Promèteo,il divino benefattore-riassunto
Mi potreste gentilmente aiutare col riassunto di questo brano: Promèteo,il divino benefattore
Allora Promèteo decise di salvare gli uomini a tutti i costi. Un giorno si reco' a Lemno,
un'isola della Grecia dove Vulcano aveva la sua fucina e dove domava e foggiava i metalli
col fuoco, l'elemento di cui erano formati gli astri del cielo. Prese una canna cava di ferro,
in quella nascose una scintilla del prezioso elemento e la porto' agli uomini. I mortali
misero la scintilla sotto un fascio di legna e quando videro divampare la
fiamma, si
abbandonarono ad una gioia frenetica. Un confortante tepore si sprigionava da quelle
lingue lampeggianti e rianimava le loro membra intirizzite, il gelo accanto ad esse si
scioglieva e perdeva il suo rigore, la legna diventava cenere e perfino le pietre erano
domate dalle fiamme e rendevano le loro sostanze preziose : i metalli. Con questi gli
uomini si foggiarono delle armi, affrontarono le belve e le vinsero, squadrarono i macigni e
li sovrapposero, fabbricandosi delle case stabili, inventarono un gran numero di arnesi e di
suppellettili e con essi squarciarono il grembo della terra e spaccarono le rupi. Se vedevano
guizzare il fulmine non si spaventavano piu', perche' ormai anch'essi, come Giove,
potevano dar fuoco alle querce e incendiare i boschi. Quando un giorno Giove si affaccio'
dalle cime dell'Olimpo per guardare il mondo, vide dovunque fumare fuochi e le comunita'
degli uomini che in ogni parte con le loro opere emulavano gli dei. La terra era piena di
case e di citta', le misere creature che prima basivano di freddo nelle oscure grotte, ora
correvano il mondo come padroni splendidamente armati. Avevano addomesticato e messo
il morso ai cavalli, aggiogati i buoi e avevano persino dominato le acque, sulle quali
correvano in barche splendidamente costruite e incatramate. Allora il geloso dio fu preso
da un incontenibile furore. Chi avrebbe dominato piu' gli uomini ora che erano padroni del
fuoco e si erano resi liberi dalla paura. Volle sapere chi aveva consegnato loro il prezioso
elemento celeste, e quando apprese che cio' era avvenuto per opera di Prometeo, emise la
sua tremenda sentenza. Il gigante che aveva elargito agli uomini l'elemento divino, sarebbe
stato incatenato sulla piu' aspra e gelata cima di una montagna e vi sarebbe rimasto per
tutta l'eternita', esposto alle nevi ed al soffio degli uragani. Un gigantesco avvoltoio dal
becco di bronzo gli avrebbe squarciato il fianco e gli avrebbe divorato il fegato, che si
sarebbe riprodotto continuamente per rendere perenne il supplizio. Ogni protesta ed ogni
ragione fu vana. L'ordine di Giove doveva essere eseguito. Due mostruosi giganti, il Potere
e la Forza, afferrarono Prometeo, lo trascinarono sul piu' ventoso giogo del Caucaso, la
montagna piu' aspra d'Europa, e Vulcano, il fabbro degli dei, con catene infrangibili lo
inchiodo' alla roccia. Immediatamente dopo, un enorme avvoltoio apparve nell'aria, con
grandi ruote si poso' sul petto del misero Prometeo e col suo rostro di bronzo gli squarcio'
il fianco e si mise a strappargli a brani sanguinolenti il fegato. Col calar della notte
l'avvoltoio rivolava via e la piaga si chiudeva, ma all'indomani il supplizio ricominciava e
cosi' tutti i giorni senza fine.Le pene di Prometeo erano inanerrabili. Su quella rigida
solitudine i venti si scatenavano furibondi, mulinando turbini di neve, le carni del gigante
si scepolavano e si piegavano al gelo, i suoi capelli si attaccavano col ghiaccio alla rupe, e i
suoi occhi erano accecati dal nevischio e, nelle giornate serene, dal folgorio del sole e dal
riverbero dei ghiacciai. Non una pianta allignava a quell'altezza, non spuntava un fiore e
gli uccelli migratori passavano altissimi, mandando un pigolio lamentoso. Le sole voci che
si udivano erano quelle delle raffiche, lo scroscio sinistro delle valanghe e l'urlo del gigante
suppliziato che si confondeva con quello del vento. Ma invano Giove attendeva che
Prometeo gli chiedesse pieta'. Il divino benefattore degli uomini attingeva una smisurata
forza dalla coscienza di avere operato il bene e non si piegava davanti alla prepotenza e
all'ingiustizia. Per anni e anni duro' la pena di Prometeo, quando un giorno venne a pasare per quelle montagne Ercole, l'eroe che spese la sua vita per liberare la terra dai mostri che
angustiavano gli uomini.Avendo udito il grido di Prometeo, sali' sulla cima dove quello
giaceva incatenato e gli chiese : - Per quale colpa o delitto tu sei cosi' crucciato? -Qual e'
la mia colpa ? - rispose il gigante. -Quella di avere beneficato le creature delle mie mani.
