Italo svevo (60502)
ITALO SVEVO
Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, nome poi italianizzato in Ettore Schmitz (Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, 13 settembre 1928), è stato uno scrittore e drammaturgo italiano. Fu autore di romanzi, racconti brevi e opere teatrali in lingua italiana.Nacque il 19 dicembre 1861 a Trieste da una famiglia di origine ebraica benestante, proveniente dalla Germania, il padre Franz Schmitz (Franz Schmitz, 1829-92), commerciante di vetrami, la madre, italiana, Allegra Moravia (1832-95).Nel 1874, viene mandato dal padre a vivere e a studiare, assieme ai due fratelli Adolfo ed Elio, al collegio di Segnitz, in Baviera, dove studia il tedesco e altre materie utili per l'attività commerciale. La sua formazione avviene quindi in un ambiente linguistico prettamente tedesco (benché egli parli correntemente l'italiano sin da bambino), elemento che influenzerà profondamente il suo stile letterario (portandolo a caratteristiche forzature stilistiche, spesso criticate da taluni esponenti dell'ambiente letterario italiano). La biculturalità sarà un elemento importante nella vita dello scrittore, che egli tuttavia (a differenza di molti letterati risorgimentali) non vivrà mai in modo conflittuale o doloroso, ma sempre in armonia, sottolineando anzi la propria doppia culturalità nella scelta dello pseudonimo Italo Svevo.. Nel 1878 torna a Trieste e finisce il suo percorso di studi commerciali all'Istituto Pasquale Revoltella. Pur dedicandosi agli studi commerciali, coltiva un profondo interesse per la cultura letteraria leggendo prima i classici tedeschi e successivamente i classici italiani. Nel 1880, con il fallimento dell'azienda paterna, inizia a lavorare presso la filiale cittadina della Banca Union di Vienna, impiego che, sebbene mai amato, manterrà per diciotto anni. Nello stesso periodo ha inizio la collaborazione con L'Indipendente, giornale di ampie vedute socialiste per il quale scrive 25 recensioni e saggi teatrali e letterari. Riesce anche a far pubblicare, rispettivamente nel 1888 e nel 1890, i suoi racconti Una lotta e L'assassinio di via Belpoggio, scritti in lingua italiana sotto lo pseudonimo di Ettore Samigli, cui seguono un secondo racconto ed un monologo teatrale.Intanto nel 1896 muore il fratello Elio, ed Ettore comincia a scrivere commedie e (i primi abbozzi già dal 1887) un romanzo. Nel 1892, anno in cui muore suo padre e conosce quella che sarà sua moglie (al funerale del padre), avviene la pubblicazione di questo primo romanzo Una vita, firmato con il definitivo pseudonimo Italo Svevo; l'opera viene sostanzialmente ignorata dalla critica e dal pubblico. In quell'anno ha una relazione con la popolana Giuseppina Zergol, che ispirò poi il personaggio di Angiolina in Senilità. Dopo alcune collaborazioni con il giornale Il piccolo e una cattedra all'Istituto Revoltella, nel 1895 Svevo si fidanza con la cugina, Livia Veneziani, figlia di un commerciante di vernici sottomarine cattolico, che sposa nel 1896 con rito civile, e nel 1897, dopo aver abiurato la religione ebraica ed essersi convertito, con matrimonio religioso. Dalla donna ha una figlia, Letizia, che avrà una vita molto lunga (1897-1993), ma anche caratterizzata da molti lutti e tragedie. Il matrimonio segna una svolta fondamentale nella vita di Svevo: in primo luogo l'«inetto» trova finalmente un terreno solido su cui poggiare e di conseguenza può arrivare a coincidere con quella figura virile che sembrava irraggiungibile, il pater familias.Nel 1898 pubblica il secondo romanzo, Senilità; anche quest'opera passa però quasi sotto silenzio. Questo insuccesso letterario lo spinge quasi ad abbandonare del tutto la letteratura. Dimessosi dalla banca, nel 1899 Svevo entra nell'azienda del suocero, accantonando la sua attività letteraria, che diventa marginale e segreta. Costretto per lavoro a viaggi all'estero, dove si porta un violino senza riuscire a esercitarsi che raramente, ha tuttavia ancora qualche voglia di scrivere e si trova a comporre qualche pagina teatrale e alcune favole.Frequentando un corso d'inglese alla Berlitz School di Trieste nel 1907, conosce lo scrittore irlandese James Joyce, suo insegnante. Joyce lo incoraggiò a scrivere un nuovo romanzo e, intorno al 1910, grazie al cognato, Bruno Veneziani, che su consiglio di Edoardo Weiss si reca a Vienna e cerca di farsi curare da Sigmund Freud, entra in contatto con la psicoanalisi freudiana (per parte sua Svevo nel 1911 conosce e frequenta Wilhelm Stekel, allievo di Freud che si sta occupando del rapporto tra poesia e inconscio): entrambi gli eventi influenzeranno la successiva