Ultime lettere di jacopo ortis

brothh
Sono salito su la più alta montagna: i venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a’ miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi dell’erta sedeano le nuvole - nella terribile maestà della Natura la mia anima attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi mali, ed è tornata alcun poco in pace con se medesima.

Vorrei dirti di grandi cose: mi passano per la mente; vi sto pensando! - m’ingombrano il cuore, s’affollano, si confondono: non so più da quale io mi debba incominciare; poi tutto a un tratto mi sfuggono, e prorompo in un pianto dirotto. Vado correndo come un pazzo senza saper dove, e perché: non m’accorgo, e i miei piedi mi trascinano fra precipizj. Io domino le valli e le campagne soggette; magnifica ed inesausta creazione! I miei sguardi e i miei pensieri si perdono nel lontano orizzonte. - Vo salendo, e sto lì - ritto - anelante - guardo ingiù; ahi voragine! - alzo gli occhi inorridito e scendo precipitoso appiè del colle dove la valle è più fosca. Un boschetto di giovani querce mi protegge dai venti e dal sole; due rivi d’acqua mormorano qua e là sommessamente: i rami bisbigliano, e un rosignuolo - ho sgridato un pastore che era venuto per rapire dal nido i suoi pargoletti: il pianto, la desolazione, la morte di quei deboli innocenti dovevano essere venduti per una moneta di rame; così va! or bench’io l’abbia compensato del guadagno che sperava di trarne e mi abbia promesso di non disturbare più i rosignuoli, tu credi ch’ei non tornerà a desolarli? - e là io mi riposo. - Dove se’ ito, o buon tempo di prima! la mia ragione è malata e non può fidarsi che nel sopore, e guai se sentisse tutta la sua infermità! Quasi quasi - povera Lauretta! tu forse mi chiami - e forse fra non molto io verrò. Tutto, tutto quello ch’esiste per gli uomini non è che la lor fantasia. Dianzi fra le rupi la morte mi era spavento; e all’ombra di quel boschetto io avrei chiusi gli occhi volentieri in sonno eterno. Ci fabbrichiamo la realtà a nostro modo; i nostri desideri si vanno moltiplicando con le nostre idee; sudiamo per quello che vestito diversamente ci annoja; e le nostre passioni non sono alla stretta del conto che gli effetti delle nostre illusioni. Quanto mi sta d’intorno richiama al mio cuore quel dolce sogno della mia fanciullezza. O! come io scorreva teco queste campagne aggrappandomi or a questo or a quell’arbuscello di frutta, immemore del passato, non curando che del presente, esultando di cose che la mia immaginazione ingrandiva e che dopo un’ora non erano più, e riponendo tutte le mie speranze ne’ giuochi della prossima festa. Ma quel sogno è svanito! e chi m’accerta che in questo momento io non sogni? Ben tu, mio Dio, tu che creasti gli umani cuori, tu solo, sai che sonno spaventevole è questo ch’io dormo; sai che non altro m’avanza fuorché il pianto e la morte.

Così vaneggio! cangio voti e pensieri, e quanto la Natura è più bella tanto più vorrei vederla vestita a lutto. E veramente pare che oggi m’abbia esaudito. Nel verno passato io era felice: quando la Natura dormiva mortalmente la mia anima pareva tranquilla - ed ora?

Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita io cercherò forse invano il resto della mia età che mi verrà rapito dalle mie passioni e dalle mie sventure; ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrime, dalle lagrime di quella fanciulla celeste. E chi mai cede a una eterna obblivione questa cara e travagliata esistenza? Chi mai vide per l’ultima volta i raggi del Sole, chi salutò la Natura per sempre, chi abbandonò i suoi diletti, le sue speranze, i suoi inganni, i suoi stessi dolori senza lasciar dietro a sé un desiderio, un sospiro, uno sguardo? Le persone a noi care che ci sopravvivono, sono parte di noi. I nostri occhi morenti chiedono altrui qualche stilla di pianto, e il nostro cuore ama che il recente cadavere sia sostenuto da braccia amorose, e cerca un petto dove trasfondere l’ultimo nostro respiro. Geme la Natura perfin nella tomba, e il suo gemito vince il silenzio e l’oscurità della morte.

M’affaccio al balcone ora che la immensa luce del Sole si va spegnendo, e le tenebre rapiscono all’universo que’ raggi languidi che balenano su l’orizzonte; e nella opacità del mondo malinconico e taciturno contemplo la immagine della Distruzione divoratrice di tutte le cose. Poi giro gli occhi sulle macchie de’ pini piantati dal padre mio su quel colle presso la porta della parrocchia, e travedo biancheggiare fra le frondi agitate da’ venti la pietra della mia fossa. E mi par di vederti venir con mia madre, a benedire, o perdonar non foss’altro alle ceneri dell’infelice figliuolo. E predico a me, consolandomi: Forse Teresa verrà solitaria su l’alba a rattristarsi dolcemente su le mie antiche memorie, e a dirmi un altro addio. No! la morte non è dolorosa. Che se taluno metterà le mani nella mia sepoltura e scompiglierà il mio scheletro per trarre dalla notte in cui giaceranno, le mie ardenti passioni, le mie opinioni, i miei delitti - forse; non mi difendere, Lorenzo; rispondi soltanto: Era uomo, e infelice.



