Spazio/sottospazio vettoriale dei polinomi
Buondì,
mi iscrivo per una domanda che mi è sorta durante lo studio.
Mi è stato fatto vedere come R[x] spazio di polinomi di qualsiasi grado si a spazio vettoriale e come Rn[x] polinomi fino al grado n sia un suo sottospazio.
Sappiamo che una verifica di condizione necessaria per essere sottospazio vettoriale è che sia dotato dello zero, e ovviamente lo zero del sottospazio è lo stesso di quello dello spazio iniziale. Quindi noto lo 0 dello spazio se vedo che non sta in quello che è candidato ad essere sottospazio concludo che quello in esame non è sottospazio.
Intendendo i polinomi di grado superiore a n+1 come con coefficienti nulli è facile vedere che lo 0 di R[x] è in Rn[x], insomma è lo stesso.
Tuttavia il professore ci ha fatto vedere come lo spazio R[x] sia più "grande"[nota]insomma, formalmente di dim maggiore[/nota] di Rn[x]. Infatti mentre R[x] è isomorfo a n-uple di qualsiasi valore di n, Rn[x] è isomorfo a n-uple con n fissato dal grado massimo.
Il dubbio però sorge qui: a questo punto vista così lo zero non è più lo stesso (il sottospazio ha una n-upla più corta).
Deduco che ho compreso male qualcosa, allora la mia idea a questo punto è di considerare per Rn[x] n-uple di qualsiasi n, anche maggiiore dell'n grado di Rn[x], però con tutti i termini successivi a n nulli. In tal modo preservo lo zero (che è medesimo per spazio e sottospazio) e anche la dimensione dato che le n-uple massime linearmente indipendenti sono prendendo la base canonica in numero n che quindi sarà la dim di Rn[x].
Potrebbe esser corretto? Ringrazio
mi iscrivo per una domanda che mi è sorta durante lo studio.
Mi è stato fatto vedere come R[x] spazio di polinomi di qualsiasi grado si a spazio vettoriale e come Rn[x] polinomi fino al grado n sia un suo sottospazio.
Sappiamo che una verifica di condizione necessaria per essere sottospazio vettoriale è che sia dotato dello zero, e ovviamente lo zero del sottospazio è lo stesso di quello dello spazio iniziale. Quindi noto lo 0 dello spazio se vedo che non sta in quello che è candidato ad essere sottospazio concludo che quello in esame non è sottospazio.
Intendendo i polinomi di grado superiore a n+1 come con coefficienti nulli è facile vedere che lo 0 di R[x] è in Rn[x], insomma è lo stesso.
Tuttavia il professore ci ha fatto vedere come lo spazio R[x] sia più "grande"[nota]insomma, formalmente di dim maggiore[/nota] di Rn[x]. Infatti mentre R[x] è isomorfo a n-uple di qualsiasi valore di n, Rn[x] è isomorfo a n-uple con n fissato dal grado massimo.
Il dubbio però sorge qui: a questo punto vista così lo zero non è più lo stesso (il sottospazio ha una n-upla più corta).
Deduco che ho compreso male qualcosa, allora la mia idea a questo punto è di considerare per Rn[x] n-uple di qualsiasi n, anche maggiiore dell'n grado di Rn[x], però con tutti i termini successivi a n nulli. In tal modo preservo lo zero (che è medesimo per spazio e sottospazio) e anche la dimensione dato che le n-uple massime linearmente indipendenti sono prendendo la base canonica in numero n che quindi sarà la dim di Rn[x].
Potrebbe esser corretto? Ringrazio
Risposte
La risposta breve a questa domanda è che è vero, la differenza tra due zeri in spazi diversi esiste, ma è insignificante.
Ciao, grazie mille per la risposta in primis 
Posso chiederti qualche dettaglio in più? Siccome il mio dubbio sorgeva per la n-upla associata a Rn[x], che ha "lunghezza" n, mentre in generale per un polinomio di R[x] ho lunghezza differente di volta in volta non avendo un limite superiore al grado.
Mi chiedevo se, l'idea esposta a fine della mia domanda iniziale fosse giusta. GRazie

Posso chiederti qualche dettaglio in più? Siccome il mio dubbio sorgeva per la n-upla associata a Rn[x], che ha "lunghezza" n, mentre in generale per un polinomio di R[x] ho lunghezza differente di volta in volta non avendo un limite superiore al grado.
