Italiano (60562)

houdini
il pensiero di cicerone sulla guerra, cioè cosa pensava a riguardo alla guerra e anche il pensiero di karl von Clausewitz... x favore .... urgentissimo...grz anticipatamente

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adnan94
Cicerone elaborò un pensiero volto a garantire la sopravvivenza delle stesse strutture di governo repubblicane, minate da una forte crisi, tramite la ricerca di un ampio consenso all'interno della compagine sociale. In questa direzione si muove dunque l'ideologia della concordia ordinum, l'accordo e la collaborazione tra gli optimates e il ceto equestre, che Cicerone elaborò durante i primi anni della sua attività politica e oratoria e che divenne vero Leitmotiv del consolato ciceroniano del 63 a.C., durante il quale egli tentò di radunare attorno a sé tutte le forze sociali interessate alla repressione della congiura di Catilina





Tra il 1832 e il 1837 la moglie fece pubblicare la sua opera, composta in otto libri, ancora incompiuta. Della guerra è il fondamento principale della teoria strategica moderna per il suo realismo e per la sua completezza concettuale, tanto da oltrepassare l'ambito militare e influenzare la politica, la scienza politica e le altre scienze umane.

Nel trattato gli aspetti politico-filosofici della guerra sono strettamente correlati con essa. Celebre la sua frase:
« La guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi. La guerra non è dunque, solamente un atto politico, ma un vero strumento della politica, un seguito del procedimento politico, una sua continuazione con altri mezzi. »


Con questa asserzione von Clausewitz afferma che in una comunità la politica, e quindi l'azione di governo, sono gerarchicamente superiori alla guerra e la utilizzano come strumento per i propri scopi. Non è possibile concepire un progetto bellico se non sussiste una comunità politica, per quanto primordiale, che lo decida.[1] Ecco perché scrive anche:
« La guerra non è mai un atto isolato. »


e
« La guerra non scoppia mai in modo del tutto improvviso, la sua propagazione non è l'opera di un istante. »


Ancora più importante, seppure molto meno citata, è l'affermazione che la natura della guerra è la risultante di tre forze inseparabili: il cieco istinto (odio, inimicizia, violenza primordiale), la libera attività dell'anima (valore militare, gioco d'azzardo e calcolo delle probabilità, strategia) e la pura e semplice ragione (politica), che è l'unico elemento razionale:
« Il primo di questi tre aspetti riguarda particolarmente il popolo; il secondo, il comandante in capo e il suo esercito; e il terzo il governo. »


Queste convinzioni formano il contesto necessario entro cui comprendere altre affermazioni più "tecniche":
« La guerra è l'impiego illimitato della forza bruta. »

« La guerra è un atto di violenza il cui obiettivo è costringere l'avversario a eseguire la nostra volontà. »

« Scopo dell'atto di guerra è disarmare l'avversario. »


Clausewitz fu il primo teorico militare occidentale a prendere in esame l'importanza del sentimento bellico, dell'animo del comandante, dei soldati e del popolo. Nel suo libro, contrastando le idee di Kant espresse nell'articolo Risposta alla domanda: che cos'è l'Illuminismo?, afferma che il sottoposto non è costretto ad accettare ciecamente gli ordini e le imposizioni del suo superiore, ma deve invece essere critico nei suoi confronti. Questa idea verrà poi rifiutata dai generali tedeschi della seconda guerra mondiale, in particolare possiamo leggere nella biografia di Friedrich Paulus ad opera di suo figlio, la sua cieca obbedienza anche quando gli ordini tattico-strategici di Hitler erano contrari ai suoi.

La fortuna del "Della guerra" toccò il culmine negli anni appena precedenti alla prima guerra mondiale, quando divenne una sorta di testo sacro per gli alti comandi tedeschi e non solo. Successivamente in ambiente anglosassone il testo fu molto attaccato sul piano teorico dal capitano Basil Liddell Hart (storico militare e teorico delle forze corazzate), dalle varie scuole antropologiche che iniziavano a studiare il fenomeno bellico e, in anni più recenti, dallo storico militare John Keegan.

Le critiche si concentrarono soprattutto sul fatto che l'impianto teorico di Clausewitz risultava valido solo nel caso specifico delle guerre combattute tra potenze sovrane dell'Europa occidentale (in altri luoghi ed epoche erano esistite guerre non politiche), e che alcuni dei precetti tattici da lui descritti risultavano datati, retorici, dogmatici o erronei. Le critiche non scalfirono la fortuna dell'opera, che anzi tra le due guerre conobbe molte ristampe e traduzioni, diffondendosi ancora di più; anche se ormai veniva interpretata in maniera molto differente da vari esegeti.[senza fonte]

Anche oggi esistono scuole di teoria militare che si rifanno agli insegnamenti di von Clausewitz, ritenendoli perfettamente corrispondenti alla realtà; un esempio di storico e teorico militare clausewitziano è dato da Edward Luttwak.
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coltina
adnan94 cita sempre le fonti...grazie!

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