Aiuto please trovatemi queta versione o aiutatemi
annibale passa le alpi (da livio)
Hannibal, postquam superavit Pyrenaeum saltum, per galliam ad Alpes pervenit.Montium altidudo nivesque propre caelo immixtae,...
Hannibal, postquam superavit Pyrenaeum saltum, per galliam ad Alpes pervenit.Montium altidudo nivesque propre caelo immixtae,...
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Chiudo
ma grazie 1000!!!gentilissimi!!!!
"Il nono giorno giunsero sul valico delle Alpi, attraverso passaggi per lo più inaccessibili e con deviazioni causate o da inganno delle guide o, quando si diffidava di esse, dalle valli in cui si addentravano cercando d'indovinare la via giusta. Si pose il campo sul valico per due giorni, e vi si diede riposo alle truppe stanche del cammino e dei combattimenti; e alcuni muli, che erano sdrucciolati per le rocce, raggiunsero il campo seguendo le orme della colonna. In questa, affranta da tante avversità, accrebbe terrore anche la caduta della neve, ché già era il tempo del tramonto delle Pleiadi.
Poiché, levato il campo all'alba, attraverso sentieri tutti pieni di neve la colonna avanzava assai lentamente e tutti i volti tradivano la svogliatezza e la sfiducia, Annibale, spintosi innanzi alle insegne, fece fermare le truppe su un contrafforte da cui la vista poteva spaziare in lungo e in largo, e mostrò l'Italia e le pianure circumpadane che si stendono ai piedi delle Alpi, aggiungendo che essi varcavano ora le mura non solo dell'Italia ma anche di Roma; tutto sarebbe stato ormai piano e in discesa, e in una o al più in due battaglie sarebbero stati padroni e signori della rocca e della capitale dell'Italia. Riprese allora l'esercito ad avanzare, ché ormai i nemici non tentavano più alcuna opposizione, tranne qualche occasionale ruberìa senza importanza. Tuttavia il cammino fu assai più difficile che non era stato nella salita (giacché quasi dovunque le Alpi dalla parte dell'Italia sono bensì meno estese ma più ripide). Quasi ogni sentiero, infatti, era scosceso, angusto, lubrico, si che non potevano trattenersi dallo sdrucciolare, né, se fosse lor mancato il piede, fermarsi dov'erano caduti; e gli uni cadevano su gli altri, e le cavalcature su essi.
Giunsero poi tra dirupi ancor più angusti e con pareti tanto erte, che a grande stento soli i soldati armati leggermente, avanzando a tentoni e aggrappandosi agli arbusti e alle radici affioranti, riuscivano a calarsene giù.
Il luogo, già di sua natura scosceso, a cagione di una frana recente si era avvallato per un'altezza di oltre mille piedi. Poiché la cavalleria si era fermata colà come innanzi al termine della via, ad Annibale che chiedeva stupito la causa dell'arresto della marcia fu riferito che la roccia non dava passaggio. Si mosse egli allora per vedere. E vide che senz'altro bisognava far girare le truppe, pur con una lunga deviazione, per luoghi all'intorno senza strade né mai prima battuti. E invero quel cammino era insuperabile; giacché, se poco era lo spessore della neve recentemente caduta su quella vecchia e intatta, e su essa, soffice e non troppo alta, i piedi si posavano con sicurezza, quando essa per il passaggio di tanti uomini e di tanti animali si fu disfatta, il cammino avveniva sul sottostante ghiaccio rimasto scoperto e tra la fluida poltiglia della neve che si scioglieva. Terribile era quivi la lotta, perché la via resa sdrucciolevole dal ghiaccio non consentiva di procedere sicuri e, per esser ripida, faceva ad ogni istante sdrucciolare il piede, si che, se s'aiutavano con le mani o con le ginocchia per rialzarsi, sfuggendo loro anche quel sostegno ruzzolavano di nuovo; né v'erano intorno sterpi o radici a cui uno potesse puntellarsi con la mano o col piede; e così altro non facevano se non rotolarsi sul lucido ghiaccio e su la neve melmosa. Le cavalcature spezzavano talvolta, sprofondando, la crosta ghiacciata, e scivolando la rompevano ancor più addentro con l'agitare nello sforzo gli zoccoli, si che i più, come presi in una trappola, restavano fitti nel ghiaccio duro e profondo.
