Il prezzo dei camper
Ad istinto, ti direi che aumenteranno.
Se non altro, per due motivi:
1. Avranno qualche cosina in più dei precedenti modelli (magari anche solo il volante che profuma di lavanda e la leva del cambio in radica).
2. Sono "nuovi", pertanto sul mercato hanno un appeal maggiore; probabilmente, si tratta solo di un bisogno generato dal marketing, ma lo riscontro sempre.
Inoltre, credo che ci sia un rialzo strutturale dei costi di produzione e delle materie prime.
Non so come sia per i camper, ma per l'attrezzatura sportiva io compro sempre a fine stagione.
Non dovendo fare la coppa del mondo, anche il materiale dell'anno prima per me va più che bene. Spesso trovo materiali di alta qualità a prezzi stracciati, proprio perchè "è finita la stagione", quindi quello che resta è "vecchio".
Se non altro, per due motivi:
1. Avranno qualche cosina in più dei precedenti modelli (magari anche solo il volante che profuma di lavanda e la leva del cambio in radica).
2. Sono "nuovi", pertanto sul mercato hanno un appeal maggiore; probabilmente, si tratta solo di un bisogno generato dal marketing, ma lo riscontro sempre.
Inoltre, credo che ci sia un rialzo strutturale dei costi di produzione e delle materie prime.
Non so come sia per i camper, ma per l'attrezzatura sportiva io compro sempre a fine stagione.
Non dovendo fare la coppa del mondo, anche il materiale dell'anno prima per me va più che bene. Spesso trovo materiali di alta qualità a prezzi stracciati, proprio perchè "è finita la stagione", quindi quello che resta è "vecchio".
Risposte
In altro thread hai ricordato la diminuzione dei prezzi di computer e cellulari, e immagino che pensassi alla diminuzione, grazie al "boom cinese", dei costi di produzione. Quindi alcuni beni aumentano di prezzo, altri diminuiscono, e la causa sono i costi di produzione....No.
La causa di questi differenti comportamenti non è data dai costi di produzione.
Per quanto riguarda i computer, ci troviamo di fronte ad un mercato in cui la tecnologia cambia molto velocemente, quindi i prodotti diventano obsoleti molto rapidamente.
Per i camper, non si può fare lo stesso discorso.
Io non avrei alcun problema a comprare un camper di uno o due anni fa, ma non comprerei mai un pc di due anni fa!
Naturalmente, non si può pensare che un modello sia sufficiente a descrivere la realtà nella sua interezza.
Soprattutto, i modelli generici non funzionano per mercati specifici.
Ovviamente, quello dei camper è un mercato molto specifico, poichè dipende da diversi fattori esterni (tra cui il prezzo del petrolio).
Avrei alcune riflessioni sull'esempio proposto.
Ad esempio, sappiamo con certezza che la domanda è in calo?
Voglio dire, probabilmente è in calo in Europa, per via dell'aumento dei prezzi del petrolio, ma non è detto che, ad esempio in Cina, non aumenti più di quanto diminuisca in Europa.
Oppure, può essere che le imprese che producono camper lavorino ancora con un margine di extraprofitto e che i nuovi concorrenti, proponendo prezzi più bassi (o qualità più elevata) cerchino di andarsi a conquistare parte di quell'extraprofitto.
Le spiegazioni potrebbero essere molte, alcune anche molto specifiche.
Non è facile farsi la barba con il tagliaerba...
Caro Sergio, "fatti una domanda e datti una risposta" sembra il titolo di questo thread.
Tu sostieni che la legge "domanda-offerta" non sia adeguata (almeno questo è quanto mi sembra di capire).
Io sostengo che non sia possibile utilizzare un macromodello per descrivere interamente la realtà.
Naturalmente, ognuno è libero di pensare ciò che vuole, anche di farsi la barba con il tagliaerba.
Sinceramente, ritengo che ogni caso abbia le sue specificità; allo stesso modo per cui, come spiegato nell'altro post, la stessa decisione presa in momenti diversi può avere effetti diversi.
Per quanto riguarda computer e cellulari, dobbiamo comunque fare attenzione a quale comparto facciamo riferimento.
