Differenze stilistiche pascoli e leopardi

Zerpe
devo trovare delle differenze stilistike e di contenuto nella poesia "alla luna " di leopardi e confrontarle con "L'assiulo" di pascoli vi prg aiutatemi nn sò da dove partire

Risposte
cichinella
ALLA LUNA:tema del ricordo ricorre molto spesso nella produzione letteraria di Leopardi. Il ricordo – come l’illusione e come il sogno – esalta la contemporanea presenza, nell’animo umano, del dolore e del piacere, i quali, pur non conciliandosi, sembrano confondersi nell’alternanza in un unico sentimento che esprime la condizione esistenziale dell’uomo.
L’apertura è sul versante della gioia: “O graziosa luna”. E “graziosa” significa sia “bella e leggiadra”, sia “benigna”. Ma subito (v. 3) irrompe il dolore: “io venia pien d’angoscia”. Quindi di nuovo la luce che sempre emana dalla Luna e illumina la terra. Poi il ricordo del dolore passato, che, però, sembra addolcirsi: fra le lacrime – è vero –, ma pur sempre è luce quella che appare agli occhi (luci anch’essi) del poeta. A questo punto la sferzata della ragione, in forma quasi eleatica: “è, né cangia stile” (v. 9), il dolore come l’Essere. Ma subito dopo una sorta di riconciliazione con la Natura: “o mia diletta luna”. E segue il piacere (“mi giova”) del ricordo, anche se è ricordo di cose dolorose e, pertanto, rinnova la tristezza.
Dopo il l835, su una copia dell’ultima edizione a stampa, Leopardi aggiunge i versi l3 e l4: una riflessione sulle sue convinzioni giovanili e una presa di distanza da esse, che sottolinea però la portata della funzione del ricordo, legandolo alla speranza. Di fronte alla morte incombente (e quasi presentita dal poeta) le certezze della ragione non sono piú scalfite dal sogno, dall’illusione o dal ricordo; ma quando la vita – seppure con tutto il suo bagaglio di dolore – appariva una via in gran parte da percorrere, allora il ricordo non solo saldava il passato al presente, ma offriva anche una prospettiva di speranza per il futuro. Una sorta di dilatazione del presente verso l’eterno (e l’infinito) che rammenta il tema nicciano dell’eterno ritorno.
Lo stesso tema è presente, in forma piú “filosofica”, in una pagina dello Zibaldone (60). L’eterno ritorno delle cose passate non è un processo meccanico, ma il frutto di una azione (volontaria) del soggetto che, rivivendo realmente nel presente affetti ed esperienze passati, quasi in una continua rinascita, fa in qualche modo rivivere anche i luoghi e gli oggetti, sottraendosi e sottraendoli cosí al Nulla “che tanto ci ripugna”. Lo scorrere di un fiume tra i sassi del greto, la cima di un albero contro la Luna, la Luna stessa che a metà di ogni ciclo splende intera nel cielo possono suscitare in noi il ricordo di una emozione, che, immediatamente, cessa di essere ricordo per farsi emozione viva, presente, che lacera realmente la carne del nostro cuore.

L'ASSIUOLO:ANALISI DELLA POESIA
Caratteristiche formali
STROFE, VERSI, RIME:
La poesia è formata da tre strofe di sette novenari seguiti dal verso dell’assiuolo “chiù” (un monosillabo che chiude ogni strofa e che rima sempre col sesto verso di ogni strofa). Il suono onomatopeico è formato da una sola sillaba tronca.
Il componimento poetico è formato dal seguente schema ritmico: ab ab cd cd, ovvero è composta di rime alternate. Nel terzo verso, della seconda strofa, troviamo una rima interna: “cullare del mare”.
Nel componimento poetico troviamo:
FIGURE TIMBRICHE:
- Allitterazione : in fr ( quando dice “ un fru fru tra le fratte”), in i e s ( quando parla di “finissime sistri d’argento”) e in i (che afferma “ tintinni a invisibili porte”).
- Anafora : chiù (viene, infatti, ripetuto alla fine d’ogni strofa), sentivo (ripetuto nella seconda strofa, nei primi due versi è usato in senso fisico, dato che si riferisce a degli elementi, nel terzo è usato in senso psicologico, perché esprime un sentimento che il poeta prova).
- Onomatopea : “finissimi sistri d’argento“( perché riproduce il suono stridulo delle cavallette che assomiglia ai sistri, ovvero strumenti musicali utilizzati dagli egiziani nelle cerimonie sacre. Nel nostro caso sono utilizzate per un rito funebre), “chiù” (che riprende il suono naturale dell’assiuolo, perciò forma un onomatopea pura) e “fru fru di fratte” (che riprende il rumore proveniente dai cespugli).