produzione letteraria. Allo scoppio della prima guerra mondiale, l'azienda nella quale lavora viene chiusa dalle autorità austriache (il suocero morirà nel 1921), Joyce si allontana e torna a Trieste solo nel 1919, per poi recarsi però definitivamente a Parigi (dove Svevo lo andrà a trovare più volte .Durante tutta la durata della guerra lo scrittore rimane nella città natale, mantenendo la cittadinanza austriaca ma cercando di restare il più possibile neutrale di fronte al conflitto. In questo periodo approfondisce la conoscenza della letteratura inglese; interessandosi alla psicoanalisi e traducendo "La scienza dei sogni" di Sigmund Freud, che influenzerà notevolmente la sua opera successiva. In seguito accetta di buon grado l'occupazione italiana della città e, dopo la guerra, con il definitivo passaggio di Trieste al Regno d'Italia, collabora al primo importante giornale triestino italiano, "La Nazione", fondato dall'amico Giulio Cesari. Nel 1919 Svevo collabora con il giornale La nazione, e inizia a scrivere La coscienza di Zeno, poi pubblicato nel 1923, ancora senza successo, fino al 1925, quando l'amico Joyce lo propone ad alcuni critici francesi (in particolare a Valéry Larbaud che ne scrive sulla «NRF» e a Benjamin Crémieux), mentre in Italia Eugenio Montale, in anticipo su tutti, ne afferma la grandezza: scoppia così il "caso Svevo", una vivace discussione attorno allo scritto su Zeno.Tra i primi estimatori sono da ricordare anche Sergio Solmi, Giuseppe Prezzolini e Anton Giulio Bragaglia. Nel 1926 la rivista francese Le navire d'argent gli dedicò un intero fascicolo, nel 1927 tenne una famosa conferenza su Joyce a Milano, e nel marzo 1928 venne festeggiato a Parigi tra altri noti scrittori, tra cui Isaak Ėmmanuilovič Babel'. Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, una "continuazione" de La Coscienza di Zeno, rimarrà incompiuto a causa della morte dello scrittore, avvenuta il 13 settembre 1928 nell'ospedale di Motta di Livenza, in seguito ad un incidente stradale avvenuto mentre tornava con la famiglia da un periodo di cure termali a Bormio. In Svevo confluiscono filoni di pensiero contraddittori e difficilmente conciliabili: da un lato il positivismo, la lezione di Darwin, il marxismo; dall'altro il pensiero negativo e antipositivista di Schopenhauer, di Nietzsche e di Freud.Ma questi spunti contraddittori sono in realtà assimilati da Svevo in un modo originalmente coerente: lo scrittore triestino assume dai diversi pensatori gli elementi critici e gli strumenti analitici e conoscitivi piuttosto che l'ideologia complessiva. Così dal positivismo e da Darwin, ma anche da Freud, Svevo riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di qualunque ottica di tipo metafisico, spiritualistico o idealistico, nonché la tendenza a considerare il destino dell'umanità nella sua evoluzione complessiva. Del rapporto di Svevo con il marxismo è testimonianza il racconto - apologo La tribù nel 1897. Anche da Schopenhauer Svevo riprende alcuni strumenti di analisi e di critica, ma non la soluzione filosofica ed esistenziale: non accetta cioè la proposta di una saggezza da raggiungersi attraverso la «noluntas», la rinuncia alla volontà, e il soffocamento degli istinti vitali. Lo stesso atteggiamento Svevo rivela nei confronti di Nietzsche e di Freud. Il Nietzsche di Svevo è il teorico della pluralità dell'io, anticipatore di Freud, e il critico spietato dei valori borghesi, non il creatore di miti dionisiaci. Quanto a Freud, che Svevo studia con passione è per lui un maestro nell'analisi della costitutiva ambiguità dell'io, nella demistificazione delle razionalizzazioni ideologiche con cui l'individuo giustifica la ricerca inconscia del piacere, nell'impostazione razionalistica e materialistica dello studio dell'inconscio. Ma Svevo rifiuta sempre di aderire totalmente al sistema teorico di Freud: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia come terapia medica. Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo de La Coscienza di Zeno una difesa dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà, la quale impone lavoro, disciplina, obbedienza alle leggi morali, sacrificando la ricerca del piacere. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia lo renderebbe sì più "normale", ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo l'ultimo Svevo difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di resistenza all'alienazione circostante. Rispetto all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi inautentici della società borghese, egli preferisce essere un "dilettante", un "inetto", un "abbozzo" aperto a possibilità diverse.
