Comunicazione e linguaggio del bambino
Ho bisogno di sapere la comunicazione non verbale del neonato, la comunicazione tra madre e figlio, le vocalizzazioni e pianti, la parola-frase detta "olofrase", la grammatica binaria e lo sviluppo del vocabolario e della sintassi...!
Vi prego aiutatemi... non so dove mettere mani...!
Vi prego aiutatemi... non so dove mettere mani...!
Risposte
Dunque, cerco di riassumerti qui le mie conoscenze acquisite fino ad ora tramite gli studi di apprendimento del linguaggio
Come sappiamo, secondo le teorie di Noam Chomsky, la facoltà del linguaggio nell'essere umano è innata. Cioè non si imparara propriamente a parlare ma si impara piuttosto ad attivare il meccanismo che permette di produrre la lingua (cioè il LAD - language acquistion device).
Il bambino è insomma esposto ad una serie di input, cioè il linguaggio materno, grazie al quale egli è capace di produrre un output. Un output che a differenza dei parlanti che apprendono una lingua come L2, è sempre grammaticale e strutturato.
La prima fase di produzione del linguaggio è detta "lallazione", cioè quella in cui il bambino, già dopo il primo anno di vita, inizia a "scaldare" il suo apparato fonatorio producendo una gamma di suoni ben precisa. Nonostante le differenze fra le lingue, si è infatti scoperto che i primi suoni prodotti sono sempre gli stessi, in particolare le labiali (m, b ,p), cioè quelle che per luogo di articolazione sono le più esterne (partendo dalla faringe). Non è un caso che in molte lingue, le parole "mamma" e "papà" - le prime ad essere pronunciate - presentino sempre quel tipo ci consonanti.
Per le nozioni di olofrase e grammatica binaria ti rimando alla pagina 34 di questo interessante documento:
Doc
Per quanto riguarda invece la comunicazione madre-figlio, importantissimo ai fini dell'apprendimento dell'input è il tipo di messaggi che il bimbo riceve. Ogni madre adotta, inconsapevolmente, un linguaggio artefatto, chiamato dagli psicolinguisti inglesi "baby talk" per rivolgersi al proprio bambino. Ognuno di noi ne ha fatto esperienza quando era piccolo. Si tratta di parole semplici, onomatopeiche o costruite tramite ripetizioni, con suoni facili e molte vocali che designanano sempre referenti materiali concreti, cioè cose che il bimbo può vedere e toccare, cose che insomma lo circondano. Non è infatti raro vedere mamme che parlano lungamente con i propri bambini, anche sapendo che essi non possono risponder loro, spesso utilizzando il meccanismo domanda-riposta, cioè fornendo la risposta alle domande che esse pongono, per stimolarne indirettamente il meccanismo. Il bambino così è immerso in un mondo sonoro dove da solo sarà capace di districarsi. Capirà velocemente rapporti grammaticali espliciti e impliciti (che l'articolo per esempio non fa parte del nome, la differenza tra TU, IO e lui, etc.) e espanderà il proprio vocabolario a velocità esponenziale, fino a conoscere nel giro di uno-due anni già più di 2000 parole.
Come sappiamo, secondo le teorie di Noam Chomsky, la facoltà del linguaggio nell'essere umano è innata. Cioè non si imparara propriamente a parlare ma si impara piuttosto ad attivare il meccanismo che permette di produrre la lingua (cioè il LAD - language acquistion device).
Il bambino è insomma esposto ad una serie di input, cioè il linguaggio materno, grazie al quale egli è capace di produrre un output. Un output che a differenza dei parlanti che apprendono una lingua come L2, è sempre grammaticale e strutturato.
La prima fase di produzione del linguaggio è detta "lallazione", cioè quella in cui il bambino, già dopo il primo anno di vita, inizia a "scaldare" il suo apparato fonatorio producendo una gamma di suoni ben precisa. Nonostante le differenze fra le lingue, si è infatti scoperto che i primi suoni prodotti sono sempre gli stessi, in particolare le labiali (m, b ,p), cioè quelle che per luogo di articolazione sono le più esterne (partendo dalla faringe). Non è un caso che in molte lingue, le parole "mamma" e "papà" - le prime ad essere pronunciate - presentino sempre quel tipo ci consonanti.
Per le nozioni di olofrase e grammatica binaria ti rimando alla pagina 34 di questo interessante documento:
Doc
Per quanto riguarda invece la comunicazione madre-figlio, importantissimo ai fini dell'apprendimento dell'input è il tipo di messaggi che il bimbo riceve. Ogni madre adotta, inconsapevolmente, un linguaggio artefatto, chiamato dagli psicolinguisti inglesi "baby talk" per rivolgersi al proprio bambino. Ognuno di noi ne ha fatto esperienza quando era piccolo. Si tratta di parole semplici, onomatopeiche o costruite tramite ripetizioni, con suoni facili e molte vocali che designanano sempre referenti materiali concreti, cioè cose che il bimbo può vedere e toccare, cose che insomma lo circondano. Non è infatti raro vedere mamme che parlano lungamente con i propri bambini, anche sapendo che essi non possono risponder loro, spesso utilizzando il meccanismo domanda-riposta, cioè fornendo la risposta alle domande che esse pongono, per stimolarne indirettamente il meccanismo. Il bambino così è immerso in un mondo sonoro dove da solo sarà capace di districarsi. Capirà velocemente rapporti grammaticali espliciti e impliciti (che l'articolo per esempio non fa parte del nome, la differenza tra TU, IO e lui, etc.) e espanderà il proprio vocabolario a velocità esponenziale, fino a conoscere nel giro di uno-due anni già più di 2000 parole.