Un tuffo negli schemi integri
In quanto segue darò per scontata la nozione di "schema", nel senso della geometria algebrica (in particolare, nel seguito tutti gli anelli considerati sono da intendersi commutativi e unitari). Ho messo dei richiami che potete divertirvi a dimostrare
La referenza principale è questa (in francese). Per chi non fosse a suo agio con la nozione di "schema", può pensare a tutti gli schemi coinvolti come a schemi affini, cioè a spazi topologici del tipo [tex]\text{Spec}(A)[/tex] (lo spettro, cioè l'insieme degli ideali primi, di un dato anello [tex]A[/tex]), dove la topologia è quella di Zariski. Nel caso affine, la "spiga" relativa a [tex]P \in \text{Spec}(A)[/tex] è il localizzato [tex]A_P[/tex], per definizione [tex]S^{-1}A[/tex] dove [tex]S=A-P[/tex] (si tratta di un anello locale con ideale massimale [tex]PA_P[/tex]), e ricordo che la localizzazione è funtoriale. Inoltre ricordo che al variare di [tex]f \in A[/tex] gli aperti [tex]D(f) := \{P \in \text{Spec}(A)\ |\ f \not \in P\}[/tex] costituiscono una base di [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] (cf. l'intervento di maurer sotto), e l'anello delle funzioni regolari su [tex]D(f)[/tex] (cioè il fascio strutturale applicato a [tex]D(f)[/tex]) è il localizzato [tex]A_f[/tex], cioè [tex]S^{-1}A[/tex] dove [tex]S[/tex] consiste delle potenze di [tex]f[/tex] in [tex]A[/tex] (nota bene: anche se si chiama "localizzato", [tex]A_f[/tex] non è in generale un anello locale).
In quanto segue, se [tex]X[/tex] è uno schema, indico con [tex]\mathscr{O}_X[/tex] il suo fascio strutturale, e dato [tex]x \in X[/tex] indico con [tex]\mathscr{O}_{X,x}[/tex] la "spiga" di [tex]\mathscr{O}_X[/tex] in [tex]x[/tex], cioè [tex]\mathscr{O}_{X,x} := \displaystyle \varinjlim_{ U \ni x}\mathscr{O}_X(U)[/tex]. Nel caso affine, questo è compatibile col fatto che se [tex]P \in \text{Spec}(A)[/tex] allora [tex]\displaystyle \varinjlim_{P \in D(f)} A_f = A_P[/tex].
Spazi topologici (quasi-)compatti. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "quasi-compatto" se ogni suo ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento finito. Si dice "compatto" se è quasi-compatto e di Hausdorff.
Spazi topologici noetheriani. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "noetheriano" se ogni successione decrescente di chiusi è stazionaria, cioè se ogni successione crescente di aperti è stazionaria. Equivalentemente, ogni famiglia non vuota di chiusi (risp. di aperti) di [tex]X[/tex] ha un elemento minimale (risp. massimale).
Richiamo 1. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine, con [tex]A[/tex] anello noetheriano. Allora [tex]X[/tex] è noetheriano come spazio topologico.
Spazi topologici irriducibili. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "irriducibile" se non si può scrivere come unione di due chiusi propri non vuoti. Equivalentemente, l'intersezione di due aperti non vuoti è sempre non vuota.
Per esempio [tex]\text{Spec}(\mathbb{Z})[/tex] è irriducibile.
Richiamo 2. Sia [tex]X[/tex] uno schema. Allora [tex]X[/tex] è uno spazio T0, cioè ammette al più un punto denso. Se [tex]X[/tex] è irriducibile (cioè irriducibile come spazio topologico), allora [tex]X[/tex] ammette un unico punto denso, detto il punto generico di [tex]X[/tex].
Schemi (localmente) noetheriani. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "localmente noetheriano" se si può scrivere come unione di aperti affini [tex]\text{Spec}(A_i)[/tex] dove ogni [tex]A_i[/tex] è un anello noetheriano. [tex]X[/tex] si dice "noetheriano" se è localmente noetheriano e quasi-compatto.
Richiamo 3. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema noetheriano. Allora l'anello [tex]A[/tex] è noetheriano.
Schemi ridotti. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "ridotto" se per ogni [tex]x \in X[/tex] l'anello locale [tex]\mathscr{O}_{X,x}[/tex] è ridotto (cioè non ha elementi nilpotenti non nulli).
Richiamo 4. Uno schema [tex]X[/tex] è ridotto se e solo se [tex]\mathscr{O}_X(U)[/tex] è ridotto per ogni aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex].
Schemi integri. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "integro" se è irriducibile (come spazio topologico) e ridotto.
Richiamo 5. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine. Allora [tex]X[/tex] è integro se e solo se [tex]A[/tex] è integro (nel senso di dominio, "integral domain").
Morfismi piatti. Un omomorfismo di anelli [tex]A \to B[/tex] si dice piatto se rende [tex]B[/tex] un [tex]A[/tex]-modulo piatto. Un morfismo di schemi [tex]X \to Y[/tex] si dice piatto se è piatto al livello delle spighe, cioè se per ogni [tex]x \in X[/tex] il morfismo di anelli [tex]\mathscr{O}_{Y,f(x)} \to \mathscr{O}_{X,x}[/tex] è piatto.
Richiamo 6. Sia [tex]\varphi: A \to B[/tex] un omomorfismo di anelli. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1. [tex]\varphi[/tex] è piatto,
2. [tex]\varphi_P: A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P[/tex] è piatto per ogni [tex]P \in \text{Spec}(B)[/tex],
3. il morfismo di schemi associato [tex]\text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A)[/tex] è piatto.