UNA VITA
Una vita (1892). Alle origini il romanzo venne presentato all'editore Trevez con il titolo "Un inetto", in seguito Svevo fu invitato dallo stesso Trevez a modificare il titolo del romanzo, reintitolandolo così "Una vita". Detto ciò il romanzo presenta nello schema una storia tardoverista, configurandosi come racconto di un vinto, cioè di un uomo sconfitto dalla vita. Ma rispetto al romanzo naturalista è evidente lo scarto: Alfonso è sconfitto non da cause esterne, sociali, ma interiori, proprie del suo modo di essere. Il protagonista incarna la figura dell'inetto, cioè di un uomo caratterizzato non da un'incapacità generica, ma da una volontà precisa di rifiutare le leggi sociali e la logica della lotta per la vita .Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie frustrate. Vive una relazione con Annetta Maller, figlia del proprietario della banca. Potrebbe ricoprire la figura del pater familias sposando Annetta; ma Alfonso, preso dall'inettitudine fugge al paese natale adducendo la scusa di dover dare conforto alla madre gravemente ammalata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo modus vivendi che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto furia di queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede Annetta e le scrive una lettera, questa però si è sposata con suo cugino Macario. La lettera viene intercettata dai fratelli di Annetta che non risponderà a questa lettera. Nel frattempo il fratello di Annetta sfida a duello Alfonso. Il protagonista preferisce suicidarsi col gas, conscio del suo fallimento.
SENILITA’
Nel 1898 appare sull'Indipendente a puntate il suo secondo romanzo Senilità che verrà pubblicato, sempre a spese dell'autore, nello stesso anno ma non otterrà alcun successo. L'ultima edizione, sempre rivista dall'autore, è del 1927. Il titolo ha significato metaforico: appunto "senilità" indica l'incapacità di agire che è propria degli anziani, ma nel romanzo qualifica tale quella del protagonista che è abbastanza giovane.Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore, che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a "divertirsi" con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene. Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un appuntamento con l'amata. Dopo la morte della sorella Amalia, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una Banca. Anni dopo, nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il carattere della sorella.
