Astolfo sulla luna
ciao ragazzi sn disperatodevo fare un lavoro su quest argomento dell orlando furioso su power point mi potete aiutare??? foto spiegazioni interpretazioni parafrasi tt quello ke avete spero di essere stato kiarooo vi ringrazio in anticipo
Dott.Skikki:beer:gh:gnam:wall
Dott.Skikki:beer:gh:gnam:wall
Risposte
complimenti ma il passo dell'orlando furioso?
ci stavano rovine di città e di castelli qui sottosopra con grand tesoro. [astolfo] domanda e sa che esse sono trattati e quella congiura che sembra si possa nascondere con tanta difficoltà.
vide delle serpi con i volti da ragazza [che rappresentavano] le opere dei falsari e dei ladri; poi vide boccie rotte di più parti che erano i servigi nelle corti.
vede una grande massa di minestre versate e domanda al suo dottore, s giovanni, che cosa significhi. dice-è elemosina che alcuni lasciano che sia fatta dopo la morte- passa da vari fiori ad un gran monte che aveva un buon odore o puzzava forte. Questo è il dono (se è lecito dire così) che constantino fece al buon silvestro, papa
vide un'abbondanza di trappole per uccelli con materia appiccicosa che erano, oh donne, le vostre bellezze. E' lungo narrare dei tutte le cose che gli furono mostrate lassù se provo a scriverle tutte dopo mille e mille versi non finisco e vi sono tutte le cose che ci occorrono e solo la pazzia non è poca nè molta.; che sta quaggiù nè non se va mai
qui rivolse l'attenzione a certi suoi giorni e fatti che aveva perduti un tempo e se non ci fosse stato lui che gli spiegasse, non avrrbbe riconosciuto le loro varie forme. Poi giunse dove c'era ciò che a noi sembra avere [sempre] tanto che non si sono mai fatte preghiere a Dio per averne; io intendo il senno e qui ce n'era una montagna che da sola era molto più grande che tutte le altre cose di cui ho raccontato
RAPPRESENTAZIONE DEL SENNO 83
sembrava un liquido poco denso e fluido, atto ad evaporare se non si tiene chiuso bene; e si vedeva contenuto in varie ampolle una più capiente, una meno destinate destinate a quello scopo
Quella maggiore, la più piena, di tutte era quella in cui era contenuto il grande senno del folle signor d'anglante orlando e fu riconosciuta tra le altre poichè aveva scritto di fuori "seeno d'orlando"
e cosi tutte le altre ampolle avevano scritto su di loro il nome del proprietario del senno. il coraggioso duca, astolfo vide gran parte proprio [senno] ma lo fecero meravigliorare ben più di molti che egli credeva che non dovessero averne meno [neppure] una quantità e qui si rilevaono apertamente che en avevano poco poichè là ce n'era molto.
COME SE PERDE IL SENNO?
alcuni lo perdono per amore, altri nell'onore, altri nel cercando, attraversando il mare, le ricchezze, altri nelle speranze dei signori, alttri andando dietro a sciocchezze magiche, altri in gioielli, altri in opere di pittori ed altri in altro che più s'apprezzi
ve n'era molto raccolto di filosofi, astrologhi, poeti
astolfo prese il suo poichè glielo aveva concesso lo scrittore dell'apocalisse S.GIOVANNI.Si portò semplicemente al naso l'ampolla in cui era contenuto il senno, e sembra che esso se ne andò al suo posto[cervello]; e sembra che Turpino riconosca che Astolfo da allora in poi visse saggiamente per lungo tempo.
Astolfo prese l'ampolla più piena e capace dov'era il senno che aveva reso saggio il conte orlando; e non era così leggera come aveva pensato vedendola menrre stava nel muccho con le altre
vide delle serpi con i volti da ragazza [che rappresentavano] le opere dei falsari e dei ladri; poi vide boccie rotte di più parti che erano i servigi nelle corti.