Mentre 15 anni fa esistevano pochi modelli tra cui scegliere, oggi i computer vengono assemblati a piacimento.
A dicembre ho montato un PC per la mia ragazza e ho speso circa 230 euri. Un buon PC ma senza pretese.
I miei amici, che necessitano di un PC per giocare, hanno speso 6 volte quello che ho speso io. E nonostante ciò, non hanno ancora un PC al top della gamma per videogiocatori.
Il mercato in questo senso si è molto evoluto.
La stessa cosa vale per i cellulari.
15 anni fa c'erano i cellulari.
Oggi ci sono i cellulari per telefonare, i cellulari che scattano foto, i cellulari che fanno filmati, ricevono la televisione e via dicendo.
Se speri di comprendere le dinamiche di questi mercati (e dei loro nuovi sottomercati) attraverso la curva domanda/offerta, beh, buona fortuna.
Io non ho assolutamente queste pretese.
Inoltre, avrei una postilla da fare sul tuo modo di interpretare la curva domanda/offerta: perchè ti concentri solo sul lato della domanda?
Tu sostieni che la legge "domanda-offerta" non sia adeguata (almeno questo è quanto mi sembra di capire).
Io sostengo che non sia possibile utilizzare un macromodello per descrivere interamente la realtà.
Naturalmente, ognuno è libero di pensare ciò che vuole, anche di farsi la barba con il tagliaerba.
Sinceramente, ritengo che ogni caso abbia le sue specificità; allo stesso modo per cui, come spiegato nell'altro post, la stessa decisione presa in momenti diversi può avere effetti diversi.
Per quanto riguarda computer e cellulari, dobbiamo comunque fare attenzione a quale comparto facciamo riferimento.
Mentre 15 anni fa esistevano pochi modelli tra cui scegliere, oggi i computer vengono assemblati a piacimento.
A dicembre ho montato un PC per la mia ragazza e ho speso circa 230 euri. Un buon PC ma senza pretese.
I miei amici, che necessitano di un PC per giocare, hanno speso 6 volte quello che ho speso io. E nonostante ciò, non hanno ancora un PC al top della gamma per videogiocatori.
Il mercato in questo senso si è molto evoluto.
La stessa cosa vale per i cellulari.
15 anni fa c'erano i cellulari.
Oggi ci sono i cellulari per telefonare, i cellulari che scattano foto, i cellulari che fanno filmati, ricevono la televisione e via dicendo.
Se speri di comprendere le dinamiche di questi mercati (e dei loro nuovi sottomercati) attraverso la curva domanda/offerta, beh, buona fortuna.
Io non ho assolutamente queste pretese.
Inoltre, avrei una postilla da fare sul tuo modo di interpretare la curva domanda/offerta: perchè ti concentri solo sul lato della domanda?
Ti risulta diversamente?Si.
L'obiettivo dei produttori è di massimizzare il profitto.
La cosa non corrisponde necessariamente ad allargare le proprie quote di mercato (come le economie di scala, esistono le diseconomie di scala).
non mi risulta che chi voglia comprare un'autovettura (o un camper) debba sentirsi obbligato a pagare più di quanto avrebbe pagato qualche tempo fa perché non riesce a trovare un concessionario che gliene venda una.Infatti non è obbligato.
I produttori vendono ad un prezzo.
Se il potenziale acquirente è disposto a pagare quel prezzo in cambio di quel bene, si conclude la transazione.
Mi è sembrato interessante proporre dei casi concreti che non sembrano confermare il punto a).Parliamone.
Esiste una teoria che sappia spiegare quei casi concreti? Direi proprio di sì, ma non è quella "dominante".
Se questa teoria saprà coerentemente rispondere a tutti i casi concreti, senza rifugiarsi nella specificità, appoggerò questa teoria.
Perché, scusa se mi ripeto, un modello può essere quello che si vuole, ma se non serve a interpretare ed a prevedere fatti concreti non serve assolutamente a nulla.Un modello descrive l'andamento teorico di un mercato, al netto di esternalità.
Non può esistere un modello molto generico che risolva tutti i problemi. Più si va verso l'alto (meno dettagli) più si perdono informazioni, quindi si è costretti a fare delle assunzioni, alcune delle quali senza un gran senso.
