Aiuto per riassunti!!!!

posta99
MILANO - Si chiamano “nativi digitali”: sono i bambini nati dopo il 2000, più avvezzi alla realtà
virtuale che alla vita reale. Ma nel passaggio alla vita “tecnologica” pare proprio che questi bambini
rischino di dimenticare abilità utili nella realtà quotidiana, quali allacciarsi le scarpe o andare in
bicicletta, come ci dice una ricerca cecoslovacca svolta recentemente “interrogando” 2200 mamme
di bimbi dai 2 ai 5 anni. Ora una ricerca condotta da neurofisiologi francesi e norvegesi conferma
che qualcosa si è davvero perso nel passaggio dalla penna alla tastiera. Lo studio, pubblicato su
Advances in Haptics, dimostra che scrivere a mano “accende” il nostro cervello molto più che
digitare su una tastiera. Scrivendo su carta, gli occhi e i movimenti della mano seguono la
creazione della lettera: mentre tracciamo il segno di una “s” vediamo e “sentiamo” formarsi pian
piano le curve che la compongono. E questo accende molte più aree cerebrali rispetto al digitare la
stessa “s” al computer: in questo caso, infatti, basta premere un tasto ed eccola là sullo schermo,
tutta intera.
LETTERE - Le aree sensoriali e motorie si attivano comunque, perché la mano si è mossa e gli
occhi vedono la lettera, ma in maniera molto inferiore. In un altro esperimento i ricercatori hanno
chiesto a due gruppi di volontari di imparare un alfabeto sconosciuto di 20 lettere, in un caso
esercitandosi a scriverlo a mano, nell'altro utilizzando solo il computer; dopo tre e sei settimane chi
doveva usare carta e penna aveva imparato di più e ricordava meglio l'alfabeto rispetto ai volontari
“digitali”. «Scrivere a mano implica capacità visive, viso-motorie e viso-costruttive molto superiori al
semplice digitare su una tastiera – commenta Cesare Cornoldi, responsabile del Laboratorio sulla
memoria e i processi cognitivi dell'apprendimento al Dipartimento di psicologia generale
dell'Università di Padova. Una volta imparate le lettere, però, a noi interessa che un bimbo impari a
esprimere per iscritto concetti e idee. In questo caso il computer può rivelarsi un sostegno
prezioso: può infatti aiutare i bambini, attraverso software specifici, a individuare e correggere gli
errori di scrittura e quindi a produrre un testo più corretto e ricco. Le scuole si chiedono se sia
opportuno introdurre il pc in classe al posto dei libri: la risposta non è univoca, ma di certo il
computer oggi è una risorsa non trascurabile».
(E. Meli, “Corriere della Sera”, 10/1/2011)