Fibra. Sia [tex]f:X \to Y[/tex] un morfismo di schemi. Dato [tex]y \in Y[/tex], il "corpo residuo" [tex]k(y)[/tex] di [tex]y[/tex] è il quoziente di [tex]\mathscr{O}_{Y,y}[/tex] modulo il suo (unico) ideale massimale, e la "fibra" di [tex]f[/tex] in [tex]y[/tex] è il [tex]k(y)[/tex]-schema [tex]X \times_Y \text{Spec}(k(y))[/tex]. Se [tex]y[/tex] è il punto generico di [tex]Y[/tex] si parla di "fibra generica".
Problema. Sia [tex]f:X \to Y[/tex] un morfismo piatto di schemi noetheriani. Supponiamo che [tex]Y[/tex] sia integro e che la fibra generica di [tex]f[/tex] sia ridotta. Mostrare che [tex]X[/tex] è uno schema ridotto.
Hint per smaliziarsi:
PPS. Non vorrei che questo filone fosse inteso come al solito, insomma non pretendo che vengano risolti tutti i problemi. Semplicemente, trovo meraviglioso immergersi in questi concetti e mi trovo a condividere questa meraviglia con chi fosse interessato

In quanto segue, se [tex]X[/tex] è uno schema, indico con [tex]\mathscr{O}_X[/tex] il suo fascio strutturale, e dato [tex]x \in X[/tex] indico con [tex]\mathscr{O}_{X,x}[/tex] la "spiga" di [tex]\mathscr{O}_X[/tex] in [tex]x[/tex], cioè [tex]\mathscr{O}_{X,x} := \displaystyle \varinjlim_{ U \ni x}\mathscr{O}_X(U)[/tex]. Nel caso affine, questo è compatibile col fatto che se [tex]P \in \text{Spec}(A)[/tex] allora [tex]\displaystyle \varinjlim_{P \in D(f)} A_f = A_P[/tex].
Spazi topologici (quasi-)compatti. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "quasi-compatto" se ogni suo ricoprimento aperto ammette un sottoricoprimento finito. Si dice "compatto" se è quasi-compatto e di Hausdorff.
Spazi topologici noetheriani. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "noetheriano" se ogni successione decrescente di chiusi è stazionaria, cioè se ogni successione crescente di aperti è stazionaria. Equivalentemente, ogni famiglia non vuota di chiusi (risp. di aperti) di [tex]X[/tex] ha un elemento minimale (risp. massimale).
Richiamo 1. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine, con [tex]A[/tex] anello noetheriano. Allora [tex]X[/tex] è noetheriano come spazio topologico.
Spazi topologici irriducibili. Uno spazio topologico [tex]X[/tex] si dice "irriducibile" se non si può scrivere come unione di due chiusi propri non vuoti. Equivalentemente, l'intersezione di due aperti non vuoti è sempre non vuota.
Per esempio [tex]\text{Spec}(\mathbb{Z})[/tex] è irriducibile.
Richiamo 2. Sia [tex]X[/tex] uno schema. Allora [tex]X[/tex] è uno spazio T0, cioè ammette al più un punto denso. Se [tex]X[/tex] è irriducibile (cioè irriducibile come spazio topologico), allora [tex]X[/tex] ammette un unico punto denso, detto il punto generico di [tex]X[/tex].
Schemi (localmente) noetheriani. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "localmente noetheriano" se si può scrivere come unione di aperti affini [tex]\text{Spec}(A_i)[/tex] dove ogni [tex]A_i[/tex] è un anello noetheriano. [tex]X[/tex] si dice "noetheriano" se è localmente noetheriano e quasi-compatto.
Richiamo 3. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema noetheriano. Allora l'anello [tex]A[/tex] è noetheriano.
Schemi ridotti. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "ridotto" se per ogni [tex]x \in X[/tex] l'anello locale [tex]\mathscr{O}_{X,x}[/tex] è ridotto (cioè non ha elementi nilpotenti non nulli).
Richiamo 4. Uno schema [tex]X[/tex] è ridotto se e solo se [tex]\mathscr{O}_X(U)[/tex] è ridotto per ogni aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex].
Schemi integri. Uno schema [tex]X[/tex] si dice "integro" se è irriducibile (come spazio topologico) e ridotto.
Richiamo 5. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine. Allora [tex]X[/tex] è integro se e solo se [tex]A[/tex] è integro (nel senso di dominio, "integral domain").
Morfismi piatti. Un omomorfismo di anelli [tex]A \to B[/tex] si dice piatto se rende [tex]B[/tex] un [tex]A[/tex]-modulo piatto. Un morfismo di schemi [tex]X \to Y[/tex] si dice piatto se è piatto al livello delle spighe, cioè se per ogni [tex]x \in X[/tex] il morfismo di anelli [tex]\mathscr{O}_{Y,f(x)} \to \mathscr{O}_{X,x}[/tex] è piatto.
Richiamo 6. Sia [tex]\varphi: A \to B[/tex] un omomorfismo di anelli. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1. [tex]\varphi[/tex] è piatto,
2. [tex]\varphi_P: A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P[/tex] è piatto per ogni [tex]P \in \text{Spec}(B)[/tex],
3. il morfismo di schemi associato [tex]\text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A)[/tex] è piatto.
Fibra. Sia [tex]f:X \to Y[/tex] un morfismo di schemi. Dato [tex]y \in Y[/tex], il "corpo residuo" [tex]k(y)[/tex] di [tex]y[/tex] è il quoziente di [tex]\mathscr{O}_{Y,y}[/tex] modulo il suo (unico) ideale massimale, e la "fibra" di [tex]f[/tex] in [tex]y[/tex] è il [tex]k(y)[/tex]-schema [tex]X \times_Y \text{Spec}(k(y))[/tex]. Se [tex]y[/tex] è il punto generico di [tex]Y[/tex] si parla di "fibra generica".
