Fanno soldi sul disastro che loro hanno creato
Il punto uno è puro populismo.
Sul punto due sono d'accordo da parecchi anni.
Sul punto tre, la discussione è lunghissima.
Principalmente, è giusto aiutare i paesi in difficoltà, ma nascerebbe un serio conflitto, come sollevato dal FOA.
Naturalmente, non è ancora chiaro il campo di azione dell'Unione Europea, e questa è la carenza principale.
Finora, gli aiuti ai paesi in difficoltà si sono sempre rivelati trasferimenti monetari a titolo gratuito, senza cambiare nulla, e questo è uno dei principali motivi dell'euroscetticismo nei paesi nordici.
Per quanto riguarda la Spagna, purtroppo è stata stroncata durante la fase di crescita basata in parte sulle aspettative che, senza questa crisi globale, sarebbero state molto probabilmente soddisfatte. Comunque sono convinto che la Spagna saprà riprendersi e ricominciare a crescere come prima, perchè ha una struttura più snella e moderna di altri paesi del sud Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, è naturale che la crisi abbia intaccato in misura minore la popolazione (non a livello macro, dove l'Italia è uno dei paesi che hanno registrato le perdite maggiori). Da circa vent'anni, la crescita è ferma, quindi non c'erano aspettative da deludere (esposizione al credito), inoltre la naturale tendenza degli italiani a pensare solo a breve termine è la ragione per cui non c'erano investimenti consistenti, così come è la ragione dei vent'anni di stagnazione.
Per quanto riguarda i licenziamenti, col senno di poi, sarebbe bene cominciare a riflettere sul fatto che la rigidità del sistema italiano non sia stata poi così tanto un male...
Sul punto due sono d'accordo da parecchi anni.
Sul punto tre, la discussione è lunghissima.
Principalmente, è giusto aiutare i paesi in difficoltà, ma nascerebbe un serio conflitto, come sollevato dal FOA.
Naturalmente, non è ancora chiaro il campo di azione dell'Unione Europea, e questa è la carenza principale.
Finora, gli aiuti ai paesi in difficoltà si sono sempre rivelati trasferimenti monetari a titolo gratuito, senza cambiare nulla, e questo è uno dei principali motivi dell'euroscetticismo nei paesi nordici.
Per quanto riguarda la Spagna, purtroppo è stata stroncata durante la fase di crescita basata in parte sulle aspettative che, senza questa crisi globale, sarebbero state molto probabilmente soddisfatte. Comunque sono convinto che la Spagna saprà riprendersi e ricominciare a crescere come prima, perchè ha una struttura più snella e moderna di altri paesi del sud Europa.
Per quanto riguarda l'Italia, è naturale che la crisi abbia intaccato in misura minore la popolazione (non a livello macro, dove l'Italia è uno dei paesi che hanno registrato le perdite maggiori). Da circa vent'anni, la crescita è ferma, quindi non c'erano aspettative da deludere (esposizione al credito), inoltre la naturale tendenza degli italiani a pensare solo a breve termine è la ragione per cui non c'erano investimenti consistenti, così come è la ragione dei vent'anni di stagnazione.
Per quanto riguarda i licenziamenti, col senno di poi, sarebbe bene cominciare a riflettere sul fatto che la rigidità del sistema italiano non sia stata poi così tanto un male...
Risposte
Trovo la tua analisi un po' limitata.
Intanto manca un soggetto all'accusa. Chi ha creato il danno e chi sta facendo i soldi?
La "grande finanza"? I "mercati"? Gli "speculatori"?
Quando sentivo Tremonti prendersela con gli speculatori, mi scappava parecchio da ridere proprio perchè questo soggetto di per sè non esiste.
Certo, l'unica arma per "combattere" la speculazione è la tassa sulle rendite, contro la quale questo governo (ah, la coerenza) si è schierato in campagna elettorale (2006) come se fosse una guerra.
