Spazi affini
Ciao a tutti
sapreste spiegarmi la differenza tra Spazi $R^n o C^n$ e spazi affini? E anche tra applicazioni lineari e quelle affini. Grazie, sul libro di testo trovo solo risposte confuse e senza esempi, in definitiva dice che contengono i punti all'infinito ma non si possono rappresentare.
sapreste spiegarmi la differenza tra Spazi $R^n o C^n$ e spazi affini? E anche tra applicazioni lineari e quelle affini. Grazie, sul libro di testo trovo solo risposte confuse e senza esempi, in definitiva dice che contengono i punti all'infinito ma non si possono rappresentare.
Risposte
Allora ,
uno spazio affine si definisce a partire da uno spazio vettoriale ed un insieme $A$ non vuoto. Mi spiego.
Supponiamo di avere $V$ spazio vettoriale su $K$ ed un insieme $A$ non vuoto.
se abbiamo un'applicazione $\phi : A \times A -> V$ tale che siano soddisfatte
1) $AA P \in A , AA v \in V : EE! Q t.c \phi(P,Q)=v$
2) $AA P,Q,R \in A $
$\phi(P,Q)+\phi(Q,R)=\phi(P,R)$ .
Allora possiamo dire che $\phi$ munisce $A$ di struttura di spazio affine.
Nulla toglie che $V=A$ , in tal caso si potrà guardare $V$ come spazio affine su se stesso. $\phi(a,b)=b-a$ <-- munisce $V$ di struttura di spazio affine.
Detto ciò, $R^n$ e $C^n$ semplicemente puoi vederli a seconda come spazi affini oppure spazi vettoriali.
Nel primo caso chiamerai gli elementi di $V=R^n (o C^n)$ punti, nel secondo caso li chiamerai vettori.
Riguardo l'altra parte della domanda, ti rispondo per metà non avendo ancora affrontato le applicazioni affini.
Un'applicazione lineare si definisce solo per spazi vettoriali.
Infatti se $V, V'$ sono due spazi vettoriali diremo che $\phi : V -> V'$ è lineare se
1) $AA v,w \in V$ si ha che $\phi(v+w)=\phi(v)+\phi(w)$
2) $AA \alpha \in K$ si cha che $\phi(\alpha v )= \alpha f(v)$ per ogni $v$,
In poche parole, è un'applicazione che conserva la struttura di spazio vettoriale.
Esempio :
$f : V -> V t.c f(v) = m v$ con $m \in K$ è lineare. (verificalo tu)
Invece $g : V -> V $ tale che $g(v)= v +j $ dove $ j $ è un vettore di $v$ fissato no, a meno che $j=0$.
uno spazio affine si definisce a partire da uno spazio vettoriale ed un insieme $A$ non vuoto. Mi spiego.
Supponiamo di avere $V$ spazio vettoriale su $K$ ed un insieme $A$ non vuoto.
se abbiamo un'applicazione $\phi : A \times A -> V$ tale che siano soddisfatte
1) $AA P \in A , AA v \in V : EE! Q t.c \phi(P,Q)=v$
2) $AA P,Q,R \in A $
$\phi(P,Q)+\phi(Q,R)=\phi(P,R)$ .
Allora possiamo dire che $\phi$ munisce $A$ di struttura di spazio affine.
Nulla toglie che $V=A$ , in tal caso si potrà guardare $V$ come spazio affine su se stesso. $\phi(a,b)=b-a$ <-- munisce $V$ di struttura di spazio affine.
Detto ciò, $R^n$ e $C^n$ semplicemente puoi vederli a seconda come spazi affini oppure spazi vettoriali.
Nel primo caso chiamerai gli elementi di $V=R^n (o C^n)$ punti, nel secondo caso li chiamerai vettori.
Riguardo l'altra parte della domanda, ti rispondo per metà non avendo ancora affrontato le applicazioni affini.