Alla fine, poiché si furono inutilmente così affaticati muli e uomini, fu posto il campo sui valico, dopo che fu con fatica ripulito a tal fine il terreno, tanta neve si dové scavare e portar via. Poi i soldati, ridotti a dover aprirsi nella roccia una via, la sola che era possibile, poiché bisognava spaccare la pietra, vi eressero intorno ingenti cataste di legna, con alberi abbattuti e tagliati, e col favore del vento che si era levato alimentando le fiamme, vi appiccarono il fuoco, e, infondendo aceto su la pietra ardente, la resero friabile. Apersero poi col ferro le rupi incandescenti, e resero più agevole la discesa con brevi svolte per le quali si potessero far discendere non i soli muli ma anche gli elefanti. Quattro giorni si spesero intorno alla roccia, sì che i muli quasi morivan di fame; quasi ignude sono infatti le cime, e, se pure v'è qualche pascolo, Io coprono le nevi. Le regioni più in basso hanno vallate e alcuni poggi aprichi e corsi d'acqua presso le selve e località già più adatte al vivere umano. Colà furono messi i muli a pascolare e si diede riposo agli uomini sfiniti dai lavori di scavo. In tre giorni poi si ridiscese al piano, ché più miti sì trovarono ormai tanto i luoghi quanto l'indole degli abitanti".
Poiché, levato il campo all'alba, attraverso sentieri tutti pieni di neve la colonna avanzava assai lentamente e tutti i volti tradivano la svogliatezza e la sfiducia, Annibale, spintosi innanzi alle insegne, fece fermare le truppe su un contrafforte da cui la vista poteva spaziare in lungo e in largo, e mostrò l'Italia e le pianure circumpadane che si stendono ai piedi delle Alpi, aggiungendo che essi varcavano ora le mura non solo dell'Italia ma anche di Roma; tutto sarebbe stato ormai piano e in discesa, e in una o al più in due battaglie sarebbero stati padroni e signori della rocca e della capitale dell'Italia. Riprese allora l'esercito ad avanzare, ché ormai i nemici non tentavano più alcuna opposizione, tranne qualche occasionale ruberìa senza importanza. Tuttavia il cammino fu assai più difficile che non era stato nella salita (giacché quasi dovunque le Alpi dalla parte dell'Italia sono bensì meno estese ma più ripide). Quasi ogni sentiero, infatti, era scosceso, angusto, lubrico, si che non potevano trattenersi dallo sdrucciolare, né, se fosse lor mancato il piede, fermarsi dov'erano caduti; e gli uni cadevano su gli altri, e le cavalcature su essi.
Giunsero poi tra dirupi ancor più angusti e con pareti tanto erte, che a grande stento soli i soldati armati leggermente, avanzando a tentoni e aggrappandosi agli arbusti e alle radici affioranti, riuscivano a calarsene giù.