LA COSCIENZA DI ZENO
Nel 1919 inizia a scrivere il suo terzo romanzo, La coscienza di Zeno, che pubblicherà nel 1923 presso l'editore Cappelli di Bologna. Joyce che legge il romanzo e lo apprezza, consiglia l'amico di inviarlo a certi critici francesi che dedicheranno, nel 1926, alla Coscienza di Zeno e agli altri due romanzi la maggior parte del fascicolo della rivista Le navire d'argent. Ma intanto anche in Italia, qualcosa si smuove e sulla rivista milanese L'esame esce, nel 1925, un intervento di Eugenio Montale intitolato Omaggio a Italo Svevo. L'opera riassume l'esperienza umana di Zeno, il quale racconta la propria vita in modo così ironicamente disincantato e distaccato che l'esistenza gli appare tragica e insieme comica. Zeno ha maturato delle convinzioni (la vita è lotta; l'inettitudine non è più un destino individuale, come sembrava ad Alfonso o a Emilio, ma è un fatto universale; la vita è una "malattia"; la nostra coscienza un gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli) e in forza di tali assunti il protagonista acquista quella saggezza necessaria per vedere la vita umana come una brillante commedia e per comprendere che l'unico mezzo per essere sani è la persuasione di esserlo. Essa è caratterizzata da un'architettura particolare: il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario, in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati, a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante. Il protagonista, infatti, non è più una figura a tutto tondo, un carattere, ma è una coscienza che si costruisce attraverso il ricordo, ovvero di Zeno esiste solo ciò che egli intende ricostruire attraverso la sua coscienza. II romanzo si apre con la Prefazione, lo psicoanalista "dottor S." induce il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante triestino, a scrivere un'autobiografia come contributo al lavoro psicoanalitico. Poiché il paziente si è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per vendicarsi pubblica il manoscritto. Nel preambolo Zeno racconta il suo accostamento alla psicoanalisi e l'impegno di scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed episodi. Il fumo racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà. In La morte di mio padre è raccontato il difficile rapporto di Zeno con il padre, che culmina nello schiaffo dato dal genitore morente al figlio. In La storia del mio matrimonio Zeno si presenta alla ricerca di una moglie. Frequenta casa Malfenti e si innamora di una delle figlie del padrone di casa, Ada la più bella delle quattro figlie; costei però lo respinge. Dopo essere stato rifiutato da un'altra delle ragazze, viene accettato dalla materna e comprensiva Augusta. Nel capitolo La moglie e l'amante, Zeno rievoca la relazione con Carla; egli non sa decidersi fra l'amore per la moglie e quello per l'amante, finché è quest'ultima a troncare il rapporto. Il capitolo Storia di un'associazione commerciale è incentrato sull'impresa economica di Zeno e del cognato Guido. Sull'orlo del fallimento, Guido inscena un suicidio per impietosire i familiari, ma muore. Ada parte per Buenos Aires.Qui terminano i capitoli del memoriale. Zeno, abbandonato lo psicoanalista, scrive un altro capitolo, intitolato Psico-analisi. Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: "La vita attuale è inquinata alle radici"; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione di salute. Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere "guarito" perché è un uomo ricco e di successo (conclusione a lieto fine). Il secondo è contenuto nelle due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio "Zeno". Pertanto ci si affida a delle interpretazioni. Due sono quelle ricorrenti: Il mondo sarà distrutto da una "deflagrazione universale": un esplosivo collocato al centro della terra. Esso verrà fatto esplodere. Sarebbe il simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema esistenziale dell'uomo. Una seconda interpretazione sarebbe di tipo socio-politico, di impronta marxiana: quel mondo è la classe borghese che cadrà su se stessa.
