Domande specchio dell’amata
Salve ragazzi mi potreste dare una mano con queste domande riferite all’opera “Specchi dell’amata” di Giambatista Marino. Se potreste rispondere in modo approfondito grazie mille.
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
1) Perché lo specchio viene definito “fallace,ingrato”?
2) Individua nel testo i termini omografi con significati diversi, scrivili in una tabella ponendo accanto a ciascuno il suo significato. Quale effetto stilistico ottiene l’autore con queste scelte lessicali?
3) Il madrigale si compone di due periodi; fa la costruzione diretta e poi individua la principale di ciascuno.
4) Il madrigale, anche se breve, è molto ricco di figure retoriche. Individua nel testo il punto o i punti in cui compaiono: allitterazione, metafora, analogia, anastrofe, enjambement, metonimia.
5) Nell’immaginario letterario alla presenza dello specchio si legano temi che portano con se una dimensione di inquietudine, di desiderio e di ambiguità che è presente, seppur in maniera artificiosa, anche in questa composizione di Marino.
Nelle fiabe il motivo dello specchio può avere varie funzioni. Lo specchio può essere un “varco”da una dimensione reale a una fantastica, può avere un significato morale (riflettere i difetti di un personaggio), può essere un oggetto magico a cui chiedere la realizzazione dei propri desideri (“specchi delle mie brame”). Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve o di articolo di giornale, dopo aver analizzato e confrontato il modo in cui è trattato l motivo dello specchio nei testi narrativi che conosci, soprattutto fiabe.
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
1) Perché lo specchio viene definito “fallace,ingrato”?
2) Individua nel testo i termini omografi con significati diversi, scrivili in una tabella ponendo accanto a ciascuno il suo significato. Quale effetto stilistico ottiene l’autore con queste scelte lessicali?
3) Il madrigale si compone di due periodi; fa la costruzione diretta e poi individua la principale di ciascuno.
4) Il madrigale, anche se breve, è molto ricco di figure retoriche. Individua nel testo il punto o i punti in cui compaiono: allitterazione, metafora, analogia, anastrofe, enjambement, metonimia.
5) Nell’immaginario letterario alla presenza dello specchio si legano temi che portano con se una dimensione di inquietudine, di desiderio e di ambiguità che è presente, seppur in maniera artificiosa, anche in questa composizione di Marino.
Nelle fiabe il motivo dello specchio può avere varie funzioni. Lo specchio può essere un “varco”da una dimensione reale a una fantastica, può avere un significato morale (riflettere i difetti di un personaggio), può essere un oggetto magico a cui chiedere la realizzazione dei propri desideri (“specchi delle mie brame”). Sviluppa l’argomento in forma di saggio breve o di articolo di giornale, dopo aver analizzato e confrontato il modo in cui è trattato l motivo dello specchio nei testi narrativi che conosci, soprattutto fiabe.
Risposte
grazie milleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee
Ciao, Abbiati95!
Rispondo alla tua domanda, o meglio al punto n°5, perchè come ti ho scritto anche nel pm non conosco la suddetta poesia, e nel web si trovano poche infomazioni a riguardo. Ho visto però che hai postato -se non sbaglio- la stessa domanda anche su Yahoo answers, dunque credo che prima o poi riceverai la risposta ai primi quattro quesiti.
Cominciamo intanto con il tuo temino.
Ti scrivo una scaletta che puoi utilizzare per eseguire il tuo saggio breve o articolo di giornale, anche se credo che l'argomento si presti di più alla prima tipologia.
INTRODUZIONE: per prima cosa, prima di entrare nel vivo dell'argomento, è necessario fare una introduzione per inquadrare l'oggetto della discussione. Avrei in mente un inizio di questo tipo.
"Gli specchi sono ormai oggetti comuni nella nostra vita, molto più di quanto non lo fossero nell'antichità o anche solo un secolo fa: ci sono specchi in tutte le case, nei negozi, nelle macchine, negli ascensori...un po' dappertutto. E' dunque inevitabile o inimmaginabile per noi non avere occasione di specchiarci numerose volte nel corso della giornata, fosse anche solo di sfuggita o per caso. Diversamente andavano certamente le cose per un uomo primitivo, che potendo -al contrario di noi- contare su poche superfici riflettenti, aveva davvero rare occasioni per specchiarsi e guardarsi nel corso della sua vita. Sembrerà strano, ma se non esistessero specchi o superfici in grado di riflettere una immagine, non potremmo avere alcuna idea di quale sia il nostro aspetto, se non nella maniera più vaga possibile.