Mi chiedevo se, l'idea esposta a fine della mia domanda iniziale fosse giusta. GRazie

In realtà, come hai detto, un elemento di quello che chiami $R_n[x]$ è semplicemente un polinomio i cui coefficienti dei termini di grado maggiore di $n$ sono tutti nulli. Quindi lo zero dei due spazi che consideri è proprio lo stesso.
Posso chiederti qualche dettaglio in più?Sì.
A originare la confusione è la possibilità di pensare i vari \(\mathbb R[X]_{\le n}\) in due modi sottilmente diversi:
1. Come sottospazi \(\mathbb R[X]_{\le n} \hookrightarrow \mathbb R[X]\) di uno spazio "universale" che li contiene tutti quanti.
2. Come spazi vettoriali a loro stanti, che hanno la proprietà di ammettere delle immersioni \(\mathbb R[X]_{\le n} \to \mathbb R[X]\) "astratte".
Chiaramente i due punti di vista non possono coesistere allo stesso tempo; il punto è che questa differenza è puramente sintattica, cioè è specifica alla particolare maniera in cui hai costruito \(\mathbb R[X]_{\le n}\) e \(\mathbb R[X]\) (per esempio, non c'è alcuna differenza tra \(\mathbb R[X]_{\le 2}\) e lo spazio vettoriale $S$ delle soluzioni dell'equazione differenziale \(y'''+y''+y'+y=0\), oppure lo spazio $T$ delle soluzioni del sistema lineare \(\{z=0\}\) in \(\mathbb R^4\) pensato come l'insieme delle quaterne \((x,y,z,t)\) di numeri reali; e non c'è alcuna differenza sostanziale tra \(\mathbb R[X]\) e lo spazio vettoriale \(\mathbb R^{(\mathbb N)}\) delle funzioni \(p : \mathbb N\to\mathbb R\) a supporto finito). Incidentalmente, il fatto stesso che tu stia pensando a \(\mathbb R[X]\) come a "$n$-uple di qualsiasi grado [posto che esista un indice per cui la successione dei coefficienti del tuo polinomio, cioè dei valori della tua funzione, sia definitivamente nulla]" si basa sulla possiblità di immergere \(\mathbb R[X]\cong \mathbb R^{(\mathbb N)}\) nello spazio di tutte le funzioni \(\mathbb R^{\mathbb N}\), anche con infiniti coefficienti non nulli; questo è lo spazio vettoriale delle serie formali a coefficienti reali.
L'assenza di differenze sostanziali si traduce, formalmente, nella presenza di un isomorfismo \(\mathbb R[X]_{\le n}\cong S\cong T\), e di un isomorfismo \(\mathbb R[X] \cong \mathbb R^{(\mathbb N)}\). Strutture isomorfe non vanno distinte; soprattutto perché non possono essere distinte mediante delle proprietà significative, le quali cioè riguardino una loro proprietà intrinseca, non relativa al particolare "nome" che è stato dato agli elementi che le compongono.
Ora, in 1. quello che stai affermando è che esistono delle inclusioni insiemistiche \(\mathbb R[X]_{\le n} \hookrightarrow \mathbb R[X]\) definite dal mandare a zero tutte le coordinate dopo la n-esima, e più precisamente esistono delle mappe di "transizione" \(\mathbb R[X]_{\le n} \to \mathbb R[X]_{\le n+1}\) che mandano un polinomio \(a_nX^n+\dots +a_1X+a_0\) in \(0X^{n+1}+a_nX^n+\dots +a_1X+a_0\) ...cioè nel polinomio stesso, in questa rappresentazione: ma vedi bene come questo sia solo un agio dovuto alla sintassi in cui stai esprimendo il problema. Allo stesso modo esistono mappe di transizione analoghe \(\mathbb R^n\to\mathbb R^{n+1}\) definite da \(\left(\begin{smallmatrix}x_1\\ \vdots\\ x_n\end{smallmatrix}\right)\mapsto\left(\begin{smallmatrix}x_1\\ \vdots\\ x_n\\0\end{smallmatrix}\right)\), e sebbene anche questa differenza sia infinitesimale (i due vettori coincidono, a meno di un padding di zeri), essa è più apprezzabile.