Addio al vecchio sapere lineare fondato sulla parola scritta e sulla trasmissione di conoscenza
maestro-alunno: imparare oggi ha la forma di un suk arabo nell’ora di punta. Tra social network,
video-racconti su YouTube, la musica di MySpace, il linguaggio sincopato delle chat e le bufale
online, gli studenti di nuova generazione hanno bisogno di una bussola per orientarsi. Ma la scuola
non c’è. O meglio, non ce la fa: a studenti 2.0 corrispondono spesso istituti scolastici da secolo
scorso.
Chi sono questi famigerati «nativi digitali», nati e cresciuti a rivoluzione internet compiuta? Come
ha scritto l’ex direttore del programma Comparative media studies del Mit di Boston, Henry
Jenkins, la loro cultura è «partecipativa» e si fonda su «produzione e condivisione di creazioni
digitali» e su una «partnership informale» tra insegnanti e alunni, che porta il bambino a sentirsi
responsabile del progetto educativo. Il maestro non è più un trasmettitore di conoscenza ma un
«facilitatore», che fa da filtro tra il caos della rete e il cervello del piccolo studente. «Frequentano
gli schermi interattivi fin dalla nascita», spiega Paolo Ferri, docente di Tecnologie didattiche e
teoria e tecnica dei nuovi media all'Università Bicocca di Milano, «e considerano internet il
principale strumento di reperimento, condivisione e gestione dell'informazione». È la prima
generazione (che oggi ha tra gli 0 e i 12 anni) veramente hitech, che pensa, apprende e conosce
in maniera differente dai suoi fratelli maggiori. «Se per noi imparare significava leggere-studiareripetere, per i bambini cresciuti con i videogames vuol dire innanzitutto risolvere i problemi in
maniera attiva», prosegue Ferri, che studia e promuove da anni il «digital learning». I bambini
cresciuti con consolle e cellulare sono «abituati a vedere la risoluzione di compiti cognitivi come un
problema pragmatico», aggiunge.
Lynn Clark direttrice dell’Estlow International Center for Journalism and New Media dell’Università
di Denver (Usa) ha condotto un progetto di ricerca su 300 famiglie americane per capire come se
la cavano con i media digitali. «Grazie ai videogiochi, il sapere dei bambini si nutre di simboli, sfide
e modelli sempre diversi di narrazione», spiega Clark che aggiunge: «quando le modalità di
apprendimento scolastico sono simili a quelle di un gioco ci sono maggiori chance che gli alunni
apprendano volentieri e in fretta». «Se qualcosa può essere visto, ascoltato, suonato, perché
dovrebbe essere raccontato a parole?», si chiede Paolo Ferri.
Nishant Shah, che a 26 anni dirige il Center for Internet and Society di Bangalore in India, lo
spiega così via Skype: «La tecnologia dei nostri padri è quella televisiva: un modello analogico che
stabilisce ruoli, responsabilità e struttura della produzione, diffusione e consumo di conoscenza.
Con l'esplosione del p2p – l'idea di una rete dove non esiste gerarchia e tutto viene condiviso – i
ruoli sono messi in discussione dallo studente, che si considera parte attiva nella produzione di
sapere e vede i libri come una fonte tra le tante». Se è vero che la frase «l'ha detto internet» ha
assunto tra i bambini l'autorevolezza di una sentenza della Cassazione, è innegabile che la Rete
sia la patria del vero-simile. «Internet sta ridisegnando i confini della verità – continua Shah – e
questo pone grandi sfide per gli educatori del XXI secolo: come si fa a imparare utilizzando fonti
che non hanno approvazione istituzionale? Come si può riconoscere un valido provider di
conoscenza nel caos online?». Anche il professore della Bicocca ammette che «la cut-and-paste
culture e la presunzione di veridicità della Rete» tendono ad abbassare la percezione critica degli
utenti: «Internet diventa per i bambini “la fonte”, a prescindere dall'autorevolezza del sito e di chi
scrive», dice. Se passa il modello Wikipedia, crolla l’importanza dell'autore. O, come ha scritto
l'antropologa Susan D. Blum sul «New York Times»: «se per lo studente non è fondamentale
essere unico, va bene usare parole di altri. Dice cose a cui non crede? Allora va bene scrivere testi
su argomenti sconosciuti con l'unico scopo di prendere un buon voto: conoscere è diventato un
mezzo per ottenere consensi e socialità».
(Adattamento da S. Danna, Nel regno dei nativi digitali, “Il Sole24ore”, 2/1/2011)

Miglior risposta
coltina
1- vengono chiamati nativi digitali e sono i bimbi nati dopo il 2000. sono bimbi che hanno uan dimestichezza con la tecnologisa finora impensabile. uno studio eseguito su mamme di bimbi fra 2 e 5 anni ha dimostrato che questi bimbi sono più pratici con i nuovi mezzi, ma non atrettanto nelel atività praiche come andare in bicicletta o allacciare le scarpe.
Sembra che nel passaggio all'uso dell atastiera si perda qualcosa e che scrivere permetta di apprendere meglio che non digitare perchè coinvolge più aree del cervello, come ha dimostrato uno studio su un campione che doveva imparare un nuovo alfabeto. Chi lo ha imparato scrivendolo lo ricordava meglio.
Questo può far riflettere sul fatto che il pc sia un utilissimo strumento, ma non immune da danni o da firlessioni.
Miglior risposta
Risposte
posta99
grazie per l' aiuto comunque :)

coltina
# posta99 :
questo è il riassunto per il primo testo???

Aggiunto 2 ore 52 minuti più tardi:

potresti farmene uno per il secondo per favore!!!


sì è il riassunto del primo testo, ma webby ha ragione, sono facili, l'altro fallo tu. ciao

posta99
ti prego devo fare un mare di compiti ancora una piccola mano per favore!!

webb97
Posta prova a farli tu gli altri dai!!
Non sono complicati!

posta99
questo è il riassunto per il primo testo???

Aggiunto 2 ore 52 minuti più tardi:

potresti farmene uno per il secondo per favore!!!

Rispondi
Per rispondere a questa discussione devi prima effettuare il login.