vede una grande massa di minestre versate e domanda al suo dottore, s giovanni, che cosa significhi. dice-è elemosina che alcuni lasciano che sia fatta dopo la morte- passa da vari fiori ad un gran monte che aveva un buon odore o puzzava forte. Questo è il dono (se è lecito dire così) che constantino fece al buon silvestro, papa
vide un'abbondanza di trappole per uccelli con materia appiccicosa che erano, oh donne, le vostre bellezze. E' lungo narrare dei tutte le cose che gli furono mostrate lassù se provo a scriverle tutte dopo mille e mille versi non finisco e vi sono tutte le cose che ci occorrono e solo la pazzia non è poca nè molta.; che sta quaggiù nè non se va mai
qui rivolse l'attenzione a certi suoi giorni e fatti che aveva perduti un tempo e se non ci fosse stato lui che gli spiegasse, non avrrbbe riconosciuto le loro varie forme. Poi giunse dove c'era ciò che a noi sembra avere [sempre] tanto che non si sono mai fatte preghiere a Dio per averne; io intendo il senno e qui ce n'era una montagna che da sola era molto più grande che tutte le altre cose di cui ho raccontato
RAPPRESENTAZIONE DEL SENNO 83
sembrava un liquido poco denso e fluido, atto ad evaporare se non si tiene chiuso bene; e si vedeva contenuto in varie ampolle una più capiente, una meno destinate destinate a quello scopo
Quella maggiore, la più piena, di tutte era quella in cui era contenuto il grande senno del folle signor d'anglante orlando e fu riconosciuta tra le altre poichè aveva scritto di fuori "seeno d'orlando"
e cosi tutte le altre ampolle avevano scritto su di loro il nome del proprietario del senno. il coraggioso duca, astolfo vide gran parte proprio [senno] ma lo fecero meravigliorare ben più di molti che egli credeva che non dovessero averne meno [neppure] una quantità e qui si rilevaono apertamente che en avevano poco poichè là ce n'era molto.
COME SE PERDE IL SENNO?
alcuni lo perdono per amore, altri nell'onore, altri nel cercando, attraversando il mare, le ricchezze, altri nelle speranze dei signori, alttri andando dietro a sciocchezze magiche, altri in gioielli, altri in opere di pittori ed altri in altro che più s'apprezzi
ve n'era molto raccolto di filosofi, astrologhi, poeti
astolfo prese il suo poichè glielo aveva concesso lo scrittore dell'apocalisse S.GIOVANNI.Si portò semplicemente al naso l'ampolla in cui era contenuto il senno, e sembra che esso se ne andò al suo posto[cervello]; e sembra che Turpino riconosca che Astolfo da allora in poi visse saggiamente per lungo tempo.
Astolfo prese l'ampolla più piena e capace dov'era il senno che aveva reso saggio il conte orlando; e non era così leggera come aveva pensato vedendola menrre stava nel muccho con le altre
FINITO
ti voglio bene grazieee
Non stette il duca a ricercare il tutto;
che là non era asceso a quello effetto
da l'apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro difetto,
per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è la su, che, come tarlo,
il tempo a lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo di uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quello chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesciche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch'eran le corone antiche
e degli Assirii e de la terra lida,
e de' Persi e de' Greci, che già furo
incliti, et or n'è quasi il nome oscuro.
Ami d'oro e d'argento appresso vede
in una massa, ch'erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni
Vede in ghirlande ascosi lacci, e chiede,
et ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch'in laude dei signori si fanno.
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi
vede c'han forma i mal seguiti amori.
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi,
l'autorità ch'ai suoi danno i signori.
I mantici ch'intorno han pieni i greppi
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
che là non era asceso a quello effetto
da l'apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro difetto,
per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è la su, che, come tarlo,
il tempo a lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo di uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quello chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesciche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch'eran le corone antiche
e degli Assirii e de la terra lida,
e de' Persi e de' Greci, che già furo
incliti, et or n'è quasi il nome oscuro.
Ami d'oro e d'argento appresso vede
in una massa, ch'erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni
Vede in ghirlande ascosi lacci, e chiede,
et ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch'in laude dei signori si fanno.
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi
vede c'han forma i mal seguiti amori.
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi,
l'autorità ch'ai suoi danno i signori.