Problema. Sia [tex]f:X \to Y[/tex] un morfismo piatto di schemi noetheriani. Supponiamo che [tex]Y[/tex] sia integro e che la fibra generica di [tex]f[/tex] sia ridotta. Mostrare che [tex]X[/tex] è uno schema ridotto.
Hint per smaliziarsi:
PS. Se trovate qualche nozione (tipo quella di morfismo piatto) particolarmente oscura potete segnalarlo, provvederò a richiamare qualche proprietà.
PPS. Non vorrei che questo filone fosse inteso come al solito, insomma non pretendo che vengano risolti tutti i problemi. Semplicemente, trovo meraviglioso immergersi in questi concetti e mi trovo a condividere questa meraviglia con chi fosse interessato

Risposte
"Martino":
Richiamo 1. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine, con [tex]A[/tex] anello noetheriano. Dimostrare che [tex]X[/tex] è noetheriano come spazio topologico.
Questo è facile. Rispondo comunque per prendermi la libertà di espandere un po' l'argomento. Ovviamente tutti gli anelli sono da intendersi commutativi unitari. Denoteremo con [tex]A[/tex] un anello qualsiasi e con [tex]X[/tex] il suo spettro.
Definizione. Per ogni [tex]f \in A[/tex] e ogni [tex]x = \mathfrak p_x \in X[/tex] definiamo [tex]f(x) := f \pmod{\mathfrak p_x}[/tex].
Definizione. Sia [tex]S \subset A[/tex]; poniamo [tex]\mathcal V(S) := \{x \in X \mid f(x) = 0 \: \forall f \in S\}[/tex]. Si denoti con [tex]\mathcal D(S)[/tex] il complemento di [tex]\mathcal V(S)[/tex] in [tex]X[/tex].
Definizione. Sia [tex]Y \subset X[/tex]; poniamo [tex]\mathcal I(Y) := \{f \in A \mid f(x) = 0 \: \forall x \in Y\}[/tex].
Fatto 0. Sia [tex]I[/tex] l'ideale generato da [tex]S \subset A[/tex]. Allora [tex]\mathcal V(S) = \mathcal V(I)[/tex].
Non mi serve il prossimo teorema, ma è talmente immediato da queste definizioni che non posso non metterlo!

Teorema (Nullstellensatz generalizzato). Per ogni ideale [tex]I[/tex] di [tex]A[/tex] si ha [tex]\mathcal I (\mathcal V(I)) = \sqrt{I}[/tex].
Dimostrazione. Per definizione abbiamo
[tex]\mathcal I(\mathcal V(I)) = \{f \in A \mid f(x) = 0 \: \forall x \in \mathcal V(I)\} = \{f \in A \mid f \in \mathfrak p_x \: \forall x \in \mathcal V(I)\} = \bigcap_{x \in \mathcal V(I)} \mathfrak p_x[/tex]
D'altra parte [tex]\mathcal V(I) = \{x \in X \mid f(x) = 0 \forall f \in I \} = \{x \in X \mid f \in \mathfrak p_x \forall f \in I\} = \{x \in X \mid I \subset \mathfrak p_x\}[/tex] e quindi [tex]\mathcal I(\mathcal V(I)) = \bigcap_{x \in X, I \subset \mathfrak p_x} \mathfrak p_x = \sqrt{I}[/tex]. []
Nota. Come si vede ho chiamato questo lemma Nullstellensatz generalizzato. In realtà è sbagliato in quanto non è una generalizzazione del Nullstellensatz. Tuttavia, alla luce di questo risultato generale, si capisce perché certi testi, come ad esempio l'Eisenbud, Commutative Algebra (with a View Toward Algebraic Geometry) si riferisca al Nullstellensatz nella seguente inusuale forma: "se [tex]A[/tex] è un anello di Jacobson, [tex]A[X][/tex] è un anello di Jacobson".
Torniamo in tema.
Fatto 1. [tex]X[/tex] è quasi compatto.
Dimostrazione. Sia [tex]\{\mathcal D(I_i)\}_{i \in S}[/tex] un ricoprimento aperto di [tex]X[/tex], con [tex]I_i[/tex] ideali di [tex]A[/tex]. Allora [tex]X = \bigcup_{i \in S} \mathcal D(I_i) = \bigcup_{i \in S} (X \setminus \mathcal V(I_i)) = X \setminus \bigcap_{i \in S} \mathcal V(I_i) = X \setminus \mathcal V \left(\sum_{i \in S} I_i \right)[/tex] e quindi [tex]\mathcal V \left( \sum_{i \in S} I_i \right) = \emptyset[/tex], ossia [tex]\sum_{i \in S} I_i = (1)[/tex]. Pertanto potremo scrivere [tex]1 = \sum_{k = 1}^n a_{i_k}[/tex] con [tex]a_{i_k} \in I_{i_k}[/tex]. Segue che [tex]\mathcal V\left( \sum_{k = 1}^n I_{i_k} \right) = \emptyset[/tex] e quindi [tex]X = \bigcup_{k = 1}^n \mathcal D(I_{i_k})[/tex]. []
Definizione. Sia [tex]f \in A[/tex]. Denotiamo con [tex]V_f[/tex] l'insieme algebrico [tex]\mathcal D(f)[/tex].
Fatto 2. [tex]\mathcal B = \{V_f\}_{f \in A}[/tex] è una base di aperti per [tex]X[/tex].
Dimostrazione. Ovvio! []
Fatto 3. Sia [tex]S \subset A[/tex] un sistema moltiplicativo. Allora la mappa canonica [tex]j \colon A \to S^{-1} A[/tex] induce un omeomorfismo sull'immagine [tex]j^* \colon \text{Spec}(S^{-1}A) \to \text{Spec}(A)[/tex].