Per quanto riguarda la prospettiva che descrivi, non ci vedo nulla di nuovo. È così da anni, perchè ci si stupisce solo ora?
Inoltre, come si può pensare di eliminare la delocalizzazione produttiva? Reinseriamo i dazi doganali? Rimettiamo il protezionismo?
Intanto manca un soggetto all'accusa. Chi ha creato il danno e chi sta facendo i soldi?
La "grande finanza"? I "mercati"? Gli "speculatori"?
Quando sentivo Tremonti prendersela con gli speculatori, mi scappava parecchio da ridere proprio perchè questo soggetto di per sè non esiste.
Certo, l'unica arma per "combattere" la speculazione è la tassa sulle rendite, contro la quale questo governo (ah, la coerenza) si è schierato in campagna elettorale (2006) come se fosse una guerra.
Per quanto riguarda la prospettiva che descrivi, non ci vedo nulla di nuovo. È così da anni, perchè ci si stupisce solo ora?
Inoltre, come si può pensare di eliminare la delocalizzazione produttiva? Reinseriamo i dazi doganali? Rimettiamo il protezionismo?
I "soggetti" colpevoli, non sono un insieme ristretto di persone, ma semplicemente uno sviluppo inevitabile del modello concorrenziale. E questo era già chiaro (descritto, spiegato, raccontato) da tanti anni.
Per il momento, la domanda interna cinese sta trainando quasi da sola buona parte dell'economia.
Certo, non può essere infinita, ma il mercato asiatico è ancora grande.
Per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, esso stesso non è sostenibile.
A meno che un giorno non arrivi un dittatore che governi su tutto il mondo e faccia applicare le regole comuni a tutti e senza eccezioni.
Stalin è morto, Hitler è morto e a Berlusconi spero manchi davvero poco...
Per il momento, la domanda interna cinese sta trainando quasi da sola buona parte dell'economia.
Certo, non può essere infinita, ma il mercato asiatico è ancora grande.
Per quanto riguarda lo sviluppo sostenibile, esso stesso non è sostenibile.
A meno che un giorno non arrivi un dittatore che governi su tutto il mondo e faccia applicare le regole comuni a tutti e senza eccezioni.
Stalin è morto, Hitler è morto e a Berlusconi spero manchi davvero poco...
Conosco poco Kuznets, ma se siamo convinti che ciò che sta accadendo non è la naturale ed inevitabile conseguenza del modello concorrenziale, bisogna avere dei bei paraocchi.
A meno che non si creda veramente che non esistono economie di scala, ne barriere all'entrata, ma allora esistono anche il bianconiglio, lo stregatto e tutto il mondo delle meraviglie...
A meno che non si creda veramente che non esistono economie di scala, ne barriere all'entrata, ma allora esistono anche il bianconiglio, lo stregatto e tutto il mondo delle meraviglie...
Ok, mi sono spiegato male.
Il punto è che il modello concorrenziale assume ipotesi non realistiche (le due citate sono quelle con l'impatto maggiore sul modello) e l'applicazione più o meno incondizionata di questo modello porta ai noti fallimenti del mercato (monopoli naturali principalmente).
La naturale conseguenza dell'applicazione di questo modello è una situazione in cui il reddito è concentrato (molto più dell'80/20 di Pareto) e la delocalizzazione produttiva altro non è che il reperimento delle risorse sul mercato al prezzo più conveniente.
Ma sappiamo benissimo che il modello concorrenziale, se applicato alla realtà, tende a fagocitare ogni altra alternativa. È il dilemma del prigioniero.
Sappiamo che i monopoli naturali sono incontrastabili con gli strumenti del mercato (derivando da un fallimento dello stesso) e sappiamo anche che non esistono entità sovranazionali (il famoso dittatore padrone del mondo) che li possano regolare.
Per me, la situazione attuale è piuttosto inevitabile, prevedibile, prevista e arcinota.
Se per te era evitabile, avanti, ma con qualcosa di più concreto che www.tornasole.eu.