Il luogo, già di sua natura scosceso, a cagione di una frana recente si era avvallato per un'altezza di oltre mille piedi. Poiché la cavalleria si era fermata colà come innanzi al termine della via, ad Annibale che chiedeva stupito la causa dell'arresto della marcia fu riferito che la roccia non dava passaggio. Si mosse egli allora per vedere. E vide che senz'altro bisognava far girare le truppe, pur con una lunga deviazione, per luoghi all'intorno senza strade né mai prima battuti. E invero quel cammino era insuperabile; giacché, se poco era lo spessore della neve recentemente caduta su quella vecchia e intatta, e su essa, soffice e non troppo alta, i piedi si posavano con sicurezza, quando essa per il passaggio di tanti uomini e di tanti animali si fu disfatta, il cammino avveniva sul sottostante ghiaccio rimasto scoperto e tra la fluida poltiglia della neve che si scioglieva. Terribile era quivi la lotta, perché la via resa sdrucciolevole dal ghiaccio non consentiva di procedere sicuri e, per esser ripida, faceva ad ogni istante sdrucciolare il piede, si che, se s'aiutavano con le mani o con le ginocchia per rialzarsi, sfuggendo loro anche quel sostegno ruzzolavano di nuovo; né v'erano intorno sterpi o radici a cui uno potesse puntellarsi con la mano o col piede; e così altro non facevano se non rotolarsi sul lucido ghiaccio e su la neve melmosa. Le cavalcature spezzavano talvolta, sprofondando, la crosta ghiacciata, e scivolando la rompevano ancor più addentro con l'agitare nello sforzo gli zoccoli, si che i più, come presi in una trappola, restavano fitti nel ghiaccio duro e profondo.
Alla fine, poiché si furono inutilmente così affaticati muli e uomini, fu posto il campo sui valico, dopo che fu con fatica ripulito a tal fine il terreno, tanta neve si dové scavare e portar via. Poi i soldati, ridotti a dover aprirsi nella roccia una via, la sola che era possibile, poiché bisognava spaccare la pietra, vi eressero intorno ingenti cataste di legna, con alberi abbattuti e tagliati, e col favore del vento che si era levato alimentando le fiamme, vi appiccarono il fuoco, e, infondendo aceto su la pietra ardente, la resero friabile. Apersero poi col ferro le rupi incandescenti, e resero più agevole la discesa con brevi svolte per le quali si potessero far discendere non i soli muli ma anche gli elefanti. Quattro giorni si spesero intorno alla roccia, sì che i muli quasi morivan di fame; quasi ignude sono infatti le cime, e, se pure v'è qualche pascolo, Io coprono le nevi. Le regioni più in basso hanno vallate e alcuni poggi aprichi e corsi d'acqua presso le selve e località già più adatte al vivere umano. Colà furono messi i muli a pascolare e si diede riposo agli uomini sfiniti dai lavori di scavo. In tre giorni poi si ridiscese al piano, ché più miti sì trovarono ormai tanto i luoghi quanto l'indole degli abitanti".
Mhm ho trovato qsta traduzione...
Annibale, comandante dei Cartaginesi, dopo un lungo e difficile viaggio attraverso i monti Pirenei e la regione Gallica, arrivò alle Alpi con molti soldati ed elefanti. Sui monti molto alti c'era grande abbondanza di nevi e tutti i soldati, stanchi per i pesanti lavori, temevano nuove difficoltà e pericoli. Allora Annibale mostrò ai militi i ricchi campi dell'Italia e confortò gli animi turbati; poi diede l'ordine della partenza, i soldati obbedirono all'ordine del comandante; ma per l'asprezza dei luoghi molti uomini trovarono la morte nel viaggio; gli elefanti e i cavalli precipitarono con i bagagli in una voragine. Ormai tutti disperavano della salute e piangevano la propria sorte con grandi grida. Infine i monti furono meno aspri e la via apparve facile fino ai campi aperti.
Annibale, comandante dei Cartaginesi, dopo un lungo e difficile viaggio attraverso i monti Pirenei e la regione Gallica, arrivò alle Alpi con molti soldati ed elefanti. Sui monti molto alti c'era grande abbondanza di nevi e tutti i soldati, stanchi per i pesanti lavori, temevano nuove difficoltà e pericoli. Allora Annibale mostrò ai militi i ricchi campi dell'Italia e confortò gli animi turbati; poi diede l'ordine della partenza, i soldati obbedirono all'ordine del comandante; ma per l'asprezza dei luoghi molti uomini trovarono la morte nel viaggio; gli elefanti e i cavalli precipitarono con i bagagli in una voragine. Ormai tutti disperavano della salute e piangevano la propria sorte con grandi grida. Infine i monti furono meno aspri e la via apparve facile fino ai campi aperti.
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