DOMANDE

1)nella descrzione del pesaggio inziale ( fino a ''e là io mi riposo) si susseguono due quadri :uno che si rifà ai canti di Ossian e al'altro più vicino al gusto arcadico. individuali ed elenca le caratteristiche lessicali e stilistiche del testo che denotano le due sensibilità.

2)nella lettera trovi anticipazioni non solo di temi, ma anche di espressioni e termini che compaiono nei Sepolcri. individuane alcuni, confrontando il lessico dei due testi.

3)evidenzia le parti in cui è presente l'idea della morte come riposo e quella in cui viene affronato il tema del compianto come conforto.

4)cataloga i ricordi del passato e le anticipazioni del futuro. riproproni, inolotre, con parole tue la vsione finale.

5)analizza la struttura sintattica del primo capoverso: quale effetto producono le frasi brevi e le forti cesure della prima parte? questo ritmo prosegue nelle righe seguenti? fino a che punto?


perfavore aiutaemi...;( ;( ;(

Aggiunto 1 ore 27 minuti più tardi:

grazie ragazzi :) siete fantastici

Aggiunto 19 minuti più tardi:

fra l'unica che nn si capisce bene è la 4...

Risposte
Francy1982
1.
Primo paesaggio in cui la natura è selvaggia è buia e tenebrosa proprio come nei canti dell'Ossian, che descrivono paesaggi cupi e desolati di una natura selvaggia e tempestosa, In questo primo quadro l'autore parla di venti che imperversavano, ci sono le querce, e descrive unaselva (che) fremeva come il mare burrascoso e i suoni rimbombavano nella valle, il tono delle tenebre e del clima tempestoso torna nella seguente frase: su le rupi dell’erta sedeano le nuvole

Secondo paesaggio Cambia il paesaggio ora ci sono le valli, lo scrittore sta su un punto alto da cui può contemplare il paesaggio di valli e campagne, mira l'orizzonte e vede un bosco con le querce, che qui sono giovani, l'aria è ventilata ma ci sono il sole e due rivi d'acqua che mormorano, mentre i rami degli alberi bisbigliano e si sente il suono del rosignolo, i rumori non sono più quelli della tempesta, ma quelli di una natura quieta che è capace di rilassare, questa parte riprende i toni arcadici delle campagne inglesi del muoversi leggero della natura e dell'acqua tipico dei racconti di Arcadia.

2.
http://www.robertobernardini.it/letteratura/testi/foscolo.htm

3.
[url=http://docs.google.com/viewer?a=v&q=cache:FqWRqHjX5mIJ:www.itiomar.it/pubblica/dispense/ortis.pdf+iacopo+ortis+tema+morte+e+compianto&hl=it&gl=it&pid=bl&srcid=ADGEESg3nXysvhfp8aBq6FehhWrWhuZ4Sf2VUyXi0OKFlRbILecDnf9j_XoybaYMJYNshXtZxUkkTW2ZOh2TuEY98I79IhEd0K9sFu2AtlEWu4btgLWEdniirBaCcpfflYcA84e31ZFB&sig=AHIEtbRIAOq9cPmu6vftLvtGrOBmnlKvWg]clicca qui[/url]

4.
Voce di moralita e di saggezza, Agostino nel primo libro consiglia a Francesco di frenare i suoi desideri per risolvere i problemi, come quando Parini conclude in modo analogo: "o giovine degno di patria piu grata! se non puoi spegnere quel tuo ardore fatale, che non lo volgi ad altre passioni?" (Foscolo 1997: 132). Agostino dice nel terzo libro: "Semel fallenti, non facile (language) Facile - A concurrent extension of ML from ECRC.

http://ecrc.de/facile/facile_home.html.

