PROMESSI SPOSI CAP 19 è URGENTISSIMOOOOOO!!!!!!!!

Iloveyou
CIAO!
Promessi sposi fra Cristoforo e Innominato?
ki sa dirmi cosa hanno in comune la giovinezza dell'innominato e quella di fra cristoforo??


è urgentissima e io nn so proprio ke dire!!

aiutooooooo...

Risposte
mrc89
prego

Iloveyou
grazie.. !!!!:hi:hi:hi:hi:satisfied:satisfied:satisfied:satisfied

mrc89
IL CONTE DEL SAGRATO

L'innominato viene descritto come un personaggio satanico, che gode a far del male; non c'è giustizia; si muove per capriccio. Si rivolge a lui un debitore per essere protetto dal creditore, il quale non si era mai sottoposto alle angherie del Conte; il quale lo attende sul Sagrato della Chiesa col fucile puntatogli addosso e quando lo ha sotto mira lo uccide. 1) Il conte è un personaggio ispirato dal Manzoni da un vero uomo, un feudatario crudele di nome Bernardino Visconti poi convertitosi = si ispira alla storia. 2) Nei Promessi Sposi (pubblicati definitivamente nel 1827 e poi riscritto in lingua più colta nel 1840) scompare questo delitto, come anche altri avvenimenti troppo cruenti: il Manzoni ha eliminato questa parte della storia perché colui che la leggesse non crederebbe alla conversione di un uomo tanto crudele. Nei Promessi Sposi si tacerà sui suoi delitti, si dice che li ha commessi senza descriverli

3) La folla è vera protagonista dei Promessi Sposi = assalto ai forni delle Grucce e protesta del pane. Manzoni non ama la folla = infatti viene descritta con giudizi negativi = è una massa amorfa, senz'anima, mossa dall'istinto della conservazione; è un cosa. La folla non è capace di compiere scelte razionali; è capace solo di atti violenti, vogliosa di sangue, è meschina e non conosce valori nobili.

La folla scappa senza proteggere il creditore = non prova pietà. la folla è poi in grado di far perdere la ragione anche a un uomo che la possiede = è una forza bruta, nella folla si perde la responsabilità morale dell'individuo = uomo calmo allo stadio violento. Ma chi non ama la folla non può amare la Rivoluzione = Manzoni dà giudizio negativo alla Rivoluzione Francese ma non fu un sostenitore della Restaurazione = è un patriota = oppositore alla Restaurazione che appartiene però alle sette segrete moderate = dare potere al popolo è per il Manzoni sbagliato, è contrario, scrive anche un'ode (23 Marzo 1821 a sostegno dei moti carbonari poi falliti). Manzoni è contro i privilegi aristocratici = solo un aristocratico può essere favorevole alla Restaurazione. Promessi sposi è un'enunciazione di questi soprusi. Per Manzoni la folla è l'ambiente del demonio. Nel Fermo e Lucia la storia di Gertrude occupava ben 6 capitoli, nei Promessi Sposi solo 2; Manzoni sostenitore della moralità dell'arte ritiene sbagliato descrivere ampiamente e dettagliatamente i personaggi negativi: con i loro crimini si rischia di contagiare il lettore facendolo diventare anche egli un personaggio negativo; l'artista oltre che divertire deve educare






DAL CONTE DEL SAGRATO ALL'INNOMINATO:

