Sulle mappe fra superfici (o aperti di $RR^{n}$)
Stavo rileggendo alcune cose di Geometria differenziale sull'Abate-Tovena e temo di essermi un po' confuso sulla definizione di "differenziale" (nel contesto della Geometria differenziale della superficie, appunto).
Mi è chiara la definizione che si dà - diciamo così - in Analisi, ma non riesco a capire la definizione più generale su superfici.
Mi spiego meglio:
1) sia $S \subset \RR^{3}$ una superficie e $p \in S$. Diciamo che una funzione $f: S \to RR$ è differenziabile in $p$ se esiste una parametrizzazione locale in $p$ (cioè una mappa $\phi: U \to \RR^{3}$, $U$ aperto di $RR^{2}$ con le ben note proprietà) tale che $f \circ phi: U \to \RR$ è differenziabile (come funzione dell'Analisi II, per intenderci
) in un intorno di $\phi^{-1}(p)$.
E fin qui direi che non ci sono problemi. Si può dimostrare (e sono un po' di conti, ma nulla di più) che la definizione è ben posta (in sostanza, non dipende dalla parametrizzazione: questo perchè il cambio di coordinate su una superficie è un diffeomorfismo).
2) Poi però non capisco perchè, nelle stesse ipotesi ma con $f: S \to RR^{n}$, definisce il differenziale di $f$ in $p$ come $df_p: T_pS \to \RR^{n}$, $v \mapsto (F\circ \sigma)'(0)$, dove $\sigma: (-varepsilon, varepsilon) \to S$ è una qualsiasi curva su $S$, con $sigma(0)=p$, $\sigma'(0)=v$ e $T_pS$ è il piano tangente in $p$ a $S$.
Perchè introdurre solo adesso la curva? Le due definizioni mi sembrano così diverse... Quale delle due è giusta? Tempo fa avevo anche capito la cosa, ma ora sono confuso.
Se avete voglia, mi dareste una mano con questo esempio? (E' un esercizio del libro, lo voglio svolgere per capire)
Voglio mostrare che il differenziale di $F: \mathbb S^{2} \to \R^{3}$, che manda $(x,y,z) \mapsto (x^2-y^2, xy, yz)$ è iniettivo su tutta $\mathbb S^{2} setminus \{\pm N, \pm E\}$ (dove $N:=(0,0,1)$ e $E:=(1,0,0)$). Insomma, iniettivo dovunque tranne nei "poli" nord, sud, est, ovest.
Che cosa devo fare? Prendo una parametrizzazione locale di $\mathbb S^{2}$ (magari la proiezione stereografica?) e inizio a fare i conti? O mi invento una curva? Io ho provato a fare i conti con le coordinate sferiche, ma è un massacro... Alla fine tutto si dovrebbe ridurre a mostrare che una matrice ($3 \times 2$) ha sempre rango 2: già, ma che matrice?
Grazie in anticipo.
Mi è chiara la definizione che si dà - diciamo così - in Analisi, ma non riesco a capire la definizione più generale su superfici.
Mi spiego meglio:
1) sia $S \subset \RR^{3}$ una superficie e $p \in S$. Diciamo che una funzione $f: S \to RR$ è differenziabile in $p$ se esiste una parametrizzazione locale in $p$ (cioè una mappa $\phi: U \to \RR^{3}$, $U$ aperto di $RR^{2}$ con le ben note proprietà) tale che $f \circ phi: U \to \RR$ è differenziabile (come funzione dell'Analisi II, per intenderci

E fin qui direi che non ci sono problemi. Si può dimostrare (e sono un po' di conti, ma nulla di più) che la definizione è ben posta (in sostanza, non dipende dalla parametrizzazione: questo perchè il cambio di coordinate su una superficie è un diffeomorfismo).
2) Poi però non capisco perchè, nelle stesse ipotesi ma con $f: S \to RR^{n}$, definisce il differenziale di $f$ in $p$ come $df_p: T_pS \to \RR^{n}$, $v \mapsto (F\circ \sigma)'(0)$, dove $\sigma: (-varepsilon, varepsilon) \to S$ è una qualsiasi curva su $S$, con $sigma(0)=p$, $\sigma'(0)=v$ e $T_pS$ è il piano tangente in $p$ a $S$.
Perchè introdurre solo adesso la curva? Le due definizioni mi sembrano così diverse... Quale delle due è giusta? Tempo fa avevo anche capito la cosa, ma ora sono confuso.