Esse erano simili ai bruti ed io le ho fatte ragionevoli. Cieche e sorde quasi vane larve
erravano senza ordine e senza legge, ignoravano l'arte di costruirsi le case e come vili
insetti si rifugiavano nelle umide caverne. Col fuoco io largii loro il divino elemento con
cui soggiogarono la natura. ho insegnato loro le arti e le scienze, fugate dalle loro menti
l'ignoranza, e ho addolcita la loro vita. Giove mi ha condannato per questo, per aver fatto
del bene. Ma io non mi piego. Si converta in gioia per gli uomini quello che io soffro per la
giustizia. Ercole fu commosso fino alle lacrime davanti allo spettacolo di quell'essere
divino sottoposto a quell'orrendo martirio. Dopo tanti anni il corpo di Prometeo, logorato e
macerato dal gelo, sferzato dai venti, si confondeva con la montagna, le sue carni erano
dure e screpolate come il macigno, una crosta di ghiaccio gli copriva le mani e i piedi e il
sangue che colava dall'orribile ferita prodotta dall'avvoltoio, si era rappreso e arrossava
tutta la neve intorno. -Anch'io - disse Ercole indignato - non ho fatto che lottare per
beneficiare gli uomini. Ho combattuto contro orribili mostri, ho ucciso malefici giganti e
ho fondato citta'. Non permettero' piu' che tu soffra per aver fatto del bene. Afferro' con le
sue mani fortissime l'avvoltoio per le ali e con uno strappo lo squarcio' in due,
scagliandolo in un burrone. Poi con la clava ruppe le catene con cui Prometeo era legato,
svelse i chiodi dalla roccia e sorreggendolo amorosamente, lo accompagno' fin sulle cime
dell'Olimpo.Quivi tutti gli dei presero le parti di Prometeo e Giove, non osando piu'
insistere nel suo crudele proposito, lo riammise fra le creature immortali.
questo secondo voi va bene: Dopo la rivolta di Zeus contro il padre Crono, e la guerra che ne segue, Zeus si insedia al potere e annienta i suoi oppositori. Prometeo, il filantropo nel senso proprio del termine, subisce la sua collera e viene incatenato ad una roccia ai confini della Terra. Il dramma, interamente statico, mette in scena Prometeo di fronte a diversi personaggi divini, senza mai presentare un confronto diretto tra Zeus e il titano.
La scena si apre in Scizia, fra aspri monti e lande desolate. Efesto, Cratos e Bia hanno catturato il titano Prometeo e lo hanno incatenato ad una rupe. Zeus lo punisce perché ha donato il fuoco agli uomini, ribellandosi al suo volere. Il titano viene quindi raggiunto da vari personaggi, che tentano di portargli conforto e consiglio: le Oceanine, Oceano e Io. Prometeo ha però una via di fuga dalla angosciosa situazione in cui si trova, perché egli conosce un segreto che potrebbe causare la disfatta del potere olimpico retto da Zeus. La minaccia consiste nel frutto della relazione fra Zeus e Teti, che potrebbe generare un figlio in grado di sbaragliare il padre degli dei. Zeus invia il dio Ermes per estorcere il segreto a Prometeo, ma egli non cede e viene scagliato, insieme alla rupe cui è incatenato, in un abisso senza fondo.