L'innominato dei Promessi sposi, come mostrano i due brani, è lo sviluppo del personaggio del Conte del Sagrato presente nel Fermo e Lucia. A ben guardare, però, l'innominato si configura come un personaggio nuovo rispetto a quello della precedente versione del romanzo. In particolare, ci sono due differenze essenziali nella presentazione di queste due figure.
1. Il Conte del Sagrato è indicato attraverso un soprannome ricavato da un suo efferato delitto: così è caratterizzato attraverso un dettaglio concreto, è agganciato a un particolare storico. Anzi, tutta la sua vicenda appare come una stampa storica: il conte sembra l'incarnazione di un tipico tiranno della violenta società feudale secentesca contro cui Manzoni polemizza.
Viceversa, indicare il personaggio dei Promessi sposi come «l'innominato» accresce il mistero intorno alla sua figura e ingigantisce il terrore che l'accompagna, mostrandolo come figura non comune, ma di eccezionale statura.
2. Il Conte del Sagrato è presentato attraverso il racconto del delitto che gli dà il nome: l'omicidio
sul sagrato della chiesa milanese. Manzoni, dunque, sceglie la narrazione di un fatto esteriore: una narrazione dettagliata, ricca di particolare visivi (la folla che esce dalla chiesa, i movimenti della vittima e dell'assassino). Ne scaturisce così la concreta immagine di un brigante crudele e brutale:
un personaggio monolitico, schematico ed elementare nei suoi tratti psicologici.
Nei Promessi sposi la narrazione di questo episodio è abolita: l'autore sceglie di lasciare i delitti dell'innominato nell’indeterminatezza, con gli stessi effetti che si sono notati per la questione del nome (ovvero accrescere il mistero e il terrore e creare intorno al personaggio un alone mitico di grandezza). Inoltre, nel presentare l'innominato, l'autore opta piuttosto per un ritratto interiore:
mentre calano i riferimenti a fatti concreti, aumentano le indicazioni di carattere psicologico (ad esempio: «Fino dall'adolescenza, allo spettacolo e al rumore di tante prepotenze. di tante gare, alla vista di tanti tiranni, provava un misto sentimento di sdegno e d'invidia impaziente»). Ne consegue che il nuovo personaggio non solo è circondato da un'atmosfera favolosa che non si riscontra nel Conte del Sagrato, ma reca in sé le tracce di un complesso mondo spirituale: il ritratto interiore che Manzoni ci fornisce rivela la superiorità spirituale dell'innominato sul personaggio del Fermo e Lucia.

Iloveyou
ieri mi sn dimenticata... MI SERVE IL RIASSUNTO DELL'EPISODIO DEL CONTE DEL SAGRATO DEL FERMO E LUCIA!!!

HELP ME PLEASE

mrc89
figuri...per me e un piacere aiutare.............

Iloveyou
grazie mrc89!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

:bounce:bounce:inchino:inchino:kiss

mrc89
Il brano corrispondente di Fermo e Lucia [...] indica non soltanto un atteggiamento intellettuale ma anche morale e in qualche modo della fantasia: quella compassione mista di sprezzo e di rabbia e quella compiacenza di noi stessi, cioè dei tempi nei quali lo scrittore vive, esprimono la concezione della prima stesura. La compassione ha nei Promessi Sposi assorbito in se lo sprezzo e la rabbia ed è diventata strumento ed elemento dell’arte. Il cambiamento dall’una all’altra stesura è stato quindi un cambiamento d’impostazione antecedente in senso ideale alla novità di tono e di espressione. L’errore del secolo entra direttamente in Fermo e Lucia, molto più che nei Promessi sposi, nelle passioni e nell’azione di molti personaggi. Il ripercuotersi e il prolungarsi dell’errore e del fuorviarsi della mente, giungono come onda lunga e violenta sino al peccato, al delitto, alla sopraffazione. In don Rodrigo, in Egidio e Geltrude, nello stesso Conte del Sagrato, nell’omicidio della monaca, nel ratto di Lucia, vi è la conseguenza umana e raccontata di quello che è stato appassionatamente sentito come opinione errata del tempo. Nella lettera a M. Chauvet, accanto alla poetica della tragedia il Manzoni trova la poetica non dico del romanzo, ma di quel rapporto con la storia dalla quale nasce il romanzo e nella quale si trova il nucleo del romanzo stesso. Lo scrittore deve cercare la verità e studiando un tempo e un argomento "après avoir rec,u de l’histoire une idée dramatique, il s’efforcera de la rendre fidélement, et pourra dès-lors en faire ressortir l’effet morali. Anche nel romanzo storico lo scrittore si deve porre l’impegno di un’idea drammatica e farne scaturire gli effetti morali. L’unità di Fermo e Lucia era, in questa idea drammatica della storia del Seicento, appoggiata soprattutto su quattro punti: l’errore intellettuale e l’ignoranza, la contrapposizione tra i poveri e i potenti, tra i pari di Fermo e i pari di don Rodrigo, il senso del potere come passione e come un quadro di tutta una società e, non meno importante, ma diversamente importante, il carattere anticristiano del secolo