Proprio perchè ci permette di vedere come siamo fatti, lo specchio è stato sempre considerato, dai più, un simbolo di vanità, che poco ha a che fare con alti pensieri o profonde meditazioni.
Eppure non è mancato, nei secoli, chi -tra scrittori, poeti e artisti- ha saputo dare allo specchio anche un altro significato, del tutto nuovo, più interiore, come se, potendo riflettere la nostra immagine, lo specchio permettesse anche di accedere all'anima di chi vi si riflette, quasi fosse una porta segreta che può condurre all'io.
Lo specchio permette di vedere come siamo fatti, e facendo questo ci permette di realizzare che noi esistiamo, che abbiamo una forma e delle dimensioni. Ma se è vero che tutti noi esistiamo "fisicamente", è pur vero che esistiamo anche "interiormente", che abbiamo pensieri e sentimenti, paure e desideri.
Se dunque lo specchio è testimone e veritiero rappresentatore della nostra esistenza fisica, i poeti si chiedono se esso non possa, con la stessa accuratezza e sincerità, rappresentare anche ciò che sta al di là della mera sembianza esteriore, e ci permetta, anche dalla vista di certi tratti somatici o certe espressioni, di capire qualcosa in più su noi stessi e la nostra essenza. Allo stesso modo, ci si chiede se l'immagine che appare riflessa sul vetro dello specchio abbia affinità con quello che sentiamo o pensiamo, se esse siano concordi o discordi, e in quale misura.
Ecco dunque, che, da tutte queste considerazioni, lo specchio passa, nell'immaginario di poeti e scrittori, da semplice oggetto di vanità ed uso quotidiano, ad essere un elemento misterioso e affascinante, la porta verso realtà fino a quel momento ignorate o nascoste."
CORPO CENTRALE:
"Lo specchio diventa così, nella letteratura popolare o più erudita, protagonista di miti e racconti, leggende e fiabe, nei quali la sua funzione di "intermediario" risulta palese: intermediario tra il mondo interiore ed esteriore o anche tra più mondi completamente differenti.
Questa seconda funzione, in particolare, si ha per esempio nel celebre racconto di Lewis Carrol "ALICE AL DI LA' DELLO SPECCHIO", dove lo specchio diventa -in virtù della sua proprietà di riflettere le immagini al contrario- la porta verso un nuovo mondo, all'apparenza simile a quello originario, ma nella realtà tutto "sottosopra", dove tutto procede alla rovescia e per questo in maniera priva di senso ma anche più divertente. Si potrebbe vedere in questo racconto quasi il messaggio che il mondo, se guardato con occhi differenti, può apparire diverso e anche più allegro.
Tuttavia più comuni sono certamente i racconti nei quali lo specchio, più che essere una porta verso nuovi mondi, risulta essere invece una porta verso l'io di chi vi si riflette, facendo leva sulla sua vanità.
Uno per tutti, il mito di Narciso, il bellissimo giovane che, specchiatosi ad una fonte, si innamora della sua stessa immagine e, nell'inutile tentativo di poterla toccare, muore affogato.
Questo mito non vuole essere solo uno spunto per biasimare la vanità -intesa anche come vanagloria-, mostrando come essa sia spesso, qualora diventi morbosa, causa di rovina. Sotto certi aspetti, infatti, la vicenda del giovane Narciso potrebbe essere intesa anche come un rimprovero verso l'egoismo e la chiusura in se stessi. Allo stesso tempo, si potrebbe pensare che la terribile fine del giovane sia causata invece dalla rivelazione, per la prima volta, del suo io, quasi a significare che la totale scoperta della nostra vera essenza possa essere fonte di sciagure.
Sul tema dello specchio esistono anche numerose fiabe, nate dall'immaginario popolare. Una di queste è la celebre BIANCANEVE, nel quale lo specchio della perfida matrigna riveste un ruolo fondamentale.
L'ossessione per la bellezza della malvagia regina, invidiosa della figliastra più bella di lei, la conduce a terribili delitti, e non ultimo alla morte. Lo specchio che ella usa tutti i giorni per guardarsi diventa quindi in questa fiaba un crudele giudice incapace di mentire e di piegarsi al volere della regina. E proprio perchè ostinato nel suo rivelare solo e soltanto la verità, lo specchio diventa per ella una ossessione che le impedisce di vivere."
