Tesi personale

coppelia
Mi servirebbe una tesi personale sull'esistenza di omero fatta da me sulla base dello studio della questione omerica! Qualcuno mi può aiutare o mi può dare qualche idea per la tesi? Grazie

Vi prego aiutatemi domani mi interroga!!

Risposte
beacv
prendi spunto da questo e infine designa le tue riflessioni personali...
Omero visse probabilmente in Grecia tra l'VIII ed il VII sec. a.C. ed è, forse, autore dell'Iliade e dell'Odissea, che narrano la leggendaria guerra di Troia e le vicissitudini del ritorno in patria dell'eroe greco Ulisse, Odisseo.
La biografia di Omero è leggendaria e contraddittoria: ignota è la sua città di origine, mentre non discusse sono la sua cecità e la professione di aedo, cioè cantore itinerante di storie epiche nelle corti della Grecia.Secondo la tradizione, basata sullo storico Erodoto, Omero nacque a Smirne, in Asia Minore, intorno al X secolo. Non era figlio di famiglia agiata e così, dopo un periodo di studi e il tentativo di darsi all’insegnamento, prese la via del commercio al seguito di un ricco mercante, recandosi un po’ ovunque nel Mediterraneo e anche in Italia. La tradizione vuole che da giovane divenisse cieco e, tornato in patria, iniziasse a comporre versi e cantarli in pubblico per guadagnarsi da vivere. Si trasferì quindi a Chio, dove compose o finì di comporre l’Iliade, dedicandosi anche all’insegnamento. In seguito, già vecchio, volle rimettersi in viaggio, ma morì in una tappa sull’isola di Io.

La tradizione di Erodoto non è però la sola: noi possediamo una diecina di biografie di Omero, alcune anche in forte contrasto fra loro. Innanzittutto è incerto il periodo in cui egli visse: si spazia da avvenimenti risalenti alla guerra di Troia che egli narra nel suo poema (verso gli inizi del 12.simo secolo a.C.) sino al VII secolo. Dunque mezzo millennio. La stessa indecisione riguarda anche il suo luogo di nascita, che viene conteso a Smirne anche da Atene, da Argo e da altri luoghi. La lingua usata nei poemi, un dialetto ionico nel quale sono presenti vocaboli eolici, ci viene forse più in aiuto nell’identificare il luogo di nascita, che potrebbe essere Smirne, poiché questa città prima di entrare nella lega ionica era colonia eolica. Il nome stesso del poeta, nella lingua eolica, può significare “cieco” o “colui che compone, che mette insieme”. Le opere che oggi sono a lui attribuite, oltre a Iliade e Odissea, sono anche la Batracomicomachia (battaglia dei topi e delle rane) e il Margile (attribuito da Aristotele, un poema satirico-burlesco).
La cosiddetta “questione omerica” sorse nell’età alessandrina. Alcuni studiosi, basandosi su contraddizioni esistenti fra i testi, cominciarono a sostenere che i due poemi fossero scritti da poeti diversi. Aristarco, d’accordo con gli antichi, faceva notare che le concordanze erano di gran lunga più significative delle discordanze, e che probabilmente l’Iliade era stata composta in gioventù, mentre l’Odissea doveva esser stata composta da poeta in età avanzata. In età moderna il Vico sostenne invece che Omero non fosse altro che la personificazione dell’aedo antico, di tutti i poeti di allora e che le opere altro non fossero che una raccolta di canti degli antichi greci tramandati a memoria. Altri studiosi però ribattevano a ragione che due poemi così belli e così stilisticamente coerenti non potevano essere opera di una qualche “ricucitura”, pur dotta.

Oggi si tende a riconoscere la paternità di un solo artista ai due grandi poemi, i quali probabilmente erano recitati a memoria e il supporto scritto serviva soltanto per l’apprendimento e come rinforzo alla memoria dei cantori. La prima stesura sistematica è attribuita al tiranno Pisistrato che, secondo Plauto, ne affidò la cura a quattro studiosi. Il poema recitato ha sue caratteristiche proprie: spesso vi abbondano ripetizioni, che non infastidiscono l’ascoltatore, ma solo il lettore. Vi sono delle pause che però hanno un preciso riferimento: il lettore del testo scritto infatti fa le pause quando vuole, ma nel corso delle recitazioni (che duravano più giorni) si rendeva necessario un testo che fosse segnato con pause. Il testo è scritto in modo che parole e concetti vengono talvolta ripetuti, per sopperire all’affievolirsi dell’attenzione.