IL CONTE DEL SAGRATO

L'innominato viene descritto come un personaggio satanico, che gode a far del male; non c'è giustizia; si muove per capriccio. Si rivolge a lui un debitore per essere protetto dal creditore, il quale non si era mai sottoposto alle angherie del Conte; il quale lo attende sul Sagrato della Chiesa col fucile puntatogli addosso e quando lo ha sotto mira lo uccide. 1) Il conte è un personaggio ispirato dal Manzoni da un vero uomo, un feudatario crudele di nome Bernardino Visconti poi convertitosi = si ispira alla storia. 2) Nei Promessi Sposi (pubblicati definitivamente nel 1827 e poi riscritto in lingua più colta nel 1840) scompare questo delitto, come anche altri avvenimenti troppo cruenti: il Manzoni ha eliminato questa parte della storia perché colui che la leggesse non crederebbe alla conversione di un uomo tanto crudele. Nei Promessi Sposi si tacerà sui suoi delitti, si dice che li ha commessi senza descriverli

Iloveyou
ok ... grazie se cè qlc che invece lo ha già fatto me lo passa??


IL CONTE DEL SAGRATO dal fermo e lucia: riassumi qst episodio

mrc89
Nel momento in cui il Padre Cristoforo deve apparentemente cedere all'iniquità, consegnandosi nelle mani della vera Provvidenza, facendosi anche lui umile che subisce torto ed ingiustizia, ed uscendo momentaneamente dalla scena, verso un oscuro futuro, ecco che entra invece sul palcoscenico del romanzo il nuovo potente personaggio dell'Innominato, quasi a segnalare che questi eredita dal Padre la funzione di protettore di Lucia. L'Innominato è un delinquente che ha il solo merito di essere un delinquente eccezionale e non comune: ecco le vie imperscrutabili della Provvidenza, che permette che un delinquente eccezionale si sostituisca al più eccezionale degli eroi cristiani del romanzo. Una concatenazione di eventi che ci richiama ancora una volta l'aspetto messianico della religiosità manzoniana: questo scambio di ruoli fra l'Innominato e il Padre Cristoforo è la riprova definitiva che l'intervento di Dio sulla terra a riportare giustizia è giudicato possibile, anche se coglierlo nella sua attuazione è dato a pochissimi, e nel mondo del romanzo, alla sola onnipotenza pensosa del narratore stesso.
L'Innominato è il secondo grande personaggio storico del romanzo, dopo Gertrude. Nel suo caso, il Manzoni applica la poetica dichiarata nella Lettre à Monsieur Chauvet, di integrare cioè i dati offerti dalla storia con la poesia, qui in veste di approfondimento psicologico e di storia d'anima, ossia quella vicenda interiore che la storia non può registrare e che è compito dell'artista di riprodurre. Il personaggio storico e psicologico insieme avrebbe dovuto poi servire a rappresentare tutta una condizione della società, e questo era precisamente la funzione del romanzo storico come genere letterario. Ecco perché le pagine di approfondimento psicologico sull'Innominato sono tra le più grandi, accanto a quelle dedicate a Gertrude, del romanzo. Si gioca in modo mirabile tutto l'impianto della poetica manzoniana.
Il personaggio è colto nel momento del passaggio da una vita malvagia e scellerata a una vita di bene, e potrebbe pertanto prestare il fianco ad una lettura miracolistica, giansenistica, esterna del fenomeno della conversione. Abbiamo già detto a proposito della conversione di Lodovico-Cristoforo che nel Manzoni non vi è nulla di tutto questo. La Grazia non opera mai dall'esterno, con l'estasi o la forza di un possesso che travolge, ma dall'interno, come forza che germina dalla linfa stessa dell'anima di chi vive una rinascita, o una reincarnazione; anche l'Innominato pertanto è colto nel momento in cui le peculiarità della sua natura (volontà fortissima, tenacia di carattere, coraggio, volizione) lo hanno reso apparentemente signore della realtà, e hanno soddisfatto quell'anelito ad una libertà assoluta che erano i presupposti del suo Io smisurato. Il piacere del comando e del potere hanno acquietato finora il suo senso della vita, appagato la sua natura: ma ora egli vuole qualcosa di meno esterno e di più vero: vuole il dominio anche sullo spirito. Ma per poterlo fare, occorre avere dominio non solo sul proprio passato ma anche sul proprio futuro. E qui le sicurezze dell'Innominato s'inceppano. Come sarebbe stato il futuro, visto che oramai la morte si appressava? Sarebbe stato il nulla eterno? Oppure sarebbe stato la vita del cosmo, governata da una legge che egli aveva sempre voluto ignorare o disprezzare, la legge di Dio? Se la morte fosse stata confluenza in Dio, e non nulla eterno, allora tutta la sua vita fino ad ora non avrebbe più senso, perché sarebbe solo una disarmonia nell'armonia, un controsenso. E' proprio l'istinto che rende insoddisfatto l'Innominato: accanto a queste meditazioni sulla morte, egli sente, arrivato al culmine della maturità, ma ancora al di qua del declino, tutta la spaventosa solitudine in cui la sua situazione di eccezionalità e superiorità l'hanno relegato. Questo stato interiore "nuovo", inoltre, gli si affaccia alla mente con grande evidenza reale, non in uno stato di allucinatoria vaghezza, come sarebbe normale per uno spirito medio: ecco allora le voci potenti, i "no imperiosi" da cui egli viene dolorosamente trafitto: il senso irrevocabile di un essere supremo che gli grida "io sono però", il blocco di fronte alla consuetudine delle azioni scellerate, che finirà col rendergli intollerabile questa ultima, di consegnare Lucia nelle mani del suo persecutore. Anche a conversione avvenuta, la religiosità dell'Innominato sarà tutta fatta di questi moti istintivi dello spirito, sorretti da un'eccezionale forza ed impeto, che saranno trasfigurati dal popolino come la sua "santità".