I mantici ch'intorno han pieni i greppi
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
Il duca astolfo non stette molto a cercare tra tutto; perchè non era salito per quel motivo lassu. du condotto dall'apostolo santo [s.giovanni] uin una valle stretta da sue montagne dove probabilmente era raccolto ciò che si perde o per colpa nostra o a causa del tempo e della fortuna, cioò che si perde qui sulla Terra, lì si raccoglie.
Non solamente parlo di regni o di ricchezze chelavora la ruota instabile [della fortuna] ma voglio parlare anche di quello che non +è nelpotere della sorte togliere o dare. vi è molta fama che quaggiu il tempo con il suo lento procedere consuma coem un tarlo; lassu stanno infinite preghiere e suppliche che sono rivolte da noi peccatori a Dio.
[vi sono] le lacrime e i sospiri degli innamorati, il tempo che si perde inutilmente al gioco, il lungo ozio degli uomini ingnoranti, disegni vani che hanno alcun luogo, sono molti i desideri vani, che per la maggiorparte ingombrano quel luogo: ciò che insomma quaggiu perdesti per sempre, lassu potrai ritrovare
[astolfo non orlando] il paladino, passando tra quei mucchi, ora di questo e ora di quello chiede alla sua guida [s. giovanni]. vide un monte di sacche gonfie che pareva che avesse all'interno tumulti e grida; e capì che quelle erano lo splendore antico dei regni [corone metonimia---- regni] degli assiri della Lidia, dei persiani e dei greci che furono illustri e ora il loro nome è oscuro
successivamente vide ami d'oro e di argento in una massa [in un mucchio] che erano quei doni che si fanno al signore, agli avari principi, ai mecenati con la speranza di ricompensa.vede lacc nascosti tra le ghirlande e chiede, e sente che sono tutte adulazioni.
hanno le sembianze di cicale scoppiate [rappresentanti] i versi che si compongono in lode del signore.
vede gioghi ricoperti di gemme e nodi d'oro che rappresentano gli amori perseguiti a torto o senza esito. vi erano artigli di aquile; e seppi che erano le autorità, i poteri, che il signore da ai suoi uomini. i mantici che hanno riempito i declivi intorno sono i favori dei principi, labili come i fumo che danno ai loro protetti un tempo e che poi vengono meno con la giovinezza.
x venerdi ma l altra nn ce l hai cmq grazie:)
Ma per quando ti serve^?
[Astolfo e S, Giovanni con il carro giudato dai cavalli] Varcano tutta la sfera del fuoco (perché si credeva che ci fosse la terra, una sfera di fuoco e poi la luna) e qui arrivano il regno della luna e di qui vedono per la maggior parte quel luogo, come un pezzo di acciaio che non ha alcuna macchia; e la trovano uguale o poco più piccolo di ciò che è contenuto su questo globo, su questo globo terrestre posto al fondo dell’universo compreso il mare che lo circonda e lo racchiude
Qui Astolfo ebbe una doppia meraviglia [nel vedere la luna ] perchè da vicino quel paese [la luna] era cosi grande che a noi che lo miriamo dalla terra assomiglia ad una piccola palla e [si stupì] perchè doveva aguzzare bene la vista se voleva distinguere da li la terra ferma e il mare che si spande intorno., giacchè non avendo luce la loro immagine arriva poco in alto
Vi sono altri fuimi, altre campagne, altri laghi lassu, cose diverse dalle cose della Terra, che non sono qui tra noi, altre pianure, altre valli, altre montagne; hanno le città con dei loro castelli, [hanno] delle case che il paladino Orlando non vide mai cosi grandi; e vi sono ampie e solitarie selve nelle quali le ninfe cacciano le loro belve. immagini classicheggianti
Tutta la sfera varcano del fuoco,
et indi vanno al regno de la luna.
veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò che in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra
Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassomiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s'indi la terra e 'mar ch'intorno spande
discerner vuol; che non avendo luce,
l'imagin lor poco alta si conduce.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
et indi vanno al regno de la luna.
veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò che in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra
Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassomiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s'indi la terra e 'mar ch'intorno spande
discerner vuol; che non avendo luce,
l'imagin lor poco alta si conduce.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
[Astolfo e S, Giovanni con il carro giudato dai cavalli] Varcano tutta la sfera del fuoco (perché si credeva che ci fosse la terra, una sfera di fuoco e poi la luna) e qui arrivano il regno della luna e di qui vedono per la maggior parte quel luogo, come un pezzo di acciaio che non ha alcuna macchia; e la trovano uguale o poco più piccolo di ciò che è contenuto su questo globo, su questo globo terrestre posto al fondo dell’universo compreso il mare che lo circonda e lo racchiude
Qui Astolfo ebbe una doppia meraviglia [nel vedere la luna ] perchè da vicino quel paese [la luna] era cosi grande che a noi che lo miriamo dalla terra assomiglia ad una piccola palla e [si stupì] perchè doveva aguzzare bene la vista se voleva distinguere da li la terra ferma e il mare che si spande intorno., giacchè non avendo luce la loro immagine arriva poco in alto
Vi sono altri fuimi, altre campagne, altri laghi lassu, cose diverse dalle cose della Terra, che non sono qui tra noi, altre pianure, altre valli, altre montagne; hanno le città con dei loro castelli, [hanno] delle case che il paladino Orlando non vide mai cosi grandi; e vi sono ampie e solitarie selve nelle quali le ninfe cacciano le loro belve. immagini classicheggianti
Tutta la sfera varcano del fuoco,
et indi vanno al regno de la luna.
veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò che in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra
Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassomiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s'indi la terra e 'mar ch'intorno spande
discerner vuol; che non avendo luce,
l'imagin lor poco alta si conduce.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Non stette il duca a ricercare il tutto;
che là non era asceso a quello effetto
da l'apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro difetto,
per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è la su, che, come tarlo,
il tempo a lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo di uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quello chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesciche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch'eran le corone antiche
e degli Assirii e de la terra lida,
e de' Persi e de' Greci, che già furo
incliti, et or n'è quasi il nome oscuro.
Ami d'oro e d'argento appresso vede
in una massa, ch'erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni
Vede in ghirlande ascosi lacci, e chiede,
et ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch'in laude dei signori si fanno.
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi
vede c'han forma i mal seguiti amori.
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi,
l'autorità ch'ai suoi danno i signori.
I mantici ch'intorno han pieni i greppi
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
Ruine di cittadi e di castella
stavan con gran tesor quivi sozzopra.
Domanda, e sa che son trattati, e quella
Congiura che sì mal par che si cuopra.
Vide serpi con faccia di donzella,
di monetieri e di ladroni l'opra:
poi vide boccie rotte di più sorti,
ch'era il servir de le misere corti
Di versate minestre una gran massa
Vede, e domanda al suo dottor ch'importe.
L'elemosina è (dice) che si lassa
alcun, che fatta sia dopo la morte.
Di varii fiori ad un gran monte passa,
ch'ebbe già buono odore, or putia forte.
Questo era il dono (se però dir lece)
che Costantino al buon Silvestro fece.
Vide gran copia di panie con visco,
ch'erano, o donne, le bellezze vostre.
Lungo sarà, se tutte in verso ordisco
le cose che gli fur quivi dimostre;
che dopo mille e mille io non finisco,
e vi son tutte l'occurrenzie nostre:
sol la pazzia non v'è poca né assai;
che sta qua giù, né se ne parte mai.
Quivi ad alcuni giorni e fatti sui,
ch'egli già avea perduti, si converse;
che se non era interprete con lui,
non discernea le forme lor diverse
Poi giunse a quel che par sì averlo a nui,
che mai per esso a Dio voti non ferse;
io dico il senno: e n'era quivi un monte,
solo assai più che l'altre cose conte.
Era come un liquor suttile e molle,
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle,
qual più, qual men capace, atte a quell'uso.
Quella è maggior di tutte, in che del folle
signor d'Anglante era il gran senno infuso;
e fu da l'altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: "Senno d'Orlando".
E cosi tutte l’ altre avean scritto anco
il nome di color di chi fu il senno.
Del suo gran parte vide il duca franco;
Ma molto più meravigliato lo fenno
Molti ch’ egli credeva che dramma manco
non dovessero averne, e quinvi dènno
chiara notizia che ne tenean poco;
Che molta quantità n’ era in quel loco
Altri in amar lo perde, altri in onori,
Altri in cercar, scorrendo il mar, richezze;
Altri ne le speranze de’ signori,
Altri dietro alle magiche sciocchezze;
Altri in gemme, altri in opere di pittori,
Et altri in altro che più d’ altro aprezze.
