Potreste tradurmi questo testo per stasera? Grazie!
Quella mattina di turno c’è anche un’infermiera, Angela. Una seconda madre, un po’ come tutte le infermiere del reparto Chirurgia. Il giorno stesso del suo arrivo il piccolo viene operato, per salvargli la vita. Intervento al quale ne seguiranno altri due: uno per correggere la malformazione e l’altro per stabilizzarne definitivamente le condizioni. In tutto il bambino resterà ricoverato per nove mesi, dalla metà di Settembre fino agli inizi di Giugno 1991. I medici decisero di tenerlo in ospedale e Stephan era già diventato la mascotte di tutti quanti. Papà e mamma lavorano tutto il giorno. Lei come domestica e lui nei cantieri edili. Ma ogni minuto libero lo passano di fianco alla loro piccola creatura. Linda gli dorme accanto ogni volta possibile, passando poi ore e ore a tenergli la mano.
A dicembre del 1991 il personale del reparto gli organizza il battesimo nella cappella dell’ospedale, con le infermiere e con Angela, sua madrina. Sempre in quel mese Frank si trasferisce a Brescia dove spera di trovare lavoro presso una fonderia grazie all’aiuto di alcuni amici ghanesi, lasciando Linda e Stephan nell’appartamento di Palermo. Sistematosi torna a Palermo a riprendersi la famiglia.
Frank, Linda e Stephan non trovano subito una casa e inizialmente trovano posto in un centro di accoglienza per immigrati. Un posto con le poltrone tagliate, i letti che cigolano, i televisori fuori uso. Una condizione insostenibile, che per fortuna dura solo poche settimane. La famiglia Mensah in seguito si trasferisce in un monolocale a Bagnolo Mella, un paese a quindici chilometri da Brescia. La casa è piccola, umida, chiassosa e malsana, poco adatta per un bambino nelle condizioni di Stephan. I suoi genitori allora chiedono aiuto agli assistenti sociali per un appartamento in affitto, ma possibilità non se ne aprono. L’unica alternativa che gli prospettano era quella di affidare Stephan ai servizi sociali, che avevano presentato a Linda e Frank la famiglia Nicodemo. Questa famiglia aveva già avuto altri bambini in affidamento e nessuno si era mai lamentato. Inoltre era anche una famiglia benestante e non avrebbe fatto mancare di sicuro nulla al piccolo Stephan. La soluzione era perfetta.
La famiglia Nicodemo allora si reca in casa Mensah. Davanti a quel cucciolo i Nicodemo si sciolgono, ma rimangono scettici. Il bambino è piccolo, la famiglia d’origine numerosa e la situazione complicata. Ma è gente di cuore e non riescono a dir di no. Così il nuovo papà prende una macchinina e la dà a Stephan, che la afferra subito. Poi Stephan prende il nuovo papà per la mano e dice: “Amigo, andiamo!”. Stephan va a cominciare una nuova vita. Sembra tranquillo. Gli pare una gita. In casa Mensah rimangono solo le sue foto.
Con l’arrivo di Stephan la quiete domestica appena ritrovata è già alle ortiche. I Nicodemo hanno un corridoio molto grande e lungo. All’angolino c’è un pallone di spugna e Stephan inizia a giocarci e a fare del corridoio il suo campetto. In giardino il suo gioco preferito è arrampicarsi su un albero come una scimmietta dal quale è impossibile farlo scendere. “Questa è la mia seconda casa” dice. Ma lui non era affatto tranquillo. Sentiva il distacco con la sua vera famiglia. La prima notte è stata la peggiore. I Nicodemo non riuscivano a farlo stare tranquillo.
Nei giorni seguenti Stephan manifesta subito un’irrequietezza cronica, al limite dell’iperattività. Dopo i primi giorni d’asilo si capisce che non riesce a stare chiuso in aula tanto che le maestre dovevano portarlo fuori a fargli fare una corsa per farlo sfogare. Anche quando suonava la campanella era l’unico che schizzava fuori a giocare prima di tutti.
Gli anni passano. All’età di sette anni Stephan si iscrive alla scuola calcio. È un talento, già si vedeva.
Il presidente di quella scuola lo vede giocare. Rimane sbalordito e dice al mister: “Come può quel nano giocare così forte se è ancora piccolo?”. Anche il mister rimane sbalordito. Stephan non aveva mai giocato in quel modo. Ed è da allora che diventa già un piccolo campioncino.
Con il passare del tempo, all’età di sedici anni, Stephan conferma di essere un vero campione e con la sua caparbietà riesce ad ottenere un provino che lo porta al traguardo che lui si era prefisso: giocare in Serie A.