ALLORA QUESTO E L'INNOMINATO:
L’Innominato
Egli era un'anima perfida che più volte durante la vita aveva commesso azioni ignobili.Anche per quel che riguarda l’innominato occorre partire dall’osservazione del suo carattere
naturale: un carattere esuberante e violento, che lo spinge ad una serie di azioni di forza.
Certo, il secolo può aver avuto una sua parte nel determinare questo atteggiamento, per
l’ininterrotta gara che l’orgoglio di casta genera tra i vari nobili. E naturale, fisica, è la
scontentezza che comincia a indebolirlo. Il ribelle a ogni regola, il titano bandito dallo stato,
proprio per quella sua esuberante baldanza ha più vivo il sentimento della vecchiezza e della
morte: due fatti fisici con i quali dà nome, in un secondo momento, a quella scontentezza che
dapprima si presenta amorfa e invincibile. Poi subentra il sentimento della solitudine, che già
introduce lo spirito in un ordine di fatti che ha rapporto con l’intimità. C’è già in lui il
concetto del legame della morte con il giudizio di Dio: la coscienza di una possibile salvezza,
il sentimento religioso attivo gli viene da Lucia. Lo vediamo infine, durante la calata delle
bande alemanne, intento in una azione che indica la presenza dell’antico nel nuovo uomo:
cosa che il Manzoni si preoccupa sempre di indicare.

MANTRE QUESTO E LODOVICO:

FRA CRISTOFORO
Era un uomo sulla sessantina d'anni . Il suo vero nome era Ludovico ed era figlio di un mercante. Quando muore il padre egli viene duramente contestato dai nobili della società che non riconoscevano il lui un signore . Stanco di queste continue insinuazioni Ludovico aveva più volte pensato di diventare un frate.