FIGURE RETORICHE:
- Metafora : “alba di perla” ( il cielo assomiglia ad un alba di perla), “nebbia di latte“ (nebbia simile al latte), “un sospiro di vento” ( si paragona il vento ad un sospiro), “squassavano le cavallette finissimi sistri d’argento” (si paragona il suono stridulo prodotto dalle cavallette, fregando le zampe posteriori, al suono prodotto dai sistri, strumenti musicali egiziani).
- Ipallage : “nero di nubi”.
- Sinestesia : “soffi di lampi”( vengono associate ai lampi silenziosi).
- Similitudine : “com’eco d’un grido che fu” ( paragona il sussulto alla voce ad un grido che gli evocava un dolore lontano).
- Antitesi : tra “nero e bianco”, infatti, Pascoli parla di “un nero di nubi “ e “nebbia di latte“.
- Doppio climax ascendente : riguarda il verso dell’uccello rapace:”chiù”, che passa da grido (nella prima strofa) a singhiozzo (nella seconda strofa), fino ad arrivare in fine ad un pianto di morte (terza strofa).
Il secondo invece riguarda la negatività che cresce da ogni strofa, che è legata alla percezione del poeta. Infatti, se analizziamo la poesia notiamo che gli elementi positivi contenute in essa diminuiscono da strofa in strofa; nella prima abbiamo quattro versi, nella seconda tre e nell’ultima solo due. Da tutto ciò notiamo che emergono sensazioni e riflessioni negative.
LO STILE
In questa poesia Pascoli utilizza delle frasi circolari, infatti, notiamo che ogni strofa termina con il verso dell’assiuolo, “chiù”, una voce desolata che infonde tanta tristezza.
IL LESSICO
Il lessico, che il nostro poeta utilizza, è quello dell’ottocento, quindi è abbastanza comprensibile. Il linguaggio poetico è fortemente connotativo, infatti, oltre a trasmetterci informazioni precise, suscita suggestioni e allusioni significative.
Dalla lingua utilizzata emerge il senso del mistero, dell’angoscia e dello sgomento che incombe sul nostro poeta e lo tormenta.
Come vediamo nella poesia, Pascoli utilizza parole ed espressioni che creano un’atmosfera di mistero. Infatti, ha scelto parole che appartengono allo stesso campo semantico (“cielo... alba…lampi…nubi…nebbia…vento…nero di nubi”) al cielo, ai colori (“nero di nubi…bianco di latte”). Utilizza, inoltre, un linguaggio analogico, per rendere l’immagine più intensa e suggestiva, trasformando gli aggettivi in sostantivi ( come ad esempio “alba di perla” invece di “alba chiara”, “soffi di lampi” al posto di “lampi minacciosi”, “nero di nubi” e non invece “nubi cupe”, “nebbia di latte” molto più coinvolgente di “nebbia fitta”, “sospiro di vento” piuttosto che “vento leggero”).
IL TITOLO
In questo caso il titolo ha un ruolo informativo, perché permette l’acquisizione d’informazioni riguardanti il contenuto del testo poetico. Infatti, se il nostro poeta non avesse intitolato la poesia “l’assiuolo” non saremmo stati in grado di comprendere la voce che proviene dai campi: “chiù”.
PAROLE-CHIAVE
La parola chiave è “chiù”, il verso dell’uccello rapace, perché questo è il suono con cui Pascoli evoca i suoi sentimenti.
CAMPI SEMANTICI
- Il cielo, il quale racchiude alba…lampi…nubi…nebbia…vento…stelle.
- I suoni, che includono il chiù, lo sciacquio delle onde del mare, il fruscio dei cespugli, il suono stridulo che emettono le cavallette e il loro tintinnio delle ali.
INTENZIONE COMUNICATIVA
Con questa poesia Pascoli descrive un paesaggio notturno dove all’inizio prevale il sentimento dell’estasi, difatti dice che la notte è meravigliosa, il cielo è chiaro come l’alba e perfino gli alberi sembrano sporgersi per vedere meglio la luna che è nascosta tra le nubi. Il paesaggio descrittivo è reso ancora più incantevole dalla melodia del mare e dai fruscii dei cespugli che sembrano quasi rasserenare l’anima. Tutto quest’ambiente è disturbato non dai lampi, dalle nubi e dalla nebbia, ma solamente da una voce triste che si leva nei campi: il chiù. Una voce che all’apparenza sembra di passaggio, ma di strofa in strofa diventa più angoscioso, fino ad arrivare ad un pianto di morte. Questo suono, per lui, è come un sussulto, una scossa al cuore che gli fa emergere ricordi tristi e pensieri tormentati.