Prendiamo il modello concorrenziale: nessuna delle ipotesi può esistere realmente.
Verosimilmente, in alcuni rari casi, ci si può avvicinare ad una di esse, massimo due.
Anche in fisica si usano modelli che hanno determinate condizioni che nella realtà non esistono.
L'utilità è avere una base di partenza, fondamentale per condurre analisi più dettagliate.
È un errore pretendere che tutto possa essere descritto in poche righe di modello.
Ok. Te ne propongo uno semplice semplice: i portatili.I costi di produzione non sono da escludere completamente.
Una volta costavano circa il doppio di un desktop, ora hanno un prezzo quasi uguale. Come mai?
Se escludi i costi di produzione, come lo spieghi?
La riduzione di questi costi è in parte dovuta all'incremento della domanda che ha consentito una produzione a raggio più ampio, permettendo di sfruttare maggiori economie di scala.
Inoltre, nessuno ci garantisce che finora il prezzo fosse davvero quello efficiente.
Infatti, negli ultimi anni sono aumentati notevolmente i produttori di computer, nel numero e nella dimensione.
Nell'altro thread, l'esempio di computer e cellulari era usato per dimostrare la mobilità dei prezzi al variare dello stato della tecnologia.
I modelli di economia politica differiscono dalla pratica per diversi motivi.
Il primo tra tutti, come ho già detto è quello di restringere il campo di studio attraverso alcuni assunti di base, per semplificare l'analisi.
Come ho detto, diversi di questi assunti sono assolutamente impensabili.
Chi definisce il comunismo "l'utopia", dovrebbe onestamente chiamare con lo stesso nome anche il capitalismo.
La teoria del mercato prevede alcuni assunti quali:
- Un numero molto elevato di produttori piccoli ed indipendenti
- Informazione completa ed asimmetrica
- Assenza di barriere all'entrata (la cosa implica l'assenza di economie di scala, che a sua volta implica l'assenza di costi fissi)
- Assenza di barriere all'uscita (il peso sui costi fissi è ancora più rilevante)
- Assenza di esternalità
Ora, è inutile dire che le ultime quattro condizioni sono praticamente impossibili da verificarsi.
Per di più, anche la prima è assai rara, poichè generalmente dipende dalla terza. Infatti, l'aumento delle dimensioni di un'impresa è dovuto proprio all'impatto dei costi fissi, che generalmente costituiscono una forte barriera all'entrata (e all'uscita).
Il punto di questa questione è sempre lo stesso: la presenza dei costi fissi.
Infatti, i mercati con alto impatto di costi fissi (lavoro in uno di questi mercati), vengono anche chiamati "monopoli naturali", proprio perchè la vendita di un prodotto al suo prezzo marginale non consente di raggiungere la redditività (il BEP), dal momento che il costo marginale è sempre minore del costo medio.
L'obiettivo di chiunque è massimizzare il profitto. Che poi per raggiungere questo obiettivo sia utile allargare le quote di mercato è un altro discorso, ma ciò non è sempre vero.
Inutile dire che per avere un profitto è necessario aver superato il BEP.
Per quanto riguarda il confronto tra le due teorie, è chiara la differenza.
La teoria del mercato (quella insegnata a economia politica) è teorica, diciamo che rappresenta il modello a cui ispirarsi.
Se cerchi qualcuno contrario a questa teoria, l'hai certamente trovato.
Ma, come ho detto più volte in precedenza, non possiamo assumere questo modello per descrivere la totalità dei mercati, principalmente per via delle restrizioni imposte dalle ipotesi. Sarebbe come studiare una funzione al di fuori del suo dominio.
Chi crede nella concorrenza perfetta commette un errore non meno grave di chi crede a Babbo Natale.
Questa è assunzione fittizia quanto quella del consumatore insaziabile.
Se è vero che alcuni bisogni vengono di fatto generati dal marketing e trainati dalla domanda, esistono moltissimi mercati in cui la domanda non è assolutamente dipendente dalla quantità venduta.
Uno tra tutti, quello dei generi alimentari.
Esistono mercati di nicchia (e non sono poi così pochi) in cui l'alto prezzo del prodotto è basato sull'esclusività del bene.