ULTERIORI TESTI DA CITARE:
Accanto a questi, che sono forse gli esempi più famosi, non mancano poi altre storie o romanzi meno conosciuti, nei quali per esempio il notare allo specchio un difetto fisico può essere l'inizio di drammio complessi grandi e piccoli.
Dal tema della bellezza, i racconti sugli specchi passano spesso e volentieri anche a quello dell'identità e della verità: lo specchio mostra dunque la realtà di ciò che accade, come nella favola francese LA BELLA E LA BESTIA, nella quale la protagonista vi vede il padre malato; oppure i nostri più segreti desideri e realtà a noi stessi sconosciute dell'io, come nel romanzo HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE.
Fiabe di questo genere, come pure racconti su sosia e alter-ego, che traggono spunto proprio dalla dualità tra ciò che è e ciò che appare -di cui lo specchio è il simbolo-, si sprecano.
CONCLUSIONI: Se scegli di scrivere un articolo di giornale, questa ultima parte non è necessaria, se non forse proprio due righe di "commiato". Altrimenti, nel saggio breve, dovresti poter trarre una conclusione -molto breve- su quanto detto. Qui non posso aiutarti, dal momento che è necessario che tu esprima la tua personale opinione in merito.
Ecco fatto, finito!
Se dovesse essere troppo lungo, puoi sempre accorciare qualche pezzo.
Spero di esserti stata utile: ho fatto del mio meglio!
Ciao!!!!
Aggiunto 21 ore 2 minuti più tardi:
Ecco qui anche la risposta al quesito n°3:
SUDDIVISIONE PERIODI:
Primo periodo:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Secondo periodo:
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
COSTRUZIONE:
Di solito la costruzione diretta si fa "riordinando" le parole messe in poesia secondo l'ordine utilizzato nella prosa. Per far questo a volte si può far ricorso a dei numeretti sul testo stampato.
Poichè questo non mi è possibile, ti riporto invece la parafrasi, che può esserti utile per capire il giusto ordine delle frasi della poesia.
Qualora, o chiaro cristallo (si riferisce allo specchio), io fisso gli occhi su di te, desideroso di ammirare (o vedere) quel sole vivo che è solito specchiarsi in te (probabilmente chiama con il nome di Sole l'amata), ahimé, non vedo altro che il mio proprio viso!
O specchio ingannatore ed ingrato, se hai la possibilità di riflettere il viso più sorridente e bello fra tutti gli altri, non dovresti conservare (rappresentare) invece una immagine così triste (cioè il volto del poeta).
FRASI PRINCIPALI DEI DUE PERIODI:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Ciao di nuovo!
Aggiunto 1 giorno più tardi:
Ecco qui la risposta anche alle altre domande:
1) Perché lo specchio viene definito “fallace,ingrato”?
Nella poesia lo specchio viene definito "fallace" (cioè "ingannevole" o "ingannatore" ) ed ingrato perchè il poeta, per il fatto che esso appartiene all'amata, ha l'illusione di poterci vedere riflessa l'immagine di lei, quasi come se lo specchio si stesse beffando di lui.
2) Individua nel testo i termini omografi con significati diversi, scrivili in una tabella ponendo accanto a ciascuno il suo significato. Quale effetto stilistico ottiene l’autore con queste scelte lessicali?
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Sole = la stella che illumina il pianeta Terra. Il poeta usa questo termine riferendosi alla donna amata.
sòle = contrazione -o forma poetica - di "suole", cioè "essere soliti", "avere l'abitudine".
vago = desideroso
vagheggiar = specchiare, rappresentare. Il verbo "vagheggiare", derivando da "vago", cioè "poco chiaro e preciso" potrebbe essere stato scelto per alludere ad una rappresentazione non ben definita, come è quelal dei ricordi.
vago = bello, leggiadro
I primi due termini (Sole e sòle) costituiscono una rima, seppure un po' zoppa a causa del differente accento della "o" (acuto nel primo caso, grave nel secondo caso), dando quindi ritmo alla poesia.
La seconda parola viene invece ripetuta non tanto per influire sul ritmo della poesia (le parole omografe sono infatti in questo caso troppo distanti tra loro per influire sensibilmente sul ritmo) quanto per ribattere su un medesimo concetto. Vago nel senso di desideroso, vagheggiare nel senso di rappresentare e vago nel senso di leggiadro sono concetti riferiti ai tre elementi chiave della poesia: il poeta, lo specchio e la donna amata. Utilizzando parole simili per i tre "personaggi" è come se il poeta cercasse di unirli insieme. Non a caso poi la parola scelta per far questo è "vago", che richiama al concetto di poco nitido e chiaro, come sono appunto ricordi e illusioni.