Se avete voglia, mi dareste una mano con questo esempio? (E' un esercizio del libro, lo voglio svolgere per capire)
Voglio mostrare che il differenziale di $F: \mathbb S^{2} \to \R^{3}$, che manda $(x,y,z) \mapsto (x^2-y^2, xy, yz)$ è iniettivo su tutta $\mathbb S^{2} setminus \{\pm N, \pm E\}$ (dove $N:=(0,0,1)$ e $E:=(1,0,0)$). Insomma, iniettivo dovunque tranne nei "poli" nord, sud, est, ovest.
Che cosa devo fare? Prendo una parametrizzazione locale di $\mathbb S^{2}$ (magari la proiezione stereografica?) e inizio a fare i conti? O mi invento una curva? Io ho provato a fare i conti con le coordinate sferiche, ma è un massacro... Alla fine tutto si dovrebbe ridurre a mostrare che una matrice ($3 \times 2$) ha sempre rango 2: già, ma che matrice?
Grazie in anticipo.

Risposte
Io la vedo così. In queste cose c'è spesso la possibilità di un duplice approccio: "locale", con coordinate, o "globale", senza coordinate. L'approccio locale usa coordinate per ricondursi al caso familiare degli spazi euclidei, quello globale no. Per la definizione 1) si sta usando l'approccio locale, cosa tra l'altro inevitabile visto che la differenziabilità è una proprietà di natura, appunto, locale. Invece per la 2) si sta usando l'altro approccio, senza coordinate. Altrimenti si sarebbe definito il differenziale in \(p\) come applicazione lineare associata alla matrice Jacobiana della \(f\) rispetto ad un sistema di coordinate, osservando poi che la definizione è ben posta nel senso che scegliendo un altro sistema di coordinate si sarebbe ottenuta la stessa applicazione lineare (la matrice Jacobiana si trasforma bene per cambiamenti di coordinate, direbbe un fisico).
Quella definizione poi ha perfettamente senso perché stai dicendo che \(df_p\) applica un vettore tangente ad \(S\) in \(p\), individuato dalla curva \(\sigma\), nel vettore tangente ad \(\mathbb{R}^n\) in \(f(p)\) ottenuto "spingendo avanti" \(\sigma\) mediante \(f\). Se hai studiato i fibrati vettoriali, saprai che questa è la restrizione alla fibra su \(p\) di una bundle map \(f_\star \colon TS \to T\mathbb{R}^n = \mathbb{R}^n\times \mathbb{R}^n\).
Nell'esempio specifico, devi fare dei conti concreti e quindi io direi che conviene passare all'approccio con coordinate: fissa un punto \(p\), calcola la matrice Jacobiana della \(f\) in \(p\) e vedi che rango ha.
Quella definizione poi ha perfettamente senso perché stai dicendo che \(df_p\) applica un vettore tangente ad \(S\) in \(p\), individuato dalla curva \(\sigma\), nel vettore tangente ad \(\mathbb{R}^n\) in \(f(p)\) ottenuto "spingendo avanti" \(\sigma\) mediante \(f\). Se hai studiato i fibrati vettoriali, saprai che questa è la restrizione alla fibra su \(p\) di una bundle map \(f_\star \colon TS \to T\mathbb{R}^n = \mathbb{R}^n\times \mathbb{R}^n\).
Nell'esempio specifico, devi fare dei conti concreti e quindi io direi che conviene passare all'approccio con coordinate: fissa un punto \(p\), calcola la matrice Jacobiana della \(f\) in \(p\) e vedi che rango ha.
Non capisco, ma la prima definizione dice quando una funzione è differenziabile, non dice come calcolare il differenziale e cosa questo è o sbaglio?
A parte le questioni di teoria che lascio a dissonance che ne sa più di me, ti dico che i conti con coordinate sferiche non mi risultano difficili, Paolo90, forse solo un po' lunghetti... potresti provare ad insistere... poi magari esiste la soluzione senza conti, non so vediamo che dicono gli altri...
A parte le questioni di teoria che lascio a dissonance che ne sa più di me, ti dico che i conti con coordinate sferiche non mi risultano difficili, Paolo90, forse solo un po' lunghetti... potresti provare ad insistere... poi magari esiste la soluzione senza conti, non so vediamo che dicono gli altri...
Non ne so molto sull'argomento ma, forse, questa dispensa di Gianni Gilardi potrebbe aiutare a correlare le due definizioni di differenziale.
Per la precisione, il paragrafo 4 ed il teorema 4.5.
Per la precisione, il paragrafo 4 ed il teorema 4.5.
Vi ringrazio molto per le vostre risposte.
Dissonance, mi è chiaro il discorso su locale-globale: grazie mille per le spiegazioni. Sono un po' arrugginito sui fibrati (dovrei proprio riprenderli per bene, li ho incontrati solamente in un corso di Fisica Matematica).