Il punto è che il modello concorrenziale assume ipotesi non realistiche (le due citate sono quelle con l'impatto maggiore sul modello) e l'applicazione più o meno incondizionata di questo modello porta ai noti fallimenti del mercato (monopoli naturali principalmente).
La naturale conseguenza dell'applicazione di questo modello è una situazione in cui il reddito è concentrato (molto più dell'80/20 di Pareto) e la delocalizzazione produttiva altro non è che il reperimento delle risorse sul mercato al prezzo più conveniente.
Ma sappiamo benissimo che il modello concorrenziale, se applicato alla realtà, tende a fagocitare ogni altra alternativa. È il dilemma del prigioniero.
Sappiamo che i monopoli naturali sono incontrastabili con gli strumenti del mercato (derivando da un fallimento dello stesso) e sappiamo anche che non esistono entità sovranazionali (il famoso dittatore padrone del mondo) che li possano regolare.
Per me, la situazione attuale è piuttosto inevitabile, prevedibile, prevista e arcinota.
Se per te era evitabile, avanti, ma con qualcosa di più concreto che www.tornasole.eu.
Interessante perché fra gli economisti che hanno preso il nobel di recente e fra quelli che lavorano nelle super università americane ne trovi veramente pochi che osano prodursi contro l' economia di mercato.
Volevo fare un paio di osservazioni: la prima sugli economisti-giornalisti che dicono di non aver predetto la crisi. Sinceramente queste figure dovrebbero smettere di fare gli sribacchini ed imparare un lavoro perché so di per certo che o sono in cattiva fede o semplicemente sono dei mediocri che non hanno il diritto di produrre informazione e quindi dovrebbero cambiare mestiere.
Non diciamo che la crisi non fu predetta. Alla fine del 2006 lessi un opusolo, allegato al Il Sole 24 Ore dal titolo "Tutte le previsioni sui mercati - scenari delle principali case di investimento sul 2007.", niente di sconvolgente o troppo complicato come alcuni articoli de lavoce.info. Leggo quanto segue: "(...) il ciclo economico che tuttora il globo sta attraversando ha portato con sé una serie di squilibri(...)Per anni, infatti, gli Stati Uniti hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità: le famiglie si sono indebitate, consumando più di quanto potessero e acquistando abitazioni a prezzi sempre più alti grazie a mutui sempre più convenienti, mentre l' amministrazione Bush ha fatto la propria parte adottando una politica fiscale espansiva e aumentando la spesa pubblica, con il risultato di accrescere a dismisura il disavanzo dei conti con l' estero.(...) Gli Usa sono il grande motore dell' economia globale: sono indebitati con il resto del mondo (in particolare con l' Asia), ma in questo modo riescono ad esportare l' espansione anche negli altri paesi(...) ci si chiede quale forma prenderà l' atteso rallentamento economico: atterraggio morbido o rovinosa cadita verso la recessione?(...)c'è di mezzo la bolla del settore immobiliare: un crollo dei prezzi delle case negli Usa potrebbe condizionare le scelte dei consumatori americani e, a catena, mettere in crisi non solo l' economia Usa, ma anche tutti quei paesi che fanno affidamento sulle esportazioni verso gli States, provocando un corto circuito a livello globale."
In pratica non vi erano dubbi, da parte delle principali case di investimento, sul futuro grigio della finanza e dell' economia, piuttosto vi era un disaccordo sulle tinte di grigio più o meno scuro. La maggior parte delle case sposavano la tesi del "soft landing-atterraggio morbido", ma daltronde sappiamo che gli annunci delle case suddette devono arrivare ad un compromesso fra credibilità e ottimismo, in pratica cercavano di evitare in tutti i modi di creare aspettative negative, ma allo stesso tempo non potevano nascondere la verità, pena una rischiosa perdita verticale di credibilità.