Allora Promèteo decise di salvare gli uomini a tutti i costi. Un giorno si reco' a Lemno,
un'isola della Grecia dove Vulcano aveva la sua fucina e dove domava e foggiava i metalli
col fuoco, l'elemento di cui erano formati gli astri del cielo. Prese una canna cava di ferro,
in quella nascose una scintilla del prezioso elemento e la porto' agli uomini. I mortali
misero la scintilla sotto un fascio di legna e quando videro divampare la
fiamma, si
abbandonarono ad una gioia frenetica. Un confortante tepore si sprigionava da quelle
lingue lampeggianti e rianimava le loro membra intirizzite, il gelo accanto ad esse si
scioglieva e perdeva il suo rigore, la legna diventava cenere e perfino le pietre erano
domate dalle fiamme e rendevano le loro sostanze preziose : i metalli. Con questi gli
uomini si foggiarono delle armi, affrontarono le belve e le vinsero, squadrarono i macigni e
li sovrapposero, fabbricandosi delle case stabili, inventarono un gran numero di arnesi e di
suppellettili e con essi squarciarono il grembo della terra e spaccarono le rupi. Se vedevano
guizzare il fulmine non si spaventavano piu', perche' ormai anch'essi, come Giove,
potevano dar fuoco alle querce e incendiare i boschi. Quando un giorno Giove si affaccio'
dalle cime dell'Olimpo per guardare il mondo, vide dovunque fumare fuochi e le comunita'
degli uomini che in ogni parte con le loro opere emulavano gli dei. La terra era piena di
case e di citta', le misere creature che prima basivano di freddo nelle oscure grotte, ora
correvano il mondo come padroni splendidamente armati. Avevano addomesticato e messo
il morso ai cavalli, aggiogati i buoi e avevano persino dominato le acque, sulle quali
correvano in barche splendidamente costruite e incatramate. Allora il geloso dio fu preso
da un incontenibile furore. Chi avrebbe dominato piu' gli uomini ora che erano padroni del
fuoco e si erano resi liberi dalla paura. Volle sapere chi aveva consegnato loro il prezioso
elemento celeste, e quando apprese che cio' era avvenuto per opera di Prometeo, emise la
sua tremenda sentenza. Il gigante che aveva elargito agli uomini l'elemento divino, sarebbe
stato incatenato sulla piu' aspra e gelata cima di una montagna e vi sarebbe rimasto per
tutta l'eternita', esposto alle nevi ed al soffio degli uragani. Un gigantesco avvoltoio dal
becco di bronzo gli avrebbe squarciato il fianco e gli avrebbe divorato il fegato, che si
sarebbe riprodotto continuamente per rendere perenne il supplizio. Ogni protesta ed ogni
ragione fu vana. L'ordine di Giove doveva essere eseguito. Due mostruosi giganti, il Potere
e la Forza, afferrarono Prometeo, lo trascinarono sul piu' ventoso giogo del Caucaso, la
montagna piu' aspra d'Europa, e Vulcano, il fabbro degli dei, con catene infrangibili lo
inchiodo' alla roccia. Immediatamente dopo, un enorme avvoltoio apparve nell'aria, con
grandi ruote si poso' sul petto del misero Prometeo e col suo rostro di bronzo gli squarcio'
il fianco e si mise a strappargli a brani sanguinolenti il fegato. Col calar della notte
l'avvoltoio rivolava via e la piaga si chiudeva, ma all'indomani il supplizio ricominciava e
cosi' tutti i giorni senza fine.Le pene di Prometeo erano inanerrabili. Su quella rigida
solitudine i venti si scatenavano furibondi, mulinando turbini di neve, le carni del gigante
si scepolavano e si piegavano al gelo, i suoi capelli si attaccavano col ghiaccio alla rupe, e i
suoi occhi erano accecati dal nevischio e, nelle giornate serene, dal folgorio del sole e dal
riverbero dei ghiacciai. Non una pianta allignava a quell'altezza, non spuntava un fiore e
gli uccelli migratori passavano altissimi, mandando un pigolio lamentoso. Le sole voci che
si udivano erano quelle delle raffiche, lo scroscio sinistro delle valanghe e l'urlo del gigante
suppliziato che si confondeva con quello del vento. Ma invano Giove attendeva che
Prometeo gli chiedesse pieta'. Il divino benefattore degli uomini attingeva una smisurata
forza dalla coscienza di avere operato il bene e non si piegava davanti alla prepotenza e
all'ingiustizia. Per anni e anni duro' la pena di Prometeo, quando un giorno venne a pasare per quelle montagne Ercole, l'eroe che spese la sua vita per liberare la terra dai mostri che
angustiavano gli uomini.Avendo udito il grido di Prometeo, sali' sulla cima dove quello
giaceva incatenato e gli chiese : - Per quale colpa o delitto tu sei cosi' crucciato? -Qual e'
la mia colpa ? - rispose il gigante. -Quella di avere beneficato le creature delle mie mani.
