ALESSANDRO MANZONI
qual'è il passaggio dal cattolicesimo giansenista a quello dogmatico di alessandro manzoni attraverso le opere? aiutoooo...mi serve una mano
Risposte
Manzoni è il rappresentante più significativo del movimento romantico italiano. In lui si realizza la sintesi delle idee illuministiche con quelle cristiane. Vi è quindi il rifiuto del materialismo ateo di Foscolo e Leopardi, ma non quello delle idee illuministiche di giustizia, libertà, uguaglianza, fraternità, le quali però vengono per così dire "battezzate" da una religiosità cattolico-giansenista, non dogmatica, ma critica, aperta alle idee democratiche e laiche del suo tempo, austera e rigorosa sul piano morale.
L'idea religiosa dominante è quella di provvidenza, grazie alla quale anche il male -secondo il Manzoni- può essere ricompreso in una visione più globale della storia. Il dolore che gli uomini soffrono a causa delle ingiustizie/oppressioni non può mai essere disperato se si ripone fiducia nella provvidenza divina. Chi vuole compiere il male è guardato dal Manzoni non con disprezzo ma con ironia, appunto perché il credente sa in anticipo che il corso della storia non può essere modificato dalle singole azioni negative degli uomini. Ovviamente per il Manzoni gli uomini non devono attendere passivamente la realizzazione del bene, ma devono avere consapevolezza, nel mentre cercano di vivere con coerenza il loro ideale evangelico di giustizia, che la realizzazione del bene dipenderà dai tempi storici della provvidenza più che dalla loro volontà. Senza questa consapevolezza gli uomini tenderebbero ad attribuire a loro stessi la causa di ogni bene, il che li porterebbe facilmente a ricadere nel male.
Sul piano poetico, Manzoni rifiuta categoricamente ogni mitologia, ogni fantasia che non abbia riscontri reali, ogni imitazione pedissequa dei classici greco-romani. Accetta la fusione della storia con la poesia (di qui ad es. il concetto di "romanzo storico"), perché se la storia racconta la verità oggettiva degli avvenimenti, la poesia può raccontare la verità soggettiva dei singoli protagonisti. La letteratura deve avere -questa è la sua formula più riuscita- l'utile per scopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. L'invenzione deve essere limitata all'integrazione del dato storico. Il vero storico -per il Manzoni- è sempre quello che desta maggior interesse. L'arte quindi avrà un valore educativo se sarà finalizzata alla comprensione della verità storica (soprattutto la verità del popolo, degli strati sociali più umili, che fanno la storia). Scopo del drammaturgo/poeta/romanziere è quello di saper trarre dal vero reale il vero ideale, senza alterare i fatti storici, ma riservandosi uno spazio (il coro) in cui poter parlare personalmente, rendendosi interprete dei sentimenti morali dell'umanità.
La conversione al cattolicesimo ostacolò decisamente lo sviluppo delle idee giacobine e ateo-illuministiche maturate nel periodo giovanile.
Probabilmente il Manzoni aveva capito, a Parigi, che cultura e politica devono marciare insieme per essere entrambe vere, autentiche, ma siccome il suo personale temperamento gli impediva di condividere, sino in fondo, in maniera partecipata, le idee e le esigenze della politica democratica e rivoluzionaria, egli preferì puntare la sua attenzione sulla cultura, trasferendo su questa le qualità realistiche di quella politica più vicina alle aspirazioni popolari. Conseguentemente la sua letteratura diventò, allo stesso tempo, realistica e poetica, storicistica e romanzata. Connubio, questo, che al Manzoni piaceva e dispiaceva, proprio perché egli si rendeva conto che con esso non si potevano soddisfare appieno le esigenze del vero. Esigenze che possono e debbono essere soddisfatte coll'impegno politico attivo, a favore della democrazia, oltre che coll'impegno culturale e sociale. Il Manzoni -come noto- si limitò a circoscrivere ideologicamente tale impegno alla valorizzazione del "vero storico", volgendo sì lo sguardo al presente, ma come intellettuale culturalmente, non politicamente impegnato.
La sua esperienza, ancora una volta, ha dimostrato i limiti della religione, che sono appunto quelli di negare valore, da un lato, alla politica rivoluzionaria, giustificando, dall'altro, l'oppressione esistente. Di qui il suo accentuato moralismo, la sua idea paternalistica di "provvidenza", la sottile quanto fastidiosa ironia nei confronti del "male" e di chi cerca di opporvisi con mezzi propri, senza rimettersi nelle mani di dio. Al Manzoni tuttavia bisogna riconoscere un pregio, quello di non aver mai abbracciato le idee clericali del suo tempo.