Di sofisti e d’ astrologhi raccolto,
E di poeti ancor ve n’ era molto.
Astolfo tolse il suo: che gliel conoscesse
Lo scrittor de l’ oscura Apocalisse.
L’ ampolla in ch’ era al naso sol si messe,
E par che quello al luogo suo ne gisse:
E che Turpin da indi in qua confesse
ch’ Astolfo lungo tempo saggio visse;
Ma ch’ uno error che fece poi, fu quello
Ch’ un’altra volta gli levò il cervello
La più capace e piena ampolla, ov’era
Il senno che solea far savio il conte,
Astolfo tolle; e non è si leggiera,
Come stimò, con l’ altre essendo a monte.
Prima che ’ l paladin da quella sfera
Piena di luce alle più basse smonte,
Menato fu da l’ apostolo santo
In un plagio ov’ era un fiume a canto
et indi vanno al regno de la luna.
veggon per la più parte esser quel loco
come un acciar che non ha macchia alcuna;
e lo trovano uguale, o minor poco
di ciò che in questo globo si raguna,
in questo ultimo globo de la terra,
mettendo il mar che la circonda e serra
Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia:
che quel paese appresso era sì grande,
il quale a un picciol tondo rassomiglia
a noi che lo miriam da queste bande;
e ch'aguzzar conviengli ambe le ciglia,
s'indi la terra e 'mar ch'intorno spande
discerner vuol; che non avendo luce,
l'imagin lor poco alta si conduce.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Altri fiumi, altri laghi, altre campagne
sono là su, che non son qui tra noi;
altri piani, altre valli, altre montagne,
c'han le cittadi, hanno i castelli suoi
con case de le quai mai le più magne
non vide il paladin prima né poi:
vi sono ample e solitarie selve,
ove le ninfe ognor cacciano belve.
Non stette il duca a ricercare il tutto;
che là non era asceso a quello effetto
da l'apostolo santo fu condutto
in un vallon fra due montagne istretto,
ove mirabilmente era ridutto
ciò che si perde o per nostro difetto,
per colpa di tempo o di Fortuna:
ciò che si perde qui, là si raguna
Non pur di regni o di ricchezze parlo,
in che la ruota instabile lavora;
ma di quel ch'in poter di tor, di darlo
non ha Fortuna, intender voglio ancora.
Molta fama è la su, che, come tarlo,
il tempo a lungo andar qua giù divora:
là su infiniti prieghi e voti stanno,
che da noi peccatori a Dio si fanno.
Le lacrime e i sospiri degli amanti,
l'inutil tempo che si perde a giuoco,
e l'ozio lungo di uomini ignoranti,
vani disegni che non han mai loco,
i vani desideri sono tanti,
che la più parte ingombran di quel loco:
ciò che in somma qua giù perdesti mai,
là su salendo ritrovar potrai
Passando il paladin per quelle biche,
or di questo or di quello chiede alla guida.
Vide un monte di tumide vesciche,
che dentro parea aver tumulti e grida;
e seppe ch'eran le corone antiche
e degli Assirii e de la terra lida,
e de' Persi e de' Greci, che già furo
incliti, et or n'è quasi il nome oscuro.
Ami d'oro e d'argento appresso vede
in una massa, ch'erano quei doni
che si fan con speranza di mercede
ai re, agli avari principi, ai patroni
Vede in ghirlande ascosi lacci, e chiede,
et ode che son tutte adulazioni.
Di cicale scoppiate imagine hanno
versi ch'in laude dei signori si fanno.
Di nodi d'oro e di gemmati ceppi
vede c'han forma i mal seguiti amori.
V'eran d'aquile artigli; e che fur, seppi,
l'autorità ch'ai suoi danno i signori.
I mantici ch'intorno han pieni i greppi
sono i fumi dei principi e i favori
che danno un tempo ai ganimedi suoi,
che se ne van col fior degli anni poi.
Ruine di cittadi e di castella
stavan con gran tesor quivi sozzopra.
