Un'introduzione alle varietà differenziabili

Paolo902
Sto seguendo un corso di Meccanica Razionale, nel quale si dà per scontata un sacco di Matematica che invece non ho mai visto seriamente. :lol:

Più precisamente, un concetto di cui si è solo vagamente accennato nell'introduzione del corso è quello di varietà differenziabile. Siccome la questione mi interessa parecchio e non posso aspettare futuri corsi di geometria differenziale per capire, mi sono letto un po' di roba sul Sernesi 2, ma ho bisogno di un aiuto per non perdermi [size=59](battuta scema: ho bisogno di un atlante! :-D )[/size]. Diciamo che mi servirebbe capire e formalizzare bene le definizioni e le prime proprietà, ma non voglio assolutamente perdermi in lemmi-teoremini che poi studierò in corsi successivi.

A parole, ho capito che una varietà differenziabile è uno spazio topologico che assomiglia localmente a un $RR^n$ e sul quale posso fare del calcolo differenziale, dopo aver introdotto un po' di roba. E' questa la filosofia?

Parlando in maniera un po' più formale, cominciamo a definire un po' di strumenti.

Def. (n-carta locale). Sia [tex]$X$[/tex] uno spazio topologico, [tex]U[/tex] un aperto in [tex]$X$[/tex] e [tex]\Omega[/tex] un aperto di [tex]$\mathbb{R}^{n}$[/tex]. Sia inoltre [tex]$\phi_{U}: U \to \Omega[/tex] un omeomorfismo. La coppia [tex](U, \phi_{U})[/tex] si chiama [tex]$n$[/tex]-carta locale.

Il Sernesi, poi, dà subito la definizione di n-carte locali compatibili. Precisamente, due n-carte locali [tex](U, \phi_{U}), (V,\psi_{V})[/tex] si dicono compatibili (di classe [tex]C^k[/tex]) se

    [*:byyd71nl] o l'intersezione [tex]U \cap V = \emptyset[/tex][/*:m:byyd71nl]
    [*:byyd71nl] oppure, nel caso in cui l'intersezione non sia vuota, l'applicazione [tex]\psi_{V}\circ\phi^{-1}_{U}[/tex] è un diffeomorfismo di classe [tex]C^{k}[/tex][/*:m:byyd71nl][/list:u:byyd71nl]

    Ora, il senso di questa definizione è: le due carte locali sono compatibili se "vanno d'accordo" sull'intersezione, cioè se le immagini di $U \cap V$ mediante i due omeomorfismi sono tra loro diffeomorfe. E' questo il senso? Ho capito bene?

    Adesso, posso leggere tutto ciò in termini di coordinate: le coordinate locali sarebbero niente altro che le componenti dell'omeomorfismo, giusto?

    E' giusto quanto ho scritto fino a qui? Qualcuno mi può suggerire un esempio che mi possa tenere a mente come riferimento?
    Se è giusto quanto ho scritto, più tardi proseguo (mi è comunque utile scrivere per vedere se ho ben compreso).

    Grazie :wink:

Risposte
dissonance
Vuoi un esempio? Prendi come $M$ un piano euclideo. Puoi introdurre su questo oggetto coordinate cartesiane, ovvero una applicazione $Phi: M \to RR^2, Phi=(x, y)$ che associ ad ogni punto $P\in M$ una coppia $(x(P), y(P))$ nel modo che sai. Chiaro che si tratta di un omeomorfismo: perciò possiamo chiamare $(M, Phi)$ una carta su $M$.

Ora prendiamo un'altra carta. Fissiamo un punto $O$ qualsiasi, per esempio l'origine del sistema di coordinate $(M, Phi)$, tiriamo una semiretta da $O$, magari proprio il semiasse negativo delle $x$ del sistema di coordinate $(M, Phi)$, e chiamiamo $U$ il piano $M$ privato di questa semiretta. $U$ è un aperto di $M$ e su di esso si possono introdurre coordinate polari, ottenendo una applicazione $Psi: U \to (0, infty) times (0, 2pi), Psi=(rho, theta)$ che pure è un omeomorfismo. Quindi anche $(U, Psi)$ è una carta di $M$, stavolta non definita ovunque ma su un aperto proprio.

Queste due carte sono $C^infty$-compatibili. Difatti l'applicazione (di transizione, o di cambiamento di coordinate) $Phi circ Psi^{-1}$ è la mappa $(rho, theta)\in (0, infty)times(0,2pi) \mapsto (rhocostheta, rho sin theta)\in RR^2-{x<=0, y=0}$, e si tratta di un omeomorfismo tra aperti di $RR^2$ $C^infty$-differenziabile con il suo inverso. Un fisico direbbe, più informalmente, che le equazioni di cambiamento di coordinate

${(x=rhocostheta), (y=rhosintheta):}$

sono regolari. Nota che abbiamo tagliato via una semiretta per evitare di introdurre singolarità nel sistema di coordinate polari.

