Esportazioni e costo del lavoro
Una domanda: ma se in Italia, e nel resto del mondo, industrie di nazionalità tedesca (il pensiero va, tristemente, alla Thyssen Krupp) producono beni con manodopera locale (quella sopravvissuta
) e quindi li esporta in altri Paesi, queste sono esportazioni italiane/straniere o tedesche? Io direi tedesche, o sbaglio? Tra l'altro questo spiegherebbe perchè il PIL è un indicatore più importante delle esportazioni, perchè comprende anche le produzioni di aziende straniere fatte nel territorio interno a un Paese. D'altronde che la Germania sia un Paese ricco già lo sapevamo, ma che Giappone e Usa siano da meno solo perchè fanno meno esportazioni mi sembra non condivisibile.

Risposte
Quindi i laminati d'acciaio della Thyssen prodotti in Italia, se vanno all'estero sono esportazioni dell'Italia? Di sicuro comunque non fanno parte del PIL perchè non sono prodotti finiti. Ma allora non possono essere esportazioni per l'Italia perchè finiribbero ancora nel PIL come esportazioni al netto delle importazioni. Comunque in generale non si può dire che la Germania non delocalizzi le produzioni, soprattutto quando non si tratta di prodotti finiti. Forse la differenza fra la Fiat e la Volkswagen è prorpio che quest'ultima non crea lo stesso volume di indotto nel suo hinterland perchè delocalizza e non si limita ad esternalizzare la produzione dei prodotti intermedi da assemblare come fa la Fiat.
"Sergio":
Premesso il solito "a quanto ne so io", sono esportazioni e fanno parte del PIL. I prodotti "non finiti" non entrano nel PIL solo se sono usati da imprese operanti sul territorio nazionale; in questo caso, solo in questo caso, rientrano nei consumi intermedi. Se vengono esportati, fanno parte del PIL.
Chiarito questo punto, ora sappiamo che la Gemania esporta prevalentemente prodotti finiti, ma importa in misura sicuramente molto elevata materie prime e semilavorati, quindi alla fine il PIL non è influenzato troppo positivamente da tutto questo, perchè quello che conta non è il valore delle esportazioni, ma la differenza esportazioni-importazioni. Quindi ad esempio Paesi come gli USA e la Cina che esportano meno della Germania potrebbero avere una differenza migliore perchè sono più autosufficienti soprattutto quanto a materie prime.
"Sergio":
Nonostante questo, la Germania è il primo esportatore al mondo. Nonostante abbia il costo del lavoro più alto tra i paesi OCSE (quindi, presumo, del mondo).
C'è un piccolo particolare: il costo della vita. In Giappone ad esempio i salari sono tra i più alti del mondo, e quindi anche il costo del lavoro, ma lo è anche il costo della vita. Quanto costa in Germania viaggiare sui treni? Sicuramente più che on Italia. Quanto costa una bicicletta, un paio di scarpe di qualità media, un appartamento in periferia o un affitto? Sono d'accordo che ultimamente il costo della vita è molto aumentato anche in Italia, ma da noi fra mercati ambulanti, saldi e offerte varie l'uomo della strada riesce ancora a sopravvivere mentre ho l'impressione che in Germania tutto è venduto al prezzo più alto possibile e non esiste il prodotto di fascia intermedia, perchè l'attività commerciale è ormai monopolizzata dalla grande distribuzione. E' tutto più razionale e veloce, ma la velocità si paga anche in termini di incidenti stradali.
I dati forniti da Sergio parlano di PIL PPA pro capite.
"Cheguevilla":
I dati forniti da Sergio parlano di PIL PPA pro capite.
E infatti è di questo che più correttamente si dovrebbe parlare, non tanto di costo del lavoro e di salari, che in sè non dicono niente. L'articolo di Sergio su Wikipedia è molto tecnico, ma se ho ben capito lo scopo del PIL PPA è anche di tenere conto del reale potere d'acquisto. Ma ritengo che i calcoli sulla cui base vengono restituiti i risultati richiederebbero un approfondimento che nè io nè l'uomo della strada saprebbero fare. Quindi mi fido e mi limito ad aggiungere che lo scopo delle organizzazioni internazionali, ONU, Banca mondiale, FMI, G8, G16, G18...dovrebbe essere quello di ridurre i divari tra i vari Paesi, e certamente, da questo punto di vista, il problema del divario tra Germania, Giappone e Italia è o dovrebbe essere il meno importante. Ma un governo unico dell'economia mondiale è possibile e auspicabile? E nelle mani di chi?