Dimostrazione. Omessa, o, lasciata per qualcuno che ha iniziato da poco con l'algebra commutativa. []
Lemma 1. Un aperto [tex]\mathcal D(I)[/tex] in [tex]X[/tex] è quasi-compatto se e solo se è unione finita di aperti della base [tex]\mathcal B[/tex]. In particolare, se [tex]I[/tex] è finitamente generato, allora [tex]\mathcal D(I)[/tex] è quasi compatto.
Dimostrazione. Supponiamo innanzi tutto [tex]\mathcal D(I) = V_f[/tex]. Allora [tex]V_f \cong \text{Spec}(A[f^{-1}])[/tex] per il Fatto 3, sicché il Fatto 1 implica che [tex]\mathcal D(I)[/tex] è quasi-compatto. Ora, l'unione finita di spazi quasi compatti è ancora ovviamente quasi compatta quindi abbiamo finito la prima implicazione.
Viceversa, supponiamo che [tex]\mathcal D(I)[/tex] sia quasi compatto. Possiamo scrivere [tex]\mathcal D(I) = \bigcup_{f \in I} V_f[/tex], da cui [tex]\mathcal D(I) = V_{f_1} \cup \ldots \cup V_{f_n}[/tex] per la quasi-compattezza.
Infine, se [tex]I[/tex] è finitamente generato, possiamo scrivere [tex]I = (f_1,\ldots,f_n)[/tex] e quindi [tex]\mathcal V(I) = \mathcal V(f_1) \cap \ldots \cap \mathcal V(f_n)[/tex], da cui [tex]\mathcal D(I) = V_{f_1} \cup \ldots \cup V_{f_n}[/tex]. []
Corollario. Se [tex]A[/tex] è noetheriano, allora per ogni ideale [tex]I \subset A[/tex] l'aperto [tex]\mathcal D(I)[/tex] è quasi compatto.
Dimostrazione Ovvia conseguenza del Lemma 1. []
Lemma 2. Uno spazio topologico [tex]Y[/tex] è noetheriano se e solo se ogni aperto di [tex]Y[/tex] è quasi compatto.
Dimostrazione. Supponiamo che [tex]Y[/tex] sia noetheriano. Siccome se [tex]U \subset Y[/tex] è un aperto allora [tex]U[/tex] è ovviamente uno spazio noetheriano, basterà dimostrare che se uno spazio è noetheriano allora è quasi compatto. Dimostreremo che vale la PIF (proprietà dell'intersezione finita); sia [tex]\{C_i\}_{i \in I}[/tex] una famiglia (non vuota) di chiusi in [tex]Y[/tex] tali che l'intersezione di una qualsiasi sottofamiglia finita sia non vuota. Sia [tex]\mathcal S = \{C_{i_1} \cap \ldots \cap C_{i_k} \mid k \in \mathbb N, i_k \in I\}[/tex]; allora per noetherianità di [tex]Y[/tex] la famiglia [tex]\mathcal S[/tex] ha un elemento minimale, [tex]C:= C_{i_1} \cap \ldots \cap C_{i_n}[/tex]. Segue che [tex]\bigcap_{i \in I} C_i = C \ne \emptyset[/tex], da cui la tesi.
Viceversa, supponiamo che ogni aperto di [tex]Y[/tex] sia quasi compatto. Sia [tex]\{U_i\}_{i \in I}[/tex] una catena ascendente di aperti di [tex]Y[/tex]. Allora [tex]U := \bigcup_{i \in I} U_i[/tex] è un aperto di [tex]Y[/tex] e pertanto è quasi compatto. Ma [tex]\{U_i\}_{i \in I}[/tex] è un ricoprimento aperto di [tex]U[/tex], quindi esisteranno indici [tex]i_1,\ldots,i_n[/tex] tali che [tex]U = U_{i_1} \cup \ldots \cup U_{i_n}[/tex]; siccome siamo partiti con una catena, non è restrittivo supporre che [tex]U_{i_k} \subset U_{i_n}[/tex] per ogni [tex]k[/tex] e quindi [tex]U = U_{i_n}[/tex], il che naturalmente implica che la catena sia stazionaria. []
Corollario. Se [tex]A[/tex] è noetheriano allora [tex]X[/tex] è noetheriano.
Dimostrazione. Ovvia conseguenza dei Lemmi 1 e 2.
Per concludere, metto un'osservazione (ossia lascio un esercizio agli interessati). Come giustamente Martino ci ricorda uno spazio è compatto se è quasi-compatto e di Hausdorff.
Esercizio. [tex]X = \text{Spec}(A)[/tex] è di Hausdorff se e solo se la dimensione di Krull di [tex]A[/tex] è 0, se e solo se [tex]X[/tex] è totalmente disconnesso.
"Martino":
Richiamo 2. Sia [tex]X[/tex] uno schema. Allora [tex]X[/tex] è uno spazio T0, cioè ammette al più un punto denso. Se [tex]X[/tex] è irriducibile (cioè irriducibile come spazio topologico), allora [tex]X[/tex] ammette un unico punto denso, detto il punto generico di [tex]X[/tex].
La prima parte è sostanzialmente ovvia (siano [tex]p, q \in X[/tex]; se esiste un aperto affine di [tex]p[/tex] non contenente [tex]q[/tex] o viceversa abbiamo finito; altrimenti siamo nello spettro di un anello, e questo è risaputo essere T0). Tuttavia mi diverto a risolverla dimostrando qualcosa di un po' più forte.