Ad esempio, Ferrari. Si badi bene come l'obiettivo di Ferrari sia quello di restare nella fascia alta del mercato (quella che consente maggiori profitti marginali) piuttosto che abbassare la fascia, ampliando le quote, ma riducendo il margine.
Lo disse Marx, successe realmente, in Cina stanno cercando di non farlo ripetere, in Italia c'è un ministro che non vede l'ora.
E qui è meglio che mi fermi...
Il primo tra tutti, come ho già detto è quello di restringere il campo di studio attraverso alcuni assunti di base, per semplificare l'analisi.
Come ho detto, diversi di questi assunti sono assolutamente impensabili.
Chi definisce il comunismo "l'utopia", dovrebbe onestamente chiamare con lo stesso nome anche il capitalismo.
La teoria del mercato prevede alcuni assunti quali:
- Un numero molto elevato di produttori piccoli ed indipendenti
- Informazione completa ed asimmetrica
- Assenza di barriere all'entrata (la cosa implica l'assenza di economie di scala, che a sua volta implica l'assenza di costi fissi)
- Assenza di barriere all'uscita (il peso sui costi fissi è ancora più rilevante)
- Assenza di esternalità
Ora, è inutile dire che le ultime quattro condizioni sono praticamente impossibili da verificarsi.
Per di più, anche la prima è assai rara, poichè generalmente dipende dalla terza. Infatti, l'aumento delle dimensioni di un'impresa è dovuto proprio all'impatto dei costi fissi, che generalmente costituiscono una forte barriera all'entrata (e all'uscita).
Semplice anche ad uno come te che dovrebbe ben conoscere spiegazioni alternative. Ad esempio, le famigerate curve a "U", tuttora insegnate, sono state smentite dalle ricerche empiriche, e sai bene che si può ragionare in modo un tantino più aderente alla realtà.Le famigerate curve ad U non tengono in considerazione la presenza dei costi fissi e la correlazione tra diversi tipi di fattori produttivi. Ovviamente non possono essere adeguate a descrivere il funzionamento reale di un mercato. Infatti si sta parlando di un modello teorico (scienza economica).
E allora perché mai si continuano a propinare le curve a "U"? Perché altrimenti non sarebbe possibile parlare né di dimensione ottima dell'impresa, né di equilibrio dell'impresa in concorrenza perfetta, proprio perché se la curva del costo medio fosse crescente l'impresa sarebbe in equilibrio solo vendendo una quantità infinitesima, se fosse decrescente l'impresa sarebbe in equilibrio solo vendendo una quantità infinita.Questo è ovvio.
Il punto di questa questione è sempre lo stesso: la presenza dei costi fissi.
Infatti, i mercati con alto impatto di costi fissi (lavoro in uno di questi mercati), vengono anche chiamati "monopoli naturali", proprio perchè la vendita di un prodotto al suo prezzo marginale non consente di raggiungere la redditività (il BEP), dal momento che il costo marginale è sempre minore del costo medio.
E così si sostiene che nel lungo periodo le dimensioni dell'impresa aumentano secondo una scala associata al costo minimo sulla curva di lungo periodo, spesso deducendone che tutte le imprese di un'industria, avendo identiche curve di costo, tendono ad avere la stessa dimensione. Ovviamente l'esperienza dice tutt'altro.Non è detto che tutte le imprese hanno le stesse curve di costo. Infatti, quelle che riescono ad avere costi più bassi sono quelle che traggono un profitto maggiore, ovvero quelle che sono in grado di sopravvivere con un livello di prezzi più basso.
La quota di mercato, il volume delle vendite, sono essenziali per poter conseguire un qualsiasi profitto per un motivo molto semplice: l'esigenza di coprire i costi fissi!Forse non sono stato chiaro. Per profitto si intende l'utile, ovvero la differenza tra ricavi e costi. Se si genera un profitto, significa che i costi fissi sono già stati coperti.
L'obiettivo di chiunque è massimizzare il profitto. Che poi per raggiungere questo obiettivo sia utile allargare le quote di mercato è un altro discorso, ma ciò non è sempre vero.