Nel "cinque maggio", l'uomo-Napoleone appare al Manzoni migliore del dittatore, anche perché si diceva fosse morto cristianamente. Di conseguenza il vero soggetto dell'ode civile è Dio che redime gli uomini, e Napoleone non è che l'oggetto della provvidenza di Dio.
:hi
L'idea religiosa dominante è quella di provvidenza, grazie alla quale anche il male -secondo il Manzoni- può essere ricompreso in una visione più globale della storia. Il dolore che gli uomini soffrono a causa delle ingiustizie/oppressioni non può mai essere disperato se si ripone fiducia nella provvidenza divina. Chi vuole compiere il male è guardato dal Manzoni non con disprezzo ma con ironia, appunto perché il credente sa in anticipo che il corso della storia non può essere modificato dalle singole azioni negative degli uomini. Ovviamente per il Manzoni gli uomini non devono attendere passivamente la realizzazione del bene, ma devono avere consapevolezza, nel mentre cercano di vivere con coerenza il loro ideale evangelico di giustizia, che la realizzazione del bene dipenderà dai tempi storici della provvidenza più che dalla loro volontà. Senza questa consapevolezza gli uomini tenderebbero ad attribuire a loro stessi la causa di ogni bene, il che li porterebbe facilmente a ricadere nel male.
Sul piano poetico, Manzoni rifiuta categoricamente ogni mitologia, ogni fantasia che non abbia riscontri reali, ogni imitazione pedissequa dei classici greco-romani. Accetta la fusione della storia con la poesia (di qui ad es. il concetto di "romanzo storico"), perché se la storia racconta la verità oggettiva degli avvenimenti, la poesia può raccontare la verità soggettiva dei singoli protagonisti. La letteratura deve avere -questa è la sua formula più riuscita- l'utile per scopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo. L'invenzione deve essere limitata all'integrazione del dato storico. Il vero storico -per il Manzoni- è sempre quello che desta maggior interesse. L'arte quindi avrà un valore educativo se sarà finalizzata alla comprensione della verità storica (soprattutto la verità del popolo, degli strati sociali più umili, che fanno la storia). Scopo del drammaturgo/poeta/romanziere è quello di saper trarre dal vero reale il vero ideale, senza alterare i fatti storici, ma riservandosi uno spazio (il coro) in cui poter parlare personalmente, rendendosi interprete dei sentimenti morali dell'umanità.
La conversione al cattolicesimo ostacolò decisamente lo sviluppo delle idee giacobine e ateo-illuministiche maturate nel periodo giovanile.
Probabilmente il Manzoni aveva capito, a Parigi, che cultura e politica devono marciare insieme per essere entrambe vere, autentiche, ma siccome il suo personale temperamento gli impediva di condividere, sino in fondo, in maniera partecipata, le idee e le esigenze della politica democratica e rivoluzionaria, egli preferì puntare la sua attenzione sulla cultura, trasferendo su questa le qualità realistiche di quella politica più vicina alle aspirazioni popolari. Conseguentemente la sua letteratura diventò, allo stesso tempo, realistica e poetica, storicistica e romanzata. Connubio, questo, che al Manzoni piaceva e dispiaceva, proprio perché egli si rendeva conto che con esso non si potevano soddisfare appieno le esigenze del vero. Esigenze che possono e debbono essere soddisfatte coll'impegno politico attivo, a favore della democrazia, oltre che coll'impegno culturale e sociale. Il Manzoni -come noto- si limitò a circoscrivere ideologicamente tale impegno alla valorizzazione del "vero storico", volgendo sì lo sguardo al presente, ma come intellettuale culturalmente, non politicamente impegnato.
La sua esperienza, ancora una volta, ha dimostrato i limiti della religione, che sono appunto quelli di negare valore, da un lato, alla politica rivoluzionaria, giustificando, dall'altro, l'oppressione esistente. Di qui il suo accentuato moralismo, la sua idea paternalistica di "provvidenza", la sottile quanto fastidiosa ironia nei confronti del "male" e di chi cerca di opporvisi con mezzi propri, senza rimettersi nelle mani di dio. Al Manzoni tuttavia bisogna riconoscere un pregio, quello di non aver mai abbracciato le idee clericali del suo tempo.
Nel "cinque maggio", l'uomo-Napoleone appare al Manzoni migliore del dittatore, anche perché si diceva fosse morto cristianamente. Di conseguenza il vero soggetto dell'ode civile è Dio che redime gli uomini, e Napoleone non è che l'oggetto della provvidenza di Dio.
:hi