Italo Svevo, pseudonimo di Aron Hector Schmitz, nome poi italianizzato in Ettore Schmitz (Trieste, 19 dicembre 1861 – Motta di Livenza, 13 settembre 1928), è stato uno scrittore e drammaturgo italiano. Fu autore di romanzi, racconti brevi e opere teatrali in lingua italiana.Nacque il 19 dicembre 1861 a Trieste da una famiglia di origine ebraica benestante, proveniente dalla Germania, il padre Franz Schmitz (Franz Schmitz, 1829-92), commerciante di vetrami, la madre, italiana, Allegra Moravia (1832-95).Nel 1874, viene mandato dal padre a vivere e a studiare, assieme ai due fratelli Adolfo ed Elio, al collegio di Segnitz, in Baviera, dove studia il tedesco e altre materie utili per l'attività commerciale. La sua formazione avviene quindi in un ambiente linguistico prettamente tedesco (benché egli parli correntemente l'italiano sin da bambino), elemento che influenzerà profondamente il suo stile letterario (portandolo a caratteristiche forzature stilistiche, spesso criticate da taluni esponenti dell'ambiente letterario italiano). La biculturalità sarà un elemento importante nella vita dello scrittore, che egli tuttavia (a differenza di molti letterati risorgimentali) non vivrà mai in modo conflittuale o doloroso, ma sempre in armonia, sottolineando anzi la propria doppia culturalità nella scelta dello pseudonimo Italo Svevo.. Nel 1878 torna a Trieste e finisce il suo percorso di studi commerciali all'Istituto Pasquale Revoltella. Pur dedicandosi agli studi commerciali, coltiva un profondo interesse per la cultura letteraria leggendo prima i classici tedeschi e successivamente i classici italiani. Nel 1880, con il fallimento dell'azienda paterna, inizia a lavorare presso la filiale cittadina della Banca Union di Vienna, impiego che, sebbene mai amato, manterrà per diciotto anni. Nello stesso periodo ha inizio la collaborazione con L'Indipendente, giornale di ampie vedute socialiste per il quale scrive 25 recensioni e saggi teatrali e letterari. Riesce anche a far pubblicare, rispettivamente nel 1888 e nel 1890, i suoi racconti Una lotta e L'assassinio di via Belpoggio, scritti in lingua italiana sotto lo pseudonimo di Ettore Samigli, cui seguono un secondo racconto ed un monologo teatrale.Intanto nel 1896 muore il fratello Elio, ed Ettore comincia a scrivere commedie e (i primi abbozzi già dal 1887) un romanzo. Nel 1892, anno in cui muore suo padre e conosce quella che sarà sua moglie (al funerale del padre), avviene la pubblicazione di questo primo romanzo Una vita, firmato con il definitivo pseudonimo Italo Svevo; l'opera viene sostanzialmente ignorata dalla critica e dal pubblico. In quell'anno ha una relazione con la popolana Giuseppina Zergol, che ispirò poi il personaggio di Angiolina in Senilità. Dopo alcune collaborazioni con il giornale Il piccolo e una cattedra all'Istituto Revoltella, nel 1895 Svevo si fidanza con la cugina, Livia Veneziani, figlia di un commerciante di vernici sottomarine cattolico, che sposa nel 1896 con rito civile, e nel 1897, dopo aver abiurato la religione ebraica ed essersi convertito, con matrimonio religioso. Dalla donna ha una figlia, Letizia, che avrà una vita molto lunga (1897-1993), ma anche caratterizzata da molti lutti e tragedie. Il matrimonio segna una svolta fondamentale nella vita di Svevo: in primo luogo l'«inetto» trova finalmente un terreno solido su cui poggiare e di conseguenza può arrivare a coincidere con quella figura virile che sembrava irraggiungibile, il pater familias.Nel 1898 pubblica il secondo romanzo, Senilità; anche quest'opera passa però quasi sotto silenzio. Questo insuccesso letterario lo spinge quasi ad abbandonare del tutto la letteratura. Dimessosi dalla banca, nel 1899 Svevo entra nell'azienda del suocero, accantonando la sua attività letteraria, che diventa marginale e segreta. Costretto per lavoro a viaggi all'estero, dove si porta un violino senza riuscire a esercitarsi che raramente, ha tuttavia ancora qualche voglia di scrivere e si trova a comporre qualche pagina teatrale e alcune favole.Frequentando un corso d'inglese alla Berlitz School di Trieste nel 1907, conosce lo scrittore irlandese James Joyce, suo insegnante. Joyce lo incoraggiò a scrivere un nuovo romanzo e, intorno al 1910, grazie al cognato, Bruno Veneziani, che su consiglio di Edoardo Weiss si reca a Vienna e cerca di farsi curare da Sigmund Freud, entra in contatto con la psicoanalisi freudiana (per parte sua Svevo nel 1911 conosce e frequenta Wilhelm Stekel, allievo di Freud che si sta occupando del rapporto tra poesia e inconscio): entrambi gli eventi influenzeranno la successiva produzione letteraria. Allo scoppio della prima guerra mondiale, l'azienda nella quale lavora viene chiusa dalle autorità austriache (il suocero morirà nel 1921), Joyce si allontana e torna a Trieste solo nel 1919, per poi recarsi però definitivamente a Parigi (dove Svevo lo andrà a trovare più volte .Durante tutta la durata della guerra lo scrittore rimane