["Facile: A Symmetric Integration of Concurrent and Functional Programming", A. Giacalone et al, Intl J Parallel Prog 18(2):121-160, Apr 1989]. rursus fides adhibenda est. Tu prius mores atque habitum vitamque mutaveris quam animum mutasse persuadeas. Mitagatus forte sis tu lenitusque, ignis extinctus certe non est" (6) (Petrarca 1993: 140-1). Tutto il secondo incontro fra Parini e Jacopo s'incentra poi sui due "vizi" dominanti di Jacopo: l'Amore (7) e la Gloria (8), le due "catene" messe in rilievo da Agostino. Inoltre, quando Parini gli da un consiglio preliminare di volgere le sue passioni altrove, Jacopo risponde sottolineando la vanita del presente come conseguenza di un passato tormentato e un futuro senza prospettive: "Allora io guardai nel passato--allora io mi voltava avidamente al futuro, ma io errava sempre nel vano e le mie braccia tornavano deluse senza pur mai stringere nulla; e conobbi tutta la disperazione del mio stato" (Foscolo 1997: 132). Come Francesco che prende coscienza della sua impotenza: "Nunquam erit finis; nunquam enim hoc fatebor. Scio quidem, et tu testis es testis (tĕs`tĭs) or testicle (tĕs`tĭkəl), one of a pair of glands that produce the male reproductive cells, or sperm. michi, quotiens volui nec potui; quot lacrimas fudi, nec profuerint" (9) (Petrarca 1993: 21-1). E anche con l'impossibilita di afferrare il presente, straziato dal passato e non convinto del futuro, Francesco ammette: "Ego in presens sepe cum lacrimis poposci, sperans simul et illud eventurum ut, effractis cupiditatum laqueis et calcatis vite miseriis, salvus evaderem, et velut in aliquem salutarem portum ex tam multis curarum inutilium tempestatibus enatarem. At quotiens postea inter eosdem scopulos naufraugium passus Pas´sus
n. 1. A division or part; a canto; as, the passus of Piers Plowman s>. See 2d Fit. sim, quotiensque, si destituor, passurus intelligis" (10) (Petrarca 1993: 86-7). (tratto da qui)

Aggiunto 27 secondi più tardi:

scusa coltina ci siamo accavallati...

Aggiunto 5 minuti più tardi:

gà!

Aggiunto 36 minuti più tardi:

ho messo un copia incolla di un sito, puoi controllare direttamente la fonte che ho citato alla fine...

coltina
1.
Sono salito su la più alta montagna: i venti imperversavano; io vedeva le querce ondeggiar sotto a’ miei piedi; la selva fremeva come mar burrascoso, e la valle ne rimbombava; su le rupi dell’erta sedeano le nuvole - nella terribile maestà della Natura la mia anima attonita e sbalordita ha dimenticato i suoi mali, ed è tornata alcun poco in pace con se medesima.
Vorrei dirti di grandi cose: mi passano per la mente; vi sto pensando! - m’ingombrano il cuore, s’affollano, si confondono: non so più da quale io mi debba incominciare; poi tutto a un tratto mi sfuggono, e prorompo in un pianto dirotto. Vado correndo come un pazzo senza saper dove, e perché: non m’accorgo, e i miei piedi mi trascinano fra precipizj. Io domino le valli e le campagne soggette; magnifica ed inesausta creazione! I miei sguardi e i miei pensieri si perdono nel lontano orizzonte. - Vo salendo, e sto lì - ritto - anelante - guardo ingiù; ahi voragine! - alzo gli occhi inorridito e scendo precipitoso appiè del colle dove la valle è più fosca. Un boschetto di giovani querce mi protegge dai venti e dal sole; due rivi d’acqua mormorano qua e là sommessamente: i rami bisbigliano, e un rosignuolo - ho sgridato un pastore che era venuto per rapire dal nido i suoi pargoletti: il pianto, la desolazione, la morte di quei deboli innocenti dovevano essere venduti per una moneta di rame; così va! or bench’io l’abbia compensato del guadagno che sperava di trarne e mi abbia promesso di non disturbare più i rosignuoli, tu credi ch’ei non tornerà a desolarli? - e là io mi riposo

in grassetto i tratti ossianici, diperati, esagerati, foschi.
sottolineati i tratti arcadici, invece, sereni, pieni di diminutivi e di accenni alal leggerezza.

Aggiunto 5 minuti più tardi:

compianto come conforto:
"Eppur mi conforto nella speranza di essere compianto. Su l’aurora della vita io cercherò forse invano il resto della mia età che mi verrà rapito dalle mie passioni e dalle mie sventure; ma la mia sepoltura sarà bagnata dalle tue lagrime, dalle lagrime di quella fanciulla celeste. "

morte come riposo:
"compiglierà il mio scheletro per trarre dalla notte in cui giaceranno, le mie ardenti passioni, le mie opinioni, i miei delitti "

Aggiunto 2 minuti più tardi:

5-
il primo capoverso è ricco di frasi brevi e incisive. E' il modo in cui il poeta tenta di rendere il tumulto dell'animo, la confuzione della mente, l'irrequietezza del suo essere. Il tipo di periodare prosegue fino a che il protagonista non si scioglie in pianto, quando cioè viene meno quell'ansia e quel tormento che avevano prodotto el frasi così sincopate.

Aggiunto 57 secondi più tardi:

scusa coltina ci siamo accavallati...
[/quote]

e ci mancherebbe...meglio 2 aiuti che nulla!

Aggiunto 42 secondi più tardi:

Ok, con gli aiuti miei e di francy dovresti essere a posto! Buona serata Broth!

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