Passano tre anni e lui gioca titolare in questa squadra. In trenta presenze riesce a fare venti goal. Però, nonostante il suo sogno fosse quello di giocare in una grande squadra di Serie A, questa non era la squadra che lui tifava da piccolo.
Era un giorno qualunque. Stephan ha già diciannove anni. Come al solito va ad allenarsi la mattina con la squadra perché aveva una partita importante che avrebbe deciso chi sarebbe passato in Champions League. Giunta la sera, Stephan va nello spogliatoio, mette la maglia della squadra e va con i compagni a fare la partita. Nel primo tempo rimane in panchina. Moriva dalla voglia di giocare. Al 46° minuto il mister lo fa entrare. Stephan è molto nervoso e non riesce a concentrarsi. Come riesce a prendere palla, cerca di fare goal ma manda la palla in mezzo al pubblico. Dai tifosi partono fischi e insulti: “Vattene via negro!”. Stephan sente e soffre. Non riesce a controllarsi e inizia a rispondere agli insulti. I tifosi sono in delirio. In quel momento lo scontro era tra Stephan e i tifosi. Il resto viene messo in secondo piano. A fine partita Stephan non resiste e per protesta disprezza con un gesto la maglia della sua squadra. Da lì iniziano una serie di problematiche. Viene cacciato dalla squadra e mandato all’estero dove inizia a giocare in una delle squadre più forti della Germania. Lì trascorre un anno, però a Stephan l’Italia manca tanto.
In Germania ne combina di tutti i colori e infatti lo multano parecchie volte. Insomma, lui lì non ci vuole proprio stare e cerca di fare di tutto per tornare in Italia. Fortunatamente la sua squadra preferita è interessata al suo acquisto. Lui non ci crede, però accetta subito e vola in Italia. Dai tifosi viene accolto nel modo migliore. Lui è contentissimo. Finalmente ha avuto la sua rivincita con chi lo ha voluto male. Viene anche convocato nella Nazionale Italiana e per lui le sorprese non finiscono qui. Nella sua squadra in sole dieci presenze riesce a fare undici goal. Ormai è inserito anche nella classifica dei primi cinque migliori attaccanti. Il suo sogno si è realizzato e ciò vuol dire che non bisogna mai arrendersi e bisogna sempre credere nei propri sogni perché la maggior parte delle volte si avverano.
A dicembre del 1991 il personale del reparto gli organizza il battesimo nella cappella dell’ospedale, con le infermiere e con Angela, sua madrina. Sempre in quel mese Frank si trasferisce a Brescia dove spera di trovare lavoro presso una fonderia grazie all’aiuto di alcuni amici ghanesi, lasciando Linda e Stephan nell’appartamento di Palermo. Sistematosi torna a Palermo a riprendersi la famiglia.
Frank, Linda e Stephan non trovano subito una casa e inizialmente trovano posto in un centro di accoglienza per immigrati. Un posto con le poltrone tagliate, i letti che cigolano, i televisori fuori uso. Una condizione insostenibile, che per fortuna dura solo poche settimane. La famiglia Mensah in seguito si trasferisce in un monolocale a Bagnolo Mella, un paese a quindici chilometri da Brescia. La casa è piccola, umida, chiassosa e malsana, poco adatta per un bambino nelle condizioni di Stephan. I suoi genitori allora chiedono aiuto agli assistenti sociali per un appartamento in affitto, ma possibilità non se ne aprono. L’unica alternativa che gli prospettano era quella di affidare Stephan ai servizi sociali, che avevano presentato a Linda e Frank la famiglia Nicodemo. Questa famiglia aveva già avuto altri bambini in affidamento e nessuno si era mai lamentato. Inoltre era anche una famiglia benestante e non avrebbe fatto mancare di sicuro nulla al piccolo Stephan. La soluzione era perfetta.
La famiglia Nicodemo allora si reca in casa Mensah. Davanti a quel cucciolo i Nicodemo si sciolgono, ma rimangono scettici. Il bambino è piccolo, la famiglia d’origine numerosa e la situazione complicata. Ma è gente di cuore e non riescono a dir di no. Così il nuovo papà prende una macchinina e la dà a Stephan, che la afferra subito. Poi Stephan prende il nuovo papà per la mano e dice: “Amigo, andiamo!”. Stephan va a cominciare una nuova vita. Sembra tranquillo. Gli pare una gita. In casa Mensah rimangono solo le sue foto.