Come vedrai più avanti, il problema principale che si pone a questo punto è dare in modo consistente una definizione di funzione differenziabile (da adesso in poi diciamo "differenziabile" sottointendendo "differenziabile di classe $C^infty$"). Su $RR^2$ questo si sa fare: una funzione $f: RR^2 to RR$ è una funzione reale di due variabili reali, e diremo che essa è differenziabile e è derivabile infinite volte rispetto ad ogni variabile.

Ora prendiamo una funzione $f:M \to RR$. Chiaramente noi vorremo che essa sia differenziabile se la sua espressione in coordinate cartesiane, ovvero la funzione $f_{Phi}=f circ Phi^{-1}$, è differenziabile. Ma d'altra parte sarebbe molto seccante se questo non comportasse che anche l'altra espressione, quella in coordinate polari, fosse differenziabile.

Ebbene, il fatto che le due carte siano $C^infty$-compatibili serve proprio ad escludere questa spiacevole eventualità. Infatti la funzione $f_{Psi}=f circ Psi^{-1}: (0, infty) \times (0, 2pi) \to RR$ è automaticamente differenziabile se lo è $f_{Phi}$: basta osservare che

$f_{Psi}=f circ Psi^{-1}= f circ Phi^{-1} circ (Phi circ Psi^{-1})$,

e la funzione di transizione $F_{Phi, Psi}=(Phi circ Psi^{-1})$ è differenziabile per quanto visto prima. Perciò

$f_{Psi}=f_{Phi}circ F_{Phi, Psi}$

è differenziabile in quanto composta di mappe differenziabili.

Ecco, questo è un esempio standard. Comunque da quanto scrivi vedo che hai afferrato i concetti fondamentali. Puoi provare a dare una lettura alle pagine 27-32 del testo di Spivak A comprehensive introduction to differential geometry vol.I, dove trovi spiegati questi concetti con dei disegni.

Paolo902
Ciao dissonance, grazie per la tua esauriente risposta. :D

L'esempio che mi porti mi è chiaro e ti ringrazio molto perchè mi ha illuminato. Permettimi una domanda: la cosa si può generalizzare in questo modo?

Nel caso semplice da te proposto, M è un piano euclideo. Mettiamo però di prendere una superficie [tex]\mathcal{S}[/tex] in [tex]\mathbb{R}^3[/tex], una cosa del tipo $f(x,y,z)=0$ (in [tex]\mathbb{R}^{n}[/tex] si chiamerebbe ipersuperficie, vero?). Poi ne tagliamo via i pezzi "brutti" e supponiamo di tenere una fetta di superficie bella, liscia, con la proprietà che [tex]\displaystyle \frac{\partial f}{\partial z} \ne 0[/tex] in ogni punto; sotto questa ipotesi, per il teorema della funzione implicita, posso esplicitare localmente (in ogni punto) la superficie come grafico di una funzione [tex]z=g(x,y)[/tex]. A questo punto, mi costruisco la carta che a ogni punto del piano [tex]xy[/tex] ci attacca lo [tex]$z$[/tex] corrispondente sulla superficie. Ecco, la domanda è: questa è davvero una carta? E' un omeomorfismo tra la mia [tex]\mathcal{S}[/tex] e il piano [tex]$\mathbb{R}^2$[/tex]?

Non riesco a vederle bene queste cose, mi perdo qualcosa e non riesco - come vedi - a formalizzare bene il discorso.

Nella mia mente, ho un esempio: se prendo una roba del tipo [tex]$z-x^2-y^2=0$[/tex], noto che è [tex]\displaystyle \frac{\partial f}{\partial z}=1 \ne 0[/tex] per ogni punto in [tex]\mathbb{R}^3[/tex], e quindi posso esplicitare nella maniera ovvia [tex]$z=x^2+y^2$[/tex]. Allora scrivo [tex]\Phi: \mathbb{R}^{2} \to S[/tex] che lavora così [tex](x,y) \mapsto (x,y,x^2+y^2)[/tex]. Ma questo è un omeomorfismo? Allora quali sono le coordinate che posso mettere sul paraboloide?

"dissonance":

Ecco, questo è un esempio standard. Comunque da quanto scrivi vedo che hai afferrato i concetti fondamentali. Puoi provare a dare una lettura alle pagine 27-32 del testo di Spivak A comprehensive introduction to differential geometry, dove trovi spiegati questi concetti con dei disegni.


Bene, grazie anche per il riferimento bibliografico. :wink:

dissonance
Continua a leggere il Sernesi. Fra uno o due paragrafi arriverai alla definizione di "sottovarietà di $RR^N$" dove troverai tutte le spiegazioni che stai cercando. Comunque tutte le tue intuizioni sono corrette, e nel caso del paraboloide le coordinate che puoi mettere sono le applicazioni che ad ogni punto $(x, y, x^2+y^2)$ associano $x$ e $y$ rispettivamente. Formalmente hai una carta $Phi: S \to RR^2, Phi(x, y, x^2+y^2)=(x, y)$.

Paolo902
Ah, bene. Allora proseguo a leggere il Sernesi, e scrivo qui quello che imparo.