nella città natale, mantenendo la cittadinanza austriaca ma cercando di restare il più possibile neutrale di fronte al conflitto. In questo periodo approfondisce la conoscenza della letteratura inglese; interessandosi alla psicoanalisi e traducendo "La scienza dei sogni" di Sigmund Freud, che influenzerà notevolmente la sua opera successiva. In seguito accetta di buon grado l'occupazione italiana della città e, dopo la guerra, con il definitivo passaggio di Trieste al Regno d'Italia, collabora al primo importante giornale triestino italiano, "La Nazione", fondato dall'amico Giulio Cesari. Nel 1919 Svevo collabora con il giornale La nazione, e inizia a scrivere La coscienza di Zeno, poi pubblicato nel 1923, ancora senza successo, fino al 1925, quando l'amico Joyce lo propone ad alcuni critici francesi (in particolare a Valéry Larbaud che ne scrive sulla «NRF» e a Benjamin Crémieux), mentre in Italia Eugenio Montale, in anticipo su tutti, ne afferma la grandezza: scoppia così il "caso Svevo", una vivace discussione attorno allo scritto su Zeno.Tra i primi estimatori sono da ricordare anche Sergio Solmi, Giuseppe Prezzolini e Anton Giulio Bragaglia. Nel 1926 la rivista francese Le navire d'argent gli dedicò un intero fascicolo, nel 1927 tenne una famosa conferenza su Joyce a Milano, e nel marzo 1928 venne festeggiato a Parigi tra altri noti scrittori, tra cui Isaak Ėmmanuilovič Babel'. Il quarto romanzo, Il vecchione o Le confessioni del vegliardo, una "continuazione" de La Coscienza di Zeno, rimarrà incompiuto a causa della morte dello scrittore, avvenuta il 13 settembre 1928 nell'ospedale di Motta di Livenza, in seguito ad un incidente stradale avvenuto mentre tornava con la famiglia da un periodo di cure termali a Bormio. In Svevo confluiscono filoni di pensiero contraddittori e difficilmente conciliabili: da un lato il positivismo, la lezione di Darwin, il marxismo; dall'altro il pensiero negativo e antipositivista di Schopenhauer, di Nietzsche e di Freud.Ma questi spunti contraddittori sono in realtà assimilati da Svevo in un modo originalmente coerente: lo scrittore triestino assume dai diversi pensatori gli elementi critici e gli strumenti analitici e conoscitivi piuttosto che l'ideologia complessiva. Così dal positivismo e da Darwin, ma anche da Freud, Svevo riprende la propensione a valersi di tecniche scientifiche di conoscenza e il rifiuto di qualunque ottica di tipo metafisico, spiritualistico o idealistico, nonché la tendenza a considerare il destino dell'umanità nella sua evoluzione complessiva. Del rapporto di Svevo con il marxismo è testimonianza il racconto - apologo La tribù nel 1897. Anche da Schopenhauer Svevo riprende alcuni strumenti di analisi e di critica, ma non la soluzione filosofica ed esistenziale: non accetta cioè la proposta di una saggezza da raggiungersi attraverso la «noluntas», la rinuncia alla volontà, e il soffocamento degli istinti vitali. Lo stesso atteggiamento Svevo rivela nei confronti di Nietzsche e di Freud. Il Nietzsche di Svevo è il teorico della pluralità dell'io, anticipatore di Freud, e il critico spietato dei valori borghesi, non il creatore di miti dionisiaci. Quanto a Freud, che Svevo studia con passione è per lui un maestro nell'analisi della costitutiva ambiguità dell'io, nella demistificazione delle razionalizzazioni ideologiche con cui l'individuo giustifica la ricerca inconscia del piacere, nell'impostazione razionalistica e materialistica dello studio dell'inconscio. Ma Svevo rifiuta sempre di aderire totalmente al sistema teorico di Freud: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia come terapia medica. Il rifiuto della psicoanalisi come terapia rivela nello Svevo de La Coscienza di Zeno una difesa dei diritti dei cosiddetti "ammalati" rispetto ai "sani". La nevrosi, per Svevo, è anche un segno positivo di non rassegnazione e di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà, la quale impone lavoro, disciplina, obbedienza alle leggi morali, sacrificando la ricerca del piacere. L'ammalato è colui che non vuole rinunciare alla forza del desiderio. La terapia lo renderebbe sì più "normale", ma a prezzo di spegnere in lui le pulsioni vitali. Per questo l'ultimo Svevo difende la propria "inettitudine" e la propria nevrosi, viste come forme di resistenza all'alienazione circostante. Rispetto all'uomo efficiente ma del tutto integrato nei meccanismi inautentici della società borghese, egli preferisce essere un "dilettante", un "inetto", un "abbozzo" aperto a possibilità diverse.