Definizione. Sia [tex]\{X_i\}_{i \in I}[/tex] una famiglia di spazi topologici (risp. spazi anellati); siano [tex]U_{ij} \subset X_i[/tex] dei sottospazi (topologici o anellati) aperti, con [tex]U_{ii} = X_i[/tex]. Siano assegnati degli isomorfismi [tex]\varphi_{ij} \colon U_{ij} \to U_{ji}[/tex] soddisfacenti alle seguenti condizioni:
1. [tex]\varphi_{ii} = \text{id}_{X_i}[/tex];
2. [tex]\varphi_{ij}(U_{ij} \cap U_{ik}) = U_{ji} \cap U_{jk}[/tex] per ogni terna [tex](i,j,k) \in I^3[/tex];
3. in [tex]U_{ij} \cap U_{ik}[/tex] valga la condizione di cociclo [tex]\varphi_{jk} \circ \varphi_{ij} = \varphi_{ik}[/tex].
[/list:u:3ezab6gl]
Definiamo l'incollamento di questi spazi lungo gli aperti [tex]U_{ij}[/tex] attraverso gli isomorfismi [tex]\varphi_{ij}[/tex] come il colimite dell'ovvio diagramma individuato da questi spazi, dai morfismi [tex]\varphi_{ij}[/tex] e dalle inclusioni [tex]U_{ij} \subset X_i[/tex].
Lemma. Sia [tex]X[/tex] l'incollamento di una famiglia di spazi topologici [tex]\{X_i\}_{i \in I}[/tex] degli aperti [tex]U_{ij}[/tex] attraverso degli isomorfismi [tex]\varphi_{ij}[/tex], allora le mappe canoniche [tex]\psi_i \colon X_i \to X[/tex] sono degli omeomorfismi sull'immagine.
Dimostrazione. Sostanzialmente è dovuto alla costruzione esplicita: lo spazio topologico [tex]X[/tex] si costruisce come lo spazio quoziente di [tex]\coprod_{i \in I} X_i[/tex] rispetto alla relazione [tex]x \in X_i, y \in X_j \Rightarrow x \sim y \iff x = \varphi_{ji}(y)[/tex]. Le verifiche sono praticamente ovvie. []
Proposizione. Sia [tex]\{X_i\}_{i \in I}[/tex] una famiglia di spazi topologici T0. Se [tex]X[/tex] è l'incollamento di questi spazi lungo degli aperti [tex]U_{ij}[/tex] attraverso degli isomorfismi [tex]\varphi_{ij}[/tex], allora [tex]X[/tex] è T0.
Dimostrazione. Siano [tex]\psi_i \colon X_i \to X[/tex] le mappe canoniche. Si fissino due punti [tex]p, q \in X[/tex]. Se [tex]p \in \psi_i(X_i)[/tex] e [tex]q \not \in \psi_i(X_i)[/tex] abbiamo finito. Altrimenti, la tesi segue dal lemma precedente per l'ipotesi che ogni [tex]X_i[/tex] è T0. []
Esercizio. Si provi che la precedente proposizione rimane vera se al posto di T0 si sostituisce T1. Cosa succede per T2?
Si dimostri che l'incollamento di spazi primo numerabile è ancora primo numerabile; l'incollamento al più numerabile di spazi secondo numerabile è secondo numerabile.
Per quanto riguarda il secondo punto dell'esercizio, basta dimostrare l'esistenza di un punto denso. Prima di tutto, trattiamo il caso affine: se [tex]X = \text{Spec}(A)[/tex], allora [tex]X[/tex] è irriducibile se e solo se [tex]\mathfrak N_A = \sqrt{(0)}[/tex] (il nilradicale) è primo. Infatti, sappiamo che le componenti irriducibili di [tex]\text{Spec}(A)[/tex] sono esattamente [tex]V(\mathfrak p)[/tex] dove [tex]\mathfrak p[/tex] è un primo minimale; quindi se [tex]\mathfrak N_A[/tex] è primo, automaticamente [tex]X[/tex] ha una sola componente irriducibile, ossia è lui stesso irriducibile. In questo caso [tex]V(\mathfrak N_A) = X[/tex], e quindi abbiamo il punto denso. Viceversa, supponiamo che [tex]\mathfrak N_A[/tex] non sia primo; allora esistono [tex]f, g \in A[/tex] tali che [tex]f,g \not \in \mathfrak N_A[/tex] e [tex]fg \in \mathfrak N_A[/tex]. Se [tex]\mathfrak p \in \mathcal D(f) \cap \mathcal D(g)[/tex] allora [tex]fg \not \in \mathfrak p[/tex], il che però è assurdo perché [tex]\mathfrak N_A \subset \mathfrak p[/tex]. Quindi [tex]\mathcal D(f) \cap \mathcal D(g) = \emptyset[/tex], quindi lo spazio è riducibile (se fosse irriducibile, l'intersezione di due qualunque suoi aperti non vuoti sarebbe non vuota).
Ora il caso generale: supponiamo che [tex]X[/tex] sia uno schema irriducibile. Siano [tex]U_1 = \text{Spec}(A)[/tex] e [tex]U_2 = \text{Spec}(B)[/tex] due aperti affini di [tex]X[/tex]; siccome [tex]X[/tex] è irriducibile, [tex]U_1,U_2[/tex] sono entrambi irriducibili ed inoltre [tex]U_1 \cap U_2 \ne \emptyset[/tex]. Dichiaro che se [tex]p = \mathfrak N_A \in U_1 \subset X[/tex], allora [tex]p \in U_1 \cap U_2[/tex] e [tex]p = \mathfrak N_B[/tex]. Infatti, [tex]U_1 \cap U_2[/tex] è irriducibile, T0 ed inoltre [tex]\overline{\{p\}} \cap U_1 = U_1[/tex], da cui [tex]\overline{\{p\}} \cap (U_1 \cap U_2) = U_1 \cap U_2[/tex]; d'altra parte se [tex]q = \mathfrak N_B[/tex] allora [tex]\overline{\{q\}} \cap (U_1 \cap U_2) = U_1 \cap U_2[/tex]. Quindi [tex]p,q[/tex] sono due punti densi di [tex]U_1 \cap U_2[/tex], che è T0: necessariamente [tex]p = q[/tex].