Domanda, e sa che son trattati, e quella
Congiura che sì mal par che si cuopra.
Vide serpi con faccia di donzella,
di monetieri e di ladroni l'opra:
poi vide boccie rotte di più sorti,
ch'era il servir de le misere corti
Di versate minestre una gran massa
Vede, e domanda al suo dottor ch'importe.
L'elemosina è (dice) che si lassa
alcun, che fatta sia dopo la morte.
Di varii fiori ad un gran monte passa,
ch'ebbe già buono odore, or putia forte.
Questo era il dono (se però dir lece)
che Costantino al buon Silvestro fece.
Vide gran copia di panie con visco,
ch'erano, o donne, le bellezze vostre.
Lungo sarà, se tutte in verso ordisco
le cose che gli fur quivi dimostre;
che dopo mille e mille io non finisco,
e vi son tutte l'occurrenzie nostre:
sol la pazzia non v'è poca né assai;
che sta qua giù, né se ne parte mai.
Quivi ad alcuni giorni e fatti sui,
ch'egli già avea perduti, si converse;
che se non era interprete con lui,
non discernea le forme lor diverse
Poi giunse a quel che par sì averlo a nui,
che mai per esso a Dio voti non ferse;
io dico il senno: e n'era quivi un monte,
solo assai più che l'altre cose conte.
Era come un liquor suttile e molle,
atto a esalar, se non si tien ben chiuso;
e si vedea raccolto in varie ampolle,
qual più, qual men capace, atte a quell'uso.
Quella è maggior di tutte, in che del folle
signor d'Anglante era il gran senno infuso;
e fu da l'altre conosciuta, quando
avea scritto di fuor: "Senno d'Orlando".
E cosi tutte l’ altre avean scritto anco
il nome di color di chi fu il senno.
Del suo gran parte vide il duca franco;
Ma molto più meravigliato lo fenno
Molti ch’ egli credeva che dramma manco
non dovessero averne, e quinvi dènno
chiara notizia che ne tenean poco;
Che molta quantità n’ era in quel loco
Altri in amar lo perde, altri in onori,
Altri in cercar, scorrendo il mar, richezze;
Altri ne le speranze de’ signori,
Altri dietro alle magiche sciocchezze;
Altri in gemme, altri in opere di pittori,
Et altri in altro che più d’ altro aprezze.
Di sofisti e d’ astrologhi raccolto,
E di poeti ancor ve n’ era molto.
Astolfo tolse il suo: che gliel conoscesse
Lo scrittor de l’ oscura Apocalisse.
L’ ampolla in ch’ era al naso sol si messe,
E par che quello al luogo suo ne gisse:
E che Turpin da indi in qua confesse
ch’ Astolfo lungo tempo saggio visse;
Ma ch’ uno error che fece poi, fu quello
Ch’ un’altra volta gli levò il cervello
La più capace e piena ampolla, ov’era
Il senno che solea far savio il conte,
Astolfo tolle; e non è si leggiera,
Come stimò, con l’ altre essendo a monte.
Prima che ’ l paladin da quella sfera
Piena di luce alle più basse smonte,
Menato fu da l’ apostolo santo
In un plagio ov’ era un fiume a canto
Aspetta te la scrivo io, ce l ho sul quaderno
nn puoi postare il testo originale?
sono da 70 a 87
posta il pezzo di cui ti serve la parafrasi....
ti ringrazio xo ti dovrei kiedere un grande favore mi puoi scrivere la parafrasi xke sul web nn la trovooo sn disperatooo
Se ti serve una mano io sono qui... troppo divertente Astolfo sulla Luna...
Ti scirvo la storia brevemente:
Quando Orlando, scoprendo il luogo in cui Medoro e Angelica hanno consumato il loro amore e dopo ch un pastore del posto gli aveva mostrato il braccialetto di Angelica, donatogli dalla stessa in cambio dell'ospitalità (perchè Medoro s'era ferito in un duello precedente e ha incontrato Angelica. Quest'ultima lo guarisce a casa di un pastore e se ne innamora perdutamente. Angelica dona il suo braccialetto prezioso, essendo figlia del re del Catai, al pastore in cambio dell'ospitalità), impazzisce e si denuda.... nudo vaga per tutto il mondo. Ha perso IL SENNO DELLA RAGIONE. Avendo perso il senno dela ragione, non ragiona così Astolfo, amico di Orlando, con S.Giovanni, su una navicella, vanno sulla Luna (luna copernicana, quindi reale, materiale) per riprendere la ragione di Orlando.