Un'applicazione lineare si definisce solo per spazi vettoriali.
Infatti se $V, V'$ sono due spazi vettoriali diremo che $\phi : V -> V'$ è lineare se
1) $AA v,w \in V$ si ha che $\phi(v+w)=\phi(v)+\phi(w)$
2) $AA \alpha \in K$ si cha che $\phi(\alpha v )= \alpha f(v)$ per ogni $v$,
In poche parole, è un'applicazione che conserva la struttura di spazio vettoriale.
Esempio :
$f : V -> V t.c f(v) = m v$ con $m \in K$ è lineare. (verificalo tu)
Invece $g : V -> V $ tale che $g(v)= v +j $ dove $ j $ è un vettore di $v$ fissato no, a meno che $j=0$.
Completo...
Se \( \mathcal{A} \) e \( \mathcal{E} \) sono due spazi affini modellati rispettivamente sugli spazi vettoriali \( A \) e \( E \), allora una mappa
\[
f \colon \mathcal{A} \to \mathcal{E}
\]
si dirà una applicazione affine se esiste un'applicazione lineare tra gli spazi vettoriali soggiacenti alle strutture affini
\[
F \colon A \to E
\]
tale che si abbia
\[
f(p + \mathbf{v}) = f(p) + F(\mathbf{v})
\]
per ogni punto \( p \in \mathcal{A} \) e per ogni vettore \( \mathbf{v} \in A \). In altre parole, si richiede che il punto che si ottiene traslando in \( \mathcal{A} \) il punto \( p \) per mezzo del vettore \( \mathbf{v} \) venga mappato da \( f \) nel medesimo punto che si ottiene se si trasla \( f(p) \in \mathcal{E} \) per mezzo del vettore \( F(\mathbf{v}) \).
Attenzione: ho usato la notazione additiva per indicare l'azione dello spazio vettoriale soggiacente alla struttura affine sullo spazio affine stesso; in parole povere, \( p + \mathbf{v} \) individua il punto \( q \) tale che (nelle notazioni di @Kashaman) \( \varphi(p,q) = \mathbf{v} \). Così, seguendo questa notazione, potremo scrivere che \( \mathbf{v} = q - p \) e sarà chiaro cosa intenderemo.
Per esercizio, ti consiglio adesso di provare a caratterizzare le funzioni lineari e quelle affini da \( \mathbb{R}^n \) in \( \mathbb{R}^m \).

\[
f \colon \mathcal{A} \to \mathcal{E}
\]
si dirà una applicazione affine se esiste un'applicazione lineare tra gli spazi vettoriali soggiacenti alle strutture affini
\[
F \colon A \to E
\]
tale che si abbia
\[
f(p + \mathbf{v}) = f(p) + F(\mathbf{v})
\]
per ogni punto \( p \in \mathcal{A} \) e per ogni vettore \( \mathbf{v} \in A \). In altre parole, si richiede che il punto che si ottiene traslando in \( \mathcal{A} \) il punto \( p \) per mezzo del vettore \( \mathbf{v} \) venga mappato da \( f \) nel medesimo punto che si ottiene se si trasla \( f(p) \in \mathcal{E} \) per mezzo del vettore \( F(\mathbf{v}) \).
Attenzione: ho usato la notazione additiva per indicare l'azione dello spazio vettoriale soggiacente alla struttura affine sullo spazio affine stesso; in parole povere, \( p + \mathbf{v} \) individua il punto \( q \) tale che (nelle notazioni di @Kashaman) \( \varphi(p,q) = \mathbf{v} \). Così, seguendo questa notazione, potremo scrivere che \( \mathbf{v} = q - p \) e sarà chiaro cosa intenderemo.
Per esercizio, ti consiglio adesso di provare a caratterizzare le funzioni lineari e quelle affini da \( \mathbb{R}^n \) in \( \mathbb{R}^m \).
Grazie, siete spettacolari!
addirittura! prego.