Volevo fare un paio di osservazioni: la prima sugli economisti-giornalisti che dicono di non aver predetto la crisi. Sinceramente queste figure dovrebbero smettere di fare gli sribacchini ed imparare un lavoro perché so di per certo che o sono in cattiva fede o semplicemente sono dei mediocri che non hanno il diritto di produrre informazione e quindi dovrebbero cambiare mestiere.
Non diciamo che la crisi non fu predetta. Alla fine del 2006 lessi un opusolo, allegato al Il Sole 24 Ore dal titolo "Tutte le previsioni sui mercati - scenari delle principali case di investimento sul 2007.", niente di sconvolgente o troppo complicato come alcuni articoli de lavoce.info. Leggo quanto segue: "(...) il ciclo economico che tuttora il globo sta attraversando ha portato con sé una serie di squilibri(...)Per anni, infatti, gli Stati Uniti hanno vissuto al di sopra delle proprie possibilità: le famiglie si sono indebitate, consumando più di quanto potessero e acquistando abitazioni a prezzi sempre più alti grazie a mutui sempre più convenienti, mentre l' amministrazione Bush ha fatto la propria parte adottando una politica fiscale espansiva e aumentando la spesa pubblica, con il risultato di accrescere a dismisura il disavanzo dei conti con l' estero.(...) Gli Usa sono il grande motore dell' economia globale: sono indebitati con il resto del mondo (in particolare con l' Asia), ma in questo modo riescono ad esportare l' espansione anche negli altri paesi(...) ci si chiede quale forma prenderà l' atteso rallentamento economico: atterraggio morbido o rovinosa cadita verso la recessione?(...)c'è di mezzo la bolla del settore immobiliare: un crollo dei prezzi delle case negli Usa potrebbe condizionare le scelte dei consumatori americani e, a catena, mettere in crisi non solo l' economia Usa, ma anche tutti quei paesi che fanno affidamento sulle esportazioni verso gli States, provocando un corto circuito a livello globale."
In pratica non vi erano dubbi, da parte delle principali case di investimento, sul futuro grigio della finanza e dell' economia, piuttosto vi era un disaccordo sulle tinte di grigio più o meno scuro. La maggior parte delle case sposavano la tesi del "soft landing-atterraggio morbido", ma daltronde sappiamo che gli annunci delle case suddette devono arrivare ad un compromesso fra credibilità e ottimismo, in pratica cercavano di evitare in tutti i modi di creare aspettative negative, ma allo stesso tempo non potevano nascondere la verità, pena una rischiosa perdita verticale di credibilità.
Seconda osservazione, effettivamente Stiglitz parla di mercato come se fosse un' entità astratta...(continuo un altro giorno, se vi interessa, perché ho fatto tardi).
Beh, in realtà andrebbero prese in considerazione anche altri fattori come la presenza degli Stati e il commercio internazionale. Per quanto riguarda la delocalizzazione non è altro che il principio di commercio internazionale che prevede che si produca dove conviene produrlo (per il bene complessivo di tutti). La diminuzione del numero complessivo di ditte non è altro che un comportamento ben conosciuto nel caso di liberalizzazione di mercati oligopolistici. Oltre che la presenza delle economia di scala. Detto questo le economia di scala fanno anche si che non è detto che il monopolio sia meno vantaggioso della concorrenza perfetta (di per se utopistica per vari fattori). Il prezzo della concorrenza perfetta potrebbe essere tranquillamente molto più alto di quello in un oligopolio o un monopolio. Molte di queste considerazioni però valgono nel lungo periodo e quello che è teoricamente un guardagno per tutti lo diventa solo dopo forti ristrutturazioni del sistema produttivo. E comunque partono dal presupposto irrealistico che le persone non siano specializzate e che possano riinventarsi continuamente. Fin qui non ho preso in considerazione ancora i mercati finanziari.
Sergio, non te la prendere, ma credo che Benetazzo non sia proprio un grande esempio. Certo, se poi si pensa che Tremonti è Ministro dell'economia...