Ma chi era il poeta, all’epoca di Omero? Certamente una figura molto importante della civiltà greca prima del logos, una figura che aveva compiti pedagogici, una figura quasi sacra. Se tentiamo un parallelo con altre civiltà contemporanee, ad esempio quella ebraica o quella mesopotamica, vediamo che la figura del poeta coincide con un qualche elemento religioso. I grandi narratori e poeti della Bibbia erano sacerdoti. La grandi opere di poesia ebraica (il libro di Giobbe, il Quhèlet, il Cantico dei cantici, gli aforismi dei profeti, i Salmi), erano anche grandi opere pedagogiche. Così vale per i testi della mitologia assira, per l’Enuma Elish, per il poema del Gilgamesh, per i grandi testi egizi. I tre elementi comuni a tutte queste opere e anche ai poemi di Omero e di Esiodo, erano tre grandi intenzioni: la pedagogia, il senso della vita e del divino, l’arte come esercizio di un’estetica del linguaggio. Con la fine dell’età classica e della grande stagione della tragedia greca e, soprattutto, con l’imporsi della cultura latina, questi tre elementi prima saldamente uniti cominciano a separarsi. Da allora non necessariamente la poesia sarà pedagogica e religiosa: si pensi ai canti di Catullo, a Orazio (forse il solo Virgilio, non a caso voluto da Dante come guida nel suo Inferno, tentò di emulare l’antica poesia nell’Eneide). Nel nostro tempo, oltre al già ricordato Dante Alighieri, pochi poeti tentarono questo particolare modo di fare poesia, ossia la poesia epica, pure in modo molto differente che in Omero.

Dunque il poeta era una persona sacra, che amava e custodiva le tradizioni del sapere (che era un sapere essenziale, orientato a dare una risposta alle domande esistenziali dell’uomo), che amava la musica e il linguaggio, gli strumenti del suo mestiere di pedagogo, di sacerdote della tradizione. I Greci infatti erano molto attenti alla trasmissione della cultura e della “grecità” alle nuove generazioni, erano vigili nel controllo (ne saprà qualcosa Socrate) e rispettosi dei poeti, che trovavano sempre accoglienza e considerazione sia fra il popolo che fra i potenti.

I poemi omerici però, a differenza degli altri poemi epici e religiosi del tempo, avevano alcune peculiarità che li differenziavano fortemente, pur nella comunanza degli elementi che abbiamo sottolineato. Omero infatti ha un grande senso della misura e dell’armonia - dato questo sicuramente riconducibile non tanto alla personalità di Omero, quanto alla cultura dei Greci. Omero è anche perspicace e intelligente, acuto. Non si limita a narrare qualcosa ma in un certo senso, pur rimanendo nella mentalità mitica, si adopra per cercare delle cause, per risalire a ciò che ha originato i fatti. Inoltre, se la sua poesia è una serie di episodi a mosaico, nondimeno in ogni elemento di questo mosaico è possibile intravedere la completezza di una mentalità, di una cultura che tiene costantemente di vista l’unità della realtà, cercandovi un senso, qualcosa che la tenga insieme con coerenza.
L'incertezza biografica e di attribuzione dei poemi fece nascere, nell'ambito della critica letteraria, la "questione omerica": già gli ellenisti avanzarono la tesi di due poeti distinti, mentre G.B. Vico e F.A. Wolf sostennero che Omero non fosse mai esistito e che i due poemi fossero il risultato della fusione di più tradizioni orali. Durante l'Ottocento si impose la tesi che i due poemi fossero canti sparsi riuniti da un poeta-compilatore, oppure nuclei originali tradizionali arricchiti nel tempo.
Oggi prevale la tesi che vede i due poemi come opere di due autori diversi che rielaborarono con criteri artistici personali materiali tradizionali.
Dante, come tutti i suoi contemporanei, non aveva letto Omero perché non conosceva la lingua greca, ma tutta la tradizione glielo segnalava come insuperato poeta di vicende di guerra (la spada che Omero tiene in mano è una tipica simbologia medioevale).
Nella Commedia, tuttavia, i quattro poeti antichi (Omero, Orazio, Ovidio e Lucano) sono appena figure paradigmatiche di virtù di magnanimità.

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