La tua confusione nasce da qui: a volte consideri un vettore trattandolo come \(\left(\begin{smallmatrix}x_1\\ \vdots\\ x_n\end{smallmatrix}\right)\), e a volte come \(\left(\begin{smallmatrix}x_1\\ \vdots\\ x_n\\0\\\vdots\\0\end{smallmatrix}\right)\); il punto è che farlo ti è permesso, dato che nessuna proprietà veramente rilevante di \(\mathbb R[X]_{\le 3}\) cambia quando consideri i suoi elementi come quaterne di reali, o come quaterne di reali con un po' di zeri in fondo ...e se è per questo, nemmeno quando li consideri come quaterne di reali della forma \(\left(\begin{smallmatrix}a\\0\\0\\b\\c\\d\\0\end{smallmatrix}\right)\), o della forma \(\left(\begin{smallmatrix}a\\0\\b\\0\\c\\0\\d\end{smallmatrix}\right)\), o della forma \(\left(\begin{smallmatrix}0\\0\\0\\a\\b\\c\\d\end{smallmatrix}\right)\)... possiamo cioè considerare un sacco di altre maniere di costruire delle immersioni \(\mathbb R[X]_{\le 3}\hookrightarrow \mathbb R[X]_{\le 6}\), esattamente una per ogni funzione iniettiva \(\{0,1,2,3\}\to \{0,\dots,7\}\) (quante ne esistono? Contale.) perché ciascuna $f$ siffatta indurrà una inclusione \(\mathbb R[X]_{\le 3}\hookrightarrow \mathbb R[X]_{\le 6}\) definita sulle componenti da \(\sum a_i X^i\mapsto a_i X^{fi}\).
Del resto ora sorge il problema: qual è l'inclusione "giusta" tra tutte queste? E la risposta è nessuna, o meglio, la risposta è "l'inclusione che più conviene a rendere semplice il risultato". Similmente, uno spazio vettoriale non ha una base "giusta" e una "sbagliata", l'importante è saper tradurre dalla mia base (la quale che discorsi, è giusta per definizione, perché è mia: ce ne sono tante come lei, ma questa è mia) alla tua.
Una maniera per rendere più convincente (cioè, più formale) l'irrilevanza della scelta di quale famiglia di inclusioni scegliere è questa: la famiglia \(\{\iota_{n,n+1} : \mathbb R[X]_{\le n}\hookrightarrow \mathbb R[X]_{\le n+1}\mid n\in\mathbb N\}\) che fa un padding di zeri in fondo a un vettore forma un sistema diretto, cioè si può sistemare in una catena
\[\begin{CD}
\mathbb R= \mathbb R[X]_{\le 0} @>\iota_{01}>> \mathbb R[X]_{\le 1} @>\iota_{12}>> \mathbb R[X]_{\le 2} @>\iota_{23}>> \dots
\end{CD}\] il cui limite diretto è proprio \(\mathbb R[X]\); ovverosia, \(\mathbb R[X]\) è lo spazio vettoriale con la seguente proprietà:
p1. Esiste una famiglia di funzioni lineari \(j_n : \mathbb R[X]_{\le n}\to \mathbb R[X]\) con la proprietà che \(j_n = j_{n+1}\circ \iota_{n,n+1}\);
p2. per ogni altra famiglia di funzioni lineari \(g_n : \mathbb R[X]_{\le n}\to V\) verso un qualsiasi altro spazio vettoriale $V$, tali che \(g_n = g_{n+1}\circ \iota_{n,n+1}\), esiste un'unica funzione lineare \(\mathbb R[X]\to V\) che risulta estendendo la famiglia delle \(g_n\).
Questo caratterizza \(\mathbb R[X]\) mediante una proprietà universale, e come conseguenza lo rende unico a meno di isomorfismo. Se mi dai un altro spazio vettoriale $U$ con la proprietà p1 e p2, allora $U$ e \(\mathbb R[X]\) sono isomorfi.