Quali furono i due obiettivi dichiarati da Montezemolo quando, nel 2004, divenne presidente della FIAT? Rinnovare il management e.... forse "massimizzare il profitto"? No: raggiungere il break even operativo!Certo, questo è necessario quando le vendite sono inferiori alla produzione potenziale, il che significa non sfruttare le economie di scala, ovvero non massimizzare l'utilizzo degli asset: in una parola, inefficienza.
E per questo è necessario difendere ed aumentare le vendite, quindi la quota di mercato.
Inutile dire che per avere un profitto è necessario aver superato il BEP.
Per quanto riguarda il confronto tra le due teorie, è chiara la differenza.
La teoria del mercato (quella insegnata a economia politica) è teorica, diciamo che rappresenta il modello a cui ispirarsi.
Se cerchi qualcuno contrario a questa teoria, l'hai certamente trovato.
Ma, come ho detto più volte in precedenza, non possiamo assumere questo modello per descrivere la totalità dei mercati, principalmente per via delle restrizioni imposte dalle ipotesi. Sarebbe come studiare una funzione al di fuori del suo dominio.
l'ipotesi di concorrenza perfetta non è un'astrazione utile ad evidenziare aspetti essenziali (come la gravità) prescidendo da elementi di disturbo (gli attriti), ma è una fuga dalla realtà.Non potrei in alcun modo discordare da questa affermazione.
Chi crede nella concorrenza perfetta commette un errore non meno grave di chi crede a Babbo Natale.
Economia di scala? In origine sicuramente sì, ma direi che ormai svolge un ruolo prevalente la "globalizzazione", in particolare l'utilizzo delle cosiddette "zone franche d'esportazione", [7] che grazie a agevolazioni fiscali, scarso rispetto dell'ambiente e salari da fame permettono... costi di produzione sensibilmente più bassi.Si, anche se la cosa non è nuova. Negli ultimi 15/20 anni, la riduzione del costo della manodopera e l'impatto ambientale (un'esternalità positiva per l'impresa) hanno marciato insieme alle economie di scala ed all'innovazione tecnologica, che hanno consentito di ridurre i costi di produzione.
la domanda è funzione della quantità venduta, e tale funzione è di tipo sigmoideo: la domanda è scarsa all'inizio, poi sale rapidamente, poi decresce fino alla saturazione.Falso.
Questa è assunzione fittizia quanto quella del consumatore insaziabile.
Se è vero che alcuni bisogni vengono di fatto generati dal marketing e trainati dalla domanda, esistono moltissimi mercati in cui la domanda non è assolutamente dipendente dalla quantità venduta.
Uno tra tutti, quello dei generi alimentari.
gli obiettivi in termini di quota di mercato e di profitto coincidono, nel senso che il potere di mercato è condizione necessaria per il profittoIn termini assoluti è falso.
Esistono mercati di nicchia (e non sono poi così pochi) in cui l'alto prezzo del prodotto è basato sull'esclusività del bene.
Ad esempio, Ferrari. Si badi bene come l'obiettivo di Ferrari sia quello di restare nella fascia alta del mercato (quella che consente maggiori profitti marginali) piuttosto che abbassare la fascia, ampliando le quote, ma riducendo il margine.
Se la domanda cala, l'incidenza dei costi fissi impone di tenere il prezzo relativamente elevato.Questo è tanto più vero quanto più la dimensione media delle imprese cresce. Per questo motivo, come detto nell'altro topic, una politica eccessivamente espansiva degli investimenti potrebbe diventare rischiosa nel momento in cui le attese non venissero realizzate, scatenando un effetto congiunturale devastante.
Lo disse Marx, successe realmente, in Cina stanno cercando di non farlo ripetere, in Italia c'è un ministro che non vede l'ora.
E qui è meglio che mi fermi...
Il problema è che non riesco proprio a immaginare come possa non essere vero se si guarda un qualsiasi grafico BEPTu prendi la dimensione d'impresa come un dato, ma in realtà è una decisione arbitraria.
Ferrari (come Rolls Royce) vende agli attuali clienti proprio perchè il suo marchio è ostentazione di ricchezza.