Un giorno mentre sta camminando su una strada incontra un nobile presuntuoso. Quest'ultimo secondo le leggi della cavalleria avrebbe dovuto cedere il passo a Ludovico, ma non lo fa; così si scatena un duello nel quale il servitore di Ludovico, Cristoforo, rimane ucciso per mano del nobile, che muore a sua volta per mano di Ludovico .Da allora Ludovico decide di entrare in convento per espiare il suo peccato e decide di assumere il nome di Cristoforo.
Egli è umile di cuore infatti cerca in tutti i modi di aiutare i due giovani ed anche il suo prossimo infatti anche sul punto di morte non rinuncia a dare una parola di conforto agli appestati.
E' favorevole al perdono, ed è contro alla violenza ed alla vendetta infatti quando nel Lazzaretto Renzo si adira con Don Rodrigo Fra Cristoforo si arrabbia moltissimo e lo prega di concedere lui il perdono.

ADESSO VEDI LE SOMIGLIANZE

Iloveyou
e ma tra tt e 2... bisogna scrivere ciò che è simile in lodovico e l'innominato...:thx

mrc89
Padre Cristoforo è uno dei personaggio del romanzo “I Promessi Sposi”e, anche se il suo nome viene menzionato precedentemente, fa la sua entrata in scena nel IV° capitolo, buona parte del quale è dedicato alla sua descrizione. Il padre è descritto mentre si sta dirigendo alla casa di Lucia ed Agnese, avendo ricevuto il loro messaggio di urgente bisogno da parte di fra Galdino. Nella narrazione è infatti detto che il nostro padre s’incammina per arrivare a casa delle due donne ancor prima dell’alba, dal convento di Pescarenico.
Padre Cristoforo è un uomo ormai vicino ai sessant’anni, con un capo rasato, tranne, secondo il rito dei cappuccini, una piccola corona di capelli. Ha una barba lunga e bianca che gli copre la faccia e il mento e la fronte marchiata da rughe, segno probabilmente delle sue abituali riflessioni. Ha due occhi incavati, spesso chinati a terra, ma che talvolta sfolgorano con vivacità repentina. Il vero nome del personaggio in questione è Ludovico, il quale, da giovane, conduceva una vita signorile. Questo tipo di vita però non lo soddisfaceva e la lasciò presto, perché era necessario avere una buona dose di pazienza e di sottomissione che non si addiceva alla sua persona. In questo suo distacco non mancano,comunque, alcuni rimpianti; infatti, egli voleva mantenere in un modo o nell’altro qualche rapporto con quella classe sociale e fu per questo che si creò varie inimicizie e invidie. Un’altra sua “passione” era quella di odiare i soprusi inflitti alla povera gente. Per accontentare tutte queste sue “passioni”, decise allora di schierarsi dalla parte dei più deboli e dei più poveri per proteggerli dai soprusi della gente più ricca. Questo compito gravoso lo costringeva ad essere sempre in compagnia di alcuni bravi, pronti a difenderlo dalle varie insidie che la sua scelta di vita poteva causargli. Già in questo periodo della sua vita, egli pensa più volte di farsi frate, forse per togliersi da tutti gli impicci, anche se ancora la considerava solo una fantasia. Un giorno accadde che, mentre stava passeggiando con due bravi ed un suo servo fedele di nome Cristoforo, incontrò, lungo la parte opposta di una via, un prepotente signorotto, anch’esso accompagnato da bravi. Tra i due nacque una rissa a causa di una sciocchezza, ma nel combattimento, quando Ludovico ferito stava per essere finito dal signorotto, Cristoforo si mise in mezzo per salvare il suo caro padrone perdendo la propria vita, così Ludovico uccise istintivamente il signorotto. Per salvarlo da quello a cui sarebbe andato incontro con questo gesto e per farlo curare, Ludovico venne portato dentro al convento dei frati.
In questo luogo, a Ludovico rinacque più vivo e serio che mai il desiderio di farsi frate, pensando che tutto quello che era successo ed il luogo nel quale si trovasse, fosse un segno della volontà di Dio. Così, Ludovico decise di farsi frate e di prendere il nome di Cristoforo, come il suo servo fedele, in modo che non si dimenticasse il terribile accaduto. La sua non fu una decisione a cui fu costretto a causa delle circostanze, come magari si può pensare, ma la conversione di Ludovico fu sincera ed egli era davvero convinto che quella fosse la sua strada. Un esempio evidente fu quando, di sua spontanea volontà, si recò dal fratello dell’ucciso e, in mezzo ad una numerosa folla, chiese perdono. È un gesto talmente sincero da intenerire persino il fratello, che lo perdona subito.
Dopo questa analisi, si può quindi dire che il personaggio di padre Cristoforo è il “risultato” del passato di Ludovico, un uomo come tanti altri, che conosce bene i problemi che i soprusi dei signorotti procurano ai più poveri. La grande dote di questo personaggio è, comunque, la sua immensa generosità nei confronti degli altri uomini bisognosi di aiuto, caratteristica che lo porterà alla decisione di farsi frate, non come salvezza per uscire dai guai che lo coinvolgono, ma, da una parte, per espiare la colpa di cui si è macchiato e di cui si pente fortemente, dall’altra per la convinzione che Dio gli stia indicando una strada nuova, già da lui a volte pensata, che gli consentirà di aiutare le persone come ha sempre voluto fare. Grazie anche al suo passato, padre Cristoforo non si intimorisce davanti ai signorotti, anzi è pronto ad affrontarli di persona, a differenza di quello che fanno molte persone del suo tempo.
Si può quindi dire che padre Cristoforo abbia fin da giovane maturato la sua idea di farsi frate, prima distaccandosi dai signorotti, nei quali non si riconosceva, poi aiutando i più deboli. Le esperienze che segnano la sua giovinezza faranno di lui un uomo vero e profondamente umano, tanto da diventare il simbolo del bene che lotta, con i mezzi spirituali, contro un male così grande da condizionare completamente l’esistenza di un uomo.