UNA VITA
Una vita (1892). Alle origini il romanzo venne presentato all'editore Trevez con il titolo "Un inetto", in seguito Svevo fu invitato dallo stesso Trevez a modificare il titolo del romanzo, reintitolandolo così "Una vita". Detto ciò il romanzo presenta nello schema una storia tardoverista, configurandosi come racconto di un vinto, cioè di un uomo sconfitto dalla vita. Ma rispetto al romanzo naturalista è evidente lo scarto: Alfonso è sconfitto non da cause esterne, sociali, ma interiori, proprie del suo modo di essere. Il protagonista incarna la figura dell'inetto, cioè di un uomo caratterizzato non da un'incapacità generica, ma da una volontà precisa di rifiutare le leggi sociali e la logica della lotta per la vita .Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste, trova un impiego in banca, ma non riesce a stabilire contatti umani e vede le sue ambizioni economiche e letterarie frustrate. Vive una relazione con Annetta Maller, figlia del proprietario della banca. Potrebbe ricoprire la figura del pater familias sposando Annetta; ma Alfonso, preso dall'inettitudine fugge al paese natale adducendo la scusa di dover dare conforto alla madre gravemente ammalata. In seguito alla morte della madre è convinto di aver trovato finalmente il suo modus vivendi che consiste nel dominare le passioni. In realtà il protagonista è ben presto furia di queste ultime. Infatti ritornato a Trieste, rivede Annetta e le scrive una lettera, questa però si è sposata con suo cugino Macario. La lettera viene intercettata dai fratelli di Annetta che non risponderà a questa lettera. Nel frattempo il fratello di Annetta sfida a duello Alfonso. Il protagonista preferisce suicidarsi col gas, conscio del suo fallimento.
SENILITA’
Nel 1898 appare sull'Indipendente a puntate il suo secondo romanzo Senilità che verrà pubblicato, sempre a spese dell'autore, nello stesso anno ma non otterrà alcun successo. L'ultima edizione, sempre rivista dall'autore, è del 1927. Il titolo ha significato metaforico: appunto "senilità" indica l'incapacità di agire che è propria degli anziani, ma nel romanzo qualifica tale quella del protagonista che è abbastanza giovane.Emilio Brentani, 35 anni, è conosciuto a livello cittadino per aver scritto un romanzo, e lavora come impiegato in una compagnia di assicurazioni. Vive un'esistenza grigia e monotona in un appartamento con la sorella Amalia, che lo accudisce. Emilio conosce Angiolina, di cui si innamora, e ciò lo porta a trascurare la sorella e l'amico Stefano Balli, scultore, che compensa i pochi riconoscimenti artistici con i successi con le donne. Stefano non crede nell'amore, e cerca di convincere Emilio a "divertirsi" con Angiolina, che è conosciuta in città con una pessima fama. Emilio dimostra invece tutto il suo amore nei confronti di questa donna, arrivando anche a trascurare gli indizi degli amici che cercano di avvertirlo dei suoi numerosi tradimenti. Stefano comincia a frequentare casa Brentani con maggiore assiduità, e Amalia finisce per innamorarsene. Emilio, geloso della sorella, allontana Stefano, e Amalia, tornata triste e malinconica, comincia a stordirsi con l'etere, finché non si ammala di polmonite. Emilio segue la sorella malata, ma col pensiero sempre rivolto ad Angiolina, arrivando anche ad abbandonare la sorella più volte per andare ad un appuntamento con l'amata. Dopo la morte della sorella Amalia, Emilio smette di frequentare Angiolina, pur amandola, e si allontana da Stefano Balli. Viene poi a sapere che Angiolina è fuggita con il cassiere di una Banca. Anni dopo, nel ricordo, Emilio vede le due donne fuse in una singola persona, con l'aspetto dell'amata e il carattere della sorella.