Definite le carte locali e la condizione di compatibilità, definisco un [tex]n[/tex]-atlante su [tex]X[/tex] come una famiglia di carte locali [tex]\left\{ (U_{\lambda}, \phi_{\lambda})\right\}_{\lambda \in I}[/tex] da $X$ in [tex]\mathbb{R}^n[/tex] che coprano tutto lo spazio in maniera compatibile, cioè che siano compatibili a due a due e in maniera tale che [tex]\left\{ U_{\lambda}\right\}_{\lambda \in I}[/tex] sia un ricoprimento di [tex]$X$[/tex].

A questo punto, sono pronto per dare la definizione centrale.

Definizione. Uno spazio topologico [tex]$X$[/tex], di Hausdorff e a base numerabile, munito di un [tex]n[/tex]-atlante, si chiama varietà differenziabile di dimensione [tex]n[/tex].

Esempi immediati:

(i) [tex]\mathbb{R}^{n}[/tex] è una varietà differenziabile: l'atlante si riduce ad una carta sola, la mappa identica, che è ovviamente un omeomorfismo ed è [tex]$C^{\infty}$[/tex]-compatibile con se stessa ( :D ).

(ii) Mutatis mutandis (di poco), osservo che ogni aperto $\Omega \subseteq \mathbb{R}^n$ è una varietà: l'atlante ha di nuovo una sola carta, l'immersione.

Altri esempi notevoli si ottengono considerando delle sottovarietà immerse in un [tex]\mathbb{R}^n[/tex]. Prendiamo un'applicazione differenziabile (che diremo parametrizzazione) [tex]$f: \mathbb{R}^n \supseteq A \to \mathbb{R}^m$[/tex] tale per cui l'immagine [tex]f(A)[/tex] è diffeomorfa ad [tex]A[/tex]. Allora [tex]$f(A)$[/tex] si chiama sottovarietà di dimensione [tex]n[/tex].

Ok?

Ora, se ho capito bene, per mettere le coordinate locali devo invertire la mia parametrizzazione. Come posso scrivere tutto questo con l'esempio del paraboloide? La mia superficie è una sottovarietà immersa in [tex]\mathbb{R}^3[/tex]: posso considerare la funzione [tex]f: \mathbb{R}^2 \to \mathbb{R}^3[/tex] che manda [tex]$(x,y) \mapsto (x,y,g(x,y))$[/tex]. Questa sarebbe la mia parametrizzazione?

Quindi le coordinate sul paraboloide sono date invertendo la parametrizzazione (ovviamente ristretta all'immagine) e sono quelle data dalla carte che scrivevi tu sopra. Ci siamo?

Ora una domanda da un milione di dollari: che me ne faccio di tutto questo? Ora ho gli strumenti per fare del calcolo differenziale (era quello il mio obiettivo, no)?

Grazie mille, come al solito ;-)

dissonance
tale per cui
Aaarrghh!!! [size=75]eh eh, no scherzo! Però davvero questa è una locuzione che trovo a dir poco terribile. "Tale che" non ti piace? Comunque, de gustibus.[/size]

Allora, si grosso modo ci sei. "Sottovarietà" è un termine che ha un significato più ampio: la tua $f(A)$ è una sottovarietà, ma ce ne sono anche di altro tipo. Poi qua dipende molto dall'autore che stai leggendo: con Alex l'anno scorso discutemmo per giorni della questione, cercando di uniformare un po' il linguaggio. Però adesso lascia stare, non ti invischiare in questa storia altrimenti ti perdi. Visto che hai scelto Sernesi, sappi che quel libro introduce prima le "sottovarietà di $RR^N$", e poi dopo qualche pagina parla di "sottovarietà" in un contesto più generale che ingloba le "sottovarietà di $RR^N$" come caso particolare. E' un modo di procedere non standard ma che ha il vantaggio di maggiore concretezza: ci sono certi libri di geometria differenziale che sono veramente MOLTO astratti.

Per il paraboloide, ok. Osserva che qui hai una varietà ricoperta da una carta sola. Il che non è strano perché essenzialmente il paraboloide "è" il piano a meno di una deformazione molto regolare: più formalmente, il paraboloide è diffeomorfo al piano. Vabbè, cose che sicuramente sai già.

Infine, la domanda da un milione di dollari. Rispondere è un po' difficile: in primo luogo io sono tutto meno che un esperto, già su questo forum gira gente parecchio più brava di me. Comunque, la mia opinione: certo, introducendo il formalismo degli atlanti differenziabili si sistematizza il calcolo differenziale sulle varietà, come dici tu. Ad esempio le "derivate rispetto alle coordinate polari" che si incontrano sempre in fisica e anche in analisi acquistano qui la loro collocazione stabile. Ma se fosse tutto qui, allora non si capirebbe perché fare tutto questo bailamme con la teoria generale quando sarebbe ampiamente sufficiente restare nell'ambito delle sottovarietà di $RR^N$. Difatti i libri di "calculus on manifolds", almeno quelli che conosco io, restano tutti in questo ambito. Però qua la finisco di parlare io e rinvio a questo link:

http://math.stackexchange.com/q/26551/8157

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