Relazione spazi duali e forme bilineari

dattolico_007
Salve ragazzi.
La mia docente quando ha spiegato le forme bilineari, dopo aver dato la definizione ha introdotto un'applicazione lineare definita nel seguente modo.
Sia $b:VxV->K$ una forma bilineare allora $\forall u \in V t.c. b_u:V->K$ che $\forall v \in V: b_u(v) = b(u,v)$.
Si dimostra che $b_u$ è un'applicazione lineare e $b_u \in V^prime$ dove $V^prime$ è lo spazio duale (non potevo usare l'asterisco).
Poi considera l'applicazione di cui vi parlavo: $\delta:V->V^prime$ t.c. $\forall u \in V: \delta(u)=b_u$ e $\delta$ è un'applicazione lineare.
A dire il vero non so nemmeno come porre la domanda perché non so cosa non mi sia chiaro.
Il concetto di spazio duale ce l'ho, così come quello di forme bilineari. Solo che non riesco a capirne la relazione che intercorre tra i due concetti. Cioè $b$ è un'applicazione che associa ad una coppia di vettori uno scalare e $b_u$ associa a un vettore uno scalare. Devo pensarla come una funzione composta tipo da $V->VxV$ e poi da $VxV->K$. Cioè è $\delta$ che devo incastrarci in mezzo? $\delta$ prende un vettore e me lo trasforma in un'applicazione da $V->K$ che però è bilineare ?! Lo spazio duale è lo spazio delle applicazioni lineari da $V->K$ perché $\delta(u)$ mi restituisce una forma bilineare $b_u=b(u,v)$ ?
Poi il pedice $u$ cosa vuole indicare? Un vettore fissato?
Sono onestamente confuso e vi chiedo scusa per la domanda sciatta e inconcludente. Magari potete girarmi degli appunti sull'argomento perché non riesco a trovare nulla su internet di dettagliato e sto impazzendo.

Risposte
j18eos
Ragiona: \(\mathbb{V}^{\vee}\) è lo spazio vettoriale delle forme lineari su \(\mathbb{V}\), ovvero lo spazio vettoriale delle applicazioni lineari \(\mathbb{V}\to\mathbb{K}\).

Riesci a formulare meglio il tuo dubbio? Perché per come hai scritto, io non riesco a scorgere dei dubbi...

megas_archon
"paolo1712":
Sia $b:VxV->K$ una forma bilineare allora $\forall u \in V t.c. b_u:V->K$ che $\forall v \in V: b_u(v) = b(u,v)$.
Si dimostra che $b_u$ è un'applicazione lineare e $b_u \in V^prime$ dove $V^prime$ è lo spazio duale (non potevo usare l'asterisco).
Questo non vuol dire molto, è evidente che non ti è chiaro cosa ti è stato spiegato. Non vuol dire molto perché è una proposizione monca: Sia bla un blo, allora per ogni u tale che bli... succede cosa? Hai lasciato a metà la frase. Quello che volevi dire è: una applicazione bilineare \(b : V\times V \to K\) su di uno spazio vettoriale \(V\) è una funzione con quel tipo, tale che, comunque sia fissato un vettore \(u\in V\), l'applicazione \(b_u := b(u,-) : V\to K\) sia lineare, l'applicazione \(b_v := b(-,v) : V\to K\) sia anche lei lineare e -se $K$ per caso non era un anello commutativo- sia anche bilanciata, ovverosia \(b(au,v)=b(u,av)\). A queste premesse, ogni applicazione bilineare \(b : V\times V \to K\) induce due applicazioni lineari per "trasposizione" o "aggiunzione", che sono definite da \(u\mapsto b(u,-)\) e \(v\mapsto b(-,v)\), e che hanno entrambe tipo \(V\to V^\lor\), dove \(V^\lor = \hom(V,K)\) è lo spazio duale di \(V\).

Quando sei capace di parsare ogni parte di questa definizione, procedi, non prima; se non sei capace di parsare una parte di questa definizione, dimmi quale.

Ho scritto una nota molti anni fa, che è stata religiosamente passata di mano in mano a quella banda di cialtroni dei fisici che ho abbandonato alle loro verità lapalissiane e insoddisfacenti come "un tensore è una cosa che trasforma come un tensore": se sei disperato te la mando, devo solo trovarla.

megas_archon
Dovresti vederla in questa maniera, secondo me: è un po' la maniera in cui ne parlo quando insegno, sciacquata in Arno ma sostanzialmente intoccata da quando mi fu spiegata la definizione in questa maniera.