SULLA LUNA SI ACCUMULANO TUTTE LE COSE CHE SULLA TERRA SI PERDONO. Astolfo quando arriva sulla Luna vedi mucchi e mucchi di roba poggiata, vede anche delle cose sue e in un angolino della Luna c'erano raccolti tutti i senni degli uomini. Questi erano organizzati sotto ampolle, ognuno che aveva un'etichetta di riconoscimento: QUI ASTOLFO RICONOSCE MOLTI SENNI, ANCHE DI PERSONE CHE LUI STESSA RITENEVA SAGGI E ASSENNATI.
Alla fine vede quello di Orlando custodito in un ampolla con un'etichetta con sù scritto: SENNO D'ORLANDO. Lo prende e insieme a S.Giovanni può scendere sulla Terra, attraversando la sfera di fuoco (perchè secondo la consuetudine antica, prima veniva la Terra, poi una sfera di fuoco, poi la Luna) per cercare Orlando e riconsegnargli la ragione.
AStolfo sulla Luna trova anche la sua di ragione perduta per amore da giovani. La inala e riacquista il senno (la inala perchè si credeva che attraverso il naso si potesse arrivare al cervello).
Magari questa storia è più dettagliata: http://gircse.marginalia.it/ilcastello/astolfo.htm


La parafrasi di Astolfo sulla Luna ce l'ho sul quaderno, se vuoi te la scrivo, però è uin pò lunghetta, vediamo che c'è sul web
Ti scirvo la storia brevemente:
Quando Orlando, scoprendo il luogo in cui Medoro e Angelica hanno consumato il loro amore e dopo ch un pastore del posto gli aveva mostrato il braccialetto di Angelica, donatogli dalla stessa in cambio dell'ospitalità (perchè Medoro s'era ferito in un duello precedente e ha incontrato Angelica. Quest'ultima lo guarisce a casa di un pastore e se ne innamora perdutamente. Angelica dona il suo braccialetto prezioso, essendo figlia del re del Catai, al pastore in cambio dell'ospitalità), impazzisce e si denuda.... nudo vaga per tutto il mondo. Ha perso IL SENNO DELLA RAGIONE. Avendo perso il senno dela ragione, non ragiona così Astolfo, amico di Orlando, con S.Giovanni, su una navicella, vanno sulla Luna (luna copernicana, quindi reale, materiale) per riprendere la ragione di Orlando.
SULLA LUNA SI ACCUMULANO TUTTE LE COSE CHE SULLA TERRA SI PERDONO. Astolfo quando arriva sulla Luna vedi mucchi e mucchi di roba poggiata, vede anche delle cose sue e in un angolino della Luna c'erano raccolti tutti i senni degli uomini. Questi erano organizzati sotto ampolle, ognuno che aveva un'etichetta di riconoscimento: QUI ASTOLFO RICONOSCE MOLTI SENNI, ANCHE DI PERSONE CHE LUI STESSA RITENEVA SAGGI E ASSENNATI.
Alla fine vede quello di Orlando custodito in un ampolla con un'etichetta con sù scritto: SENNO D'ORLANDO. Lo prende e insieme a S.Giovanni può scendere sulla Terra, attraversando la sfera di fuoco (perchè secondo la consuetudine antica, prima veniva la Terra, poi una sfera di fuoco, poi la Luna) per cercare Orlando e riconsegnargli la ragione.
AStolfo sulla Luna trova anche la sua di ragione perduta per amore da giovani. La inala e riacquista il senno (la inala perchè si credeva che attraverso il naso si potesse arrivare al cervello).
Magari questa storia è più dettagliata: http://gircse.marginalia.it/ilcastello/astolfo.htm


La parafrasi di Astolfo sulla Luna ce l'ho sul quaderno, se vuoi te la scrivo, però è uin pò lunghetta, vediamo che c'è sul web