A questo punto è chiaro che [tex]p[/tex] è contenuto nell'intersezione di tutti gli aperti affini contenuti in [tex]X[/tex] (perché [tex]X[/tex] è irriducibile e quindi ogni aperto affine interseca [tex]U_1[/tex]). Inoltre, [tex]\overline{\{p\}} = \bigcup_{i \in I} (\overline{\{p\}} \cap U_i) = \bigcup_{i \in I} U_i = X[/tex], ossia [tex]p[/tex] è denso in [tex]X[/tex].
Bello, come esercizio!

"Martino":
Richiamo 3. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema noetheriano. Allora l'anello [tex]A[/tex] è noetheriano.
Perdonerete, ma a quest'ora della notte sono piuttosto pigro oltre che discretamente poco lucido. Quindi richiamo il teorema di Cohen (1950):
Teorema. Un anello [tex]A[/tex] è noetheriano se e solo se soddisfa la ACC sugli ideali primi.
Una dimostrazione (fatta da me) è reperibile qui.
Corollario. La noetherianità è una proprietà locale.
Dimostrazione. Se [tex]A[/tex] è noetheriano e [tex]\mathfrak p \in \text{Spec}(A)[/tex], allora ovviamente [tex]A_\mathfrak{p}[/tex] è noetheriano. Invece, se [tex]A_\mathfrak{p}[/tex] è noetheriano per ogni [tex]\mathfrak p \in \text{Spec}(A)[/tex], allora si fissi una catena ascendente di ideali primi [tex]\mathfrak p_1 \subset \mathfrak p_2 \subset \ldots[/tex]. Usiamo l'assioma della scelta per trovare un ideale massimale [tex]\mathfrak m[/tex] contenente questa catena. Allora, ricordando che gli ideali (primari e in particolare quelli) primi sono saturi rispetto a qualunque sistema moltiplicativo, concludiamo che la noetherianità di [tex]A_\mathfrak{m}[/tex] implica che questa catena debba fermarsi (in [tex]A[/tex]). Il teorema di Cohen conclude. []
Abbiamo pertanto:
Proposizione. Sia [tex]X[/tex] uno schema localmente noetheriano e sia [tex]U = \text{Spec}(A)[/tex] un aperto affine. Allora [tex]A[/tex] è noetheriano.
Dimostrazione. Il corollario precedente ci dice che basta controllare che per ogni [tex]x = \mathfrak p \in \text{Spec}(A) \subset X[/tex] si abbia che [tex]A_{\mathfrak p} = \mathscr O_{A, \mathfrak p} \cong \mathscr O_{X, x}[/tex] è noetheriano. Tuttavia questo è ovvio perché [tex]x \in \text{Spec}(A_i)[/tex] per qualche elemento del ricoprimento affine dato per ipotesi con [tex]A_i[/tex] noetheriano. []
Ottimo, Mauro
perché ti sei fermato?
Il richiamo 5 è uno dei più divertenti (e non è difficile!):

"Martino":Questo è un esercizio facile, basta usare le proprietà dei fasci.
Richiamo 4. Uno schema [tex]X[/tex] è ridotto se e solo se [tex]\mathscr{O}_X(U)[/tex] è ridotto per ogni aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex].
Il richiamo 5 è uno dei più divertenti (e non è difficile!):
Richiamo 5. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine. Allora [tex]X[/tex] è integro se e solo se [tex]A[/tex] è integro (nel senso di dominio, "integral domain").
"Martino":
Ottimo, Mauroperché ti sei fermato?
Per un motivo semplicissimo: devo consegnare entro questo venerdì gli esercizi di schemi (per l'appunto) e ce ne sono alcuni su cui mi sto spaccando notevolmente la testa. Dopo riprenderò, e magari proporrò anche quelli su cui mi sono fatto una cultura in questi due mesi. Magari qualche esercizio "towards the Galois theory for schemes"!
Vabbeh, comunque mi costa poco allo stato attuale.
Supponiamo che per ogni aperto [tex]U \subset X[/tex], [tex]\mathscr O_X(U)[/tex] sia ridotto e fissiamo [tex]x \in X[/tex]. Allora, se per assurdo esistesse un nilpotente [tex][a] \in \mathscr O_{X,x}[/tex] ([tex]a \in \mathscr O_X(U)[/tex]) avremmo che [tex][a]^n = 0[/tex] e [tex][a] \ne 0[/tex]. Esisterà dunque un intorno [tex]V[/tex] di [tex]x[/tex] tale che [tex](a |_V)^n = 0[/tex] in [tex]\mathscr O_X(V)[/tex]. D'altra parte non può essere [tex]a |_V = 0[/tex] perché altrimenti avremmo [tex][a] = 0[/tex]. Quindi [tex]\mathscr O_X(V)[/tex] non è ridotto, assurdo.
Viceversa, supponiamo che [tex]X[/tex] sia ridotto e scegliamo un aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex]. Sia [tex]a \in \mathscr O_X(U)[/tex] un elemento tale che [tex]a^n = 0[/tex] per qualche [tex]n \in \mathbb N[/tex]. Allora, per ogni [tex]x \in U[/tex] segue che [tex]a_x^n = 0[/tex] (dove [tex]a_x[/tex] denota il germe di [tex]a[/tex] in [tex]x[/tex]), e quindi [tex]a_x = 0[/tex]. Ma allora è possibile trovare un ricoprimento aperto [tex]\{V_i\}_{i \in I}[/tex] di [tex]U[/tex] con la proprietà che [tex]a|_{V_i} = 0[/tex]. Per le proprietà dei fasci, segue che [tex]a = 0[/tex] e quindi [tex]\mathscr O_X(U)[/tex] è ridotto.