Ora: a formalizzare l'irrilevanza della scelta del modo di immergere \(\mathbb R[X]_{\le n}\) in \(\mathbb R[X]_{\le n+1}\) è il fatto che scegliendo una diversa famiglia \(\{\gamma_{n,n+1} : \mathbb R[X]_{\le n}\hookrightarrow \mathbb R[X]_{\le n+1}\mid n\in\mathbb N\}\) di funzioni iniettive, che fanno un padding di zeri alla testa del vettore, o che ne interpolano alcuni alla testa, altri alla coda, o che fanno cose più complicate, il risultato del limite diretto ottenuto a partire dalle \(\gamma_{n,n+1} \) è lo stesso (cioè è isomorfo in un unico modo) al limite diretto ottenuto a partire dalle \(\iota_{n,n+1} \). Questo segue dal fatto che, data una funzione lineare iniettiva \(f : V\to W\), esiste una decomposizione di \(W\) come somma diretta di un sottospazio isomorfo a $V$ -precisamente l'immagine di $f$- e di un sottospazio complementare $W'$, e usando questo fatto basilare si vede che è possibile scegliere questi isomorfismi \(W\cong \text{im}\gamma\oplus W'\) in maniera tale che tutti questi quadrati giustapposti
\[\begin{CD}
\mathbb R[X]_{\le 0} @>\gamma_{01}>> \mathbb R[X]_{\le 1} @>\gamma_{12}>> \mathbb R[X]_{\le 2} @>\gamma_{23}>> \dots @>>> \lim_{n\to\infty} \gamma_{n,n+1}\\
@|@|@|\\
\mathbb R @>\iota_{01}>> \mathbb R\oplus\mathbb R @>\iota_{12}>> \mathbb R\oplus\mathbb R\oplus\mathbb R @>\iota_{23}>> \dots @>>> \lim_{n\to\infty} \iota_{n,n+1}
\end{CD}\]
siano commutativi; da questo segue che sono isomorfi i limiti diretti della prima riga e della seconda riga, e quindi che il risultato del limite fatto nella riga superiore, con le \(\gamma_n\), continua a essere \(\mathbb R[X]\), che è quello che ottieni alla riga inferiore, perché usando il fatto che \(\mathbb R[X]=\lim \iota_{n,n+1}\) ha le proprietà p1 e p2 di \(\lim \gamma_{n,n+1}\), segue che esiste un unico isomorfismo \(\lim \gamma_{n,n+1}\cong \mathbb R[X]\).
[ot]Quanto è divertente brutalizzarvi...[/ot]
Presente! Brutalizzato
.
Ho capito, oddio forse è troppo supponente dire di aver capito alla perfezione (perché capire sarebbe poter riprodurre una risposta del genere, cosa che non saprei fare onestamente, perché davvero fitta di concetti che non padroneggio così bene) però credo (almeno questo sì) di aver capito il discorso.
E' molto interessante, e mi piacerebbe saper ragionare così, mi sembra che troppo spesso si semplifichino le cose rendendole invero meno chiare sui libri base: da nessuna parte avevo trovato una spiegazione così limpida. Invece una rispsota così, seppur ostica, fa capire a fondo.
La domanda rimane ora: come si raggiunge un tale livello di compresnione, dato che presto scordo le cose anche capite per me è un mistero, ma quello è un altro discorso
.
Grazie per il tempo che mi hai dedicato nella risposta

Ho capito, oddio forse è troppo supponente dire di aver capito alla perfezione (perché capire sarebbe poter riprodurre una risposta del genere, cosa che non saprei fare onestamente, perché davvero fitta di concetti che non padroneggio così bene) però credo (almeno questo sì) di aver capito il discorso.
E' molto interessante, e mi piacerebbe saper ragionare così, mi sembra che troppo spesso si semplifichino le cose rendendole invero meno chiare sui libri base: da nessuna parte avevo trovato una spiegazione così limpida. Invece una rispsota così, seppur ostica, fa capire a fondo.
La domanda rimane ora: come si raggiunge un tale livello di compresnione, dato che presto scordo le cose anche capite per me è un mistero, ma quello è un altro discorso

Grazie per il tempo che mi hai dedicato nella risposta
mi sembra che troppo spesso si semplifichino le cose rendendole invero meno chiare sui libri baseE' vero, e mi ha sempre fatto incazzare.
come si raggiunge un tale livello di compresnioneQuello che ho fatto io è: non farmi andare mai bene le risposte che i deficienti che cercavano di educarmi mi propinavano, e quando ho trovato qualcuno che ragionava come volevo ragionare io, l'ho ascoltato. Probabilmente è una ricetta per la comprensione. Certo non per la felicità, perché distrugge la pia illusione del non essere circondato da cialtroni e persone intellettualmente pigre; il che educa anche a un certo cinismo e alla generale sfiducia nei confronti del prossimo.
Ma le alternative all'usum delphini, come vedi, esistono.
Hai proprio ragione, sarebbe da incorniciare come consiglio di apprendimento.