LA COSCIENZA DI ZENO
Nel 1919 inizia a scrivere il suo terzo romanzo, La coscienza di Zeno, che pubblicherà nel 1923 presso l'editore Cappelli di Bologna. Joyce che legge il romanzo e lo apprezza, consiglia l'amico di inviarlo a certi critici francesi che dedicheranno, nel 1926, alla Coscienza di Zeno e agli altri due romanzi la maggior parte del fascicolo della rivista Le navire d'argent. Ma intanto anche in Italia, qualcosa si smuove e sulla rivista milanese L'esame esce, nel 1925, un intervento di Eugenio Montale intitolato Omaggio a Italo Svevo. L'opera riassume l'esperienza umana di Zeno, il quale racconta la propria vita in modo così ironicamente disincantato e distaccato che l'esistenza gli appare tragica e insieme comica. Zeno ha maturato delle convinzioni (la vita è lotta; l'inettitudine non è più un destino individuale, come sembrava ad Alfonso o a Emilio, ma è un fatto universale; la vita è una "malattia"; la nostra coscienza un gioco comico e assurdo di autoinganni più o meno consapevoli) e in forza di tali assunti il protagonista acquista quella saggezza necessaria per vedere la vita umana come una brillante commedia e per comprendere che l'unico mezzo per essere sani è la persuasione di esserlo. Essa è caratterizzata da un'architettura particolare: il romanzo, nel senso tradizionale non c'è più; subentra il diario, in cui la narrazione si svolge in prima persona e non presenta una gerarchia nei fatti narrati, a ulteriore conferma della frantumazione dell'identità del personaggio narrante. Il protagonista, infatti, non è più una figura a tutto tondo, un carattere, ma è una coscienza che si costruisce attraverso il ricordo, ovvero di Zeno esiste solo ciò che egli intende ricostruire attraverso la sua coscienza. II romanzo si apre con la Prefazione, lo psicoanalista "dottor S." induce il paziente Zeno Cosini, vecchio commerciante triestino, a scrivere un'autobiografia come contributo al lavoro psicoanalitico. Poiché il paziente si è sottratto alle cure prima del previsto, il dottore per vendicarsi pubblica il manoscritto. Nel preambolo Zeno racconta il suo accostamento alla psicoanalisi e l'impegno di scrivere il suo memoriale, raccolto intorno ad alcuni temi ed episodi. Il fumo racconta dei vari tentativi attuati dal protagonista per guarire dal vizio del fumo, che rappresenta la debolezza della sua volontà. In La morte di mio padre è raccontato il difficile rapporto di Zeno con il padre, che culmina nello schiaffo dato dal genitore morente al figlio. In La storia del mio matrimonio Zeno si presenta alla ricerca di una moglie. Frequenta casa Malfenti e si innamora di una delle figlie del padrone di casa, Ada la più bella delle quattro figlie; costei però lo respinge. Dopo essere stato rifiutato da un'altra delle ragazze, viene accettato dalla materna e comprensiva Augusta. Nel capitolo La moglie e l'amante, Zeno rievoca la relazione con Carla; egli non sa decidersi fra l'amore per la moglie e quello per l'amante, finché è quest'ultima a troncare il rapporto. Il capitolo Storia di un'associazione commerciale è incentrato sull'impresa economica di Zeno e del cognato Guido. Sull'orlo del fallimento, Guido inscena un suicidio per impietosire i familiari, ma muore. Ada parte per Buenos Aires.Qui terminano i capitoli del memoriale. Zeno, abbandonato lo psicoanalista, scrive un altro capitolo, intitolato Psico-analisi. Egli spiega i motivi dell'abbandono della cura e proclama la propria guarigione. Il protagonista indica l'idea che lo ha liberato dalla malattia: "La vita attuale è inquinata alle radici"; in definitiva la capacità di convivere con la propria malattia è come una persuasione di salute. Il finale è duplice: il primo comporta la dichiarazione di Zeno di essere "guarito" perché è un uomo ricco e di successo (conclusione a lieto fine). Il secondo è contenuto nelle due pagine conclusive del romanzo e sembra non avere un collegamento con il personaggio "Zeno". Pertanto ci si affida a delle interpretazioni. Due sono quelle ricorrenti: Il mondo sarà distrutto da una "deflagrazione universale": un esplosivo collocato al centro della terra. Esso verrà fatto esplodere. Sarebbe il simbolo dell'impossibilità di risolvere il problema esistenziale dell'uomo. Una seconda interpretazione sarebbe di tipo socio-politico, di impronta marxiana: quel mondo è la classe borghese che cadrà su se stessa.
Risposte
scusa ma non si capisce cosa vuoi.