Non sbagli, Thomas. Il punto è che il libro dà la prima definizione che ho riportato subito dopo aver dato quella di superficie: in altre parole, inserisce un paragrafo sulle "funzioni differenziabili" tra il paragrafo sulla definizione di superficie e quello sul piano tangente. Non so perchè, credo anche io che sia una scelta quanto meno singolare, ma devo ammettere che è un bel libro (a tratti pesante il formalismo, ma va bene, penso sia una caratteristica intrinseca della Geometria differenziale
).
Ok, facciamo questi conti. Prendiamo l'atlante su $\mathbb S^{2}$ dato da $\mathcal{A}:= \{(phi_1, U_1), (\phi_2,U_2)\}$ dove:
Dissonance, mi è chiaro il discorso su locale-globale: grazie mille per le spiegazioni. Sono un po' arrugginito sui fibrati (dovrei proprio riprenderli per bene, li ho incontrati solamente in un corso di Fisica Matematica).
"Thomas":
Non capisco, ma la prima definizione dice quando una funzione è differenziabile, non dice come calcolare il differenziale e cosa questo è o sbaglio?
Non sbagli, Thomas. Il punto è che il libro dà la prima definizione che ho riportato subito dopo aver dato quella di superficie: in altre parole, inserisce un paragrafo sulle "funzioni differenziabili" tra il paragrafo sulla definizione di superficie e quello sul piano tangente. Non so perchè, credo anche io che sia una scelta quanto meno singolare, ma devo ammettere che è un bel libro (a tratti pesante il formalismo, ma va bene, penso sia una caratteristica intrinseca della Geometria differenziale

"dissonance":
Nell'esempio specifico, devi fare dei conti concreti e quindi io direi che conviene passare all'approccio con coordinate: fissa un punto \(p\), calcola la matrice Jacobiana della \(f\) in \(p\) e vedi che rango ha.
"Thomas":
A parte le questioni di teoria che lascio a dissonance che ne sa più di me, ti dico che i conti con coordinate sferiche non mi risultano difficili, Paolo90, forse solo un po' lunghetti... potresti provare ad insistere... poi magari esiste la soluzione senza conti, non so vediamo che dicono gli altri...
Ok, facciamo questi conti. Prendiamo l'atlante su $\mathbb S^{2}$ dato da $\mathcal{A}:= \{(phi_1, U_1), (\phi_2,U_2)\}$ dove:
[*:1oh6bd84] $U_1=U_2=(0,\pi) \times (0, 2\pi)$ sono aperti del piano; [/*:m:1oh6bd84]
[*:1oh6bd84] [tex]\phi_1 \colon U_1 \to \mathbb R^{3}[/tex] è la parametrizzazione locale data da $(\theta, \psi) \mapsto (\sin\theta\cos\psi, \sin\theta\sin\psi, cos\theta)$.[/*:m:1oh6bd84]
[*:1oh6bd84] [tex]\phi_2 \colon U_2 \to \mathbb R^{3}[/tex] è la parametrizzazione locale data da $(\theta, \psi) \mapsto (-\sin\theta\cos\psi, \cos\theta, -\sin\psi\sin\theta)$.[/*:m:1oh6bd84][/list:u:1oh6bd84]
Faccio i conti solo in un caso, l'altro sarà analogo. Fissiamo un punto $p$ su $\mathbb S^{2}$ e supponiamo che $p \in \phi_1(U_1)$ e calcoliamo quindi $F\circ \phi_1$: si ha che
\[
F\circ\phi_1(\theta, \psi)\mapsto (\sin^2{\theta}\cos(2\psi), \frac{1}{2}\sin^2{\theta}\sin{2\psi}, \frac{1}{2}\sin{2\theta}\sin{\phi})
\]
Semplici ma tediosi conti mi conducono a $ J(F\circ\phi_1)= ( ( \sin(2\theta)\cos(2\psi) ,-2\sin^{2}(\theta)\sin(2\psi) ),( \frac{1}{2}\sin(2\theta)\sin(2\psi) , sin^{2}(\theta)\cos(2\psi) ),( \cos(2\theta)\sin(\psi) , \frac{1}{2}sin(2\theta)\cos(\psi) ) )$. Ci siamo? Io un modo furbo per studiare il rango ora non lo vedo, bisognerà passare dai minori... Ora provo a fare i conti.
Sono contento comunque perchè fin qui c'ero arrivato: più che altro avevo il netto sentore di aver mancato una scorciatoia.
Infine, ringrazio ancora tutti, anche Leo per la preziosa referenza bibliografica.