Esse erano simili ai bruti ed io le ho fatte ragionevoli. Cieche e sorde quasi vane larve
erravano senza ordine e senza legge, ignoravano l'arte di costruirsi le case e come vili
insetti si rifugiavano nelle umide caverne. Col fuoco io largii loro il divino elemento con
cui soggiogarono la natura. ho insegnato loro le arti e le scienze, fugate dalle loro menti
l'ignoranza, e ho addolcita la loro vita. Giove mi ha condannato per questo, per aver fatto
del bene. Ma io non mi piego. Si converta in gioia per gli uomini quello che io soffro per la
giustizia. Ercole fu commosso fino alle lacrime davanti allo spettacolo di quell'essere
divino sottoposto a quell'orrendo martirio. Dopo tanti anni il corpo di Prometeo, logorato e
macerato dal gelo, sferzato dai venti, si confondeva con la montagna, le sue carni erano
dure e screpolate come il macigno, una crosta di ghiaccio gli copriva le mani e i piedi e il
sangue che colava dall'orribile ferita prodotta dall'avvoltoio, si era rappreso e arrossava
tutta la neve intorno. -Anch'io - disse Ercole indignato - non ho fatto che lottare per
beneficiare gli uomini. Ho combattuto contro orribili mostri, ho ucciso malefici giganti e
ho fondato citta'. Non permettero' piu' che tu soffra per aver fatto del bene. Afferro' con le
sue mani fortissime l'avvoltoio per le ali e con uno strappo lo squarcio' in due,
scagliandolo in un burrone. Poi con la clava ruppe le catene con cui Prometeo era legato,
svelse i chiodi dalla roccia e sorreggendolo amorosamente, lo accompagno' fin sulle cime
dell'Olimpo.Quivi tutti gli dei presero le parti di Prometeo e Giove, non osando piu'
insistere nel suo crudele proposito, lo riammise fra le creature immortali.
questo secondo voi va bene: Dopo la rivolta di Zeus contro il padre Crono, e la guerra che ne segue, Zeus si insedia al potere e annienta i suoi oppositori. Prometeo, il filantropo nel senso proprio del termine, subisce la sua collera e viene incatenato ad una roccia ai confini della Terra. Il dramma, interamente statico, mette in scena Prometeo di fronte a diversi personaggi divini, senza mai presentare un confronto diretto tra Zeus e il titano.
La scena si apre in Scizia, fra aspri monti e lande desolate. Efesto, Cratos e Bia hanno catturato il titano Prometeo e lo hanno incatenato ad una rupe. Zeus lo punisce perché ha donato il fuoco agli uomini, ribellandosi al suo volere. Il titano viene quindi raggiunto da vari personaggi, che tentano di portargli conforto e consiglio: le Oceanine, Oceano e Io. Prometeo ha però una via di fuga dalla angosciosa situazione in cui si trova, perché egli conosce un segreto che potrebbe causare la disfatta del potere olimpico retto da Zeus. La minaccia consiste nel frutto della relazione fra Zeus e Teti, che potrebbe generare un figlio in grado di sbaragliare il padre degli dei. Zeus invia il dio Ermes per estorcere il segreto a Prometeo, ma egli non cede e viene scagliato, insieme alla rupe cui è incatenato, in un abisso senza fondo.
Miglior risposta
Ciao,
prova a scrivere una bozza di riassunto tu e poi noi ti aiutiamo a svilupparla e a correggerla.
Ciao,
Giorgia.
prova a scrivere una bozza di riassunto tu e poi noi ti aiutiamo a svilupparla e a correggerla.
Ciao,
Giorgia.
Miglior risposta