"Sergio":
In ogni caso, intendevo solo evidenziare che la Germania è un fulgido esempio della falsità della tesi secondo cui un elevato costo del lavoro nuoce alle esportazioni.
Hai ragione, se fosse possibile confrontare storie economiche del tutto differenti.
I have a dream.
Mi piacerebbe che, quando offro oltre a qualche numero anche le fonti, chi legge andasse a consultare le fonti invece di dire "ad esempio...potrebbero".
Germania: esportazioni 1.530 miliardi di dollari, importazioni 1.202 miliardi di dollari.
Stati Uniti: esportazioni 1.377 miliardi di dollari, importazioni 2.190 miliardi di dollari (molto peggio della Germania).
Cina: esportazioni 1.465 miliardi di dollari, importazioni 1.156 miliardi di dollari (più o meno lo stesso rapporto della Germania).
Fonte: https://www.cia.gov/library/publication ... -factbook/
This is not a dream
http://indexmundi.com/map/?t=0&v=89&r=xx&l=it
Germania $1361-1121=240$
Cina $1221-917=304
Germania-Cina 0-1 palla al centro

Uhm...Francesco Musotti contro Luigi Cavallaro e Guglielmo Forges Davanzati, un Davide contro due Golia. Mi sa che stavolta vincono i filistei (ved. commenti all'articolo
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/a-cosa-serve-la-finanziaria-2009/).
Vorrei anche autocitarmi quando ho parlato della concorrenza al dettaglio in Italia a confronto con la Germania:
Il crollo del nostro PIL PPA in seguito all'ingresso nell'euro dell'Italia, quando molti prezzi sono stati quasi automaticamente raddoppiati per cui ciò che costava 1000 lire ha iniziato a costare 1 euro, sarebbe stato probabilmente molto peggiore senza questa struttura del commercio e della produzione in Italia basata sulla micro impresa.
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/a-cosa-serve-la-finanziaria-2009/).
Vorrei anche autocitarmi quando ho parlato della concorrenza al dettaglio in Italia a confronto con la Germania:
"stepper":
Sono d'accordo che ultimamente il costo della vita è molto aumentato anche in Italia, ma da noi fra mercati ambulanti, saldi e offerte varie l'uomo della strada riesce ancora a sopravvivere mentre ho l'impressione che in Germania tutto è venduto al prezzo più alto possibile e non esiste il prodotto di fascia intermedia, perchè l'attività commerciale è ormai monopolizzata dalla grande distribuzione.
Il crollo del nostro PIL PPA in seguito all'ingresso nell'euro dell'Italia, quando molti prezzi sono stati quasi automaticamente raddoppiati per cui ciò che costava 1000 lire ha iniziato a costare 1 euro, sarebbe stato probabilmente molto peggiore senza questa struttura del commercio e della produzione in Italia basata sulla micro impresa.
Il crollo del reddito PPA è stato, a mio parere, dovuto ad un tasso di cambio parzialmente fittizio, ed al ricorso continuo all'indebitamento.
Senza l'utilizzo del debito per il consumo da parte dello Stato (questa è stata la differenza notevole), naturalmente sono venute meno alcune risorse, che ovviamente hanno ristretto i numeri.
P.S. i saldi e le offerte ci sono anche in Germania. La differenza è che, in Germania, il ragazzo di 16 anni non ha bisogno di andare in giro con gli abiti griffati.
La domanda in Italia è sempre stata largamente sostenuta. Qualcuno l'ha addirittura incoraggiata con divertenti spot pubblicitari.
Senza l'utilizzo del debito per il consumo da parte dello Stato (questa è stata la differenza notevole), naturalmente sono venute meno alcune risorse, che ovviamente hanno ristretto i numeri.
P.S. i saldi e le offerte ci sono anche in Germania. La differenza è che, in Germania, il ragazzo di 16 anni non ha bisogno di andare in giro con gli abiti griffati.
