La quiete dopo la tempesta (124671)

glom95
"La quiete dopo la tempesta" : confronta lessico, la sintassi, il sistema metrico-ritmico (es. enjambement, pause, musicalità, etc..), il sistema delle strutte foniche (es. allitterazioni, rime, rime interne, assonanze,etc..) presenti nella seconda e terza strofa del canto, evidenziandone le differenze.

Aggiunto 1 minuto più tardi:

Ovviamente un grazie in anticipo a chi decide di spendere il proprio tempo aiutandomi :)

Risposte
.anonimus.
Silvia, sei pregata di mettere la fonte da cui hai tratto le informazioni .
Se sono parole copiate da internet devi allegareil sito da cui trai le notizie ;)
Ciao Laura!

Silvia Persiani
La prima strofe: il paesaggio
Questo passaggio dialettico è costante, e si articola nella progressione delle tre strofe del testo. La prima presenta il quadro, la scenografia dai toni idillici (uno scorcio di campagna che ritorna alla vita e al “sereno”, v. 4, dopo l’imperversare di un temporale) che è trasparente metafora di un’età gioiosa della vita, o della felicità di chi, come “l’artigiano” del v. 11 o “l’erbaiuol” deil v. 16, può dedicarsi alle proprie attività incurante dell’angoscia di esistere, o del fuggire delle illusioni. Sono versi che - lungi dal costituire un semplice e gratuito “quadretto” o “bozzetto” di piacevole contemplazione - sono funzionali ad unire tre dimension importantissime per comprendere il sistema poetico di Leopardi: la “riflessione”, il “sentimento” e l'“immaginazione”2. L’effetto di piacevolezza e di serenità si traduce anche sul piano formale: la coordinazione dei periodi, prevalentemente per asindeto, trasmette un’impressione di vitalità, sostenuta dal ritmo di settenari ed endecasillabi e dalla rete di rime (“montagna - campagna”, vv. 5-6; “lato - usato”, vv. 8-10; “sentiero-giornaliero”, vv. 17-18; “famiglia - ripiglia”, vv. 21-24), rime interne (“Passata - tornata”, vv. 1-3) o assonanze e rimandi sonori. Lo scenario si compone così sia di sensazioni visive (il “sereno” che “rompe da ponente”, la luce del sole che irradia la valle e fa splendere le acque del “fiume”, le case di campagna che s’aprono al ritorno del bel tempo ai vv. 19-22) e musicali-uditive, particolarmente evidenti in chiusura di strofe, con il “tintinnio di sonagli” del carretto del viandante (i vv. 21-24 insistono così sui suoni della - r - e del nesso - gl - , come in “terrazzi”, “famiglia”, “corrente”, “sonagli”, “carro”, “stride”, “ripiglia”).
Seconda strofe: la riflessione
La seconda strofe, che si apre su un verso costituito da una singola frase di constatazione della felicità altrui (“Si rallegra ogni core”, v. 25), ha da subito un ritmo più lento, che si adatta alla pausa interrogativa della voce poetica e corrisponde al passaggio tra osservazione e riflessione, e all’emersione del rapporto necessario - tipico della Quiete - tra sofferenza e piacere. Le domande retoriche, scandite dalla figura retorica del parallelismo, culminano in una sorta di “massima filosofica” (“Piacer figlio d’affanno”, v. 32) che sintetizza pienamente la visione del mondo del poeta, mentre gli ultimi versi (vv. 34-41) presentano una visione naturale catastrofica, nettamente all’opposto rispetto a quella pacifica e felice di apertura.
Terza strofe: le conclusioni
Dopo il paesaggio agreste e la riflessione sull’”affanno” dell’uomo, la terza strofe chiude il ragionamento leopardiano in chiave cupa e sarcastica: la Natura non è affatto benigna (“cortese”, v. 42) nei confronti dell’uomo, tanto che, in un’altra frase manifesto della Quiete, “uscir di pena è diletto fra noi” (vv. 45-46) e l’unica occasione di piacere è un dono assolutamente inaspettato e casuale (“mostro” o “miracolo”) per tutti noi. E la nota finale, contro la supposizione che l’umanità sia “cara agli eterni” (v. 51), apre già la strada al Ciclo di Aspasia (con, ad esempio, la tragica e disillusa impassibilità di A se stesso) e, più in là, alla pietas per i destini umani e il proposito di mutua solidarietà della Ginestra.

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