1. Ogni applicazione bilineare \(b : V\times V \to K\) induce due "aggiunte" (dette anche "omomorfismi trasporti", sebbene abbiano a che fare con le trasposte di applicazioni lineari è meglio non usare questo nome perché fa confusione) che sono definite "saturando" una o l'altra delle due componenti di $b$, cioè scegliendo un vettore \(u\in V\) e considerando l'applicazione (che è lineare, per ipotesi che $b$ fosse bilineare!) \(b(u,-):V\to K\) che manda \(v\mapsto b(u,v)\) e analogamente l'applicazione \(b(-,v) : V\to K:u\mapsto b(u,v)\).

2. E' comprensibile che questa notazione ti risulti ostica; l'idea è molto semplice: ogni funzione che accetta \(n\) variabili in "input" può essere pensata come una funzione che ne accetta una sola, e il cui "output" è una funzione che accetta \(n-1\) variabili; questa, a sua volta, si può pensare come una funzione che ad un unico input associa come output una funzione di \(n-2\) variabili... l'idea è che la funzione che, fissato \(x\in X\), manda \(y\in Y\) in \(f(x,y)\) ha "tipo" \(X\to Z^Y\), dove \(Z^Y\) è l'insieme di tutte le funzioni di dominio $Y$ e codominio $Z$, e "proviene" da una funzione \(f : X\times Y \to Z\) che è univocamente determinata dalle sue "$x$-sezioni" \(f(x,-)\). Questa operazione che a \(f : X\times Y \to Z\) associa \(f^\sharp : X\to Z^Y\) e \(f^\flat : Y\to Z^X\) si chiama "curryficazione" ed è molto comune, ad esempio, quando impari a programmare in un linguaggio che permetta di definire funzioni di ordine superiore al primo.

3. Nel caso degli spazi vettoriali e delle mappe bilineari, sta succedendo la stessa identica cosa, e ogni mappa bilineare \(b : V\times U\to W\) (non serve, strettamente parlando, che \(V=U\) e \(W=K\), questo è solo il caso in cui stai usando questa costruzione più generale) induce delle mappe \(V\to W^U\) e \(U\to W^V\), con la differenza che ora \(W^U,W^V\) sono gli spazi vettoriali delle applicazioni lineari \(U\to W\) e \(V\to W\), e non di tutte le funzioni.

4. Nella matematica che fanno le persone adulte, questo si denota così: esiste una identificazione naturale tra tre spazi vettoriali,
\[\hom_K(V,W^U)\cong \text{Bil}(V\times U,W)\cong \hom_K(U,W^V)\qquad\qquad({\heartsuit})\] al centro, lo spazio delle applicazioni bilineari \(b : V\times U\to W\), a destra lo spazio delle applicazioni lineari da $U$ allo spazio vettoriale \(W^V\) definito sopra (perché mandare \(u\mapsto b(u,-)\) è lineare!) "Naturale" in questo contesto significa che l'isomorfismo tra questi tre spazi vettoriali si scrive alla stessa maniera in qualsiasi base tu scelga -scelta che, come ben saprai, è lungi dall'essere canonica.

5. Il "mistero" della dualità di spazi vettoriali è un caso particolare dell'isomorfismo \((\heartsuit)\); quando \(b : V\times W\to K\) è bilineare dal prodotto \(V\times V\) verso il campo \(K\) dove $V$ è definito, ciascuna delle due aggiunte \(b^\flat : V\to \hom_K(V,K)\) e \(b^\sharp : V\to \hom_K(V,K)\) ha per codominio il duale di \(V\), per definizione di cos'è il duale di $V$.

6. Beh, ma allora cos'è il duale di $V$? Eh, è essenzialmente quella cosa che non è canonicamente isomorfa a $V$, quando esso ha dimensione finita, ma possiede una identificazione con il suddetto spazio a patto che venga data anche almeno una tra le due aggiunte \(b^\flat\) e \(b^\sharp\). (In nessun posto ho mai detto che $b$ fosse simmetrica: ma se lo è, l'una e l'altra applicazione si determinano a vicenda, e in effetti coincidono.)