4) Il madrigale, anche se breve, è molto ricco di figure retoriche. Individua nel testo il punto o i punti in cui compaiono: allitterazione, metafora, analogia, anastrofe, enjambement, metonimia.
Innanzi tutto puoi trovare qui le spiegazioni su queste figure retoriche:
http://www.parafrasando.it/metrica/figureretoriche.html
Vediamo dove sono nel testo:
ALLITTERAZIONE:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
METAFORA
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato (lo specchio non ha sentimenti),
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago (=riflesso del poeta)!
ANALOGIA:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
ANASTROFE:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
ENJAMBEMENT
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
METONIMIA
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te (cioè sulla superficie dello specchio) specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Ecco fatto, spero di non aver commesso errori: come sai, questa sezione non è di mai specifica competenza e quindi ho dovuto un po' arrangiarmi. In ogni caso, ho cercato di fare meglio che potevo, ti assicuro.
Ciao! A presto!
Rispondo alla tua domanda, o meglio al punto n°5, perchè come ti ho scritto anche nel pm non conosco la suddetta poesia, e nel web si trovano poche infomazioni a riguardo. Ho visto però che hai postato -se non sbaglio- la stessa domanda anche su Yahoo answers, dunque credo che prima o poi riceverai la risposta ai primi quattro quesiti.
Cominciamo intanto con il tuo temino.
Ti scrivo una scaletta che puoi utilizzare per eseguire il tuo saggio breve o articolo di giornale, anche se credo che l'argomento si presti di più alla prima tipologia.
INTRODUZIONE: per prima cosa, prima di entrare nel vivo dell'argomento, è necessario fare una introduzione per inquadrare l'oggetto della discussione. Avrei in mente un inizio di questo tipo.
"Gli specchi sono ormai oggetti comuni nella nostra vita, molto più di quanto non lo fossero nell'antichità o anche solo un secolo fa: ci sono specchi in tutte le case, nei negozi, nelle macchine, negli ascensori...un po' dappertutto. E' dunque inevitabile o inimmaginabile per noi non avere occasione di specchiarci numerose volte nel corso della giornata, fosse anche solo di sfuggita o per caso. Diversamente andavano certamente le cose per un uomo primitivo, che potendo -al contrario di noi- contare su poche superfici riflettenti, aveva davvero rare occasioni per specchiarsi e guardarsi nel corso della sua vita. Sembrerà strano, ma se non esistessero specchi o superfici in grado di riflettere una immagine, non potremmo avere alcuna idea di quale sia il nostro aspetto, se non nella maniera più vaga possibile.
Proprio perchè ci permette di vedere come siamo fatti, lo specchio è stato sempre considerato, dai più, un simbolo di vanità, che poco ha a che fare con alti pensieri o profonde meditazioni.
Eppure non è mancato, nei secoli, chi -tra scrittori, poeti e artisti- ha saputo dare allo specchio anche un altro significato, del tutto nuovo, più interiore, come se, potendo riflettere la nostra immagine, lo specchio permettesse anche di accedere all'anima di chi vi si riflette, quasi fosse una porta segreta che può condurre all'io.
Lo specchio permette di vedere come siamo fatti, e facendo questo ci permette di realizzare che noi esistiamo, che abbiamo una forma e delle dimensioni. Ma se è vero che tutti noi esistiamo "fisicamente", è pur vero che esistiamo anche "interiormente", che abbiamo pensieri e sentimenti, paure e desideri.
Se dunque lo specchio è testimone e veritiero rappresentatore della nostra esistenza fisica, i poeti si chiedono se esso non possa, con la stessa accuratezza e sincerità, rappresentare anche ciò che sta al di là della mera sembianza esteriore, e ci permetta, anche dalla vista di certi tratti somatici o certe espressioni, di capire qualcosa in più su noi stessi e la nostra essenza. Allo stesso modo, ci si chiede se l'immagine che appare riflessa sul vetro dello specchio abbia affinità con quello che sentiamo o pensiamo, se esse siano concordi o discordi, e in quale misura.