Siccome ho avuto modo di intavolare il discorso, e ormai ti ho rotto le scatole sull'argomenti mi piacerebbe chiederti un consiglio[nota]mi scuso per l'OT, ma fa comunque parte dell'apprendimento saper apprendere al meglio[/nota].
Come dicevo sopra spesso e volentieri mi trovo a fronteggiare un decadimento dei concetti, un esempio stupido così su due piedi solo per rendere pragmatica la domanda: il teorema di Guldino che mi ero guardato in autonomia lo scorso anno per approfondimenti personali e che in verità già non saprei più sfruttare se non riprendendo un libro in mano.
Questo perdere la capacità di sfruttare una nozione un po' mi abbatte sul mio obiettivo di sapere le cose che mi piacciono, e vorrei chiederti, come diamine si fa a raggiungere una risposta pronta su moltissimi argomenti?
Sicuramente come dici tu avere un buon maestro aiuta tantissimo, e quindi rimetto a te la domanda in quanto di sicura esperienza, è utile riprendere i concetti in tempi differenti (aka ripasso cadenzato)?
E se sì, c'è un algoritmo migliore di altri per rimanere in un equilibrio dinamico tra dimenticanza/apprendimento/saturazione da apprendimento?[nota]Purtroppo, inoltre, vedo che nel corso di laurea perdo anche un sacco di tempo in materie che mi interessano meno, però ci sono e devo farmele e il carico lo trovo elevato per poter capire davvero le cose.[/nota]
Beh, insomma, capisco sia una domanda stupida. Però mi interessava chieder consiglio a qualcuno che non è un cialtrone (per citarti)
.
"megas_archon":
Quello che ho fatto io è: non farmi andare mai bene le risposte che i deficienti che cercavano di educarmi mi propinavano, e quando ho trovato qualcuno che ragionava come volevo ragionare io, l'ho ascoltato.
Siccome ho avuto modo di intavolare il discorso, e ormai ti ho rotto le scatole sull'argomenti mi piacerebbe chiederti un consiglio[nota]mi scuso per l'OT, ma fa comunque parte dell'apprendimento saper apprendere al meglio[/nota].
Come dicevo sopra spesso e volentieri mi trovo a fronteggiare un decadimento dei concetti, un esempio stupido così su due piedi solo per rendere pragmatica la domanda: il teorema di Guldino che mi ero guardato in autonomia lo scorso anno per approfondimenti personali e che in verità già non saprei più sfruttare se non riprendendo un libro in mano.
Questo perdere la capacità di sfruttare una nozione un po' mi abbatte sul mio obiettivo di sapere le cose che mi piacciono, e vorrei chiederti, come diamine si fa a raggiungere una risposta pronta su moltissimi argomenti?
Sicuramente come dici tu avere un buon maestro aiuta tantissimo, e quindi rimetto a te la domanda in quanto di sicura esperienza, è utile riprendere i concetti in tempi differenti (aka ripasso cadenzato)?
E se sì, c'è un algoritmo migliore di altri per rimanere in un equilibrio dinamico tra dimenticanza/apprendimento/saturazione da apprendimento?[nota]Purtroppo, inoltre, vedo che nel corso di laurea perdo anche un sacco di tempo in materie che mi interessano meno, però ci sono e devo farmele e il carico lo trovo elevato per poter capire davvero le cose.[/nota]
Beh, insomma, capisco sia una domanda stupida. Però mi interessava chieder consiglio a qualcuno che non è un cialtrone (per citarti)

Sì, parliamone ma da un'altra parte. Ti rispondo appena posso, oggi sono molto stanco!
Ti ringrazio per la disponibilità, certamente, quando avrai modo
.
Non ho ancora usato i PM del forum, però almeno non disturbo, hai ragione, chiedo venia.

Non ho ancora usato i PM del forum, però almeno non disturbo, hai ragione, chiedo venia.
Come dicevo sopra spesso e volentieri mi trovo a fronteggiare un decadimento dei concetti
Bazzico questa sezione quotidianamente dato che sto preparando un esame di geometria e algebra lineare ma mi ero perso questa sotto-discussione, e tra le altre cose giusto settimana scorsa sul forum ero giunto a questa discussione: https://www.matematicamente.it/forum/vi ... o+continuo sull'apprendimento continuo. Dove ci si poneva la domanda da un punto di vista più matematico. Come vedi è un problema che molti si pongono, io stesso, su come migliorare.