La domanda in Italia è sempre stata largamente sostenuta. Qualcuno l'ha addirittura incoraggiata con divertenti spot pubblicitari.
http://www.brunocosti.it/eventi_libro_schedalibro.php
Costi, che ha elaborato ed analizzato i dati dal 1995 al 2008, nota con rammarico che il Pil pro-capite italiano a parità di potere d’acquisto è aumentato un quinto meno della media dei 15 maggiori Paesi industrializzati, ovvero del 50% contro il 70%,1% con una progressione negativa sorprendente: cresceva poco meno della media tra il 1995 e il 2001 (-3,9%) penultimo dopo la Germania; è crollato a – 16,9% meno della media, dal 2001 al 2008, i primi anni dell’euro, penultimo dopo il Portogallo.
Costi, che ha elaborato ed analizzato i dati dal 1995 al 2008, nota con rammarico che il Pil pro-capite italiano a parità di potere d’acquisto è aumentato un quinto meno della media dei 15 maggiori Paesi industrializzati, ovvero del 50% contro il 70%,1% con una progressione negativa sorprendente: cresceva poco meno della media tra il 1995 e il 2001 (-3,9%) penultimo dopo la Germania; è crollato a – 16,9% meno della media, dal 2001 al 2008, i primi anni dell’euro, penultimo dopo il Portogallo.
Luigi Cavallaro
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/a-cosa-serve-la-finanziaria-2009/
Durante gli anni ’80 e fino alla prima metà degli anni ’90, sono state le ripetute svalutazioni della lira a consentire periodicamente alle nostre imprese di azzerare (o quasi) lo svantaggio competitivo accumulato con l’estero. E dalla seconda metà degli anni ’90 in poi, quando l’ingresso del nostro Paese prima nella banda ristretta e poi nella moneta unica ha reso impossibile la svalutazione, l’unico rimedio che si è sperimentato è stata la precarizzazione del lavoro, in modo da far loro recuperare sul versante del suo costo d’uso i margini di profitto erosi dalla minore competitività dei loro prodotti
E' chiaro che in questa situazione, anche un'inflazione meno galoppante del passato si fa sentire sul PIL PPA. La soluzione sarebbe deflazione da salari e da domanda, e probabilmente succederà qualcosa del genere se l'opzione sarà quella della riduzione del debito pubblico come i tagli all'istruzione sembrano far presagire. D'altronde questo è anche il settore in cui il Governo considera più gestibile la protesta per i disagi conseguenti ai tagli. Non vedo invece come la deflazione in sè possa suscitare proteste come dicono gli economisti sostenitori della stabilizzazione del debito pubblico. Senza contare che in una fase di riduzione del PIL la percentuale è destinata ad aumentare anche se il debito in sè non dovesse aumentare o addirittura diminuisse.
http://www.economiaepolitica.it/index.php/primo-piano/a-cosa-serve-la-finanziaria-2009/
Durante gli anni ’80 e fino alla prima metà degli anni ’90, sono state le ripetute svalutazioni della lira a consentire periodicamente alle nostre imprese di azzerare (o quasi) lo svantaggio competitivo accumulato con l’estero. E dalla seconda metà degli anni ’90 in poi, quando l’ingresso del nostro Paese prima nella banda ristretta e poi nella moneta unica ha reso impossibile la svalutazione, l’unico rimedio che si è sperimentato è stata la precarizzazione del lavoro, in modo da far loro recuperare sul versante del suo costo d’uso i margini di profitto erosi dalla minore competitività dei loro prodotti
E' chiaro che in questa situazione, anche un'inflazione meno galoppante del passato si fa sentire sul PIL PPA. La soluzione sarebbe deflazione da salari e da domanda, e probabilmente succederà qualcosa del genere se l'opzione sarà quella della riduzione del debito pubblico come i tagli all'istruzione sembrano far presagire. D'altronde questo è anche il settore in cui il Governo considera più gestibile la protesta per i disagi conseguenti ai tagli. Non vedo invece come la deflazione in sè possa suscitare proteste come dicono gli economisti sostenitori della stabilizzazione del debito pubblico. Senza contare che in una fase di riduzione del PIL la percentuale è destinata ad aumentare anche se il debito in sè non dovesse aumentare o addirittura diminuisse.