Il suono dell’uccello notturno pare quasi la voce stessa del suo cuore angosciato.
Con tutto il suo componimento poetico, Pascoli vuole esprimere l’incombere dei ricordi e della morte, che impedisce al poeta di godere pienamente la magia di una notte di luna perché è avvolto dal mistero e dall’angoscia della morte.
PROBLEMATICA AFFRONTATA
I principali problemi che il poeta affronta sono il mistero e l’angoscia della morte.
Contribuiscono a creare un’atmosfera di mistero il contrasto tra immagini minacciose e serene. Questo tema è caratterizzato dalla domanda che il poeta fa: “tintinni a invisibili porte: che forse non si aprono più?”. L’interrogazione che Pascoli pone, mette in rapporto il dato fisico, cioè il suono delle cavallette, con una realtà metaforica, ovvero le invisibili porte, aprendosi, potrebbero spiegare il mistero della vita.
Il passaggio dal suono reale alla sua interpretazione metaforica, è molto importante perché apre una riflessione sulla morte e sull’impossibilità per l’uomo di affidarsi alla speranza di un'altra vita dopo la fine dell’esistenza. Questa sensazione negativa è data dalla voce dell’uccello notturno, che per le credenze popolari di allora è considerato un annuncio di disgrazia e di morte.
COLLEGAMENTO CON ALTRE POESIE
Spesso Pascoli, nella sua poetica, utilizza il linguaggio della natura per esprimere le proprie sensazioni. Oltre all’assiuolo questa caratteristica la troviamo anche in altre poesie come ad esempio: “Novembre” (dove viene descritta una giornata di novembre.), TEMPORALE (qui per descrivere il paesaggio sono utilizzati suoni e colori. In questa poetica, come quasi un pittore impressionistico, Pascoli ritrae l’arrivo di un temporale estivo nelle campagne), “La mia sera”( In questa il tema prevalente è la natura come riflesso dell’animo del poeta).
Un altro paesaggio notturno Pascoli lo descrive nella poesia intitolata “Il gelsomino notturno”.
I temi prevalenti della nostra poesia, ovvero il mistero e la morte sono trattati anche in altre liriche. Una di questa ad esempio è: SAPIENZA( Il tema dominante è il mistero. Il poeta c’esprime che il sapere rimarrà per noi umani sempre un mistero nonostante che ognuno di noi cerchi di dare una spiegazione), NOVEMBRE(I temi principali sono: il fascino della vita, il senso del mistero e della morte), Nebbia ( I temi prevalenti sono il pensiero della morte, infatti, il poeta vuole dimenticare il passato per aspettare in modo più lieto la morte), Morte e sole (Il tema è la morte, con questi versi il poeta ci fa capire che la parola mote tutti la conosciamo, la leggiamo, ne parliamo, ma nessuno sa veramente cos’é), X AGOSTO (In questa poesia Pascoli, parla della morte del padre, infatti, l’associa alla festa di san Lorenzo).
COLLEGAMENTO CON LA POETICA DELL’AUTORE
Durante tutto il nostro percorso, per l’analisi della poesia L’assiuolo, abbiamo notato che il tema dominante, oltre al mistero, è la morte.
Questo tema ricorre spesso nelle sue liriche, non solo come riflesso dei numerosi lutti famigliari supportati nell’infanzia, ma anche dal desiderio d’evasione dalla minacciosa realtà contemporanea e dall’oppressione della società.
La sua precoce esperienza di dolore e di morte aveva influito sulla sua visione pessimista e malinconica della vita e del mondo. Il nostro poeta, molto spesso, per allontanarsi da questa sofferenza cerca di rinchiudersi nel piccolo mondo degli affetti familiari, ovvero il “nido familiare”.
Ogni singolo elemento della natura, descritto nell’assiuolo, è osservato con gli occhi ingenui del fanciullino.
Il fanciullino è un famoso saggio scritto da Pascoli dove lui stesso, espone la sua concezione poetica. Egli afferma che il poeta è chi riesce a vedere le cose con la stessa ingenuità di un bambino. Il poeta quindi non si dovrà inventare la poesia, ma la scoprirà attraverso la sua capacità di cogliere le piccole cose con l’intuizione e non sulla ragione, avendo in questo modo una concezione del mondo che si ha durante l’infanzia.
Pascoli, quindi, cerca rifugio nell’infanzia perché è l’unico momento possibile di felicità.

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