Iloveyou
:yes

:satisfied:satisfied:satisfied:satisfied

:thx:thx:thx:thx

mrc89
ma mi dici na cosa.....ti serve la differenza di giovinezza tra lodovico e fra cristoforo????

Iloveyou
noooooooo.. è sbagliato..qll è cn borromeo.. a me serve qll cn lodovico(fra cristoforo...

help me please

mrc89
ECCO LE DIFFERENZE:
Entrambi i personaggi sono descritti nel romanzo come grandi, straordinari nel loro modo di vivere e nell'opinione che gli altri hanno riguardo a loro. Essi appartengono a classi sociali e ambienti diversi, ma sono posti come valori quasi sullo stesso piano da don Abbondio che pensa che “tanto i santi quanto i birboni hanno l'argento vivo addosso”. Il loro incontro appare insolito e inaspettato non solo agli altri clericali presenti, ma anche, quasi, allo stesso Innominato che è impacciato, per la prima volta nella vicenda, non sapendo come dovesse atteggiarsi di fronte ad un tale uomo, amato e rispettato da tutti.
I contrasti individuabili tra il cardinal Borromeo e l'Innominato sono molti, ma Manzoni lascia intravedere o addirittura pone in rilievo alcune sottili analogie.
L'Innominato e Federigo Borromeo sono entrambi piuttosto avanti con gli anni. Il loro incontro è determinato anche da questo: l'Innominato, ripercorrendo con la mente i delitti da lui commessi durante la sua vita, sente il bisogno di ricevere parole di conforto, di perdono, e chi altrimenti potrebbe dargliene, se non un altro uomo eccezionale, con una notevole esperienza del mondo, che era cercato da tanta gente? Mentre l'Innominato era affacciato alla sua finestra nel castello, “gli cresceva in cuore una più che curiosità di saper cosa mai potesse comunicare un trasporto uguale a tanta gente diversa” e si chiedeva “per un uomo!...Perché non vado anch'io?..Andrò, andrò; e gli voglio parlare; a quattr'occhi gli voglio parlare...sentirò cosa sa dir lui, quest'uomo!” Il suo arrivo vede lo scambio nervoso di sguardi tra i vari curati, tanto è vero che il cappellano che avvisa il cardinale ha il viso alterato mentre il cardinale ha il viso animato all'apprendere la notizia straordinaria.
Appena l'Innominato arriva al cospetto del cardinale, emerge un'ulteriore analogia tra i due grandi: il potere. Per quanto il cardinal Borromeo sia umile e servizievole nonostante la sua carica, non perde una facoltà che il suo stesso ruolo gli mette a disposizione: il potere. Basta che l'Innominato dia un comando e i suoi bravi lo eseguono, così come i curati, a una parola del cardinale, non controbattono ma ubbidiscono (il quale ubbidì).