Ecco dunque, che, da tutte queste considerazioni, lo specchio passa, nell'immaginario di poeti e scrittori, da semplice oggetto di vanità ed uso quotidiano, ad essere un elemento misterioso e affascinante, la porta verso realtà fino a quel momento ignorate o nascoste."
CORPO CENTRALE:
"Lo specchio diventa così, nella letteratura popolare o più erudita, protagonista di miti e racconti, leggende e fiabe, nei quali la sua funzione di "intermediario" risulta palese: intermediario tra il mondo interiore ed esteriore o anche tra più mondi completamente differenti.
Questa seconda funzione, in particolare, si ha per esempio nel celebre racconto di Lewis Carrol "ALICE AL DI LA' DELLO SPECCHIO", dove lo specchio diventa -in virtù della sua proprietà di riflettere le immagini al contrario- la porta verso un nuovo mondo, all'apparenza simile a quello originario, ma nella realtà tutto "sottosopra", dove tutto procede alla rovescia e per questo in maniera priva di senso ma anche più divertente. Si potrebbe vedere in questo racconto quasi il messaggio che il mondo, se guardato con occhi differenti, può apparire diverso e anche più allegro.
Tuttavia più comuni sono certamente i racconti nei quali lo specchio, più che essere una porta verso nuovi mondi, risulta essere invece una porta verso l'io di chi vi si riflette, facendo leva sulla sua vanità.
Uno per tutti, il mito di Narciso, il bellissimo giovane che, specchiatosi ad una fonte, si innamora della sua stessa immagine e, nell'inutile tentativo di poterla toccare, muore affogato.
Questo mito non vuole essere solo uno spunto per biasimare la vanità -intesa anche come vanagloria-, mostrando come essa sia spesso, qualora diventi morbosa, causa di rovina. Sotto certi aspetti, infatti, la vicenda del giovane Narciso potrebbe essere intesa anche come un rimprovero verso l'egoismo e la chiusura in se stessi. Allo stesso tempo, si potrebbe pensare che la terribile fine del giovane sia causata invece dalla rivelazione, per la prima volta, del suo io, quasi a significare che la totale scoperta della nostra vera essenza possa essere fonte di sciagure.
Sul tema dello specchio esistono anche numerose fiabe, nate dall'immaginario popolare. Una di queste è la celebre BIANCANEVE, nel quale lo specchio della perfida matrigna riveste un ruolo fondamentale.
L'ossessione per la bellezza della malvagia regina, invidiosa della figliastra più bella di lei, la conduce a terribili delitti, e non ultimo alla morte. Lo specchio che ella usa tutti i giorni per guardarsi diventa quindi in questa fiaba un crudele giudice incapace di mentire e di piegarsi al volere della regina. E proprio perchè ostinato nel suo rivelare solo e soltanto la verità, lo specchio diventa per ella una ossessione che le impedisce di vivere."
ULTERIORI TESTI DA CITARE:
Accanto a questi, che sono forse gli esempi più famosi, non mancano poi altre storie o romanzi meno conosciuti, nei quali per esempio il notare allo specchio un difetto fisico può essere l'inizio di drammio complessi grandi e piccoli.
Dal tema della bellezza, i racconti sugli specchi passano spesso e volentieri anche a quello dell'identità e della verità: lo specchio mostra dunque la realtà di ciò che accade, come nella favola francese LA BELLA E LA BESTIA, nella quale la protagonista vi vede il padre malato; oppure i nostri più segreti desideri e realtà a noi stessi sconosciute dell'io, come nel romanzo HARRY POTTER E LA PIETRA FILOSOFALE.
Fiabe di questo genere, come pure racconti su sosia e alter-ego, che traggono spunto proprio dalla dualità tra ciò che è e ciò che appare -di cui lo specchio è il simbolo-, si sprecano.
CONCLUSIONI: Se scegli di scrivere un articolo di giornale, questa ultima parte non è necessaria, se non forse proprio due righe di "commiato". Altrimenti, nel saggio breve, dovresti poter trarre una conclusione -molto breve- su quanto detto. Qui non posso aiutarti, dal momento che è necessario che tu esprima la tua personale opinione in merito.
Ecco fatto, finito!
Se dovesse essere troppo lungo, puoi sempre accorciare qualche pezzo.
Spero di esserti stata utile: ho fatto del mio meglio!
Ciao!!!!