Sorvolo i dettagli più contosi, per le ragioni del post precedente.
Ricordiamo che dato un anello [tex]A[/tex] le componenti irriducibili di [tex]\text{Spec}(A)[/tex] sono esattamente i [tex]V(\mathfrak p)[/tex] dove [tex]\mathfrak p[/tex] è un primo minimale. Se [tex]A[/tex] è integro, [tex](0)[/tex] è primo e quindi è l'unico ideale primo minimale. Segue che [tex]\text{Spec}(A)[/tex] è irriducibile. Che sia ridotto, poi, è ovvio, visto che [tex]\mathscr O_{A, x} \cong A_x[/tex] (localizzazione all'ideale primo [tex]x = \mathfrak p_x[/tex]) e la localizzazione di un dominio di integrità è ancora un dominio di integrità (in particolare è ridotto).
Viceversa, supponiamo che [tex]X[/tex] sia irriducibile e ridotto. Siano [tex]f,g \in A[/tex] tali che [tex]fg = 0[/tex] ed assumiamo [tex]f \ne 0[/tex]. Consideriamo [tex]D(f) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid f \not \in \mathfrak p_x\}[/tex]. Allora, [tex]\mathscr O_X(D(f)) = A[f^{-1}][/tex] e quindi abbiamo ovviamente che [tex]g|_{D(f)} = 0[/tex]. Ora, visto che [tex]X[/tex] è irriducibile, [tex]D(f)[/tex] è denso. Consideriamo il chiuso [tex]V(g) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid g \in \mathfrak p_x \}[/tex]; chiaramente [tex]D(f) \subset S[/tex], quindi [tex]V(g)[/tex] è denso e chiuso, ossia [tex]V(g) = X[/tex]. Ma allora [tex]g[/tex] è nilpotente (sta in tutti gli ideali primi, quindi sta nel nilradicale); questo significa che per ogni [tex]x \in X[/tex], [tex]g_x^n = 0[/tex] in [tex]A_x[/tex], ossia [tex]g_x = 0[/tex] (perché [tex]X[/tex] è ridotto). Segue dalle proprietà dei fasci che [tex]g = 0[/tex] e quindi [tex]A[/tex] è un dominio di integrità.
"Martino":
Richiamo 4. Uno schema [tex]X[/tex] è ridotto se e solo se [tex]\mathscr{O}_X(U)[/tex] è ridotto per ogni aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex].
Supponiamo che per ogni aperto [tex]U \subset X[/tex], [tex]\mathscr O_X(U)[/tex] sia ridotto e fissiamo [tex]x \in X[/tex]. Allora, se per assurdo esistesse un nilpotente [tex][a] \in \mathscr O_{X,x}[/tex] ([tex]a \in \mathscr O_X(U)[/tex]) avremmo che [tex][a]^n = 0[/tex] e [tex][a] \ne 0[/tex]. Esisterà dunque un intorno [tex]V[/tex] di [tex]x[/tex] tale che [tex](a |_V)^n = 0[/tex] in [tex]\mathscr O_X(V)[/tex]. D'altra parte non può essere [tex]a |_V = 0[/tex] perché altrimenti avremmo [tex][a] = 0[/tex]. Quindi [tex]\mathscr O_X(V)[/tex] non è ridotto, assurdo.
Viceversa, supponiamo che [tex]X[/tex] sia ridotto e scegliamo un aperto [tex]U[/tex] di [tex]X[/tex]. Sia [tex]a \in \mathscr O_X(U)[/tex] un elemento tale che [tex]a^n = 0[/tex] per qualche [tex]n \in \mathbb N[/tex]. Allora, per ogni [tex]x \in U[/tex] segue che [tex]a_x^n = 0[/tex] (dove [tex]a_x[/tex] denota il germe di [tex]a[/tex] in [tex]x[/tex]), e quindi [tex]a_x = 0[/tex]. Ma allora è possibile trovare un ricoprimento aperto [tex]\{V_i\}_{i \in I}[/tex] di [tex]U[/tex] con la proprietà che [tex]a|_{V_i} = 0[/tex]. Per le proprietà dei fasci, segue che [tex]a = 0[/tex] e quindi [tex]\mathscr O_X(U)[/tex] è ridotto.
"Martino":
Richiamo 5. Sia [tex]X=\text{Spec}(A)[/tex] uno schema affine. Allora [tex]X[/tex] è integro se e solo se [tex]A[/tex] è integro (nel senso di dominio, "integral domain").
Sorvolo i dettagli più contosi, per le ragioni del post precedente.
Ricordiamo che dato un anello [tex]A[/tex] le componenti irriducibili di [tex]\text{Spec}(A)[/tex] sono esattamente i [tex]V(\mathfrak p)[/tex] dove [tex]\mathfrak p[/tex] è un primo minimale. Se [tex]A[/tex] è integro, [tex](0)[/tex] è primo e quindi è l'unico ideale primo minimale. Segue che [tex]\text{Spec}(A)[/tex] è irriducibile. Che sia ridotto, poi, è ovvio, visto che [tex]\mathscr O_{A, x} \cong A_x[/tex] (localizzazione all'ideale primo [tex]x = \mathfrak p_x[/tex]) e la localizzazione di un dominio di integrità è ancora un dominio di integrità (in particolare è ridotto).