Con l’arrivo di Stephan la quiete domestica appena ritrovata è già alle ortiche. I Nicodemo hanno un corridoio molto grande e lungo. All’angolino c’è un pallone di spugna e Stephan inizia a giocarci e a fare del corridoio il suo campetto. In giardino il suo gioco preferito è arrampicarsi su un albero come una scimmietta dal quale è impossibile farlo scendere. “Questa è la mia seconda casa” dice. Ma lui non era affatto tranquillo. Sentiva il distacco con la sua vera famiglia. La prima notte è stata la peggiore. I Nicodemo non riuscivano a farlo stare tranquillo.
Nei giorni seguenti Stephan manifesta subito un’irrequietezza cronica, al limite dell’iperattività. Dopo i primi giorni d’asilo si capisce che non riesce a stare chiuso in aula tanto che le maestre dovevano portarlo fuori a fargli fare una corsa per farlo sfogare. Anche quando suonava la campanella era l’unico che schizzava fuori a giocare prima di tutti.
Gli anni passano. All’età di sette anni Stephan si iscrive alla scuola calcio. È un talento, già si vedeva.
Il presidente di quella scuola lo vede giocare. Rimane sbalordito e dice al mister: “Come può quel nano giocare così forte se è ancora piccolo?”. Anche il mister rimane sbalordito. Stephan non aveva mai giocato in quel modo. Ed è da allora che diventa già un piccolo campioncino.
Con il passare del tempo, all’età di sedici anni, Stephan conferma di essere un vero campione e con la sua caparbietà riesce ad ottenere un provino che lo porta al traguardo che lui si era prefisso: giocare in Serie A.
Passano tre anni e lui gioca titolare in questa squadra. In trenta presenze riesce a fare venti goal. Però, nonostante il suo sogno fosse quello di giocare in una grande squadra di Serie A, questa non era la squadra che lui tifava da piccolo.
Era un giorno qualunque. Stephan ha già diciannove anni. Come al solito va ad allenarsi la mattina con la squadra perché aveva una partita importante che avrebbe deciso chi sarebbe passato in Champions League. Giunta la sera, Stephan va nello spogliatoio, mette la maglia della squadra e va con i compagni a fare la partita. Nel primo tempo rimane in panchina. Moriva dalla voglia di giocare. Al 46° minuto il mister lo fa entrare. Stephan è molto nervoso e non riesce a concentrarsi. Come riesce a prendere palla, cerca di fare goal ma manda la palla in mezzo al pubblico. Dai tifosi partono fischi e insulti: “Vattene via negro!”. Stephan sente e soffre. Non riesce a controllarsi e inizia a rispondere agli insulti. I tifosi sono in delirio. In quel momento lo scontro era tra Stephan e i tifosi. Il resto viene messo in secondo piano. A fine partita Stephan non resiste e per protesta disprezza con un gesto la maglia della sua squadra. Da lì iniziano una serie di problematiche. Viene cacciato dalla squadra e mandato all’estero dove inizia a giocare in una delle squadre più forti della Germania. Lì trascorre un anno, però a Stephan l’Italia manca tanto.
In Germania ne combina di tutti i colori e infatti lo multano parecchie volte. Insomma, lui lì non ci vuole proprio stare e cerca di fare di tutto per tornare in Italia. Fortunatamente la sua squadra preferita è interessata al suo acquisto. Lui non ci crede, però accetta subito e vola in Italia. Dai tifosi viene accolto nel modo migliore. Lui è contentissimo. Finalmente ha avuto la sua rivincita con chi lo ha voluto male. Viene anche convocato nella Nazionale Italiana e per lui le sorprese non finiscono qui. Nella sua squadra in sole dieci presenze riesce a fare undici goal. Ormai è inserito anche nella classifica dei primi cinque migliori attaccanti. Il suo sogno si è realizzato e ciò vuol dire che non bisogna mai arrendersi e bisogna sempre credere nei propri sogni perché la maggior parte delle volte si avverano.
Risposte
Visto che hai chiesto la correzione della traduzione in un altro topic, chiudo qui.
Per la risposta, vedi qui:
https://forum.skuola.net/inglese/potreste-correggermi-questo-testo-per-favore-3x-104047.html
Per la risposta, vedi qui:
https://forum.skuola.net/inglese/potreste-correggermi-questo-testo-per-favore-3x-104047.html
Ti ho mandato il testo su mex pvt perchè non me lo faceva postare
Va bene.
si è per un compito. La faccio e te la posto. ok?
Per cosa ti servirebbe la traduzione? E' un compito? Comunque sia, prova a farla tu e dopo te la correggo.
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