Entrambi, inoltre sono incerti su cosa dire e rimangono “alquanto senza parlare e diversamente sospesi”. Manzoni si sofferma a descrivere il volto di entrambi i personaggi, che rispecchia in modo diretto l'indole di ognuno, e soprattutto si sofferma sui loro occhi, come già precedentemente avviene per altri personaggi, come per fra Cristoforo, e sui lineamenti. Nel capitolo XX infatti Manzoni scrive a riguardo dell'Innominato: "era grande, bruno, calvo; bianchi i pochi capelli che gli rimanevano; rugosa la faccia: a prima vista, gli si sarebbe dato più di sessant'anni che aveva; ma il contegno, le mosse, la durezza risentita de' lineamenti, il lampeggiare sinistro ma vivo degli occhi indicavano una forza di corpo e d'animo, che sarebbe stata straordinaria in un giovine.". Nel capitolo XXIII viene riferito, invece a riguardo del cardinale: "Il portamento era naturalmente composto, e quasi involontariamente maestoso, non incurvato nè impigrito punto dagli annii; l'occhi grave e vivace, la fronte serena e pensierosa; con le canizie, nel pallore, tra i segni dell'astinenza, della meditazione, della fatica, una specie di floridezza verginale...". giungono dunque a confronto in quest'ultimo capitolo due grandi, uno del male, l'altro del bene, gli unici due personaggi storici realmente esistiti con le caratteristiche riportate nel romanzo: sembra quasi una morale della vicenda dell'Innominato: il bene alla fine vince sempre sul male. Non credo tuttavia che la chiave di interpretazione, volendone tovare una, sia la presenza di una possibilità di conversione, redenzione, consolazione da parte di qualcuno se si chiede aiuto e si mostra di aver fatto un percorso xhe abbia portato all'esigenza di questo incontro. Infatti, se il cardinale per tutta la vita è sempre stato un uomo coerente, sicuro che la strada che stava percorrendo era quella giusta, anche l'Innominato ha condotto una vita coerente, in cui sfruttava, in bene e in male, poichè quello che è bene per uno, spesso è male per un altro, ma alla fine anche grazie all'incontro con Lucia, si è reso conto di non poter continuare a vivere in quel modo. Quindi è importante sottolineare come, se l'Innominato sente il bisogno d'incontrarsi col cardinale Borromeo. OK ....FATTO...CIAO

Iloveyou
OK

1-PER ALCUNI ASPETTI ,LA BIOGRAFIA DELL'INNOMINATO, NELLA SUA PRIMA PARTE,RICORDA QLL DO LODOVICO, PRESENTE NEL CAPITOLO 4. QUALI AFFINITà RISCONTRI?

2-IL CONTE DEL SAGRATO dal fermo e lucia: riassumi qst episodio

ti sarei veramente grata se rispondessi a qst doma( se sei csì gentile mi potresti fare dell risposte complete, cm dei brevi temi)

GRAZIE

orrfeos
scusami tanto non ho capito la domanda , non ho capito nulla a dire il vero!!!Riformula la richiesta per piacere...grazie..

Iloveyou
si ma io nn ho trovato nulla se tu lo hai trovato me lo copi??please

IL CONTE DEL SAGRATO : RIASSUMI L'EPISODIO!

AIUTOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO

SN UNA FRANA

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