Aggiunto 21 ore 2 minuti più tardi:
Ecco qui anche la risposta al quesito n°3:
SUDDIVISIONE PERIODI:
Primo periodo:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Secondo periodo:
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
COSTRUZIONE:
Di solito la costruzione diretta si fa "riordinando" le parole messe in poesia secondo l'ordine utilizzato nella prosa. Per far questo a volte si può far ricorso a dei numeretti sul testo stampato.
Poichè questo non mi è possibile, ti riporto invece la parafrasi, che può esserti utile per capire il giusto ordine delle frasi della poesia.
Qualora, o chiaro cristallo (si riferisce allo specchio), io fisso gli occhi su di te, desideroso di ammirare (o vedere) quel sole vivo che è solito specchiarsi in te (probabilmente chiama con il nome di Sole l'amata), ahimé, non vedo altro che il mio proprio viso!
O specchio ingannatore ed ingrato, se hai la possibilità di riflettere il viso più sorridente e bello fra tutti gli altri, non dovresti conservare (rappresentare) invece una immagine così triste (cioè il volto del poeta).
FRASI PRINCIPALI DEI DUE PERIODI:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Ciao di nuovo!
Aggiunto 1 giorno più tardi:
Ecco qui la risposta anche alle altre domande:
1) Perché lo specchio viene definito “fallace,ingrato”?
Nella poesia lo specchio viene definito "fallace" (cioè "ingannevole" o "ingannatore" ) ed ingrato perchè il poeta, per il fatto che esso appartiene all'amata, ha l'illusione di poterci vedere riflessa l'immagine di lei, quasi come se lo specchio si stesse beffando di lui.
2) Individua nel testo i termini omografi con significati diversi, scrivili in una tabella ponendo accanto a ciascuno il suo significato. Quale effetto stilistico ottiene l’autore con queste scelte lessicali?
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Sole = la stella che illumina il pianeta Terra. Il poeta usa questo termine riferendosi alla donna amata.
sòle = contrazione -o forma poetica - di "suole", cioè "essere soliti", "avere l'abitudine".
vago = desideroso
vagheggiar = specchiare, rappresentare. Il verbo "vagheggiare", derivando da "vago", cioè "poco chiaro e preciso" potrebbe essere stato scelto per alludere ad una rappresentazione non ben definita, come è quelal dei ricordi.
vago = bello, leggiadro
I primi due termini (Sole e sòle) costituiscono una rima, seppure un po' zoppa a causa del differente accento della "o" (acuto nel primo caso, grave nel secondo caso), dando quindi ritmo alla poesia.
La seconda parola viene invece ripetuta non tanto per influire sul ritmo della poesia (le parole omografe sono infatti in questo caso troppo distanti tra loro per influire sensibilmente sul ritmo) quanto per ribattere su un medesimo concetto. Vago nel senso di desideroso, vagheggiare nel senso di rappresentare e vago nel senso di leggiadro sono concetti riferiti ai tre elementi chiave della poesia: il poeta, lo specchio e la donna amata. Utilizzando parole simili per i tre "personaggi" è come se il poeta cercasse di unirli insieme. Non a caso poi la parola scelta per far questo è "vago", che richiama al concetto di poco nitido e chiaro, come sono appunto ricordi e illusioni.
4) Il madrigale, anche se breve, è molto ricco di figure retoriche. Individua nel testo il punto o i punti in cui compaiono: allitterazione, metafora, analogia, anastrofe, enjambement, metonimia.
Innanzi tutto puoi trovare qui le spiegazioni su queste figure retoriche:
http://www.parafrasando.it/metrica/figureretoriche.html
Vediamo dove sono nel testo:
ALLITTERAZIONE:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
METAFORA
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato (lo specchio non ha sentimenti),
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago (=riflesso del poeta)!
ANALOGIA:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
ANASTROFE:
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
ENJAMBEMENT
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
METONIMIA
Qualor, chiaro cristallo,
vago pur di mirar quel vivo Sole
che ’n te (cioè sulla superficie dello specchio) specchiar si sòle,
in te le luci affiso,
ahi ch’altro non vegg’io che ’l proprio viso!
Specchio fallace ingrato,
se vagheggiar t’è dato
volto fra gli altri il più ridente e vago,
non dovresti serbar sì trista imago!
Ecco fatto, spero di non aver commesso errori: come sai, questa sezione non è di mai specifica competenza e quindi ho dovuto un po' arrangiarmi. In ogni caso, ho cercato di fare meglio che potevo, ti assicuro.
Ciao! A presto!