Viceversa, supponiamo che [tex]X[/tex] sia irriducibile e ridotto. Siano [tex]f,g \in A[/tex] tali che [tex]fg = 0[/tex] ed assumiamo [tex]f \ne 0[/tex]. Consideriamo [tex]D(f) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid f \not \in \mathfrak p_x\}[/tex]. Allora, [tex]\mathscr O_X(D(f)) = A[f^{-1}][/tex] e quindi abbiamo ovviamente che [tex]g|_{D(f)} = 0[/tex]. Ora, visto che [tex]X[/tex] è irriducibile, [tex]D(f)[/tex] è denso. Consideriamo il chiuso [tex]V(g) = \{x = \mathfrak p_x \in X \mid g \in \mathfrak p_x \}[/tex]; chiaramente [tex]D(f) \subset S[/tex], quindi [tex]V(g)[/tex] è denso e chiuso, ossia [tex]V(g) = X[/tex]. Ma allora [tex]g[/tex] è nilpotente (sta in tutti gli ideali primi, quindi sta nel nilradicale); questo significa che per ogni [tex]x \in X[/tex], [tex]g_x^n = 0[/tex] in [tex]A_x[/tex], ossia [tex]g_x = 0[/tex] (perché [tex]X[/tex] è ridotto). Segue dalle proprietà dei fasci che [tex]g = 0[/tex] e quindi [tex]A[/tex] è un dominio di integrità.
"Martino":
Richiamo 6. Sia [tex]\varphi: A \to B[/tex] un omomorfismo di anelli. Allora le seguenti affermazioni sono equivalenti:
1. [tex]\varphi[/tex] è piatto,
2. [tex]\varphi_P: A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P[/tex] è piatto per ogni [tex]P \in \text{Spec}(B)[/tex],
3. il morfismo di schemi associato [tex]\text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A)[/tex] è piatto.
L'equivalenza [tex]2. \iff 3.[/tex] dovrebbe essere chiara, visto che la mappa indotta sulle spighe da [tex]\text{Spec}(B) \to \text{Spec}(A)[/tex] è proprio la localizzazione di [tex]\varphi[/tex].
Supponiamo che [tex]\varphi[/tex] sia piatto. Ora, [tex]\text{Tor}^1_A(B,M) = 0[/tex] per ogni [tex]A[/tex]-modulo [tex]M[/tex]. D'altronde, [tex]A_{\varphi^{-1}(P)}[/tex] è una [tex]A[/tex]-algebra piatta, quindi per il flat base change otteniamo che per ogni [tex]A_{\varphi^{-1}(P)}[/tex]-modulo [tex]N[/tex] si ha:
[tex]\text{Tor}^{A_{\varphi^{-1}(P)}}_1(A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B, N) = \text{Tor}^A_1(B,N) = 0[/tex]
sicché [tex]A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B[/tex] è piatto come [tex]A_{\varphi^{-1}(P)}[/tex]-modulo. Adesso però, posto [tex]S = A \setminus \varphi^{-1}(P)[/tex] e [tex]T = \varphi(S)[/tex], si ha [tex]T \subset B \setminus P[/tex] ed inoltre [tex]A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B \simeq T^{-1} B[/tex], sicché [tex]B_P[/tex] può essere visto come una localizzazione di [tex]A_{\varphi^{-1}(P)} \otimes_A B[/tex], il che prova che la mappa canonica [tex]A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P[/tex] è piatta.
Viceversa, supponiamo che [tex]\varphi_P \colon A_{\varphi^{-1}(P)} \to B_P[/tex] sia piatta per ogni [tex]P \in \text{Spec}(B)[/tex]. Basterà mostrare che se [tex]M \to N[/tex] è una mappa iniettiva di [tex]A[/tex]-moduli allora [tex]M \otimes_A B \to N \otimes_A B[/tex] è una mappa iniettiva. Siccome non è certo restrittivo mostrare che la precedente mappa è iniettiva se pensata come mappa di [tex]B[/tex]-moduli, ricordiamo che l'iniettività è una proprietà locale e quindi la mappa considerata è iniettiva se e solo se la mappa indotta [tex](M \otimes_A B) \otimes_B B_P \to (N \otimes_A B) \otimes_B B_p[/tex] è iniettiva per ogni primo [tex]P \in \text{Spec}(B)[/tex]. Ora abbiamo
[tex](M \otimes_A B) \otimes_B B_P \simeq M \otimes_A B_P \simeq (M \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)}) \otimes_{A_{\varphi^{-1}(P)}} B_P[/tex]
e l'equivalente per [tex]N[/tex]. Per ipotesi, basterà allora mostrare che la mappa indotta [tex]M \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)} \to N \otimes_A A_{\varphi^{-1}(P)}[/tex] è iniettiva, ma questo è certamente vero siccome [tex]A_{\varphi^{-1}(P)}[/tex] è piatto su [tex]A[/tex] (come tutte le brave localizzazioni).
Intanto che penso all'ultimo problema, ho un simpatico esercizio da proporre.
Esercizio. Sia [tex](X,\mathscr O_X)[/tex] uno schema. Mostrare che esiste un (unico) schema ridotto [tex]X_{\text{red}}[/tex] con una mappa [tex]f \colon X_{\text{red}} \to X[/tex] soddisfacente alla seguente proprietà universale: per ogni altro schema ridotto [tex](Y,\mathscr O_Y)[/tex] ed ogni morfismo [tex]g \colon Y \to X[/tex] esiste un unico morfismo [tex]h \colon Y \to X_{\text{red}}[/tex] tale che [tex]f \circ h = g[/tex].
Esercizio. Sia [tex](X,\mathscr O_X)[/tex] uno schema. Mostrare che esiste un (unico) schema ridotto [tex]X_{\text{red}}[/tex] con una mappa [tex]f \colon X_{\text{red}} \to X[/tex] soddisfacente alla seguente proprietà universale: per ogni altro schema ridotto [tex](Y,\mathscr O_Y)[/tex] ed ogni morfismo [tex]g \colon Y \to X[/tex] esiste un unico morfismo [tex]h \colon Y \to X_{\text{red}}[/tex] tale che [tex]f \circ h = g[/tex].