandem Philippa “Ō domina!” inquit, “tibi aliquid dīcam quod aliīs omnibus occultāre necesse est, nē ego quoque in carcerem mittar. Amīcus meus duōs iam mēnsēs in carcere inclūsus tenētur, et crās saevissimīs ferīs vorandus dabitur! Tibi igitur hanc rem cōnfitēbor: Proculus meus... est... est Chrīstiānus!”
“Quid? Chrīstiānus?” inquit Aemilia. “Melius erat eum esse fūrem nēquissimum! An nescīs Chrīstiānōs īnfantēs necāre atque eōrum sanguinem bibere? Praetereā tam stultī esse dīcuntur ut quīdam eōrum asinum tamquam deum adōrent. Oblīvīscere illīus virī improbī, quī tam turpiter vīvit, mea Philippa!”
At ancilla “Quī tālia dīcunt” inquit “mentiuntur, nec vērō Chrīstiānōs umquam cognōvērunt. Mihi crēde, domina! Tū scīs mē numquam tibi mentītam esse.”
Ergō Aemilia, quae aliquid dē vītā Chrīstiānōrum audīre cupit, ancillae suādet ut sibi plūra nārret dē hāc rē. Philippa vērō rogat dominam suam ut prōmittat ‘sē auxilium lātūram esse Proculō,’ quī in tantō perīculō versātur.

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Emilia siede nella sua stanza, mentre l'ancella Filippa adorna i capelli della padrona. La padrona tiene lo specchio davanti a sé e si osserva; si accorge del silenzio dell'ancella e la vede piangere nello specchio. Turbata dalle lacrime dell'ancella, disse: "Che c'è Filippa? Perché piangi?".
"O padrona!" disse l'ancella, "A breve sarò lasciata da sola da un uomo, di nome Proculo, che amo più di tutti. Mi sembra di essere la più infelice di tutte le donne! Che farò? Come vivrò senza di lui?".
Emilia: "Se vuole lasciarti, non è un uomo perbene. Quanto spesso gli uomini promettono montagne d'oro alle donne, ma poi, dimentichi delle loro promesse, le lasciano sole! Non essere triste per l'amore di un uomo così spregevole, che sembra essere indegno di te".
"Non buono, il mio Proculo è buonissimo!" esclama Filippa, "Non mi lascia a causa sua. Il suo padrone domani ordinerà che venga condannato a morte".
Emilia: "Che dici, Delia? Che ha fatto quest'uomo? Ha forse ucciso un uomo? Nessun padrone infatti punisce così un suo servo senza una ragione. Anche se tu lo difendi, dal momento che lo ami, tuttavia non so se questo tuo amico sia un uomo onesto".
Filippa non riesce a parlare per il dolore e continua a piangere. Emilia, che è una padrona buona, cerca di consolarla con le sue parole. Alla fine Filippa dice: "O padrona! Ti dirò qualcosa che è necessario nascondere a tutti agli altri, affinché non venga messa anch'io in carcere. Il mio amico è tenuto rinchiuso in carcere già da due mesi e domani sarà dato in pasto a crudelissime belve! Perciò ti confesserò questa cosa: il mio Proculo...è...è Cristiano!".
"E che? Cristiano?" dice Emilia. "Sarebbe stato meglio che fosse un malvagissimo ladro! Non sai forse che i Cristiani uccidono i neonati e bevono il loro sangue? Inoltre si dice siano così sciocchi che alcuni di loro adorano un asino come una divinità. Dimenticati di quell'uomo disonesto, che vive così vergognosamente, Filippa cara!".
Ma l'ancella dice: "Coloro che dicono queste cose mentono, e non hanno mai conosciuto davvero i Cristiani. Credimi, padrona! Tu sai che io non ti ho mai mentito".
Dunque Emilia, che voleva sentire qualcosa sulla vita dei Cristiani, invita l'ancella a raccontarle di più su questa cosa. Ma Filippa chiede alla sua padrona di promettere che 'avrebbe aiutato Proculo', che si trova in un tanto grande pericolo.
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