PAtria di Giovanni PAscoli
Sogno d'un dì d'estate.
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose:
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d'una trebbïatrice,
l'angelus argentino...
dov'ero? Le campane
mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
-Per favore mi individuate tutte le figure retoriche presenti nelle poesia?
-Inoltre, nel 1°v "sogno" è sostantivo: quale può essere il verbo sottinteso?
Quanto scampanellare
tremulo di cicale!
Stridule pel filare
moveva il maestrale
le foglie accartocciate.
Scendea tra gli olmi il sole
in fascie polverose:
erano in ciel due sole
nuvole, tenui, rose:
due bianche spennellate
in tutto il ciel turchino.
Siepi di melograno,
fratte di tamerice,
il palpito lontano
d'una trebbïatrice,
l'angelus argentino...
dov'ero? Le campane
mi dissero dov'ero,
piangendo, mentre un cane
latrava al forestiero,
che andava a capo chino.
-Per favore mi individuate tutte le figure retoriche presenti nelle poesia?
-Inoltre, nel 1°v "sogno" è sostantivo: quale può essere il verbo sottinteso?
Miglior risposta
Spesso si è detto che la Patria per Pascoli è un allargamento simbolico del nido famigliare, che la nazione, come nella prosa “La grande Proletaria si è mossa” è una espansione velleitaria di un sogno di gloria.
In realtà in questo testo, Pascoli ci mostra una sofferta impossibilità di sentirsi a casa, in un paese che gli appare inquietante ed estraneo, in cui anche il cane abbaia e non riconosce l'Ulisse che ritorna.
Sarà il tessuto onirico, ma alla domanda “dov'ero?”, non si può rispondere : a casa.
Eppure i segnali iniziali, compresa la trebbiatrice, sembrano riconducibili alle sonorità care della terra natale, al suo lavoro, ai suoi profumi. Sono solo le campane dell'angelus a indicare nel regno del pianto, del lutto, l'unica patria residuale per un poeta disorientato da un sogno che si rivela un incubo da cui non è possibile uscire.
Il capo chino, rassegnato dello straniero, segna una delle immagini più tragiche dell'impossibilità di condividere con altri il proprio solitario destino di dolore.
Ora, fra questi due poeti non c'è solo un rapporto di maestro e discepolo, c'è propriamente un salto storico e di poetiche.
Si è chiusa amaramente la stagione risorgimentale a cui già Carducci guardava con rimpianto. Si sta consumando la delusione del nuovo Stato, la caduta di ogni tipo di tensione ideale, mentre l'affacciarsi di una classe politica reazionaria, trasformista, autoritaria e repressiva è il dato storico da cui il giovane Pascoli deve partire, non a caso arrestato dopo una manifestazione a Bologna al seguito di A. Costa.
Certo il generoso professor Carducci testimonierà a favore del suo allievo, Pascoli uscirà dal carcere, ma ormai ogni sogno di poter aspirare a un consorzio umano allargato che sappia accogliere il doloroso destino dell'orfano invedicato, è definitivamente tramontato.
La delusione si trasforma in rassegnazione, in smarrimento, in un ripiegamento nel privato che ha sottratto all'Italia di inizio secolo le risorse intellettuali migliori, come poi anche i crepuscolari evidenzieranno.
Non importa se nel 1911 Pascoli si infiammasse per la guerra di Libia: la sua patria è solo il sogno di un nostalgico ritirato e appartato che nutre speranze tanto velleitarie, quanto irreali.
http://mirellasama.blogspot.it/2011/01/patria-carducci-e-pascoli-confronto.html
qui trovate l'elenco di tutte le tracce e le soluzioni
https://www.skuola.net/maturita/Simulazioni-esame/simulazione-19-febbraio-prima-prova.html
In realtà in questo testo, Pascoli ci mostra una sofferta impossibilità di sentirsi a casa, in un paese che gli appare inquietante ed estraneo, in cui anche il cane abbaia e non riconosce l'Ulisse che ritorna.
Sarà il tessuto onirico, ma alla domanda “dov'ero?”, non si può rispondere : a casa.
Eppure i segnali iniziali, compresa la trebbiatrice, sembrano riconducibili alle sonorità care della terra natale, al suo lavoro, ai suoi profumi. Sono solo le campane dell'angelus a indicare nel regno del pianto, del lutto, l'unica patria residuale per un poeta disorientato da un sogno che si rivela un incubo da cui non è possibile uscire.
Il capo chino, rassegnato dello straniero, segna una delle immagini più tragiche dell'impossibilità di condividere con altri il proprio solitario destino di dolore.
Ora, fra questi due poeti non c'è solo un rapporto di maestro e discepolo, c'è propriamente un salto storico e di poetiche.
Si è chiusa amaramente la stagione risorgimentale a cui già Carducci guardava con rimpianto. Si sta consumando la delusione del nuovo Stato, la caduta di ogni tipo di tensione ideale, mentre l'affacciarsi di una classe politica reazionaria, trasformista, autoritaria e repressiva è il dato storico da cui il giovane Pascoli deve partire, non a caso arrestato dopo una manifestazione a Bologna al seguito di A. Costa.
Certo il generoso professor Carducci testimonierà a favore del suo allievo, Pascoli uscirà dal carcere, ma ormai ogni sogno di poter aspirare a un consorzio umano allargato che sappia accogliere il doloroso destino dell'orfano invedicato, è definitivamente tramontato.
La delusione si trasforma in rassegnazione, in smarrimento, in un ripiegamento nel privato che ha sottratto all'Italia di inizio secolo le risorse intellettuali migliori, come poi anche i crepuscolari evidenzieranno.
Non importa se nel 1911 Pascoli si infiammasse per la guerra di Libia: la sua patria è solo il sogno di un nostalgico ritirato e appartato che nutre speranze tanto velleitarie, quanto irreali.
http://mirellasama.blogspot.it/2011/01/patria-carducci-e-pascoli-confronto.html
qui trovate l'elenco di tutte le tracce e le soluzioni
https://www.skuola.net/maturita/Simulazioni-esame/simulazione-19-febbraio-prima-prova.html
Miglior risposta