7. La domanda che hai ancora la testa un po' troppo acerba per fare è questa: ma quindi, tutta 'sta storia per dirmi cosa? Che cosa sono questi oggetti, a cosa serve sapere queste definizioni? Beh, la lista delle cose "a cui serve" questa maniera di vedere le cose è lunga quanto l'algebra lineare stessa, ma almeno un po' di esempi si possono fare senza troppa nomenclatura ulteriore:

- come preannunciato al punto 6, una applicazione bilineare non degenere \(b : V\times V\to K\) consta precisamente del dato di un isomorfismo tra $V$ e il suo duale \(V^\lor\).
- l'identità dello spazio duale \(V^\lor\) ora è una mappa lineare \(V^\lor\to V^\lor\), giusto? Ma per quel che abbiamo detto in \((\heartsuit)\) a questa mappa corrisponde una applicazione bilineare \(\epsilon : V^\lor\times V\to K\), precisamente l'immagine di \(\text{id}_{V^\lor}\) nell'isomorfismo \[\hom_K(V^\lor,V^\lor)\cong\hom_K(V^\lor \times V, K)\] Se scrivi con dovizia di dettagli chi è la mappa \(\epsilon\) ora ti accorgi che "mangia" un vettore \(v\in V\) e una form lineare \(\alpha : V\to K\) e si limita... ad applicare \(\alpha\) a \(v\), cioè \(\epsilon(\alpha,v)=\alpha(v)\): e questa applicazione è bilineare, ovviamente.

8. Non solo, la mappa dell'ultimo esempio è l'applicazione bilineare universale nel senso che è l'unica mappa bilineare di quel dato dominio e codominio tale che sia vera una lista di proprietà (l'algebra è piena di questi teoremi di unicità, si chiamano "proprietà universali": se fai una lista abbastanza lunga di desiderata per uno spazio vettoriale, a volte il problema di trovare quello spazio vettoriale è ben posto, ossia se ammette una soluzione, essa è unica -in maniera simile a quello che il teorema di Cauchy-Lipschitz dice per la soluzione di un'equazione differenziale non troppo selvaggia. Esempi di proprietà universali sono: essere l'elemento neutro di un gruppo; essere la funzione identica di un insieme; essere l'anello dei polinomi in una indeterminata, essere John Malkovich, e molte altre)

9. Questo ultimo punto permette di spiegare la definizione "giusta" di ortogonale di un sottospazio vettoriale, che si enuncia in maniera relativa (cioè rispetto alla coppia \((V,b)\) o assoluta (cioè rispetto alla coppia \((V,\epsilon)\)); potrei dilungarmi ancora molto, ma il fatto è che ho spiegato questa storia talmente tante volte, e a talmente tante persone, che non ho dovuto riflettere su nemmeno una parola mentre scrivevo 'sto fiume.

Se cerchi "ortogonale+duale" in questo postaccio, dovresti trovare diverse persone (molte delle quali sono me) che spiegano questa faccenda ad asini e geni.

dattolico_007
Innanzitutto vi ringrazio per avermi dedicato il vostro tempo.

"megas_archon":
Questo non vuol dire molto, è evidente che non ti è chiaro cosa ti è stato spiegato. Non vuol dire molto perché è una proposizione monca: Sia bla un blo, allora per ogni u tale che bli... succede cosa? Hai lasciato a metà la frase. Quello che volevi dire è: una applicazione bilineare \(b : V\times V \to K\) su di uno spazio vettoriale \(V\) è una funzione con quel tipo, tale che, comunque sia fissato un vettore \(u\in V\), l'applicazione \(b_u := b(u,-) : V\to K\) sia lineare, l'applicazione \(b_v := b(-,v) : V\to K\) sia anche lei lineare e -se $K$ per caso non era un anello commutativo- sia anche bilanciata, ovverosia \(b(au,v)=b(u,av)\). A queste premesse, ogni applicazione bilineare \(b : V\times V \to K\) induce due applicazioni lineari per "trasposizione" o "aggiunzione", che sono definite da \(u\mapsto b(u,-)\) e \(v\mapsto b(-,v)\), e che hanno entrambe tipo \(V\to V^\lor\), dove \(V^\lor = \hom(V,K)\) è lo spazio duale di \(V\).

Hai ragione sull'incompletezza della proposizione.
Vediamo se ho capito questo messaggio.
Detto in termini banali (spero perlomeno corretti). Ogni forma bilineare è tale perché è lineare in V e W. La linearità "in riferimento ai singoli spazi" è definita dalle applicazioni $b_u$ e $b_v$. Queste sono funzioni che vanno da $V->K$ ovvero preso un vettore mi restituiscono uno scalare. Entrambe appartengono allo spazio duale $V^prime$. $\delta$ invece è una funzione che prende un vettore e mi restituisce $b_u$ o $b_v$ perché è del tipo $V->V^prime$.
Giusto?
Seguo il tuo consiglio e procedo con la decifrazione del secondo messaggio :)

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