Se aumentasse il numero di persone che hanno una ferrari, la forza distintiva del marchio perderebbe valore, quindi i clienti che prima erano disposti a pagare molto di più del costo di produzione del mezzo ora non saranno più disposti a farlo, perchè manca il presupposto che generava il valore di possedere quell'auto (la quasi unicità).
Se mi accorgo di avere una struttura capace di produrre 100, ma una domanda solo per 50, devo riflettere seriamente sull'opportunità di ridurre le dimensioni.
La dimensione inadeguata di un'azienda è generalmente dovuta ad errori di valutazione della domanda (più in generale del mercato).
Se consideriao mercati in cui la domanda è molto rigida, l'unica maniera che abbiamo per ottenere extraprofitto è ridurre i costi di produzione.
Allargare il proprio mercato presuppone una diminuzione dei prezzi o un sensibile incremento della qualità percepita, più in generale "concorrenza".
Ma se parliamo di mercati con la domanda molto rigida (e limitata nelle dimensioni), ci troviamo di fronte ad un altro caso di monopolio naturale, soprattutto se la produzione comporta l'utilizzo di beni a fecondità ripetuta, quindi costi fissi e semifissi.
E chiami "scienza" un "modello teorico" incapace di "descrivere il funzionamento reale di un mercato"???È il primo modello in cui ti imbatti che non è in grado di descrivere universalmente la realtà?
Sei parecchio fortunato...
Sì, ma il mio messaggio era troppo lungo e ti è sfuggito un particolare: non si parlava di beni deperibili, come gli alimentari, ma di beni durevoli. È per i beni durevoli che vale la funzione sigmoidea.Per buona parte degli elettrodomestici non funziona così.
Io ora sto in affitto, ma tra qualche anno comprerò una casa. Sto dando un occhio ai prezzi dei vari elettrodomestici, alle caratteristiche, in primis di frighi, lavatrici, lavastoviglie, forni e fornelli.
Finora non mi è mai venuto in mente di preferire un modello rispetto ad un altro solo perchè qualcun altro l'ha comprato prima di me (peraltro recentemente).
Ma oggi né le auto né i computer si costruiscono mettendo su imprese di dimensione "arbitraria".Indubbiamente, c'è una dimensione minima necessaria al di sotto della quale non si sfugge. Fino a quel punto, la scelta della dimensione dell'impresa è arbitraria.
Sono molti i casi di imprese con dimensioni troppo grosse. In parte guidati dalla speranza di guadagnare quote di mercato per soddisfare la produzione (tua visione). Tuttavia, se questo non è possibile, per qualsiasi motivo, la dimensione sbagliata si traduce in costi addizionali.
Pretendere di controllare la domanda è un peccato gravissimo.
Produci, produci, produci, ma quei beni stanno lì per qualche anno. Vendi bene quando pochi li hanno comprati, ma quando cominciano ad averli quasi tutti venderli diventa sempre più difficile.In Danimarca (ma anche in Italia) le lavatrici, i frigoriferi, i forni esistono ormai da diversi anni.
Così come le automobili.
Sono entrambi mercati durevoli.
Sono entrambi mercati saturi (più o meno, per ogni lavatrice venduta, se ne butta via una).
Se qualche appassionato di auto può permettersi di acquistare un'auto nuova perchè gli piace particolarmente, posso comprenderlo.
Tuttavia, non ho mai visto appassionati di frigoriferi o di lavatrici...
Diciamo che, comunque sia, sempre di una nicchia si tratta.Certo, ma non è l'unica nicchia.
Be', ogni tanto qualche frigorifero o lavatrice si scassa.Lo stesso vale per le automobili.
Ma soprattutto.... hai mai cercato tra le donne?Ho la fortuna di avere una fidanzata che ragiona in maniera efficiente.
Ho la fortuna di vivere in grande armonia con una compagna che non ragiona neanche lontanamente come me (two punti di vista is meglio che one)Ti sei tradito con le tue mani.
Come la mettiamo con il maestro unico?



E anche quando abbiamo punti di vista diversi (two ecc.) è un piacere discutere con te.Vale anche per me.
Se non altro, le discussioni sono costruttive e per nulla banali.
Trovo molto utili discussioni come queste dal punto di vista scientifico/economico.